giovedì 28 febbraio 2013

Aumentano in Italia nuovi contagi di AIDS nel 2012

Aumentano in Italia nuovi contagi di AIDS nel 2012. Ogni due ore avviene un contagio, fino a 4000 nuovi casi ogni anno. Se ne parla poco, pochissimo, ma il numero di nuove persone che subiscono il contagio del virus dell'AIDS è cresciuto addirittura del 10% nel solo 2012, arrivando a 4000 nuovi casi rispetto agli anni precedenti secondo fonti del Ministero della Salute. Le stime note in Italia, parlano di un numero compreso tra i 143.000 e 165.000 di cittadini affetti dal virus dell’Hiv, dei quali 22.000 hanno l’Aids e almeno 30.000 non sanno di avere l’infezione. Per quanto riguarda le differenze di genere, il 40% sono donne e sono in aumento costante. Ed i numeri parlano chiaro: ogni due ore avviene un contagio. Tra le evoluzioni sociali della diffusione della malattia si evidenzia che il paziente tipo affetto da HIV è cambiato nel corso del tempo: non si tratta più solo di giovani tossicodipendenti, ma vengono progressivamente “sostituiti” da adulti maturi che subiscono il contagio attraverso i rapporti sessuali (eterosessuali ed omosessuali). La circostanza più preoccupante riguarda il fatto che la maggior parte delle donne viene contagiata da un partner che era a conoscenza di essere HIV- positivo. Inoltre, cresce il numero dei soggetti che scoprono la propria sieropositività quando è già in fase avanzata. Altro dato assai preoccupante è che secondo stime ben un quarto delle persone portatrici dell’HIV- non sia a conoscenza di essere infetto, mentre cresce la proporzione di persone straniere fra le nuove diagnosi di infezione. Questi dati, per Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” evidenziano come purtroppo si sia abbassata la guardia dopo anni di campagne informative che avevano portato degli effetti positivi e maggiore consapevolezza specie tra i giovani circa i rischi sui possibili contagi con un notevole innalzamento della soglia di guardia circa la prevenzione che ancora oggi appare come l’unica arma veramente efficace contro la diffusione dell’HIV, nonostante i passi avanti delle terapie e delle cure dopo decenni di studi. Per tali ragioni, lo “Sportello dei Diritti” rivolge il suo appello al Ministero della Salute affinché riavvii una stagione di vera e propria propaganda preventiva come già avvenuto negli anni in cui la malattia aveva conosciuto i suoi massimi picchi.

Adozioni internazionali: la Slovacchia vuole chiarimenti ma le autorità italiani non collaborano

Secondo quanto pubblicato ieri dal quotidiano Sme i bambini slovacchi adottati da famiglie in Italia potrebbero avere problemi. Nella nota riportata nell’articolo si legge che, la Commissione italiana per le adozioni internazionali avrebbe ammesso indirettamente che in alcuni casi i rapporti sulle loro condizioni di vita sono scomparsi. La Slovacchia ha iniziato un esame delle politiche di adozione in Italia dopo la venuta alla luce di accuse su due sorelle minorenni rimaste incinta dopo la loro adozione, una informazione, tuttavia, ancora da confermare. La vice presidente della commissione, Daniela Bacchetta, ha respinto le illazioni, dicendo che le ragazze vivono una vita familiare normale. Tra il 2002 e il 2011 sono stati adottati in Italia nel complesso 255 bambini slovacchi. La Slovacchia aveva incaricato Andrea Cisarova, direttore del Centro per la protezione internazionale dei bambini e dei giovani (CIPC) di Bratislava, che ha fatto un viaggio in Italia appositamente ma non le è stato possibile incontrare le minori, e ha avuto contatti solo con la commissione. A tutt’oggi la Slovacchia non ha avuto risposte sul perché i dossier fossero incompleti. Il CIPC ha collaborato per le adozioni in Italia con l’agenzia privata Famiglia e Minori che ha perso la sua licenza nel 2011 e con una agenzia di Stato. La vice presidente della commissione, Daniela Bacchetta ha dichiarato replicando che all’agenzia privata Famiglia e Minori che peraltro ha compiuto la maggior parte delle adozioni, è stata tolta la licenza per ragioni che non hanno nulla a che fare con la Slovacchia. Per Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” è essenziale fare subito massima chiarezza e non proiettare ombre che non hanno ragione di essere in un momento in cui le adozioni internazionali rischiano di essere al centro di polemiche disfattiste, soprattutto sui media in particolare per le famiglie, che hanno già adottato e che adotteranno e soprattutto per il bene dei bambini in cerca di una famiglia.

mercoledì 27 febbraio 2013

Tracciabilità carne equina: una pistola laser distingue le carni alimentari

I ricercatori dell’Università Tecnica di Berlino di "Spettroscopia Laser"hanno realizzato una pistola laser-Raman, in grado di distinguere i diversi tipi di carne: maiale, manzo, tacchino e pollo. La carne di cavallo, se indesiderata, la si riconosce in una manciata di secondi, all’interno dello spettro dell’analisi Raman. La pistola laser, sviluppata nel corso degli anni, è oggi in grado di eseguire il test di tipologia dell’animale e della freschezza anche se la carne è avvolta nella pellicola di imballo. Inoltre il gruppo di lavoro diretto dal Dr. Ing. Heinz Detlef Kronfeldt, con la pistola laser è riuscito a identificare anche carni esotiche come quelle di cammello, coccodrillo e pitone. La pistola laser è essenzialmente un piccolo diodo laser rosso, che proietta nella carne e nelle ossa da analizzare un lampo della durata di un secondo. La luce viene difratta e dalla diffusione ottenuta si possono ricavare le informazioni sul tipo di carne ed anche sull’età della carne stessa. La pistola laser è disponibile come prototipo presso il Dipartimento dell’università Tecnica di Berlino. Per Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” questa scoperta, dopo lo scandalo alimentare dei prodotti “contaminati” con carne equina può essere un’ottima soluzione per evitare il ripetersi di frodi alimentari analoghe facilitando così il compito delle autorità impegnate nelle verifiche.

Annullate le multe seriali al proprietario del veicolo che è stato ripreso dalla telecamera sulla corsia preferenziale senza contestazione dei vigili

Annullate le multe seriali al proprietario del veicolo che è stato ripreso dalla telecamera sulla corsia preferenziale senza contestazione dei vigili Il tribunale di Verona ha sentenziato che tali apparecchiature elettroniche sono utilizzabili “in automatico” solo nelle zone a traffico limitato Le multe seriali rilevate con apparecchiature elettroniche sono un modo semplice di “far cassa” per i comuni. Lo sostiene da anni Giovanni D'Agata, fondatore dello che con lo “Sportello dei Diritti”, associazione di cui è fondatore, si batte contro l’assurda prassi delle amministrazioni comunali di rimpinguare i propri bilanci a danno delle tasche dei cittadini con metodi non sempre trasparenti o legittimi come molteplici sentenze sul territorio nazionale continuano ad evidenziare. L’ultima arriva da una corte ordinaria e riporta un principio assai condivisibile: non basta la rilevazione elettronica con le telecamere installate dal comune dell’autovettura che percorre la corsia preferenziale per la contestazione della specifica infrazione. A stabilirlo una sentenza della quarta sezione civile del tribunale di Verona (giudice unico Massimo Vaccari) che rileva come occorra la contestazione dei vigili urbani per la validità del verbale in quanto la legittimità “in automatico” della violazione del codice della strada è consentita solo per gli impianti di videoripresa che si trovano all’interno delle zone a traffico limitato. Nel caso di rilevazioni al di fuori della ZTL, al contrario, la polizia municipale ha l’obbligo di contestare immediatamente l’infrazione. Ciò vuol dire che se la contestazione non avviene in questo modo le multe “seriali” notificate al proprietario dell’autovettura devono essere tutte annullate. Nel caso di specie, il proprietario di un motociclo sanzionato aveva proposto appello alla sentenza del giudice di pace che aveva ritenuto valide le multe. Il tribunale ha riformato la decisione di prime cure ed annullato nove dei dieci verbali elevati sulla corsia preferenziale esterna alla ZTL nei quindici giorni successivi all’installazione dei sistemi di videoripresa da parte del Comune (uno solo rilevato nella ZTL). Secondo il togato, le apparecchiature elettroniche che riprendono i veicoli, in virtù della normativa vigente, offrono garanzie di attendibilità soltanto rispetto alle rilevazioni sulle corsie preferenziali che corrispondono o sono ricomprese nelle zone cittadine per il cui controllo questi impianti siano stati concepiti e realizzati, e quindi in particolari nei centri storici. È necessaria, al contrario, un’autorizzazione specifica per le telecamere che sono localizzate nelle corsie riservate ai mezzi del trasporto pubblico su strade che non danno accesso a zone a traffico limitato.

