giovedì 30 giugno 2011

Vittorio Sgarbi Vs Gherardo Colombo. La Corte Costituzionale boccia la Camera nel giudizio sul conflitto di attribuzione


La Corte Costituzionale boccia la Camera nel giudizio sul conflitto di attribuzione e dichiara che “che non spettava alla Camera dei deputati affermare che i fatti per i quali è in corso il giudizio civile promosso dal dott. Gherardo Colombo nei confronti del deputato Vittorio Sgarbi davanti alla Corte di cassazione, terza sezione civile,…,costituiscono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione”.
La palla ora alla Cassazione
Il responsabile del sito “Giurisprudenza Salentina” (www.giurisprudenzasalentina.it) segnala a Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” un’importante decisione della Corte Costituzionale, la n. 194 del 20 giugno 2011, pubblicata lo scorso 24 giugno 2011, in materia di conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del 10 febbraio 2005 relativa alla insindacabilità, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dall’on. Vittorio Sgarbi nei confronti del magistrato Gherardo Colombo e promosso dalla Corte di cassazione.
La Consulta ha dichiarato “che non spettava alla Camera dei deputati affermare che i fatti per i quali è in corso il giudizio civile promosso dal dott. Gherardo Colombo nei confronti del deputato Vittorio Sgarbi davanti alla Corte di cassazione, terza sezione civile,…,costituiscono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione”.
Il giudizio innanzi alla Corte Costituzionale nasceva dopo che la Corte di Cassazione essere stata investita dall’impugnazione proposta dal dott. Gherardo Colombo, magistrato in servizio all’epoca dei fatti, avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna depositata il 6 dicembre 2005 con la quale era stata respinta la domanda risarcitoria dello stesso p.m. in conseguenza del danno arrecato dal lamentato contenuto ingiurioso e diffamatorio di alcune dichiarazioni rese dall’allora deputato Vittorio Sgarbi nel corso della trasmissione televisiva messa in onda, il 27 marzo 1998, dalla emittente R.T.I., convenuta nel giudizio, nella serie “Sgarbi quotidiani”.
Dopo l’importante decisione della Consulta che pone un freno ai poteri delle Camere che spesso si appellano all’art. 68 al fine di proteggere la casta dei parlamentari, la palla della vicenda ritorna alla Cassazione.

Bankitalia, boom di sanzioni di importi rilevanti nel 2010 e nei primi cinque mesi del 2011


Una recentissima relazione della Banca d’Italia riporta delle notizie importanti che riguardano i controlli obbligatori sul sistema bancario ed in particolare le sanzioni irrogate agli enti sottoposti a vigilanza che Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” ritiene funzioni fondamentali per la tutela dei cittadini in sistemi, quello bancario e quello dell’intermediazione finanziaria, non sempre trasparenti.
Secondo il suddetto documento nel 2010 e nei primi cinque mesi del 2011 è da segnalarsi un decisivo aumento dell’attività sanzionatoria della Banca d’Italia che è da attribuirsi all’incremento “dei controlli sugli intermediari bancari e finanziari, alla crescente attenzione ai temi della protezione della clientela e alla tutela dell’integrità del mercato e, in generale, al più accentuato rigore nell’enforcement nell’attività di vigilanza”.
La relazione pone poi l’accento sulla circostanza che alcune delle condotte illecite rilevate – particolarmente quelle riscontrate presso intermediari poi sottoposti a provvedimenti straordinari – sono così rilevanti a causa della “gravità dei fatti rilevati”, comportando come conseguenza l’irrogazione sanzioni unitarie di elevatissimo importo.
È dunque assai significativa la cifra globale delle sanzioni pecuniarie applicate nel 2010 che risulta essere praticamente raddoppiata rispetto ben 18,2 milioni a fronte dei 9,7 del 2009 così come il numero dei provvedimenti sanzionatori elevati è in decisivo aumento ben 145 contro 113 e che hanno riguardato oltre 1.000 tra persone fisiche e giuridiche (esponenti aziendali, partecipanti al capitale, intermediari). Altri 49 procedimenti amministrativi dello stesso tipo si sono stati archiviati. La tendenza al rialzo non è mutata nei primi cinque mesi del 2011 nei quali sono stati già adottati 51 provvedimenti per un totale di 7,6 milioni che hanno riguardato oltre 500 tra persone fisiche e giuridiche.
Come c’era da aspettarsi il maggior numero di verifiche ha riguardato i controlli presso gli intermediari anche se numerosi sono stati i procedimenti avviati a seguito di segnalazioni di irregolarità provenienti da altre autorità e organi inquirenti (in specie, la Guardia di finanza) o si è sulla base di elementi tratti dall’attività di vigilanza.
A seguito di tali controlli ispettivi e a distanza vi è stato un gran numero di procedimenti di cancellazione di intermediari dell’elenco generale ex art. 106 TUB.

Istat: inflazione è pari al 2,3%. Aumentano i prezzi dei prodotti acquistati con maggiore frequenza dai consumatori e l’Italia è più povera di quanto


Come di consueto, Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, riporta le ultime rilevazioni ISTAT relative i prezzi provvisori al consumo e gli effetti sui consumatori nell’ultimo mese.
Secondo l’ente statistico, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), comprensivo dei tabacchi, registra un aumento dello 0,1% rispetto al mese di maggio 2011 e del 2,7% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente (era +2,6% a maggio 2011).
L’inflazione acquisita per il 2011 è pari al 2,3%.
L’inflazione di fondo, calcolata al netto dei beni energetici e degli alimentari freschi, sale al 2,1%, con un’accelerazione di tre decimi di punto percentuale rispetto a maggio 2011 (+1,8%).
Al netto dei soli beni energetici, il tasso di crescita tendenziale dell’indice dei prezzi al consumo sale al 2,2%, dal 2,1% di maggio.
La crescita tendenziale dei prezzi dei beni è stabile al 3,0%, mentre quella dei prezzi dei servizi sale al 2,6%, dal 2,3% del mese precedente. Come conseguenza di tali andamenti, il differenziale inflazionistico tra beni e servizi diminuisce di tre decimi di punto rispetto al mese di maggio.
La principale spinta all’aumento dell’indice generale a giugno deriva dall’aumento congiunturale dell’1,1% dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti che determina una netta accelerazione del loro tasso tendenziale di crescita (5,2%, dal 4,2% di maggio). Un impatto significativo deriva anche dai rialzi congiunturali dei prezzi dei Beni alimentari lavorati (+0,4%) e dei prezzi dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (+0,3%, in larga parte legato a fattori stagionali). Per contro, effetti di contenimento si devono al calo congiunturale dei prezzi dei Beni energetici non regolamentati (-1,4%), degli Alimentari non lavorati (-0,4%) e dei Beni durevoli (-0,2%).
Sulla base delle stime preliminari, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) aumenta dello 0,1% rispetto al mese precedente e del 3,0% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente (lo stesso valore registrato a maggio). (Fonte ISTAT)
“Dati preoccupanti –commenta Giovanni D’Agata, che manifestano l’aumento dei prezzi dei prodotti acquistati con maggiore frequenza dai consumatori e il contestuale impoverimento generale dei cittadini”.

mercoledì 29 giugno 2011

Risarcimento danni da incidente stradale: se il guard-rail non era posizionato correttamente l’Anas deve risarcire il motociclista dei danni subiti ne


Il gestore della strada è obbligato a garantire la sicurezza tanto che l’imprudenza del conducente non lo esime dalla responsabilità
Importante sentenza della terza sezione civile della Cassazione in materia di responsabilità dei custodi delle strade, quella pubblicata il 28 giugno 2011 e che Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” riporta all’attenzione.
Secondo la Suprema Corte, infatti, i paletti del guard-rail che sporgevano sull’asfalto nel tratto gestito dall’Anas possono essere concausa di un incidente stradale nel quale il motociclista ha perso un braccio e quindi la colpa è anche del gestore della strada che in quanto tale è responsabile concorrente del sinistro e dovrà quindi risarcire il centauro anche se questi andava veloce.
Per i giudici del Palazzaccio anche se il giovane motociclista ha tenuto una guida impropria rispetto alla situazione di pericolo che gli prospettava la strada da percorrere la dolorosa, e del tutto particolare, mutilazione che il giovane ha dovuto subire prova il contributo causale offerto dal gestore dell’infrastruttura.
Con tutta probabilità se i guard-rail fosse stato collocato in maniera corretta il ragazzo non sarebbe un invalido e quindi si evidenzia che la condotta di guida imprudente del conducente della moto non cancella la violazione posta in essere dall’ente responsabile della strada, in questo caso l’Anas, che è comunque tenuto a garantire la sicurezza e risponde del danno ingiusto ex articolo 2043 Cc. che viene condannata anche al pagamento delle spese di lite.

martedì 28 giugno 2011

Strisce blu e Multe: area di sosta di viale De Pietro nei pressi dell’ex stazione della Polizia Municipale di Lecce


Niente “strisce blu”, segnaletica verticale cancellata dal tempo, eppur si paga e scattano le sanzioni.

Ancora segnalazioni degli automobilisti leccesi giungono a Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, per mezzo delle foto scattate dagli obiettivi degli smartphone ed inviate all’indirizzo email info@sportellodeidiritti.org.
Questa volta a non passare inosservata è un’anomalia dell’area di sosta a pagamento di viale De Pietro accanto alla vecchia stazione della Polizia Municipale nei pressi dei “Bastioni”, a Lecce.
I solerti cittadini hanno scattato alcune fotografie della zona dove non è difficile scoprire che non vi sono le famigerate “strisce blu”, la segnaletica verticale è cancellata dal tempo e dagli agenti atmosferici eppure è presente una colonnina “parcometro” quasi a dire che nonostante tutto, comunque si deve pagare e se non si paga scatta la multa.
Non ci resta che girare questa nuova protesta all’amministrazione comunale leccese, sempre pronta a “far cassa” ma altrettanto disattenta a regolamentare in modo corretto le aree di sosta a pagamento e a chiedere l’annullamento di tutte quelle sanzioni amministrative elevate in quel tratto di spazio pubblico per carenza di trasparenza e per assenza della segnaletica prestabilita.

