lunedì 3 dicembre 2018
Nessuna tolleranza per gli italiani in Svizzera: anche il “Baffo” Roberto Da Crema nel mirino delle autorità elvetiche.
Nessuna tolleranza per gli italiani in Svizzera: anche il “Baffo” Roberto Da Crema nel mirino delle autorità elvetiche. Condannato in contumacia a sedici mesi (sospesi con la condizionale) perché beccato con l’autovelox a 157. La giustificazione, «Correvo a 157 km/h per andare in ospedale», non presa in considerazione
Noi dello “Sportello dei Diritti” lo ribadiamo da tempo: le autorità elvetiche non dimostrano alcuna tolleranza nei confronti degli italiani. A pagare dazio, questa volta, anche un personaggio della TV, Roberto Da Crema, il noto televenditore meglio noto come “Baffo” che è stato condannato a ben sedici mesi, sospesi con la condizionale per un periodo di due anni. L’imputato eccellente doveva comparire innanzi alle “Correzionali” per essere giudicato per un asserito eccesso di velocità in autostrada risalente al 14 gennaio 2016. Anche stavolta, come già avvenuto lo scorso 15 ottobre, l’imputato non sarebbe stato presente in aula con la conseguenza che, a seguito del dibattimento avvenuto in contumacia, lo stesso è stato condannato, come riportato ampiamente dai media svizzeri di lingua italiana. Mentre il procuratore pubblico Roberto Ruggeri ha chiesto una pena detentiva, sospesa, di tredici mesi, l’avvocato difensore Chiara Buzzi puntava al minimo di dodici mesi, ritenendo che il suo assistito stava percorrendo un tratto autostradale di notte. Ma la sentenza emessa dal giudice Mauro Ermani è stata severissima: condanna a sedici mesi, in quanto «la legge prevede che la pena minima sia inflitta con un eccesso di velocità pari a 60 chilometri orari». Secondo quanto stabilito dall’accusa, il nostro connazionale stava invece circolando a 157 chilometri all’ora sugli ottanta (quindi con una velocità superiore di 77 km/h), nei pressi dello svincolo di Mendrisio. Davanti alle autorità, il 65enne Roberto Da Crema avrebbe giustificato il suo reato per motivi di salute. A causa della sua asma, si sarebbe dovuto recare all’ospedale a Como. «Ma nelle vicinanze ci sarebbe stata la struttura sanitaria di Mendrisio, e quindi, la giustificazione non è stata ritenuta attendibile anche perché non sarebbe stata fornita nessuna documentazione medica. Indipendentemente dal personaggio, ancora una volta siamo costretti a segnalare la durezza delle decisioni prese nei confronti dei nostri connazionali e specialmente dei trasfrontalieri, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”. Non passa settimana, infatti, che non segnaliamo casi di provvedimenti a dir poco severi che coinvolgono italiani che lavorano in Svizzera.
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