Nessun verbale per chi circola entro i quindici giorni successivi dal termine di scadenza del contratto assicurativo

Nessun verbale per chi circola entro i quindici giorni successivi dal termine di scadenza del contratto assicurativo Una circolare del Ministero dell’Interno chiarisce che dopo l’entrata in vigore del divieto di rinnovo tacito della polizza Rc auto, il conducente può continuare a esibire temporaneamente il vecchio certificato Niente multa per il conducente beccato a circolare con il certificato e assicurazione scaduti entro i quindici giorni successivi alla scadenza della polizza R.Cauto. Lo chiarisce una circolare emessa dal ministero dell’Interno che interpreta l’articolo 22 del decreto legge 179/12, che, come è noto, ha modificato il decreto legislativo 209/09 (codice delle assicurazioni private) introducendo l’articolo 170-bis sull’esclusione del tacito rinnovo delle polizze assicurative. Come Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, aveva già evidenziato, il decreto in questione ha stabilito che le compagnie assicurative possono stipulare contratti di assicurazione obbligatoria Rc auto della durata di un anno che si risolvono automaticamente alla loro scadenza naturale, con esplicito divieto di rinnovo tacito. La compagnia assicurativa ha l’obbligo avvisare per tempo (con un preavviso di almeno trenta giorni) il contraente della scadenza del contratto e, allo stesso tempo, mantenere valida la garanzia prestata con la precedente assicurazione fino all’effetto della nuova polizza, vale a dire fino al quindicesimo giorno successivo alla scadenza del contratto stesso. Il conducente, in attesa di sottoscrivere un altro contratto, potrà dunque continuare a esibire certificato e contrassegno scaduti, durante questo periodo. Prima dell’entrata in vigore della nuova normativa, vi era l’obbligo di verificare la continuità tra la validità di un contratto assicurativo ed il successivo, consentendo così all’agente di polizia, nei casi di mancata copertura assicurativa, di accertare l’illecito solo se vi era stata disdetta del contratto o comunque mancanza di proroga automatica della polizza. Con le nuove disposizioni il beneficio della copertura assicurativa per quindici giorni è esteso automaticamente a tutti, rendendo superflua o addirittura inutile la verifica.

martedì 26 febbraio 2013

Scarpe tossiche: Bata ritira quattro modelli di scarpe

Scarpe tossiche: Bata ritira quattro modelli di scarpe. Allarme per la salute attraverso un contatto prolungato della pelle della calzatura contaminata con il sudore del piede Nei giorni scorsi Bata, aveva ritirato in Svizzera dagli scaffali alcuni modelli in seguito a test effettuati nella Svizzera italiana e a Como dalla rubrica per la difesa dei consumatori. I quattro modelli di scarpe incriminati potrebbero contenere tracce di cromo 6, prodotto altamente tossico e cancerogeno che serve a conciare le pelli. Si tratta di una procedura standard in simili casi, indica Bata in un comunicato diffuso oggi e sempre secondo il produttore di modelli in cui sono state rinvenute tracce di cromo 6 non presentano alcun rischio. Test interni hanno infatti dimostrato che i tassi sono inferiori ai limiti internazionali ammessi. L'Unione Europea non ha disposizioni specifiche sulla presenza ammessa di Cr VI nelle calzature, fatta eccezione per 2 casi: - un limite di 10 mg/kg (o ppm, cioè parti per milione) di Cr VI nelle calzature per uso professionale: in questo caso è un limite cogente, cioè obbligatorio per legge - un limite di 10 mg/kg nelle calzature che intendono ottenere il marchio Ecolabel; in questo caso il limite è volontario, perché non è necessario il marchio Ecolabel per commercializzare le calzature. Alcuni stati hanno però provveduto con limiti specifici: ad es. in Germania le calzature devono rispettare un limite massimo di 3 mg/kg di Cr VI. mentre in Italia non è indicato il tetto massimo. Per Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” il problema dell'uso di sostanze chimiche pericolose per conciare le pelli, in particolare il cromo esavalente, non va sottovalutato in particolare il suo potere cancerogeno. Ad esempio attraverso un contatto prolungato della pelle della calzatura contaminata con il sudore del piede. Proprio, agli inizi di ottobre 2012, un rapporto di Human Right Watch (HRW) ha documentato i problemi di salute e sicurezza tra i lavoratori di molte concerie nel quartiere Hazaribagh a Dacca, capitale del Bangladesh. Fra di loro anche bambini di appena 11 anni, che si ammalano per via dell'esposizione a sostanze chimiche pericolose, poi riversate inquinando le comunità circostanti.

lunedì 25 febbraio 2013

Alcol e guida: condannato barista per il cliente che guida ubriaco

Alcol e guida. Risponde penalmente il gestore del pubblico esercizio per aver somministrato alcool a persona trovata alla guida in stato di ebbrezza alcolica. L'art. 691 del codice penale prevede la pena dell'arresto da tre mesi a un anno Tempi duri per gli esercenti che somministrano bevande alcoliche anche in considerazione della stretta che ha avviato la giurisprudenza nei casi di accertamento di guida in stato d’ebbrezza per gli automobilisti. Dovranno stare attenti, infatti, rileva Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, anche a chi si avvicina al bancone o al tavolo e verificare che non siano già alticce se non vorranno ricevere la condanna che la quinta sezione penale della Corte di Cassazione ha inflitto ad un esercente. La sentenza n. 5650, depositata il 04.02.2013 dalla Suprema Corte parla chiaro: ha ritenuto colpevole l'esercente nel caso di un’automobilista fermata al volante con un elevato tasso alcolemico, una volta risaliti a chi le ha somministrato le bevande, ossia al locale dove la conducente ha consumato l'alcol.

domenica 24 febbraio 2013

Maltrattamenti agli animali destinati al consumo alimentare: l’Italia e l'Europa hanno il dovere morale di intervenire

Maltrattamenti agli animali destinati al consumo alimentare: l’Italia e l'Europa hanno il dovere morale di intervenire. Carne di cavallo ma anche di altri animali importata da allevamenti con bestie seviziate Lo scandalo della "carne di cavallo" utilizzata nella filiera alimentare come surrogato della carne bovina, anche da multinazionali dell'alimentare e le recentissime immagini diffuse dai media di mezzo mondo sui maltrattamenti subiti dai cavalli in Argentina, Messico, Canada e negli Stati Uniti ed Europa dell'Est, spingono lo “Sportello dei Diritti” a chiedere a gran voce interventi di caratura internazionale, in primo luogo da parte delle istituzioni europee, per evitare che si ripetano non solo queste frodi alimentari, ma anche che si perseveri nei maltrattamenti degli animali sia nella fase dell'allevamento che nel trasporto e sino ai macelli. Cavalli, ma anche bovini, suini ed ovini morenti, malati e feriti sono lasciati al loro destino, veicoli inadatti sono utilizzati per il trasporto e gli animali sono maltrattati da personale brutale e senza alcuno scrupolo. La cosa più grave, rileva Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” é che ci si accorga di tutto questo solo a seguito della segnalazione di prodotti contaminati da carni diverse da quelle che si dicevano di essere vendute, mentre sono anni che diverse associazioni non governative denunciavano lo scandalo permanente della carne d'importazione e delle condizioni degli animali. Circostanze queste che hanno dimostrato notevoli carenze nella catena dei controlli a tutti i livelli che ci fanno legittimamente insospettire circa possibili connivenze tra controllati e controllori, tra industria alimentare a grandi livelli e istituzioni, specie quelle sanitarie e doganali. Ecco perché sottolineamo a gran voce che l’Italia e l'Europa hanno il dovere morale di intervenire non solo per la tutela di milioni di bestie costrette a condizioni terribili, ma anche per i consumatori che in quanto ultimo anello della catena alimentare sono costretti a cibarsi di prodotti non certamente degni degli standard alimentari e salutistici che l'Europa stessa da anni cerca di portare avanti.