Ambiente e Ozono: secondo l'EEA è l'Italia lo Stato più inquinato


In prossimità dell'estate si torna a parlare di "allarme ozono" e della necessità di cautelarsi dallo "smog estivo", un male che uccide ogni anno 21 mila persone e causa 14 mila ricoveri legati a problemi respiratori. Un killer silenzioso ma letale, provocato dall'inquinamento che è più dannoso di qualunque chiacchierato batterio. Ancor più in Italia, dove i livelli di inquinamento raggiunti negli ultimi anni hanno destato l'allarme dell'Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA).
L'agenzia europea ha di recente pubblicato un rapporto da cui emerge che tutti i Paesi europei hanno oltrepassato i limiti imposti, con una media giornaliera di circa 120 microgrammi di ozono per metro cubo di aria.
Secondo l’Agenzia europea dell'ambiente in Europa, le emissioni di molti inquinanti atmosferici sono calate drasticamente dal 1990, con un conseguente miglioramento della qualità dell'aria nella regione. Tuttavia, dal 1997 le concentrazioni di particolato e ozono nell'aria non registrano miglioramenti significativi nonostante il calo delle emissioni. Una percentuale significativa della popolazione urbana europea vive ancora in città in cui si superano alcuni limiti imposti dall'Unione europea per la qualità dell'aria (fissati per la protezione della salute umana). Una serie di paesi sforerà anche presumibilmente uno o più tetti di emissione legalmente vincolanti entro il 2010 per quattro importanti inquinanti atmosferici. Il bisogno di ridurre l'esposizione all'inquinamento atmosferico rimane una questione importante.
Mentre in Italia, il trend è al contrario. Noi italiani infatti nel 2010, siamo stati l'unico paese ad aver superato la soglia limite per oltre 50 giorni (54 giorni). La situazione più allarmante è stata registrata nella provincia di Lecco, a Valmadera, dove il record è stato di 240 microgrammi per metro cubo ottenuto per 4 giorni. In particolare, i dati hanno assegnato la maglia nera all’Italia. In generale, dunque, la maglia nera va alle città del Nord, tra cui Milano, Monza, Novara, Bergamo e Padova, seguite da quelle del centro come Perugia e Terni e al sud da Siracusa e Taranto.
Le categorie di popolazione particolarmente suscettibili ai rischi di esposizione ad ozono sono:
i bambini, le donne in gravidanza, gli anziani, chi svolge attività lavorativa e fisica all'aperto e in particolare:i soggetti asmatici, i soggetti con patologie polmonari e cardiologiche
Secondo Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” è bene che queste persone evitino prolungate esposizioni all'aperto nelle ore più calde della giornata e riducano al minimo, sempre durante le stesse ore, lo svolgimento di attività fisiche affaticanti (passeggiate in bicicletta, gare, attività sportive in genere) che comporterebbero un aumento dell'impegno respiratorio.
E' opportuno svolgere tali attività nelle prime ore della giornata (non oltre le ore 10 del mattino) oppure nel tardo pomeriggio o alla sera (dopo le 18).

lunedì 27 giugno 2011

In Italia in aumento il numero dei nati da ovociti congelati


Il nostro Paese all’avanguardia
nella pratica di fecondazione alternativa ma poche le strutture pubbliche che praticano la “crioconservazione”.
Quante coppie sognano di avere un bambino ma hanno difficoltà a concepire? Tante, o peggio, sempre di più.
Così come è noto, infatti, che indagini statistiche su ampia scala hanno rilevato un progressivo abbassamento della fertilità, parimenti la fecondazione medicalmente assistita ha permesso a molti di realizzare questo desiderio tanto che è in aumento costantemente il numero delle coppie che vi ricorrono.
Tra le pratiche in progressiva crescita e permesse in Italia una delle più utilizzate sta diventando la “crioconservazione” (conservazione di ovuli congelati con l’azoto liquido) per la quale il Nostro Paese può essere considerato all’avanguardia. A conferma di tanto sono i dati ufficiali divulgati dall’Istituto Superiore della Sanità nei quattro anni compresi tra il 2005 ed il 2009, secondo cui sono stati ben 1170 i bambini nati da ovociti congelati e ben 15068 i “cicli di scongelamento”. Si tratta di un grande primato anche a livello mondiale, resosi necessario, secondo alcuni, proprio data la mancanza di pratiche di fecondazione alternativa consentite dalla famigerata legge 40 del 2004.
A seguito di una nota sentenza della Cassazione che ha dato il via libera al congelamento degli embrioni, infatti, a partire dal 2009, il Belpaese ha fatto grandi passi in avanti se si pensa che risale all’anno 1997 la nascita della prima bambina frutto della fecondazione di un ovocita congelato.
Molte categorie di donne ricorrono alla crioconservazione, e tra queste la gran parte sono state colpite da gravi malattie, come il cancro, anche se si assiste ad una progressiva crescita del numero di donne sane che per svariati motivi optano per questa tecnica di fecondazione assistita.
Recenti studi hanno constatato che il nuovo “ventaglio” è costituito da pazienti con una cultura medio alta, che decidono di far congelare i propri ovuli per posticipare la maternità sino a 35 – 40 anni ed oltre. Sono donne in carriera, architetti, giovani medici, giornaliste e ricercatrici, per lo più abitanti delle grandi città.
Tutti questi numeri positivi cozzano però con un dato ineludibile: la carenza di strutture pubbliche che praticano la crioconservazione che induce molte donne a rivolgersi a centri privati con costi intorno ai 2 – 3 mila euro o a non realizzare il proprio sogno di diventare madri.
Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” alla luce della circostanza che in Italia possiamo contare su appena due o tre centri pubblici specializzati, presenti a Bologna e Milano e per non sminuire il naturale desiderio di maternità e paternità delle coppie italiane, ritiene necessario che lo Stato debba avviare politiche sanitarie che si facciano carico di questo incombente.

Multe e società appaltatrici: l’accesso ai sistemi dev’essere una competenza esclusiva degli organi di polizia.


Anche il Ministero dei Trasporti, dopo che anche l’orientamento univoco della Cassazione da tempo aveva confermato che l'accertamento delle infrazioni stradali dovesse essere una competenza esclusiva degli organi di polizia individuati dall'art. 12 del codice della strada, ha precisato che ai privati possono essere appaltate solo mere attività di carattere accessorio finalizzate al completamento dei procedimenti sanzionatori. Così un recente parere del su citato dicastero il n. 2930 del 27 maggio 2011 che Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” pone in evidenza alla luce dell’abuso che negli ultimi anni è stato fatto da un elevatissimo numero di enti locali in tema di affidamento dei servizi di accertamento delle violazioni del codice della strada, specie con apparecchiature tipo autovelox o photored.
Giova ribadire sul punto, infatti, quanto già sostenuto da autorevoli sentenze della giurisprudenza di legittimità secondo cui l'espletamento dei servizi di polizia stradale è competenza delle sole forze di polizia nazionale o locale, individuate dal citato articolo del codice della strada.
Secondo il ministero, peraltro, l’accertamento delle infrazioni servizi non può essere delegato a soggetti terzi e gli apparecchi elettronici di rilevamento devono sempre essere gestiti in proprio dalla polizia.
L'unico spazio concesso alle società appaltatrici riguarda le sole operazioni di carattere accessorio che in ogni caso devono essere effettuate nel rispetto del codice della privacy.

domenica 26 giugno 2011

Sportello Dei diritti contro caro-federalismo. Gli Enti per coprire i buchi aumentano le tasse su Rc auto e benzina: altro che diminuzione della press


È proprio vero: gli effetti del federalismo fiscale s’iniziano a fare sentire ed anziché comportare una diminuzione della pressione fiscale vanno a colpire soprattutto quella che è ormai considerata una nuova categoria di contribuenti, i "contribuenti della strada".
Infatti, quello che la Lega voleva per propria costituzione, ossia un nuovo modello di fisco decentrato, sta andando progressivamente a “bastonare” proprio gli automobilisti perché in diverse regioni e provincie segnano aumenti generalizzati le aliquote territoriali delle imposte su I.p.t., sulla benzina ed R.c.Auto.
Ma è proprio su quest’ultima che vale la pena soffermarsi per constatare gli effetti deleteri della “federalizzazione” delle imposte.
Numerosi enti provinciali da Nord a Sud a partire da quelli di Alessandria, Benevento, Bologna, Chieti, Cremona, Pescara e Vibo Valentia sino a quello di Lecce, quest’ultimo sull’orlo del dissesto, stanno dando seguito a quanto concesso dal decreto attuativo sul fisco regionale e provinciale, approvato a fine marzo, che consente alle province la possibilità di aumentare del 3,5% l’addizionale relativa alla tassazione sulla polizza auto che già è pari al 12,5%.
Risulta evidente che gli aumenti sono la conseguenza non occultabile dei tagli lineari dei trasferimenti governativi che hanno ancor più messo in difficoltà gli esangui bilanci di questi enti che sembrano sempre più inutili se non nel rappresentare una pesante voce di spesa per il bilancio generale dello stato.
Alla luce di quanto sta accadendo, se l’intento dei promotori padani era quello di liberare il Nord dal “peso” del Sud, bè, appare sempre più chiaro che gli effetti non sono quelli voluti anche perché anche le province del settentrione stanno utilizzando le nuove regole per aumentare per quanto gli è possibile le aliquote dei prelievi locali. Quindi, altro che maggiore autonomia nella gestione delle entrate e nelle spese. Si taglia a livello centrale, si moltiplicano gli enti impositori, si incrementa la pressione fiscale per i cittadini: è questa la conseguenza del ricatto del federalismo voluto dalla Lega e concesso dal governo in cambio di qualcos’altro.
Secondo Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, poiché le conseguenze volute dal partito del “Carroccio” con l’attuazione del federalismo, stanno causando un malessere generalizzato da Nord a Sud, mentre non risulta che vi sarà almeno nel medio termine un miglioramento delle condizioni degli enti locali che da una parte subiscono i tagli di Roma e dall’altra sono costretti ad attingere dalle tasche dei cittadini, è giunta l’ora di pensare a concrete azioni per restituire un assetto più efficiente e meno costoso della macchina dello Stato. La prima, a parere dello scrivente, dovrebbe essere proprio quella di andare ad abrogare le province.

sabato 25 giugno 2011

Salute: cellulari e cervello. Con i telefonini i neuroni si elettrizzano curando i malati.