sabato 23 febbraio 2013

Il nuovo redditometro viola privacy e diritto di difesa

Nuovo redditometro. Ancora non in vigore e già disapplicato dal giudice del Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Pozzuoli perché: «Viola privacy e diritto di difesa, non distingue fra i territori». Arriva la prima ordinanza che inibisce l'utilizzo dell'odioso strumenti di controllo nelle mani del Fisco. Tra i motivi dell'inibitoria, il fatto che metta sotto la lente d'ingrandimento le spese riservate come quelle mediche e quelle destinate a persone diverse Neanche é entrato in vigore che un giudice ne inibisce l'utilizzo. Stoppato il nuovo redditometro che a partire fra qualche giorno metterà sotto la lente d'ingrandimento le dichiarazioni dei redditi del 2010. Il giudice Antonio Lepre del Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Pozzuoli, con un'ordinanza resa nel procedimento 250/13, che farà certamente discutere, disapplica il decreto del ministero dell'Economia 24 dicembre 2012 perché ritenuto non conforme alla legge. Nel caso di specie, rileva Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, il giudice unico ha accolto il ricorso cautelare di un pensionato applicando alla lettera l’articolo 5, legge 20 marzo 1865, n. 2248, alleg. E, che stabilisce che il giudice non può applicare gli atti amministrativi e i regolamenti non conformi alla legge. Secondo l'ordinanza, il redditometro rientra in questa categoria poiché sarebbe in contrasto con una serie di principi costituzionali, a partire da quello del buon andamento della pubblica amministrazione, ed inoltre, violerebbe una serie di diritti fondamentali della persona, tutelati anche dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e tra questi, in particolare, il diritto alla riservatezza. Ritenuta valida, quindi, la tesi difensiva secondo cui lo strumento ideato dal governo è troppo invasivo. Tant'é che il togato ha considerato il decreto ministeriale «radicalmente nullo». In conseguenza di tanto, non sussistono i presupposti in base ai quali l’Agenzia delle Entrate può eseguire gli accertamenti sintetici. E così, il Tribunale in questione ordina al Fisco di non intraprendere alcuna ricognizione, archiviazione, o comunque attività di conoscenza e utilizzo dei dati relativi a quanto previsto dall’articolo 38, quarto e quinto comma, dpr 600/73 a carico del ricorrente. E di cessare eventualmente ogni attività di accesso, analisi, raccolta dati di ogni genere relativi alla posizione del ricorrente. Ma v'é di più: in capo all’Agenzia scatta l'obbligo di comunicare formalmente al contribuente se è in atto un'attività di raccolta dati nei suoi confronti ai fini dell’ applicazione del redditometro e, in caso positivo, di distruggere tutti i relativi archivi. Ma perché il giudice ritiene il redditometro «radicalmente nullo»? In primo luogo perché incide pesantemente sulla sfera privata del cittadino. Con il monitoraggio delle spese, infatti, si possono conoscere anche gli aspetti più privati della vita del contribuente, comprese ad esempio le spese per cure mediche. E il redditometro finirebbe per passare al setaccio anche le spese per soggetti diversi dal contribuente, innanzitutto i familiari (ma anche no). In secondo luogo, ne risulta difficile l’attuazione, perché di fatto obbliga il cittadino a conservare la prova non di questa o quella voce si spesa, ma di tutti gli esborsi della famiglia che viene messa sotto la lente d'ingrandimento del Fisco. In tal senso, risulta assai gravoso fornire la prova di aver speso di meno della media Istat. E soprattutto il decreto non distingue fra grandi città e piccoli centri, fra i quartieri delle metropoli, ignorando così le differenze territoriali del Paese. In ultimo, rileva il giudice, c'é un aspetto non secondario che riguarda la tutela del risparmio: «Sarà considerato lecito esclusivamente il risparmio che sia compatibile con criteri di spesa del tutto astratti e avulsi dalla realtà».

Clamoroso dalla Cassazione. “Class action” nel processo tributario

Clamoroso dalla Cassazione. Arriva con la sentenza della sezione tributaria di ieri venerdì 22/02/2013 n. 4490, la possibilità della “class action” nel processo tributario. A Lecce si aprono importanti prospettive per il ricorso cumulativo contro gli avvisi di accertamento degli estimi catastali con un abbattimento delle spese legali Proprio quando migliaia di cittadini leccesi si stavano avviando ad inondare la Commissione Tributaria provinciale di ricorsi avvero i famigerati avvisi di accertamento per il riclassamento degli estimi catastali, procedimento attivato dalla locale Agenzia del Territorio su input dall’amministrazione comunale, con un conseguente aggravio di oneri e tributi per tutti i proprietari d’immobili, si apre più di uno spiraglio per una difesa di gruppo con un’importante e recentissima decisione della Corte di Cassazione. La sezione tributaria della Suprema Corte, con la sentenza n. 4490 di venerdì 22 febbraio 2013, infatti, di fatto consente la possibilità di proporre un unico ricorso cumulativo da parte di diversi contribuenti contro gli avvisi di accertamento che abbiano come oggetto una questione identica, con conseguente abbattimento delle spese legali a carico dei ricorrenti. A segnalare a Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, l’importante statuizione in favore dei contribuenti è stato il noto tributarista avv. Maurizio Villani che si è già attivato per la predisposizione per la prima “class action” tributaria contro la rivalutazione degli estimi catastali nel comune di Lecce. Dalla prossima settimana, quindi, ci si potrà rivolgere allo staff dello “Sportello dei Diritti”, per avere informazioni circa l’esperibilità dell’azione da parte dei singoli contribuenti. Di seguito, quindi, riportiamo l’intervento dell’avv. Villani alla luce della nuova sentenza della Cassazione. Ricorsi contro gli estimi catastali. È ammesso il ricorso cumulativo In tema di ricorsi avverso gli avvisi di accertamento degli estimi catastali, che in questi giorni stanno raggiungendo tutti i cittadini leccesi, una buona notizia arriva dalla Corte di Cassazione – Sez. Tributaria – che, con la recente sentenza n. 4490 del 22/02/2013, ha consentito il ricorso cumulativo, aprendo in tal modo nel processo tributario la possibilità di applicare la class action. Infatti, secondo i giudici di legittimità, è possibile proporre un unico ricorso cumulativo da parte di diversi contribuenti contro gli avvisi di accertamento che abbiano come oggetto una questione identica, abbattendo così le spese legali. Secondo i giudici di legittimità, anche nel processo tributario è applicabile l’art. 103, primo comma, del codice di procedura civile per il quale “più parti possono agire o essere convenute nello stesso processo, quando tra le cause che si propongono esiste connessione per l’oggetto o per il titolo dal quale dipendono oppure quando la decisione dipende, totalmente o parzialmente, dalla risoluzione di identiche questioni”. Secondo la Corte di Cassazione “ciò è sufficiente per ritenere la legittimità del ricorso congiunto proposto da più contribuenti, anche se in relazione a distinte cartelle di pagamento, ove abbia ad oggetto, come evincibile nella specie dal contenuto dell’atto introduttivo integralmente riportato in ossequio al principio di autosufficienza, identiche questioni dalla cui soluzione dipenda la decisione della causa”. In definitiva, il litisconsorzio necessario previsto dalle norme del processo tributario non ha come conseguenza l’inammissibilità dell’applicazione del litisconsorzio improprio così come il principio dell’autonoma impugnabilità dei singoli atti non è violato dalla semplice unicità del ricorso con il quale più soggetti contestino atti autonomamente impugnabili, deducendo a conforto identiche questioni. Questo importante principio consente di poter proporre un unico ricorso cumulativo avverso tutti gli avvisi di accertamento catastali dell’Agenzia del Territorio di Lecce e ciò permette di risparmiare le spese legali ma non il pagamento di € 120,00 per ogni atto impugnato, quale contributo unificato tributario, come chiarito dal Ministero dell’Economia e delle Finanze con la Direttiva del 14 dicembre 2012 (prot. n. 20120). Infine, non bisogna dimenticare che la Corte di Cassazione – Sez. Tributaria – già con la sentenza n. 21955 del 27 ottobre 2010 aveva ritenuto valida la class action nel processo tributario quando le contestazioni operate da tutti i contribuenti si fondavano su identiche questioni di diritto e non di fatto; lo stesso principio era stato precisato dalla stessa Corte di Cassazione – Sez. Prima – con la sentenza n. 171 del 02 luglio 1990, peraltro riguardante questioni tributarie di contribuenti leccesi. Infine, non possono considerarsi di ostacolo le singole circostanze fattuali delle varie posizioni dei ricorrenti, perché, in tal caso, qualora ne ricorrano i presupposti di legge, il giudice può sempre disporre la separazione delle cause ai sensi dell’art. 103, secondo comma, del codice di procedura civile. Lecce, 23 febbraio 2012 Avv. Maurizio Villani AVV. MAURIZIO VILLANI Avvocato Tributarista in Lecce Patrocinante in Cassazione www.studiotributariovillani.it - e-mail avvocato@studiotributariovillani.it