Stando ai risultati degli ultimi studi i ricercatori dell’Istituto di Neurologia dell’Università Cattolica-Policlinico Gemelli di Roma, diretti da Paolo Maria Rossini che Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, riporta il telefono cellulare t’arricchisce il cervello.
Gli studiosi italiani affermano che i telefonini avrebbero la capacità di accrescere l’eccitabilità dei neuroni, soprattutto di quelli che si trovano in prossimità dell’antenna ed alla prevenzione di alcune patologie cerebrali come l'Alzheimer.. In pratica, “elettrizzano” il cervello e modificano l’attività cognitiva, facendo in modo che alcuni processi addirittura migliorino.
I ricercatori hanno sottoposto alcuni soggetti a dei test cognitivi sottoponendoli nel contempo a un encefalogramma e hanno poi esposto il loro cervello alla stimolazione GSM legata ai telefoni cellulari. Secondo Rossini, l’esposizione al GSM può "in qualche maniera migliorare l'efficienza neurale", attraverso la modulazione delle frequenze alfa del cervello, incaricate all’attenzione e alla concentrazione e influenzate in maniera positiva dalle elettromagnetiche dei cellulari.
"Quello dei cellulari potrebbe essere un effetto positivo, per esempio, in situazioni in cui l'obiettivo sia aumentare l'eccitabilità del cervello di un soggetto malato".

Spartitraffico in via Calasso e in viale De Pietro a Lecce. Sono a norma?


Attenti automobilisti leccesi continuano a segnalare possibili situazioni di pericolo a Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”.
Questa volta i rischi segnalati riguardano gli spartitraffico presenti su due importanti viali urbani del capoluogo salentino: quello di via Calasso e quello di viale De Pietro.
Da alcune foto scattate con un telefonino si evince come gli stessi siano stati “cavalcati” dalle autovetture che ci hanno marciato sopra nonostante la notevole altezza rispetto al manto stradale.
Prima che accadano fatti più gravi degli incidenti che sovente accadono e che vedono le autovetture salire su tali “barriere” specie di notte ed in situazione di scarsa visibilità, Giovanni D’Agata chiede un intervento tempestivo dell’amministrazione comunale affinché elimini ogni potenziale fonte di minaccia per la sicurezza stradale nelle citate vie del centro ed al contempo siano tutelate egualmente le esigenze dei pedoni che in gran numero sono soliti attraversare proprio in quei punti specie per la presenza dei vicini plessi universitari.

giovedì 23 giugno 2011

Ganasce fiscali e truffe assicurative. Equitalia mette il fermo amministrativo e i truffatori montano il sinistro.


Se Equitalia credeva di bloccare le autovetture e costringere i cittadini al pagamento dei crediti che dovrebbe riscuotere, la strada è troppo spesso tortuosa e lunga e non sempre ha una fine anche perché, come segnalato da una nota compagnia d’assicurazioni, in alcuni casi che pare non siano isolati, risulterebbe che il cosiddetto “fermo amministrativo” non costituisca assolutamente un ostacolo alla truffa assicurativa ed anzi pare che per alcuni sia un incentivo a creare artatamente incidenti stradali. Per dirla in poche parole: “Mi bloccano la macchina, m’invento il sinistro”.
Secondo Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, alla luce di tali fatti che comportano un aggravio dei costi sociali perché come è noto le frodi vanno ad incidere sulle tariffe assicurative e quindi sui cittadini onesti ed anche in riferimento ai recenti fermenti politici che hanno visto persino autorevoli esponenti del governo ritenere i poteri di riscossione in capo ad Equitalia eccessivi e non sempre risolutivi, rivolge un appello proprio a costoro affinché le loro parole non siano solo dei proclami lasciati al vento, ma si traducano in provvedimenti concreti che rivedano tutto il sistema delle procedure di recupero dei crediti previste in capo all’agente per la riscossione.

Incidenti stradali, in calo nel 2010


Stando alle ultime rilevazioni dell’ISTAT che Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, riporta nel 2010, sulla base di una stima anticipata, in Italia gli incidenti stradali con lesioni a persone sono stati 207.000 ed hanno causato 3.998 morti e 296.000 feriti con lesioni di diversa gravità. Ogni giorno, durante il 2010, si sono verificati mediamente 567 incidenti stradali con lesioni a persone, per una media giornaliera di 11 morti e 811 feriti.
Rispetto all'anno precedente, nel 2010 si riscontra una diminuzione del 3,9% del numero degli incidenti e del 3,7% di quello dei feriti: un calo più consistente (-5,6%) si rileva nel numero dei morti, il quale fa seguito alla diminuzione del 10,3% registrata nel 2009 rispetto al 2008.
L'indice di mortalità, calcolato come rapporto tra il numero dei morti e il numero degli incidenti moltiplicato 100, è pari, per l'anno 2010, a 1,9 (era 2,0 nel 2009).
Nell'Unione Europea (a 27 paesi) si sono registrati, nel 2010, 30.926 morti per incidente stradale, l'11% in meno rispetto all'anno precedente.
Secondo Giovanni D’Agata le cause principali rimangono la velocità eccessiva, al di sopra dei limiti consentiti. E quella non commisurata alle condizioni di tempo e luogo. Ma bisogna prevedere anche i comportamenti non regolari degli altri. Bene i controlli relativi alle condizioni psicofisiche dei conducenti ma l’autorità preposta ai controlli non abbassi la guardia.

mercoledì 22 giugno 2011

Ambiente, condannati gli inquinatori al risarcimento danni in favore delle associazioni Wwf Italia e Legambiente.


Gli enti e le associazioni di interessi lesi da reato ambientale hanno diritto al risarcimento danni. Legittima la costituzione di parte civile delle associazioni ecologiste: danni da liquidare in sede civile
Secondo la giurisprudenza ormai largamente prevalente, gli enti e le associazioni di interessi lesi da reato ambientale possono costituirsi parte civile nell'ipotesi in cui gli interessi dell'ente trovino tutela immediata e diretta e siano immediatamente e direttamente offesi dal reato. La via intrapresa ha trovato, nelle sue espressioni più raffinate, il fondamento della legittimazione processuale di formazioni sociali portatrici di interessi super-individuali mediante il riconoscimento di un vero e proprio diritto dell'ente alla tutela del proprio patrimonio morale ovvero al perseguimento degli scopi statutari. Per tale via, il reato commesso, oltre a ledere l'interesse direttamente tutelato dalla norma penale ridonderebbe a danno della formazione sociale che della cura del medesimo interesse ha fatto il proprio scopo associativo, frustrandone l'operato. Ne deriverebbe una lesione dello stesso "diritto di personalità" dell'ente e quindi un danno morale legittimante la sua partecipazione al giudizio penale per ottenerne il risarcimento.
In poche parole chi è riconosciuto colpevole di un danno ambientale rischia di pagare due volte: l’ammenda e il risarcimento alle associazioni ecologiste che ben possono costituirsi parte civile nel procedimento contro gli inquinatori. Lo ha ribadito la Corte di cassazione con una sentenza pubblicata il 22 giugno 2011 dalla terza sezione penale della Cassazione segnalata da Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti. consolidando un orientamento inaugurato da diversi anni
Nella fattispecie convalidata la condanna a carico di due imprenditori veneti per lo smaltimento illecito di rifiuti. Gli imputati non riescono a evitare il pagamento dei danni contestando la legittimazione delle sigle costituitesi nel processo, il Wwf Italia e la Legambiente regionale. Il fatto è che le associazioni ambientaliste possono sicuramente costituirsi iure proprio nel procedimento per reati ambientali anche dopo l’abrogazione delle previsioni di legge che le autorizzavano a proporre azioni risarcitorie per danno all’ecosistema in caso di inerzia degli enti territoriali. Il fatto che il D.lgs 152/06 abbia riservato allo Stato la facoltà di costituirsi parte civile in materia di danno ambientale non esclude affatto l’applicabilità delle norme generali in materia. La condanna a carico degli imputati risulta correttamente correlata a un potenziale danno proprio alle sigle ecologiste da accertarsi in sede civile.

Autovelox e multe, nulla la multa con telelaser se l’apparecchiatura non è segnalata da apposito cartello.


L’obbligo si estende a tutti i dispositivi di rilevazione della velocità con o senza agenti
Come a molti automobilisti è tristemente noto, molte amministrazioni comunali sono solite utilizzare apparecchiature autovelox imboscando le apparecchiature di rilevazione. La suindicata prassi a dir poco scorretta, se non illegale, è stata più volte segnalata anche in alcuni Comuni della Provincia di Lecce da Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”.
Finalmente la Sentenza di oggi della seconda sezione civile della Cassazione pone fine agli autovelox imboscati con o senza agenti. “ Qualunque dispositivo per la rilevazione dell’eccesso di velocità va segnalata con un apposito cartello, inclusi autovelox e tele laser “ .
Lo ha ribadito la Corte di cassazione consolidando un orientamento inaugurato un paio di anni fa, sottolineando che “l'obbligo della preventiva segnalazione dell'apparecchio di rilevamento della velocità previsto, in un primo momento, dall'art. 4 del d.l. n. 121 del 2002, conv. nella legge n. 168 del 2002, per i soli dispositivi di controllo remoto senza la presenza diretta dell'operatore di polizia, menzionati nell'art. 201, comma l- bis, lett. f), del codice della strada, è stato successivamente esteso, con l'entrata in vigore dell'art. 3 del d.l. n. 117 del 2007, conv. nella 1. n. 160 del 2007, a tutti i tipi e modalità di controllo effettuati con apparecchi fissi o mobili installati sulla sede stradale, nei quali, perciò, si ricomprendono ora anche gli apparecchi telelaser gestiti direttamente e nella disponibilità degli organi di polizia”.

martedì 21 giugno 2011

Dopo i rincari di Rca, Ipt e carburante, arriva un nuovo balzello per i consumatori la "tassa" sugli pneumatici


Passa ormai quasi in sordina l’introduzione di nuovi balzelli a carico dei cittadini. Si tratta di pochi euro o di aumenti dei costi progressivi dei servizi come era successo qualche tempo fa con l’introduzione del contributo unificato per i ricorsi avverso le sanzioni amministrative o come i rincari Rca, Ipt e carburante.
Ora viene inventato un “contributo ambientale” per il recupero e lo smaltimento degli pneumatici fuori uso che l'automobilista pagherà all'acquisto di un'auto nuova o di pneumatici nuovi che è stato introdotto a seguito del Decreto del Ministero dell’Ambiente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 131 dell’8 giugno 2011. La qualifica data dal Ministero deriva dal fatto che non si tratterebbe di una vera e propria tassa in quanto non direttamente percepita dallo Stato ma una sorta di versamento che finirà in un fondo gestito rispettivamente da ACI ed Ecopneus (quest’ultima è la società senza scopo di lucro per il rintracciamento, la raccolta, il trattamento e la destinazione finale degli pneumatici fuori uso, creata dai principali produttori di pneumatici operanti in Italia) che avranno la responsabilità di smaltire correttamente le vecchie “gomme”.
Secondo indiscrezioni, il nuovo balzello varierà dai 3 ai 4 euro a gomma e così se si parla di un “treno” di gomme sarà intorno ai 14 – 20 euro per autovettura che sarà riscosso per le autovetture di nuova immatricolazione dal rivenditore del veicolo all’atto della vendita di ogni veicolo nuovo per poi confluire in un fondo gestito dall’ACI, mentre ogni volta che acquisteremo pneumatici nuovi, pagheremo un contributo a Ecopneus, che dovrà utilizzare questo denaro per smaltire le gomme vecchie.
Insomma, conclude Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, le provano di tutte, ed alla fine a pagare sono sempre i consumatori.

Salute: annegamenti in Italia pochi incidenti ma elevata mortalità


Si stima che ogni anno nel mondo muoiano per annegamento oltre 380.000 persone, il che colloca l'annegamento al terzo posto tra le cause di morte per incidente dopo gli incidenti stradali e le cadute. Gran parte di questi eventi si registra Africa, Asia del pacifico occidentale e del Sud-Est asiatico e est europeo. i. In Europa, ogni anno si verificano 28.000 annegamenti fatali, con un tasso medio pari a circa 35 morti ogni milione di abitanti/anno. Le aree maggiormente a rischio sono quelle dell’est europeo, in particolare Bielorussia, Lettonia, Lituania, Russia e Ucraina che presentano tassi 15-16 volte superiori a quelli dell’Italia. Per queste nazioni, certamente temperatura fredda delle acque, elevato consumo di alcol e difficoltà nell’approntare rapidi servizi di intervento sono tra i fattori che contribuiscono agli elevati tassi di mortalità.
Gli annegamenti in Italia, se paragonati ad altre tipologie di incidenti, rappresentano un fenomeno a bassa incidenza, ma ad elevata letalità. Nel 2007, il fenomeno è quantificabile in 387 morti e circa 440 ricoveri. Quindi, su poco più di 800 eventi/anno, nella quasi metà dei casi il soggetto coinvolto muore e nel restante 55% delle volte viene ricoverato. Si parla, in questi casi, di semi-annegamento (o quasi-annegamento).
In termini di incidenza, il tasso di mortalità per il 2007 è risultato pari a 11,1 morti per milione/anno nei maschi e 2,2 morti per milione/anno nelle femmine, con un tasso medio di 6,5 morti per milione di abitanti/anno.
Il tasso medio di ricovero ospedaliero relativo ai soli casi con diagnosi principale è di 7,4 casi per milione di abitanti/anno, con un picco per i minori di 14 anni (18,6 casi per milione di ab./anno), per i quali probabilmente le precauzioni e le attenzioni sono particolarmente elevate. L'incidenza dei ricoveri è più alta nei maschi (10,6 vs. 4,4 casi per milione di ab./anno).
Dal 1969 al 2007 risultano decedute per annegamento 27.154 persone, per l'82% maschi. L'annegamento è un fenomeno che riguarda tutte le classi di età anche se appare evidente che è tra i giovani (14-29 anni) che si presenta con la massima incisività in termini assoluti, con circa 1/3 del totale delle morti registrate anche se i tassi di mortalità sono più elevati tra gli anziani (>70 anni).
Osservando gli andamenti della mortalità nel suo complesso è possibile constatare che il fenomeno si è ridotto abbondantemente, passando da circa 1200-1300 morti/anno degli inizi degli anni '70 a poco meno di 400 del biennio 2006-2007. Nel periodo considerato, gli annegamenti hanno mostrato dunque una marcata riduzione in entrambi i generi per tutte le classi di età. Si è arrivati ad una diminuzione del 90% per i bambini al di sotto dei 14 anni, grazie evidentemente all'effetto combinato di vari fattori quali l’informazione, la prevenzione ed una maggior controllo. Negli ultimi 10 anni i dati sugli annegamenti mostrano tuttavia una sostanziale stabilità, sia nel numero dei casi registrati, sia nei corrispondenti tassi di mortalità attestatisi in media attorno ai 6-7 morti per milione di abitanti/anno. Appare evidente di essere di fronte ad una sorta di "zoccolo duro", difficilmente comprimibile se non si mettono in atto strategie mirate ed efficaci.
La distribuzione geografica a livello comunale dei dati di mortalità per annegamenti registrati nel 2007 mostra che i comuni italiani che nel 2007 hanno contato decessi per annegamento sono 264, mentre gli eventi mortali totali ammontano a 385. In 211 comuni (pari al 79,9%) si è verificato un unico caso di annegamento, in 47 comuni ( pari al 17,8%) si sono verificati da 2 a 6 casi, mentre in 6 comuni (pari al 2,3%) si sono verificati da 7 a 17 casi di annegamento. Le località marine litoranee sono 116 (43,9%), quelle interne 141 casi (53,4%).
L’analisi dei dati relativi all’intero periodo temporale, che abbraccia gli ultimi 6 anni di dati mortalità ISTAT ad oggi disponibili, mostra che 1072 comuni hanno registrato decessi per annegamento dei quali: 678 solo 1 decesso, 394 da 2 fino a 17 decessi.
In base al numero totale dei decessi registrati e alla frequenza con cui si sono manifestati gli annegamenti negli anni è stato calcolato l’indice di rischio di annegamento (IRA), che ha permesso di suddividere i comuni in: A) comuni che presentano bassa mortalità per annegamento (<7 decessi); B) comuni con alta mortalità per annegamento( ≥ 7 decessi); C) comuni con bassa frequenza annuale (<4 anni); D) comuni con alta frequenza annuale (≥ 4 anni). I gruppi più importanti sono quelli con IRA 3 e 4. I 36 comuni con indice IRA=3, pari allo 0,44% dei comuni italiani, possono essere considerati a medio rischio di annegamento, con decessi ogni anno in media non superiori a 2. Il gruppo con IRA 4 annovera 49 comuni con rischio particolarmente elevato pari allo 0,61% del totale dei comuni italiani, nei quali ogni anno si verifica un numero anche consistente di casi di annegamento mortali.
Il fenomeno degli annegamenti appare particolarmente evidente lungo la costa adriatica centro settentrionale (da San Benedetto del Tronto a Trieste); in alcune aree della costa sud della Puglia, lungo la costa tirrenica in Liguria (tra San Remo e Savona), in Toscana (tra Carrara e Piombino), nel Lazio (tra Fiumicino e Terracina), in Campania (tra Castel Volturno e Acropoli); in Sicilia nella costa sud-orientale e a Palermo); in Sardegna (lungo la costa occidentale, nella zona di Cagliari e in quella di Olbia).
Nelle aree interne alcuni comuni mostrano valori elevati di IRA, soprattutto nel Veneto, tra quelli situati lungo i fiumi Adige e Po, e in Lombardia, con particolare riferimento ai laghi maggiori (lago di Como, lago Maggiore e lago di Garda).
Ovviamente la grande concentrazione di casi che è dato osservare nelle aree densamente popolate della Lombardia (173 comuni), del Veneto (136 comuni) e del Piemonte (106 comuni), induce a ribadire che la probabilità di annegamento è anche fortemente correlata al numero di persone che risiedono, vivono e si spostano all'interno di un determinato territorio e non solo all'occasionale esposizione a determinati fattori di rischio.
I dati pubblicati dalla stampa ovviamente non possono essere confrontati con i dati ISTAT ma sono stati utilizzati sperimentalmente per acquisire informazioni sui singoli casi di annegamento ed in particolare sulle cause degli eventi mortali, ambito nel quale le casistiche ufficiali sono oltremodo carenti.
L'analisi dei dati pubblicati dalla stampa negli anni 2008-2010 ha permesso di studiare complessivamente 422 casi di annegamento, soprattutto accaduti in: Lombardia (61 casi), Emilia Romagna (58), Toscana (42); Sardegna (39) e Veneto (37). Gran parte degli annegamenti si è verificata durante la stagione balneare, in particolare a luglio (113) e ad agosto (110), giugno (60), settembre (45) e Maggio (29). Complessivamente nella stagione balneare sono stati riportati 328 annegamenti, rispetto ai 422 totali (cioè il 77.7%).
Le cause principali degli annegamenti sono risultate l’imperizia (107), il malore (95), le cadute accidentali (57), la pesca subacquea (36), le cadute da imbarcazioni e la mancata sorveglianza (35).
La mancata sorveglianza dei bambini merita un’attenzione particolare. Ovviamente la necessità di una sorveglianza adeguata da parte dei familiari o degli adulti che hanno il compito di seguirli è fuori discussione e rientra nell’ambito di responsabilità soggettive. Ma al di là di alcune situazioni, come ad esempio le piscine private, si pone il problema della sorveglianza da parte di personale appositamente addestrato. E’ altamente improbabile che questi incidenti si possano verificare in acque sorvegliate dai bagnini. La sorveglianza da parte dei bagnini avrebbe vantaggi chiaramente individuabili ed eviterebbe salvataggi improvvisati da parte di persone non in grado di effettuarli, che a volte si concludono con esiti fatali anche per i soccorritori. Di qui l'importanza di estendere il più possibile la presenza di un servizio di salvataggio alle acque di balneazione costiere ed interne, soprattutto nelle aree a maggiore rischio di annegamenti.
Riguardo alla tipologia del corpo idrico, in considerazione dell’estensione della costa italiana e del grande numero di turisti che frequentano le località marittime, l’elevato numero di decessi accaduti in mare rispetto ad altre tipologie di acque non rappresenta una sorpresa (239, cioè il 56.6% degli annegamenti totali). Tuttavia gli annegamenti nei fiumi (78) non sono certo pochi e rappresentano, in considerazione del numero certamente esiguo di fruitori, una sorpresa. Superano quasi del doppio quelli riportati nei laghi (42). Molti annegamenti in particolare in questi corpi idrici hanno riguardato cittadini stranieri. Probabilmente in questa tipologia di eventi rientrano due problematiche riguardanti da un lato la impossibilità per barriere linguistiche ad accedere ad informazioni adeguate sui pericoli dei corpi idrici e dall’altro lato abitudini diverse ( ad esempio uso di queste acque per l’igiene personale). quelli dei paesi ricchi.
Secondo Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” non resta che rivolgere un appello ricordando di seguito alcune regole da tenere a mente per evitare inutili rischi
• Non entrare in acqua a stomaco pieno o durante la digestione (attendere almeno 3 ore);
• Non entrare in acqua quando non ci si sente bene o si accusano malesseri;
• Quando si sono consumate bevande alcoliche evitare di entrare in acqua, andare in barca o fare altri sport acquatici. Si ricordi che l'alcol può rendere meno vigili in circostanze in cui si richiede capacità di controllo, ad esempio nel prestare attenzione al bambino vicino l'acqua*;
• Non entrare in acqua bruscamente dopo una lunga esposizione al sole o se si è accaldati, perché la notevole differenza di temperatura tra il corpo e l'acqua può determinare delle alterazioni, anche gravi, della funzione cardiorespiratoria, con perdita della conoscenza ed arresto cardiaco;
• Addestrarsi a praticare la rianimazione cardiopolmonare (CPR), perché nel tempo in attesa dell'arrivo del personale sanitario, le capacità di primo soccorso possono fare la differenza per salvare la vita*;
• Non improvvisarsi subacquei, in quanto l'immersione richiede una forma fisica adeguata, raggiunta dopo una preparazione specifica;
• Evitare di fare il bagno quando il mare è agitato;
• Evitare, se possibile, di fare il bagno da soli, perché anche un banale crampo potrebbe mettere in serie difficoltà; possibilmente scegliere luoghi per nuotare sorvegliati da bagnini;
• Evitare di tuffarsi se non si conosce la profondità dell'acqua; si rischia di urtare contro il fondo o contro gli scogli con conseguente morte per trauma cranico o postumi invalidanti per lesioni alla testa ed al collo;
• Informarsi sulle condizioni del vento e del mare e le relative previsioni prima di andare in acqua. Vento forte e temporali con fulmini possono costituire un serio pericolo*;
• Indossare il giubbotto di salvataggio omologato quando si naviga, a prescindere dalla distanza di viaggio, dal tipo di imbarcazione o dall'abilità a nuotare di coloro che vanno in barca*;
• Fare attenzione alle bandiere colorate di avviso di pericolo in spiaggia*;
• Fare attenzione alle onde pericolose e ai segni di corrente di riflusso (es, acqua che cambia colore e stranamente mossa, schiumosa, o piena di detriti). Se si finisce in una corrente che porta al largo, non cercare di contrastarla subito nel tentativo di guadagnare immediatamente la riva. E' meglio cercare piuttosto di uscire dal flusso della corrente, nuotando parallelamente alla spiaggia. Una volta fuori dalla corrente, nuotare verso la riva*;
• Usare molta prudenza in acque dolci (fiumi e laghi) sia per le correnti presenti, sia per la temperatura dell'acqua, spesso assai fredda;
• Prestare la massima attenzione ai bambini, raccomandazione che vale in generale ma soprattutto nelle piscine, ambienti che apparentemente sembrano più sicuri e inducono a minore prudenza.
• In particolare, se si possiede una piscina interrata*:
• la piscina dovrebbe essere circondata da un recinto adeguatamente alto (almeno 120 cm);
• l'accesso alla piscina dovrebbe essere consentito tramite cancelli con chiusura con dispositivo di richiamo e meccanismo di apertura fuori dalla portata dei bambini. Considerare l'eventualità di dotare la piscina interrata di ulteriori protezioni aggiuntive come sistemi di allarme perimetrale per prevenire l'accesso ai bambini piccoli;
• tenere sempre a mente che braccioli o ciambelle gonfiabili sono giocattoli e non sono realizzati per salvare le persone in acqua. Per questo scopo esistono appositi giubbini di salvataggio;
• i giochi dovrebbero essere rimossi dalla piscina subito dopo l'uso. Barchette, palle, ed altri giochi possono incoraggiare il bambino ad entrare in piscina, o a sporgersi su di essa e potenzialmente a caderci dentro.
• Per quanto riguarda piccole piscine in particolare quelle gonfiabili, acquistabili anche nei supermercati, è buona norma vuotarle dopo l'uso oppure dotarle di una copertura solida a prova di bambino.