lunedì 18 febbraio 2013

Come risolvere il caso Maradona

Diritto Tributario. Come risolvere il caso Maradona. L' "autotutela" l'unica chance per Diego. Un interessante contributo del tributarista Villani e dall'avvocatessa Rizzelli, che fa chiarezza sulle voci apparse sulla stampa su un caso tutto italiano e che offre preziosi spunti difensivi anche per i " piccoli" contribuenti Lo “Sportello dei Diritti” si batte da sempre contro l'evasione ma anche per un fisco più equo, corretto e a misura di contribuente, ma il caso "tributario" di Diego Maradona, da anni sulle cronache italiane per i continui colpi di scena, gli ultimi ad inizio febbraio di quest'anno con una serie di code polemiche, riteniamo che abbia bisogno di qualche chiarimento per capire cosa é accaduto e l'ultimo epilogo della vicenda che ha causato scalpore e soprattutto disinformazione per il susseguirsi di notizie, in parte distorte, perché non affidate ai tecnici di una materia, quale il diritto tributario, ostica e di non semplice divulgazione. Ecco perché Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, ritiene utile portare all'attenzione della cittadinanza e dei media un interessante contributo del noto tributarista leccese avvocato Maurizio Villani e dell'avvocatessa Paola Rizzelli che chiarisce i dettagli dell'"affaire Maradona", fornendo interessanti spunti anche per i contribuenti coinvolti in analoghe, ma meno eclatanti vicende. COME RISOLVERE IL CASO MARADONA L’autotutela, l’unica chance per Diego Con sentenza n. 598/01/13, depositata lo scorso 1° febbraio, la Commissione tributaria centrale di Napoli ha rigettato la richiesta di intervento adesivo dipendente avanzata dal calciatore Maradona nel giudizio in questione, rispetto al quale lo stesso Maradona era rimasto estraneo. Nella specie, la controversia è scaturita dalla notifica nei confronti della S. S. Calcio Napoli s.p.a., in merito agli esercizi che vanno dal 1985 al 1990, di avvisi di accertamento con i quali il competente ufficio finanziario contestava l'omesso versamento delle ritenute che avrebbe dovuto operare sulle maggiori retribuzioni corrisposte ai calciatori Maradona, Careca e Alemao. Secondo l’ufficio, difatti, ai calciatori erano stati corrisposti maggiori compensi, occultati dalla interposizione di società estere, per cui lo stesso procedeva altresì al recupero del maggior reddito accertato, notificando gli avvisi di accertamento anche ai tre calciatori. Tutti gli avvisi di accertamento in questione, poi, venivano tempestivamente impugnati, dinanzi all’autorità giudiziaria competente, fatta eccezione però per l'avviso notificato a Maradona.Con sentenza del 20 dicembre 1993,successivamente impugnata dalla società, dai calciatori e dall’ufficio, la Commissione tributaria di primo grado di Napoli, previa riunione dei ricorsi, accoglieva le ragioni della società limitatamente a rettifiche riguardanti altri rapporti, mentre rigettava “nel resto i ricorsi per quanto riguarda l’omesso versamento delle ritenute d’acconto relative ai corrispettivi di lavoro di Maradona …, con salvezza degli effetti derivanti dalla dichiarazione integrativa presentata”. Rigettava, altresì, i ricorsi di due calciatori “per la parte relativa ai redditi non coperti dalle dichiarazioni integrative presentate”. Con sentenza del 6 settembre 1994, poi, l’adita Commissione tributaria di secondo grado di Napoli rigettava il ricorso della società e quello dell’ufficio, mentre accoglieva quello dei due calciatori. L’Ufficio ha conseguentemente proposto ricorso alla Commissione tributaria centrale di Napoli che, in considerazione dell’avvenuta definizione della lite da parte della società ai sensi dell’art. 16 della legge n. 289/2002 e delle dichiarazioni integrative presentate dai due calciatori ai sensi della legge n. 413/1991, ha dichiarato l’estinzione dei giudizi relativi alla fallita società e ai due calciatori, rigettando la richiesta di intervento adesivo avanzata da Maradona. Il calciatore argentino, infatti, pur non avendo impugnato gli avvisi di accertamento, era intervenuto nel corso del giudizio chiedendo di poter godere degli effetti della sentenza, attesa l’inscindibilità tra la contestazione a lui mossa e quella fatta alla società. Orbene, secondo l’adita Commissione, invece, la chiusura della controversia da parte della società Napoli Calcio non comporta la definizione automatica degli obblighi del calciatore Maradona, la cui obbligazione tributaria deve essere soddisfatta in base alla propria aliquota marginale. Questo per diverse ragioni. Innanzitutto, perché il calciatore è rimasto estraneo al giudizio, non impugnando l’avviso di accertamento notificatogli, cosicché l’obbligazione tributaria nei suoi confronti si è consolidata, con conseguente inapplicabilità dell’art. 14, comma 3, del D. Lgs. n. 546/1992. Secondariamente, poi, anche perché “la definizione della controversia nei confronti della società, in forza di una norma di condono, ha natura soggettiva e non può riflettersi sugli obblighi di altri soggetti: la decisione della controversia nei confronti della società non implica un accertamento in fatto di cui possa beneficiare il contribuente”. “Né il condono della società può estendersi al calciatore che avrebbe potuto a sua volta accedere al condono, se avesse ritenuto di contestare tempestivamente l’ accertamento”. In definitiva, dunque, l’unica strada ancora percorribile al Pibe de Oro resta quella dell’autotutela, con conseguente possibilità d’impugnare un eventuale rifiuto (Cass., SS. UU., del 23 aprile 2009, n. 9669). Lecce, 18 febbraio 2013 Avv. Maurizio Villani Avv. Paola Rizzelli