Queste regole di buona condotta sono in gran parte riprese da quanto emerso dal progetto SISI (Studio Italiano Sugli Incidenti), condotto dall'ISS in Liguria, Marche e Molise all'inizio degli anni '90. E sono state integrate con altre (contrassegnate con l'asterisco), riprese e adattate da quelle emanate dal Centers for Disease Control and Prevention.

lunedì 20 giugno 2011

L'Italia fanalino di coda nella UE nella donazione di sangue. I giovani i meno generosi.


La donazione di sangue volontaria è in aumento nell'Unione europea, eppure le giovani generazioni sono meno coinvolte di quelle anziane. Per promuovere un gesto che salva la vita, mercoledì 15 giugno, i membri della commissione per l'ambiente e la sanità pubblica hanno analizzato e discusso l'ultimo rapporto della Commissione europea sul tema. Donare il sangue è la "massima espressione di generosità e solidarietà" hanno detto gli eurodeputati presenti all'incontro. Anche Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” lancia un messaggio di promozione della donazione di sangue, verso qualsiasi altra forma di altruismo sociale e per sensibilizzare i giovani, le persone che non hanno mai donato e sono in condizione di farlo, o i donatori occasionali, ad impegnarsi di più soprattutto ora che si avvicina il periodo estivo e la richiesta di sangue aumenta.
"I fatti recenti, come l'epidemia di E.coli in Germania ci ricordano l'importanza di questo gesto. Gli ospedali tedeschi hanno dovuto rivolgere un appello urgente, a causa della carenza di sangue" ha esordito il presidente della commissione, il socialista tedesco Jo Leinen, che ha rivelato di essere donatore in prima persona.
Vi proponiamo di seguito le ultime analisi europee e mondiali, per capire come funzionano le donazioni e quali sono gli Stati e le fasce di età che dovrebbero impegnarsi di più.
Alcune statistiche
Secondo i dati Eurobarometro dell'ottobre 2009, il 37% degli Europei ha donato il sangue in precedenza, un dato in crescita rispetto al 31% del 2002.
La classifica dei paesi europei dove le donazioni sono più popolari vede in testa l'Austria, con il 66% della popolazione, seguita da Francia (52%), Grecia e Cipro (51%). Sul fanalino di coda sono invece Svezia (30%), Malta (29%), Polonia (25%), Italia (23%) e Portogallo (22%).
Sempre stando alle statistiche, gli uomini europei donano più delle donne (44% contro il 31% dei dati al femminile). La percentuale cresce, poi, tra le persone istruite e purtroppo scende tra i giovani.
Come funziona
Le donazioni di sangue sono volontarie e non retribuite, come stabilito dalla direttiva comunitaria del 2002, al fine di "contribuire a parametri elevati di sicurezza... e quindi alla protezione della salute umana".
Ventiquattro paesi dell'UE, tra cui l'Italia, forniscono incentivi ai donatori di sangue intero - e 22 a quelli di emocomponenti - come "spuntini, piccoli omaggi... congedi speciali per chi lavora (nel settore pubblico) e rimborso delle spese di viaggio". In genere la raccolta di sangue intero e plasma viene effettuata da enti pubblici o senza scopo di lucro, mentre Austria, Finlandia, Germania e Lituania, ricorrono al settore privato o a sistemi misti.
In Italia è l'AVIS a occuparsi delle donazioni. Seguendo il link in basso, potete scoprire la località dove donare più vicina a casa vostra.
L'UE e il resto del mondo
Sono 62 i paesi nel mondo dove l'approvvigionamento di sangue si basa su un sistema di donazioni volontarie e gratuite. Un dato cresciuto di oltre il 50% negli ultimi 10 anni.
Anche a livello mondiale gli uomini si confermano come i maggiori donatori: ben il 70% secondo gli ultimi dati dell'OMS. Mentre, per quanto riguarda l'età, sono più giovani i donatori dei paesi in via di sviluppo che quelli dei paesi ricchi.

sabato 18 giugno 2011

Autovelox e multe: quando la Prefettura è attenta e non fa il semplice notaio dell’ente accertatore.


Il Prefetto di Cosenza archivia il verbale per superamento del limite di velocità perché la segnaletica non risultava conforme perché “posta in luogo poco adeguato e non in assoluta evidenza relativamente alla sua interezza”
Troppe, troppe volte, Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale del “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori nonché fondatore dello “Sportello dei Diritti” ha lanciato appelli alle Prefetture affinché usassero più rigore nell’esame dei ricorsi per i verbali al codice della strada, perché assai sovente si potrebbe evitare di ricorrere al giudice di pace avverso le multe illegittime con conseguente sgravio della giustizia italiana e minori costi per i cittadini, se gli uffici delle prefetture all’uopo incaricati, non si limitassero a certificare quanto sostenuto dagli enti accertatori nei loro rapporti, ma accertassero effettivamente i motivi di doglianza da parte degli automobilisti e dei proprietari delle autovettura.
Non tutte gli uffici governativi provinciali però si limitano a fare i notai e così questa volta segnaliamo un caso positivo, quello della Prefettura della provincia di Cosenza che ha decretato l’archiviazione di un ricorso avverso un verbale per superamento del limite di velocità redatto dal comune di Montegiordano perché la segnaletica non sarebbe stata conforme alle prescrizioni normative in quanto, si legge nel provvedimento, "posta in luogo poco adeguato e non in assoluta evidenza relativamente alla sua interezza".
Al di là del comportamento stigmatizzabile dell’organo che ha comminato la sanzione, in quanto non propriamente trasparente, come viene anche sostenuto nel suddetto decreto nel quale l’ufficio prefettizio afferma che “si evince che l’apparecchiatura utilizzata è posta sul lato contrario ( Direz. SUD ) al senso di marcia dell’autoveicolo ( Direz. NORD. ), rendendosi, pertanto, poco visibile all’utente della strada”, è da evidenziarsi il corretto operato della Prefettura che ci sprona a continuare nell’opera dello “Sportello dei Diritti” che da anni si rivolge in prima istanza alla via amministrativa quando si tratta di ricorrere avverso multe ingiuste e illegittime.

Diritti degli omosessuali: ONU approva risoluzione "storica". È ora che l’Italia si adegui. Subito due leggi: contro l’omofobia e per la parità delle


Subito due leggi: contro l’omofobia e per la parità delle “unioni civili”
Dopo che già tanti stati nel mondo hanno compiuto sforzi legislativi affinché anche la legge fosse adeguata alla società, perché troppo spesso, anche nei paesi cosiddetti sviluppati la legislazione arriva troppo tardi rispetto all’andamento ed ai comportamenti dei propri cittadini, anche l’ONU compie un grande slancio per la tutela dei diritti di tutti gli uomini con l’approvazione da parte del Consiglio dei Diritti Umani dell'Onu il 17 giugno di una risoluzione che sin da subito è stata definita ''storica'' e che stabilisce la parità dei diritti per tutti gli esseri umani, indipendentemente dall'orientamento sessuale, segnando un progresso significativo di livello mondiale nella battaglia per i diritti degli omosessuali.
Il provvedimento che è stato presentato dal Sud Africa, è stato emanato con 23 voti a favore, 19 contrari e tre astensioni, nonostante la forte opposizione da parte degli stati arabi e africani.
Di straordinaria significatività la frase contenuta nel testo: ''Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti e a ciascuno di loro spettano tutti i diritti e le libertà senza distinzione di alcun tipo'' e che apre scenari importanti se al dato persuasivo insito nel provvedimento, comporterà anche effetti nelle legislazione degli stati che ancora sono in ritardo nell’equiparazione universale dei diritti di tutti.
Se il mondo fa un passo così avanti, aggiunge Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” è ora che anche l’Italia si adegui ed il Parlamento approvi nell’immediato e contemporaneamente due leggi: una contro l’omofobia ed un’altra per la parità di tutte le “unioni civili”. È giunta l’ora, ribadisce D’Agata, che sia realizzato compiutamente nel Belpaese l’articolo 3 della Costituzione.

In aumento il fenomeno del bullismo tra le adolescenti con delle vere e proprie baby gang femminili


Non solo nelle banlieues francesi ma bande di ragazzine tra i tredici ai sedici anni si aggirano purtroppo anche nelle Nostre città. Un fenomeno tutto nuovo ed in crescita quello delle baby gang femminili che pare stia prendendo piede anche in Italia e che Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” ritiene utile portare all’attenzione affinché vengano adottate tutte quelle misure necessarie a debellarlo.
È rilevabile, purtroppo, un progressivo cambiamento nella società ed in particolare tra i giovani. Se prima il cosiddetto bullismo era appannaggio quasi esclusivo dei ragazzi mentre le ragazze si dimostravano più inclini ad andare a suola, allo studio e comunque ad evitare la via della delinquenza, oggi pare sia avvenuta una certa omologazione nei comportamenti negativi che si sta diffondendo a macchia d’olio specie nelle grandi città ma si evidenziano degli episodi anche nei piccoli centri. Una sorta di emulazione degli atteggiamenti dei ragazzi da parte delle ragazze che appare, almeno a detta di autorevoli sociologi, una sorta di reazione per sfuggire alle periferie in cui erano cresciute e soprattutto alla cultura familiare e maschile che molto spesso le opprime.
La natura del problema non va affrontato sotto un perimetro strettamente “culturale” entro il quale alcune scuole sociologiche vorrebbero ridurlo, ma soprattutto sotto quello educativo.
Sono i luoghi di ritrovo, le famiglie e la scuola che devono dare il contributo decisivo per bloccare tali fenomeni.
Ma è soprattutto la scuola che potrebbe essere la carta decisiva dove realizzare campagne permanenti di sensibilizzazione per favorire la socializzazione e valorizzare dei rispettivi ruoli di uomo e donna. Si avviino, dunque, laboratori e progetti scolastici prima che le cronache quotidiane riportino ulteriori episodi di bullismo al femminile che al momento appaiono ancora non di grande rilevanza.

venerdì 17 giugno 2011

Il marito va risarcito in via equitativa se la moglie non può avere rapporti sessuali in conseguenza di un sinistro


Non si tratta di “danno di riflesso” ma d’illecito che segue il principio di regolarità causale anche se non è subito direttamente dalla vittima
Se la moglie in conseguenza di un incidente stradale perché investita da un pirata della strada, non potrà avere più figli, e soprattutto se ha subito una lesione al bacino che non le consente di avere normali rapporti sessuali allora anche il marito dev’essere risarcito. Così la terza sezione civile della Cassazione in una sentenza le cui motivazioni sono state depositate in data 16 giugno 2011 che Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, commenta.
In tali casi, secondo la Suprema Corte anche il marito vede lesa la propria sfera più intima. Nella specie, peraltro, nei confronti del coniuge non deve considerarsi come categoria di danno il cosiddetto danno “di riflesso”, così come si è ritenuto in passato, ma va affermata la risarcibilità del danno “poiché conseguenza normale dell’illecito secondo il principio della c.d. regolarità causale”.
Gli ermellini partono, infatti, dall’assunto che la vita sessuale è un aspetto fondamentale della persona umana e il fatto illecito che determina in tal senso una lesione ai danni della vittima del sinistro stradale comporta conseguenze pregiudizievoli che sono senz’alcun dubbio risarcibili in virtù dell’articolo 2059 del codice civile, ossia riferibili alla sfera della categoria del danno non patrimoniale.
Ne discende che risulta violato anche il diritto del marito ad avere rapporti sessuali con la moglie tanto da comportare la risarcibilità del danno da liquidare in via equitativa secondo i canoni stabiliti dall’articolo 1223 del codice civile anche se “pur sofferto da soggetto diverso da colei che ha subito le lesioni, poiché conseguenza nomale dell’illecito secondo il criterio della c.d. regolarità causale”. Ed inoltre, “trattandosi di danno non patrimoniale, la liquidazione non può che essere equitativa ex art. 1226 cod.civ.”
Nel caso di specie la Corte che ha deciso nel merito ai sensi dell’art. 384 comma secondo cod. proc. civ. condividendo la valutazione del giudice di primo grado che, tenuto conto dell’età dei coniugi alla data del fatto, aveva liquidato la voce di danno in parola con l’importo di 20 milioni di vecchie lire.

giovedì 16 giugno 2011

Parte in Italia la sperimentazione del vaccino anti-AIDS della proteina Tat associata a Env su volontari sani


Altri passi avanti nella lotta all’AIDS. Passi avanti fatti dai ricercatori nostrani e che Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, si augura riescano a produrre l’effetto sperato: la debellazione di questa piaga da tutto il pianeta.
È recentissima la notizia, infatti, che il Centro Nazionale AIDS dell’Istituto Superiore di Sanità ha avviato la sperimentazione della prima fase del vaccino preventivo dell’infezione da HIV fondato sulla combinazione tra la proteina Tat e la proteina Env.
La prima, che è già in fase avanzata di sperimentazione in studi clinici terapeutici di Fase II in Italia e Sud Africa, la seconda fornita da Novartis nell’ambito di una collaborazione nel progetto europeo AVIP. Entrambe le proteine sono già state provate sull’uomo mostrandosi sicure e ben tollerate, mentre la combinazione dei due prodotti è stata sperimentata solo in modelli animali dove ha dimostrato tutta la sua efficacia nella prevenzione dell’infezione da HIV e la sua sicurezza e tollerabilità.
La nuova ricerca conosciuta con il protocollo ISS P-002 vedrà la collaborazione di tre centri clinici italiani di eccellenza (la Divisione di Malattie Infettive del Policlinico di Modena; la Divisione di Malattie Infettive dell’Azienda Ospedaliera San Gerardo di Monza; la Dermatologia Infettiva dell’IFO - San Gallicano di Roma) ed ha già l’avallo delle autorità regolatorie e dei comitati etici competenti.
La sperimentazione avverrà almeno in questa prima fase su 50 soggetti sani, adulti di età compresa tra i 18 ed i 55 anni ed ha l’obiettivo di valutare la sicurezza e l’immunogenicità del nuovo candidato vaccinale
L’indagine sarà inoltre garantita da tre comitati indipendenti con svariate funzioni di verifica e controllo.
L’arruolamento dei volontari avrà luogo esclusivamente presso i centri clinici; chiunque desideri richiedere informazioni può contattare il Telefono Verde AIDS dell’ISS, al numero 800.861.061 dal lunedì al venerdì, dalle ore 13.00 alle ore 18.00.