domenica 17 febbraio 2013

Le cozze in aiuto della medicina per le loro proprietà adesive

La natura in aiuto della scienza medica. Non è la prima volta ed anzi pare si susseguano ad un ritmo incessante le scoperte scientifiche che prendono spunto da manifestazioni spontanee dell’esistente e che Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, ritiene utile contribuire alla divulgazione nell'attività di tutela degli ammalati e dei cittadini. L’ultima interessante notizia in tal senso riguarda le cozze. Sì, proprio i gustosi mitili che troviamo naturalmente sulle nostre coste o allevate nei bacini rivieraschi. Quasi tutti, sanno che questi mitili (Mytilus edulis) secernono un sostanza adesiva resistente che le consente di rimanere agganciate sulle rocce spazzate via dalle onde. Una versione sintetica di questa colla ha importanti applicazioni mediche in chirurgia, hanno rivelato questo fine settimana alcuni scienziati, riuniti in concomitanza della conferenza annuale dell'associazione americana Advancement of Science (AAAS).Le cozze comuni, possono resistere in virtù di questo potente e durevole adesivo ad una pressione dell'acqua molto forte. Secondo il dottor Herbert Waite, professore di biologia molecolare presso l'Università della California, "Un paio di questi molluschi è in grado di sostenere il peso di un uomo", ha ricordato alla stampa nella giornata di ieri. I mitili in questione secernono,infatti, un adesivo in grado di attaccarsi con un ineguagliabile tenacia su quasi tutte le superfici inorganici e organiche, secche o bagnate.Il professor Phillip Messersmith, docente di ingegneria biomedica presso la Northwestern University, vicino a Chicago ha specificato che "È un processo notevole che consiste nella secrezione di proteine uniche con un'alta concentrazione di un amminoacido chiamato DOPA formando un adesivo liquido che indurisce rapidamente ed è resistente all'acqua". Le equipe scientifiche che hanno studiato questo fenomeno, hanno scoperto il segreto di questo adesivo e con il loro team di ricerca hanno sviluppato una versione sintetica che è anche resistente all'acqua."Alcuni aspetti di questo processo hanno ispirato lo sviluppo delle versioni sintetiche di questa colla con applicazioni pratiche mediche", ha precisato lo studioso ricordando in particolare "la riparazione o la ricostruzione dei tessuti nel corpo umano che sono difficili, perché è un ambiente immerso nei fluidi".I ricercatori stanno lavorando per diverse applicazioni, tra cui la riparazione delle lesioni nella membrana fetale per evitare aborti, nascite premature o complicazioni, che sono attualmente molto difficili da trattare.Phillip Messersmith e il suo team stanno lavorando con i ricercatori in Europa per condurre studi clinici.Altre applicazioni future sono previste per il trasporto di antibatterici idrogel e polimeri resistenti all'acqua, in grado di rimanere inattivo nel sangue fino a raggiungere la loro destinazione per esempio per il trattamento dei tumori. Il professor Waite ha anche detto che altri gruppi di ricerca hanno lavorato allo sviluppo di versioni di questa speciale colla sintetica per riparare le ossa o i denti fratturati. Queste colle sono, infatti, ben tollerate dall'organismo e sono resistenti all'acqua. Il che le rende ideali per le riparazioni all'interno del corpo. Oltre alle applicazioni mediche, questo meccanismo di produzione dell'adesivo naturale delle cozze sembra essere un buon indicatore dei cambiamenti nell'ambiente principalmente al riscaldamento globale, secondo un altro studio presentato alla conferenza di AAAS.Esperimenti di laboratorio della professoressa Emily Carrington, docente di biologia presso l'Università di Washington a Seattle hanno dimostrato che la base di queste cozze era significativamente meno adesivo quando la temperatura è salita. Così la normale resistenza di queste fibre, in acque da 10 a 18 gradi, diminuisce del 60% quando la temperatura è di 25 gradi. Gli scienziati hanno già osservato che il piede delle cozze risulta indebolito alla fine dell'estate. "Stiamo cercando di chiarirele cause di questo indebolimento stagionale e determinare se è legata a climi più caldi, al loro ciclo riproduttivo o altri fattori," ha detto alla stampa la biologa. "Vogliamo sapere se le fluttuazioni ambientali aumentano i rischi per la specie, che è importante per l'ecosistema".

Lavoro: il caso Puglia. Terra tra disoccupazione e lavoro nero per i giovani

La piaga della disoccupazione giovanile. Le ultime misure europee dopo i negoziati sul bilancio europeo 2014-2020, per l’incapacità dei nostri governi. Il caso Puglia. Terra tra disoccupazione e lavoro nero per i giovani Per i giovani italiani, in particolare quelli del Mezzogiorno d’Italia la spirale recessiva ha attivato dei meccanismi che come conseguenza hanno amplificato la disoccupazione arrivata a livelli da record e quindi una maggiore difficoltà ad entrare nel mondo del lavoro. È un dato di fatto, lo dicono tutti gli indicatori in tal senso, che la disoccupazione giovanile aumenta e i laureati non hanno opportunità. I giovani del Sud hanno ripreso ad emigrare non solo verso il nord, ma anche in quei paesi europei dove la richiesta di forza lavoro ha ripreso ad attivarsi, come in Germania dove addirittura l’OCSE ha rivelato che ci sono rischi di una penuria di nuovi lavoratori rispetto alla domanda, oppure rimangono nella zona d’origine, accettando il lavoro nero, che per fare l’esempio della sola Puglia rappresenterebbe il 40% del mercato del lavoro e che non rare volte è anche una fonte di reddito integrativa per i tanti cassintegrati. Se la fine del tunnel è difficile da vedere, a provare a fare qualcosa c’è l’Europa perché i governi nostrani, anche quello tecnico, si sono rivelati incapaci di riattivare la macchina Paese. Durante i negoziati sul bilancio europeo 2014-2020, i capi di Stato e di governo hanno stanziato 6 miliardi di euro proprio per favorire l’occupazione giovanile. A tal proposito, ricorda Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, che l’Italia riceverà una fetta importante di questi fondi che si spera vengano effettivamente destinati a misure serie e non alle solite ricadute a pioggia per arginare questa piaga che affligge soprattutto il Meridione. Inoltre, vale la pena sottolineare che la Commissione europea ha proposto che tutti gli Stati dell’Unione si impegnino ad assicurare ai giovani un lavoro o un’occasione di formazione e riqualificazione entro 4 mesi dalle fine del loro percorso di studi. Sarà possibile in Italia?

Multe: non è reato di istigazione alla corruzione offrire 10 euro agli agenti della stradale per evitare la sanzione

Per l’automobilista che cerca di convincere due agenti della polizia stradale a non multarlo per una violazione al codice della strada non c’ è corruzione. Lo ha deciso la Sesta Sezione Penale della Corte con la sentenza n.7505/2013 che Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” riporta ,secondo cui la "palese irrisorietà" della somma offerta agli agenti della stradale era tale da non essere idonea a corromperli. In appello i giudici di merito lo avevano condannato per istigazione alla corruzione. La vicenda è finita però davanti alla corte di cassazione che ha ribaltando il verdetto ed ha assolto l'imputato "perché il fatto non sussiste". Nella sentenza si legge che "l'esibizione di una somma di 10 euro, corrispondenti ad una utilita' pari a 5 euro per ciascuno dei pubblici ufficiali operanti e destinatari dell'istigazione, al fine di poter fare loro omettere e quindi in concreto impedire - la preannunciata contravvenzione, per la sua palese irrisorieta', puo' semmai configurare il reato di oltraggio, per l'offesa all'onore e al prestigio del pubblico ufficiale destinatario della dazione stessa". Semmai si sarebbe potuto parlare di oltraggio ma non certo di istigazione alla corruzione. Il caso si riferisce ad un automobilista che, fermato per un controllo di routine, al momento in cui era stato richiesto di esibire la carta di circolazione, lo aveva fatto inserendo dentro una banconota da 10 euro. L'automobilista rivolgendosi agli agenti aveva anche proferito "lassate stare e pigliatevi nu cafe". Dato che la cosa era stata ripetuta con una certa insistenza gli agenti decidevano di denunciarlo. In primo grado veniva assolto mentre i giudici di merito della corte d'appello ritenevano di dover punire quella condotta ai sensi dell'articolo 322 del codice penale dato che l'imputato, in quel modo, avrebbe voluto evitare la contravvenzione. Di diverso avviso i supremi giudici della corte di cassazione che hanno abbracciato la tesi del della difesa secondo cui quel gesto, fatto da una persona "semplice", al massimo poteva essere interpretato come "segno di disprezzo degli agenti" ma non come istigazione alla corruzione. Pertanto la decisione è stata quindi annullata senza rinvio.

venerdì 15 febbraio 2013

In Australia un vaccino contro il cancro verrà somministrato a tutti gli adolescenti per la prima volta al mondo

Salute. Lotta al cancro. In Australia il vaccino Gardasil contro il cancro del collo dell'utero verrà somministrato a tutti gli adolescenti per la prima volta al mondo Il Governo australiano ha compiuto un importante passo verso la lotta ad un tumore temutissimo: quello del collo dell’utero. L’Australia diventerà il primo al mondo a somministrare a tutti gli adolescenti l’innovativo vaccino contro questo tipo di cancro, ma che pare abbia effetti benefici nella prevenzione di altri tumori. I ragazzi di età compresa tra i 12 e i 13 anni, saranno vaccinati da subito con il Gardasil, è questo il nome del nuovo vaccino, nelle scuole di tutto il paese e nei prossimi mesi anche quelli tra i 14 e i 15 anni secondo il programma di vaccinazione nazionale. Più di un milione di ragazze adolescenti tra i 12 e i 16 anni sono già state vaccinate nel quadro del programma gratuito che prevede di ridurre i 700 nuovi casi di cancro della cervice uterina diagnosticati ogni anno. Il vaccino è efficace nel 70 % dei casi di cancro del collo dell'utero causate dal virus del papilloma umano (HPV) e, anche se i ragazzi non possono sviluppare il cancro possono essere comunque portatori del virus e quindi infettare partner sessuali femminili. Il ministro della Salute Tanya Plibersek, che lancerà il programma gratuito di vaccinazione per i ragazzi presso la Scuola Superiore “Newtown of Performing Arts” di Sydney, ha evidenziato: "Sappiamo che la vaccinazione dei ragazzi li proteggerà dal cancro e dai condilomi genitali, e ridurrà i tassi di cancro al collo dell'utero nelle donne''. Una nuova ricerca avrebbe addirittura stabilito che il vaccino HPV potrebbe anche proteggere i maschi e le femmine da altri tipi di tumore come il cancro delle tonsille, che è stato associato al virus HPV. Questo temibile agente patogeno è stato collegato anche allo sviluppo di tumori dell'ano, del pene, della bocca e della gola. Il vaccino è stato sviluppato dallo scienziato australiano professor Ian Frazer che ha già vaccinato i suoi tre figli con il Gardasil. L'anno scorso una ricerca effettuata presso l'Ospedale Royal Women di Melbourne ha fatto emergere che il programma di vaccinazione aveva portato ad una riduzione del 77 % in alcuni papilloma di tipo umano (HPV). I ricercatori hanno confrontato la presenza dell'HPV due anni prima dell’introduzione del vaccino e due anni dopo ed ha scoperto una diminuzione del 20 % del HPV genitale in un gruppo di 400 donne. Il programma che costerà 21 milioni di dollari australiani servirà a vaccinare più di 900.000 adolescenti nei prossimi quattro anni. Se è vero che l’economia australiana oggi è una delle più solide e può permettersi il “lusso” d’investire nel welfare e nella salute più di economie, come quella italiana in pesante deficit, è anche pur vero che strategie sanitarie di questo tipo servono, in realtà a diminuire i costi sociali futuri conseguenti a malattie diffuse come quelle connesse all’infezione da papilloma virus, rileva Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”. In Italia, invece, si assiste passivamente a tagli lineari nei settori della spesa sociale che in verità andranno a pesare ancor di più nei prossimi anni, dimostrando palesemente le strategie fallimentari adottate in relazione ad una riduzione progressiva del Welfare cui dovrà seguire un decisivo cambio di rotta sin dal prossimo governo se si vuole evitare questo circolo vizioso possa determinare un aumento dell’incidenza delle malattie ed un aggravio di costi ancor maggiore a carico delle generazioni future.

Ansiolitici: sempre più sostanze tossiche nel mare rendono i pesci più aggressivi

Ansiolitici: sempre più sostanze tossiche nel mare rendono i pesci più aggressivi. La soluzione una “farmaceutica ecosostenibile” La ridotta informazione e la cassa di risonanza ancora più debole da parte dei media non contribuisce a far sì che si prenda reale consapevolezza del danno ambientale che va via via accrescendosi col tempo. E’ scientificamente provato sin dai primi studi compiuti negli anni ’80, fino a quelli più vicini ai nostri giorni, che ogni anno migliaia di tonnellate di farmaci e prodotti per il corpo e la pelle, profumi, cosmetici e biofarmaci vengono smaltiti nelle acque terrestri, con massicce conseguenze in fatto di inquinamento delle acque stesse, di chi ci vive dentro e dell’uomo. In questi giorni un esperimento dell'Università svedese di Umea, pubblicato sulla rivista Science, ha dimostrato che i residui dei farmaci contro l'ansia che raggiungono gli ambienti acquatici dagli scarichi domestici attraverso le fognature rendono i pesci più aggressivi, asociali e voraci. Secondo i ricercatori, le conseguenze sull'equilibrio degli ecosistemi potrebbero essere gravi e imprevedibili. I cambiamenti del comportamento rendono più audaci gli esemplari studiati, mettendone a repentaglio la sopravvivenza. A conferma di ciò, la notizia pubblicata in questi giorni sui media traslazionali che riporta l’aumento degli attacchi di squalo nei confronti di esseri umani. Nel 2010 in tutto il mondo ne sono stati registrati 79, il numero più alto degli ultimi dieci anni, secondo quanto si legge nell'ultimo rapporto ISAF, appena pubblicato dai ricercatori dell'università della Florida. Secondo Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”,questo nuovo studio è un significativo campanello d’allarme a causa di una sorta di negligenza da parte di molte industrie che si mostrano incuranti e indolenti rispetto al problema. Il problema è anche di carattere tecnico che va risolto con lo sviluppo di impianti di depurazione in grado di eliminare anche i residui di questi medicamenti, attraverso una maggiore efficienza degli impianti di depurazione delle acque reflue, per merito anche di una regolamentazione più attenta ad arginare il fenomeno nell’ottica di una “farmaceutica ecosostenibile“, cioè che tenga anche conto dei risvolti ambientali.

giovedì 14 febbraio 2013

Batteri o airguns? Chi sta uccidendo i cetacei dei nostri mari?