mercoledì 15 giugno 2011

Multe, nulla l'ordinanza del prefetto emessa dopo 180 giorni dal deposito del ricorso


Se l’ordinanza – ingiunzione del prefetto avverso il ricorso ad una multa al codice della strada è emessa dopo 180 giorni dal deposito del ricorso è invalida. Secondo la cassazione ai fini del computo del termine conta la data di emissione e non quella di notifica dell’ordinanza-ingiunzione
In caso di richiesta di audizione del trasgressore il termine però rimane sospeso sino alla data fissata per l’ascolto
Un’ordinanza della seconda sezione civile della Suprema corte pubblicata il 06 giugno scorso che viene commentata da Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, chiarisce quale sia il termine di validità dell’ordinanza – ingiunzione prefettizia avverso le multe al codice della strada, specificando che il tempo di 180 giorni, s’intende sospeso fino alla data di espletamento dell’audizione o, in caso di mancata presentazione del ricorrente, comunque fino alla data fissata per l’audizione. Peraltro, secondo la Cassazione ai fini del computo del suddetto termine non rileva la data di notifica ma quella di emissione dell’ordinanza-ingiunzione.
Come è noto, infatti, gli articoli 203, comma 2, e 204 del codice della strada sono stati modificati dal decreto legge 151/03, convertito dalla legge 214/03 che hanno specificato come al termine di 120 giorni, previsto dall’articolo 204 del Codice della strada, debba essere aggiunto quello di 60 giorni, stabilito dall’articolo 203, per la trasmissione degli atti al prefetto da parte del comando dell’organo accertatore cui è depositato il ricorso.
Secondo gli ermellini, però, i 180 giorni debbono intendersi sospesi quando è disposta l’audizione dell’interessato e posso dilatarsi sino a tale data o a quella di mancato espletamento. Nella fattispecie i giudici del Palazzaccio hanno accolto il ricorso di un’automobilista sanzionata per l’accesso abusivo nella Ztl di Torino. Nonostante la richiesta d’audizione e la conseguente sospensione del termine, il provvedimento del prefetto fu emesso oltre il termine massimo.

martedì 14 giugno 2011

Ambiente: orti e serre sui tetti: frutta e verdura già a casa e l’aria della città migliora


Dagli USA e dal Canada la nuova frontiera dell’alimentare fai da te: orti e serre sui tetti: frutta e verdura già a casa e l’aria della città migliora
Sarà colpa dell’incipiente crisi alimentare mondiale che ha portato alle stelle anche i costi di frutta e verdura, sarà l’assenza nelle zone più urbanizzate di aree coltivabili, sarà un nuova moda, ma in Canada e negli Stati Uniti non è più solo un esperimento il cosiddetto “rooftop farming” ossia la tendenza di coltivare frutta e verdura fai da te in serra sui tetti degli edifici.
La cosa più sorprendente che stanno nascendo anche piccole e medie aziende agricole che iniziano a fare del business utilizzando edifici abbandonati che nelle grandi città sono a migliaia e per migliaia di metri quadri di superficie “coltivabile” tutto l’anno per i più variegati tipi di frutta e ortaggi.
Utilizzando le più avanzate tecnologie della moderna agraria tipo le coltivazioni idroponiche (senza terra) o serre ad alta redditività, abbinandole al crescente interesse dei consumatori verso i prodotti biologici, stanno, peraltro, consentendo la creazione di nuovi modelli di business.
Al bando gli sprechi in questi moderni “campi urbani”. In gran parte dei casi sperimentati si è scelto, infatti, di bandire gli antiparassitari per tecniche naturali di protezione dai parassiti e peraltro, si utilizza acqua riciclata.
Una cooperativa canadese “Lufa Farms” (www.lufa.com) sulla scorta del motto “Fresco, Locale, Responsabile” ha da poco iniziato a vendere a Montreal l’ortofrutta chilometro-zero coltivata sui tetti che a partire da un edificio tutto di cemento armato sono riusciti a realizzare una serra di un ettaro e coltivarvi tutto l’anno pomodori, cetrioli, peperoni e altri ortaggi.
Un'altra possibilità di colture in città allo studio d’importanti centri di ricerca americani a partire dalla Columbia University è dettata dalla cosiddetta agricoltura verticale (vertical farming), vale a dire coltivare cibo sui grattacieli o anche nei magazzini con l’aiuto di luce artificiale, utilizzando piante e materiali bio.
Insomma, un pout porry di idee per un sistema di sviluppo ecosostenibile che Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” ritiene possa essere adottato anche in Italia magari coniugando l’utilizzo del fotovoltaico sui tetti che in molti luoghi del Belpaese viene già installato sulle serre agricole.

Rapporto dell’OMS sulla disabilità: le persone colpite sono più di un miliardo


Troppa discriminazione e assistenza inadeguata
Impressionante nei numeri e nelle questioni affrontate il recente rapporto dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e della Banca Mondiale sulla disabilità sviluppato con il contributo di ben oltre 380 esperti. Così lo giudica Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”.
Secondo l’indagine, infatti, sono più di un miliardo le persone che nel globo vivono una situazione di disabilità, non avendo, peraltro, un adeguato accesso ai servizi.
Peraltro, l’indagine punta l’attenzione anche sulla circostanza che la gran parte degli Stati non ha predisposto meccanismi capaci di rispondere ai bisogni delle persone colpite da disabilità.
Tra i problemi più in evidenza: al primo posto la discriminazione unitamente alla mancata assistenza sanitaria e di riabilitazione, per passare poi alle barriere architettoniche: trasporti pubblici, edifici e tecnologia informativa inaccessibili.
Le conseguenze di queste difficoltà che accompagnano la vita dei disabili riguardano una salute generalmente più precaria rispetto alla media, scarse possibilità formative e professionali, povertà ed un livello d’istruzione minore, proprio per le difficoltà di accesso agli studi superiori.
Il rapporto non si limita ad analizzare i dati ma pone delle utili raccomandazioni agli stati e che sono tutte finalizzate ad ottenere un impegno maggiore da parte delle istituzioni locali per combattere questi problemi.
Non tutti gli stati hanno ancora firmato la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità (CRPD). Il numero è fermo a meno di 150 paesi e organizzazioni regionali, e solo 100 l’hanno poi ratificata. La Convenzione pone degli impegni nei confronti dei firmatari a rimuovere le barriere in modo che le persone con disabilità possano partecipare pienamente alla loro società.

lunedì 13 giugno 2011

Multe,i termini per l'opposizione decorrono dalla data del timbro postale sulla raccomandata


Verbali al codice della strada e multe. Per verificare se l’opposizione è nei termini fa fede il timbro postale sulla raccomandata
Il termine decorre dalla consegna alla posta del ricorso. A nulla rileva se il plico giunge in cancelleria oltre il termine
La seconda sezione civile con un’ordinanza pubblicata in data odierna 13 giugno 2011 conferma l’orientamento giurisprudenziale predominante in tema di termini del deposito dei ricorsi alle multe per infrazioni al codice della strada. Lo rileva Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di IDV e fondatore dello “Sportello Dei Diritti”.
Secondo la Suprema Corte è pertinente a tal fine, solo la data del timbro postale e non quella di arrivo dell’atto in cancelleria. Nel caso in cui il plico con il ricorso giunga presso il Giudice di Pace dopo la scadenza del termine di legge, l’impugnazione è da ritenersi comunque effettuata tempestivamente.
Come è noto, infatti, la sentenza n. 98/2004 della Corte costituzionale era intervenuta sull’articolo 22 della legge 689/81 chiarendo, si riteneva definitivamente, il termine per l’impugnazione dei verbali. Secondo la nota decisione della Consulta, risulta che quando l’opposizione è notificata mediante raccomandata con ricevuta di ritorno è rilevante ai fini del computo del termine, soltanto la data in cui il notificante ha consegnato il plico alla posta ciò in relazione al combinato disposto con l’articolo 149 Cpc e con l’articolo 4 della legge 890/82.
Se la consegna materiale del plico è avvenuta entro il termine previsto dalla disposizione di cui all’articolo 22, non rileva che l’atto sia in seguito arrivato alla cancelleria del giudice oltre il termine previsto per il ricorso.
Nel caso di specie gli ermellini hanno accolto con rinvio il ricorso del trasgressore.

domenica 12 giugno 2011

Internet e viaggi all' estero: un salasso per connettersi con la chiavetta. Stop alle bollette shock