Batteri o airguns? Chi sta uccidendo i cetacei dei nostri mari? In un mese 35 esemplari spiaggiati sul solo Tirreno L'Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana ha reso noto che da gennaio al 10 febbraio scorsi lungo le coste italiane si sono verificati diversi casi di spiaggiamento di delfini, per lo più nella parte meridionale del litorale della Toscana, le isole Elba e Pianosa. Analoghi spiaggiamenti sono avvenuti lungo l'intera costa Tirrenica: 15 in Toscana, 10 nel Lazio e 10 in Campania. Altri delfini quest’estate erano stati trovati spiaggiati lungo il tratto di costa compreso tra Savelletri e la marina di Monopoli, a ridosso del museo archeologico degli scavi di Egnazia. In questo casi gli esemplari presentavano la fuoriuscita dalla bocca di un liquido nero e denso. La causa più probabile, sempre secondo fonti sanitarie, sarebbe di natura infettiva poiché in sei esemplari è stata rinvenuta traccia di un batterio, Photobacterium Damselae, che può portare a sindrome emolitica e lesioni ulcerative. Come di consueto, quando accadono fatti analoghi il ministero dell'Ambiente si è affrettato a comunicare che dalle prime indagini sembra di poter escludere eventi eccezionali causati dall'uomo, come sversamenti di petrolio o di sostanze inquinanti omettendo di ricordare che lungo le Nostre coste diverse multinazionali hanno avviato indagini strumentali per la ricerca di fonti fossili con l’utilizzo di apparecchiature a dir poco invasive per l’habitat naturale delle specie endemiche. Ancora una volta, però Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, esprime forti dubbi circa la serie incessante e incontrollata serie di spiaggiamenti e morti di cetacei. Basti ricordare, la vicenda dei capodogli piaggiati a Foce Varano sul Gargano o di altri cetacei trovati morti o in agonia e per i quali ad oggi risultano essere scarse o inesistenti le notizie circa gli accertamenti effettivi sulle cause dei decessi. Come se i governi che si sono succeduti negli ultimi cinque anni e quindi quello Berlusconi e quello Monti, assolutamente favorevoli all’avvio di una politica energetica volta allo sfruttamento di idrocarburi sotto le nostre coste, abbiano volutamente occultato al pubblico ogni informazione circa i presumibili danni ambientali, ed in particolare quelli alla fauna, connessi alle ricerche e all’estrazione di petrolio e gas naturale nelle nostre acque costiere. Va ricordato, in tal senso, che questi innocui animali hanno organi particolarmente sensibili, che vengono disorientati, danneggiati o distrutti dalle alte frequenze o dai forti rumori provocati dalle apparecchiature comunemente utilizzate dall’uomo per la ricerca di idrocarburi ed in particolare i famigerati airguns e i sonar. È scientificamente provato che l’utilizzo di questi dispositivi di localizzazione - che, trainati da apposite navi, emettono suoni per via dell’introduzione nella colonna d’acqua di aria ad altissimi livelli di pressione: l’eco di questi suoni, riflessa dal fondale, rivela presenza, profondità e tipologia del giacimento - possa provocare, in alcune specie, in particolare nei cetacei, oltre al già grave effetto di mascheramento, anomalie nel comportamento, perdita temporanea o permanente dell’udito, lesioni gravi e, in alcuni casi, persino la morte. Per tali ragioni, Giovanni D'Agata, con estrema preoccupazione, riporta ancora una volta alla ribalta nazionale questa carneficina e chiede chiarezza alle istituzioni circa queste “inspiegabili” morti, ribadendo l’assoluta contrarietà dello “Sportello dei Diritti” ad una politica nazionale energetica che privilegi lo sviluppo e lo sfruttamento delle attività connesse alle fonti fossili, piuttosto che investire in quelle rinnovabili a ridottissimo o inesistente impatto ambientale.

Sicurezza dei farmaci: i ricercatori canadesi hanno chiesto il ritiro degli antidolorifici a base di Diclofenac

I ricercatori hanno chiesto il ritiro di un antidolorifico di uso comune in tutto il mondo, a causa di un elevato rischio di infarto e altri problemi cardiovascolari. Diclofenac è il farmaco più comunemente prescritto come anti-infiammatore non steroideo (FANS) ed in Italia è disponibile anche senza prescrizione medica. Nel 2010 quasi 17 milioni di prescrizioni sono state compilate per fans, che sono usati per alleviare il dolore per i loro effetti anti-infiammatori in condizioni di artrite, mal di schiena, gotta, mal di testa e dolori e febbre associata con l'influenza. Secondo i ricercatori i "fans” forniscono sollievo dal dolore per milioni di pazienti con malattie infiammatorie croniche. Il rischio cardiovascolare è ben descritto, ma spesso trascurato. Per esempio, diclofenac, il fans più comunemente prescritto in Italia nel 2010 con il nome di Diclofenac, Dealgic, Diclofan, Declamat, Fenadol e Voltaren, è associato con un aumento nel rischio cardiovascolare del 40% (rispetto al mancato uso). A dosi elevate, l'aumento del rischio è quasi raddoppiato. Un'alternativa è il naproxene prescritto solo per la metà come spesso accade, non è stato associato ad un rischio maggiore a qualsiasi dose. Per la prima volta i ricercatori hanno dati sufficienti per fare confronti diretti tra fans per determinare quali sono più rischiosi e quali sono relativamente sicuri. Ad esempio, un paziente con precedenti problemi di cuore, ipertensione e diabete ha una probabilità di subire un attacco di cuore oltre il 5%, mentre nel caso di uso di diclofenac questo rischio aumenterà del 40%. In altre parole, uno di questi 50 pazienti potrebbe subire un attacco di cuore che invece si può prevenire. Secondo gli scienziati, tuttavia, diclofenac, che viene venduto con molte marche, tra cui Pennsaid e Voltaren, comporta un rischio di significativi effetti collaterali cardiovascolari quasi identici a quelli del Vioxx. Questo farmaco è stato ritirato dal mercato dal suo produttore, Merck, dopo uno studio clinico che ha dimostrato che è stato collegato a un aumento del 40% in più di rischio di attacchi cardiaci e ictus al cervello. In uno studio pubblicato questa settimana sulla rivista PLoS Medicine, il dottor David Henry, presidente dell'Istituto per le Scienze Cliniche Valutativa a Toronto e la co-autore Patricia McGettigan hanno indicato con dettaglio i rischi cardiovascolari dei farmaci anti-infiammatori non steroidei, sulla base di analisi di diversi studi. Hanno trovato che le persone che assumono diclofenac sono stati il 40% in più di probabilità di soffrire di un attacco di cuore rispetto a quelli che assumono naprossene, che è considerato il tipo più sicuri farmaci per ridurre al minimo il rischio cardiovascolare. I ricercatori sono particolarmente preoccupati per gli impatti nei paesi in cui i redditi sono bassi e medi, soprattutto in Asia e in Asia meridionale, dove la quota di mercato del diclofenac sono notevoli. Secondo Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” si tratta di informazioni importanti in fase di scelta del farmaco da utilizzare, in particolare se c'è un'alternativa più sicura.

mercoledì 13 febbraio 2013

Arrivano i nuovi incentivi per comprare veicoli non inquinanti

Arrivano i nuovi incentivi per comprare veicoli non inquinanti. Pubblicato in Gazzetta Ufficiale 36/2013 il Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico con le modalità di accesso alle agevolazioni e con tutte le categorie di veicoli "agevolabili" Svolta verde o solo di necessità di rimettere “in moto” il mercato dei motori in generale che è caduto in una crisi più nera che più nera non si può? Senza entrare nel merito di quale sia la spinta ad aver determinato questa scelta politica, anche se è lecito pensare che dietro vi siano, come al solito le case produttrici, rileva Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, il ministero dello Sviluppo economico ha emanato un decreto che offre inventivi per l’acquisto di veicoli a gas (gpl e metano), elettriche e ibride con emissioni di anidride carbonica fino a 120 g/km. Sono escluse vetture a benzina e diesel. È pubblicato, infatti, sulla Gazzetta Ufficiale 36/2013 il provvedimento integrale con la tabella dei veicoli agevolabili che riguarda soprattutto veicoli leggeri, autovetture o veicoli destinati al trasporto di persone con al massimo otto posti più il conducente e veicoli destinati al trasporto di merci di massa non superiore a 3,5 tonnellate come individuato nell’allegata tabella.