Va in Spagna, usa la “chiavetta” per connettersi ad internet è la bolletta vola a 3.600 euro.
Serve più trasparenza e migliori strumenti di controllo del traffico da parte dei gestori telefonici
Quanti cittadini utilizzano la rete connettendosi dappertutto con le ormai onnipresenti “chiavette” dei vari gestori telefonici. Perché internet che ha causato l’ultima rivoluzione tecnologica della storia dell’umanità è considerato, da tempo, un diritto di tutti quasi al pari dell’acqua e dell’aria.
Rimangono però molti problemi connessi all’accesso alla rete che riguarda la scarsa digitalizzazione del Nostro Paese nel quale permane il cosiddetto “digital divide” che però da qualche anno viene in parte superato attraverso l’utilizzo della rete mobile che consente di connettersi ad internet anche nei luoghi dove la stessa non arriva via cavo.
Così ogni categoria di cittadini, dagli studenti ai professionisti si sta dotando, in maniera sempre più crescente delle cosiddette “chiavette” che attraverso una semplice sim prepagata o con più frequenza legata ad un abbonamento a fatturazione mensile o bimestrale consente di superare, almeno in parte il digital divide purchè ci si trovi almeno in un’area di ricezione del segnale gprs.
Senonchè accade che i contratti con i gestori della rete mobile, se non appaiono sempre completamente trasparenti quantomeno non sono sempre totalmente chiari.
E così, ci è stato segnalato il caso, ma non è isolato, di una studentessa che recatasi in Spagna per un breve soggiorno e connessasi alla rete attraverso la “chiavetta” USB legata ad un contratto con una primaria azienda di telefonia mobile, si sia vista recapitare al ritorno in Italia una bolletta stratosferica di quasi 3.600 euro, senza che l’ignara consumatrice sia stata avvisata in corso di “navigazione” dello sforamento di qualsiasi soglia di natura economica.
Ciò è stato dovuto, da una parte perché l’Europa senza frontiere fisiche mantiene ancora frontiere digitali e costi di connessione elevatissimi se ci si sposta da un Paese all’altro dell’Unione e dall’altra perché i contratti con le compagnie telefoniche sono ancora troppo poco chiari in merito alle tariffe di navigazione all’estero e non prevedono dei segnali d’allarme obbligatori quando si superano determinate soglie di connessione.
Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, auspica quindi un intervento risolutivo dell’AGCOM affinché intervenga nei confronti dei gestori telefonici e gli obblighi ad introdurre tutte le misure necessarie per evitare che si ripetano abnormità di tali tipo, perché chi paga alla fine, è sempre il consumatore.

Nascite in Italia, confermato il ricorso eccessivo al taglio cesareo mentre aumentano lievemente i nati da madri straniere


I dati che Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” riporta riguardano la rilevazione del 2008, che abbraccia ben 551 punti nascita, con un netto aumento della copertura rispetto agli anni precedenti: ben il 48% di schede in più rispetto al 2002, un numero di parti pari al 96,6% di quelli rilevati con la Scheda di Dimissione Ospedaliera (SDO) e un numero di nati vivi pari al 95,8% di quelli registrati presso le anagrafi comunali nello stesso anno.
Di seguito si evidenziano i dati più rilevanti.
Più parti negli ospedali che nelle cliniche private
L'88,4% dei parti è avvenuto negli Istituti di cura pubblici, l'11,4% nelle case di cura e solo 0,2% altrove.
Naturalmente nelle Regioni in cui è rilevante la presenza di strutture private accreditate rispetto alle pubbliche le percentuali sono sostanzialmente diverse. Il 67,0% dei parti si svolge in strutture dove avvengono almeno 1.000 parti annui. Tali strutture, in numero di 210, rappresentano il 37,3% dei punti nascita totali. Il 9,11% dei parti ha luogo invece in strutture che accolgono meno di 500 parti annui.
Aumentano lievemente i nati da madri straniere
Nel 2008, il 16,9% dei parti è relativo a madri di cittadinanza non italiana (15,9% nel 2007). Tale fenomeno è più diffuso al centro nord dove quasi il 20% dei parti avviene da madri non italiane; in particolare, in Emilia Romagna, quasi un quarto delle nascite e riferito a madri straniere. Le aree geografiche di provenienza più rappresentative, sono quella dell'Africa (27,2%) e dell'Unione Europea (25,6%). Le madri di origine Asiatica e Sud Americana sono rispettivamente il 17,8% ed il 9,1% di quelle non italiane.
Le italiane partoriscono più tardi delle straniere
L'età media della madre è di 32,4 anni per le italiane mentre scende a 28,9 anni per le cittadine straniere. I valori mediani sono invece di 32,2 anni per le italiane e 28,2 anni per le straniere. L'età media al primo figlio è per le donne italiane quasi in tutte le Regioni superiore a 31 anni con variazioni sensibili tra le regioni del nord e quelle del sud. Le donne straniere partoriscono il primo figlio in media a 27 anni.
Scolarità medio-alta per il 45% delle mamme
Delle donne che hanno partorito nell'anno 2008 il 45,3% ha una scolarità medio alta, il 34,8% medio bassa ed il 19,9% ha conseguito la laurea. Fra le straniere prevale invece una scolarità medio bassa (45,6%).
Il 59% delle donne che hanno partorito nel 2008 lavora
L'analisi della condizione professionale evidenzia che il 59,9% delle madri ha un'occupazione lavorativa, il 31,8% sono casalinghe e il 6,6% sono disoccupate o in cerca di prima occupazione. La condizione professionale delle straniere che hanno partorito nel 2008 è per il 56,6% quella di casalinga a fronte del 65,8% delle donne italiane che hanno invece un'occupazione lavorativa.
Nella quasi totalità dei casi la donna ha accanto il marito
Nel 92,03% dei casi la donna ha accanto a sé al momento del parto (sono esclusi i cesarei) il padre del bambino, nel 6,7% un familiare e nell'1,25% un'altra persona di fiducia. La presenza di una persona di fiducia piuttosto che di un'altra risulta essere influenzata dall'area geografica.
Confermato il ricorso eccessivo al taglio cesareo
Si conferma il ricorso eccessivo all'espletamento del parto per via chirurgica. In media, il 37,8% dei parti avviene con taglio cesareo, con notevoli differenze regionali che comunque evidenziano che in Italia vi è un ricorso eccessivo all'espletamento del parto per via chirurgica. Rispetto al luogo del parto si registra un'elevata propensione all'uso del taglio cesareo nelle case di cura accreditate in cui si registra tale procedura in circa il 60,5% dei parti contro il 34,8% negli ospedali pubblici. Il parto cesareo è più frequente nelle donne con cittadinanza italiana rispetto alle donne straniere, nel 28,4% dei parti di madri straniere si ricorre al taglio cesareo mentre si registra una percentuale del 39,8% nei parti di madri italiane.
Troppi gli esami durante la gravidanza, prima visita più precoce per le donne italiane con scolarità medio-alta
Nell'84,6% delle gravidanze il numero di visite ostetriche effettuate è superiore a 4 mentre nel 73,2% delle gravidanze si effettuano più di 3 ecografie. La percentuale di donne italiane che effettuano la prima visita oltre la 12° settimana è pari al 4,4% mentre tale percentuale sale al 16,2% per le donne straniere. Le donne con scolarità bassa effettuano la prima visita più tardivamente rispetto alle donne con scolarità medio-alta: si sottopongono alla prima visita oltre la 12° settimana il 7,8% delle donne con scolarità medio-bassa, mentre per le donne con scolarità medio-alta la percentuale è del 3,3%. Per le donne più giovani si registra una frequenza più alta di casi in cui la prima visita avviene tardivamente (15,3% nelle madri con meno di 20 anni). In media, inoltre, sono state effettuate 14,7 amniocentesi ogni 100 parti. A livello nazionale alle madri con più di 40 anni il prelievo del liquido amniotico è stato effettuato in quasi la metà dei casi (42,71%).
L'1,14% delle madri ha fatto ricorso alla procreazione medicalmente assistita
Per circa 6.227 parti si è fatto ricorso ad una tecnica di procreazione medicalmente assistita (PMA), in media 1,14 ogni 100 gravidanze. La tecnica più utilizzata è stata la fecondazione in vitro con successivo trasferimento di embrioni nell'utero (FIVET), seguita dal metodo di fecondazione in vitro tramite iniezione di spermatozoo in citoplasma (ICSI).
Il 93% dei bambini nati pesa più di 2.500 grammi
L'1% dei nati ha un peso inferiore a 1.500 grammi ed il 6% tra 1.500 e 2.500 grammi. Nei test di valutazione della vitalità del neonato tramite indice di Apgar, il 99,3% dei nati ha riportato un punteggio a 5 minuti dalla nascita compreso tra 7 e 10.
I bambini nati morti corrispondono al 2,79 ogni mille nati (media europea 2,89 per mille)
Sono stati rilevati 1.543 nati morti corrispondenti ad un tasso di natimortalità, pari a 2,79 nati morti ogni 1.000 nati (media europea 2,89 per mille), e 4.517 nati con malformazioni. L'indicazione della causa è presente rispettivamente solo nel 18,9% dei casi di natimortalità e nel 53% di nati con malformazioni.

sabato 11 giugno 2011

Salute: fumo svelato come la nicotina blocca l'appetito


Perché molti dei fumatori sono magri e perché quando si smette di fumare si mette su qualche chilo?
Un team di scienziati americani del Baylor College of Medicine di Houston (Stati Uniti) hanno trovato la risposta alla domanda. I ricercatori, coordinati da Marina Picciotto della School of Medicine dell'Università di Yale di New Haven (Stati Uniti), hanno scoperto che la nicotina agisce su alcune parti del cervello, inibendo il senso della fame.
In pratica, il fumo di sigaretta si lega a dei recettori per la nicotina noti come alpha3beta4 localizzati nei neuroni dell’ipotalamo. L’ipotalamo, a sua volta, rielabora i segnali inviati dallo stomaco per sapere se l’organismo ha o meno bisogno di altro cibo. Ora, almeno nei topi, se questi recettori vengono legati dalla nicotina, si innescano dei meccanismi che bloccano la fame.
Spiega Mariella De Biasi, coautrice dello studio: “Questi risultati aprono la strada alla ricerca di terapie per smettere di fumare senza ingrassare. Per molti la prospettiva di ingrassare è un deterrente a smettere di fumare, ma i farmaci che stimolano il recettore alpha3beta4 potrebbero limitare l'aumento di peso”.
Come tiene a precisare la suddetta ricerca e Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” al contrario, questo non vuole essere un invito a fumare. Dimagrire grazie alla nicotina non significa “da domani prenderò il vizio delle bionde”. Ricordatevi sempre tutti i buoni motivi per non prendere mai questo vizio!