Allerta per un virus della famiglia della SARS che sta preoccupando la Gran Bretagna

Proprio a settembre 2012 Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” aveva segnalato in Italia l’ultima allerta partita dall’Arabia Saudita, dovuta ad un virus della stessa famiglia di quello che ha causato la grave sindrome respiratoria acuta grave meglio nota come SARS. Fu proprio l'organizzazione mondiale della sanità a lanciare un avviso al riguardo nel settembre 2012, rilevando che un cittadino del Qatar che doveva andare in Arabia Saudita aveva contratto il virus. Ora in questi giorni questo virus sta generando preoccupazione in Gran Bretagna. Secondo quanto riportato da alcuni media, tre persone in Gran Bretagna e 11 nel mondo sono state ufficialmente infettate con il nuovo coronavirus e le autorità mediche sono in attesa dei risultati dei test su altre vittime potenziali. Cinque altre persone sono decedute. L'ultimo caso, reso pubblico mercoledì dalle autorità inglesi, lascia pensare che il contagio tra gli esseri umani è possibile. La maggior parte delle vittime erano state da poco in Medio Oriente. La causa dell’infezione è dovuta alla globalizzazione e gli spostamenti quotidiani di milioni di persone e tonnellate di merci che hanno aumentato il rischio di diffusione di malattie che in determinati contesti rimangono isolate anche per migliaia di anni ma che possono essere fonte di vere e proprie pandemie se solo non vengono isolate per tempo. Come la SARS, questo virus provoca febbre, tosse e difficoltà respiratorie. Esso provoca polmonite e, talvolta, insufficienza renale. Anche se i sintomi richiamano alla mente la SARS coronavirus, è ancora troppo presto per confermare la vera dimensione del problema. Non c'è nessun vaccino, e i medici non sanno ancora esattamente come trattare questa malattia. Il portavoce per l'OMS e l'agenzia sanitaria britannica hanno rassicurato che l'organizzazione mondiale segue con estrema attenzione i suoi progressi. Esistono, infatti, una gran varietà di coronavirus. Alcuni infettano solo gli animali, in particolare gli uccelli e altri contaminanti e solo alcune varianti possono interessare l'uomo. In generale, i coronavirus causano i sintomi del raffreddore negli esseri umani. Il nuovo tipo di coronavirus causerebbe, al contrario, polmonite grave e insufficienza renale per cui è relativamente debole. Di fuori del corpo umano, esso può sopravvivere un giorno e può essere distrutto dai comuni detersivi.

Coca Cola messa sotto accusa dal coroner della Nuova Zelanda

Coca Cola messa sotto accusa dal coroner della Nuova Zelanda. Donna morta per overdose diventata dipendente dalla bibita gassata più famosa al mondo. La neozelandese ne beveva 10 litri al giorno È morta per aritmia cardiaca per overdose di Coca Cola dovuta a dipendenza da Coca Cola per una 30enne. Questa la conclusione del coroner, una pesante accusa lanciata dal David Crear, magistrato neozelandese contro il colosso americano della produzione e distribuzione di bevande analcoliche Il fatto si riferisce ad una donna di 30 anni che aveva sviluppato dipendenza dalla Coca Cola ed è morta per averne bevuta troppa, stroncata da un attacco di aritmia cardiaca. Secondo i risultati dell'inchiesta, Natasha Harrish (questo il nome della vittima), beveva giornalmente fino a dieci litri di Coca, il che significa più del doppio del limite sicuro di caffeina e quasi un chilo di zucchero, oltre che un consumo totale di oltre 24'000 litri in 8 anni. Nei mesi prima della morte, ha testimoniato il partner, la salute della donna era peggiorata rapidamente. "Non aveva energia e sentiva nausea tutto il tempo. La mattina si alzava e vomitava", ha spiegato l'uomo, aggiungendo che "se Natasha non beveva Coca Cola era di cattivo umore, soffriva di emicrania e si sentiva spossata". Nei mesi prima della morte, ha testimoniato il partner Chris Hodgkinson, la salute della donna era rapidamente peggiorata. "Non aveva energia e sentiva nausea tutto il tempo. La mattina si alzava e vomitava". Aveva sviluppato dipendenza: "se non beveva Coke era di cattivo umore, soffriva di mal di testa e si sentiva priva di energia", ha detto. Secondo i legali della Coca Cola non è provato che le grandi quantità della bevanda abbiano contribuito al decesso, poiché gli esperti non sono stati concordi sulla sua causa di morte più probabile. Il coroner David Crerar, in un verdetto destinato ad avere risonanza mondiale, ha invece stabilito che la signora Harris non sarebbe morta se non fosse stato per la dipendenza dalla bevanda. "Se non fosse stato per il consumo di quantità molto grandi di Coke è improbabile che sarebbe morta quando è morta e nel modo in cui è morta", ha detto. Per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” si auspica anche alla luce di questo ultimo episodio che le autorità competenti considerino di imporre limiti sul contenuto di caffeina e di zucchero nelle bevande effervescenti e l'apposizione di etichette di avvertimento più specifiche.

martedì 12 febbraio 2013

Cassazione: pretendere dalla moglie solo il sesso "innaturale" non annulla il matrimonio

Cassazione: pretendere dalla moglie solo il sesso "innaturale" non annulla il matrimonio. Respinto il ricorso di una donna stanca del "menage" prediletto dal coniuge Per i giudici civili imporre alla moglie rapporti sessuali atipici non sono una ragione valida per l'annullamento dell'unione. Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con la sentenza 3407 del 12 febbraio 2013 riportata da Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, ha respinto il ricorso di una donna contro la decisione della Corte d’appello di Ascoli Piceno che ha bocciato la domanda di annullamento del matrimonio. Nel matrimonio in questione, celebrato nelle Marche nel 1996, i coniugi non avevano fatto sesso prematrimoniale e nel fidanzamento tutto era filato liscio. Ma dopo, durante il matrimonio, la moglie è rimasta delusa di scoprire, a letto, le preferenze dell'uomo che aveva sposato e che solo raramente praticava rapporti sessuali naturali. Per gli ermellini, in questi casi, si può chiedere la separazione con addebito al partner prevaricatore o lo si può denunciare per lesioni, ma non si possono annullare le nozze nelle quali i rapporti si consumano in modo sessualmente atipico. Ad avviso della Cassazione, è da condividere la decisione con la quale la Corte di Appello di Ascoli Piceno ha negato l'annullamento di questo matrimonio in quanto un simile orientamento sessuale del marito non è di "impedimento" alla "vita sessuale compartecipata da parte dei due coniugi". In proposito, i supremi giudici, nella sentenza 3407,spiegano che i casi di annullamento sono tassativi e legati a fattori "insuperabili", come il "transessualismo" del coniuge o la sua totale impotenza, non bastando,ad esempio, l'infertilità, ostacolo superabile con l'inseminazione artificiale. Pertanto, l’anomalia o deviazione deve costituire un impedimento oggettivo e non superabile allo svolgimento della vita coniugale. Nel caso specifico c’è un’inadeguata preparazione al matrimonio da parte dei coniugi, intesa come conoscenza della personalità del futuro coniuge, anche sulla fondamentale prospettiva di una condivisione della propria vita sessuale: ne è derivata dopo il matrimonio una situazione di disagio e di sofferenza che è stato imputato al comportamento prevaricatore e violento dell’uomo e che in breve tempo ha determinato l’impossibilità dello svolgimento di una normale vita di relazione sessuale fra i coniugi, pervenendo a deteriorare completamente la loro vita coniugale.

sabato 9 febbraio 2013

Scandalo surgelati al cavallo: allarme per infiltrazioni della criminalità organizzata

Scandalo surgelati al cavallo: inefficaci i sistemi di tracciabilità dei prodotti agroalimentari in Europa. I consumatori preoccupati reclamano più controlli. Allarme per infiltrazioni della criminalità organizzata Lo scandalo si allarga a molti paesi europei assumendo i contorni di un giallo la vicenda della carne equina, scoperta in alcuni prodotti distribuiti dalla Findus che non è citata tra gli ingredienti e che non avrebbe dovuto esserci. Ma in queste ultime ore sta emergendo un nuovo dato inquietante: il controllo tentacolare delle filiere agroalimentari da parte della criminalità organizzata. Le organizzazioni criminali traslazionali e nazionali (mafia, camorra, ‘ndrangheta, sacra corona unita), dunque, non operano più solamente nel mercato della droga, della prostituzione e del gioco d’azzardo né guardano unicamente i settori sui quali c’è ormai una consolidata letteratura: edilizia, smaltimento dei rifiuti, autotrasporto, sanità. La “piovra” ha nel mirino l’agricoltura e cerca di incrementare i propri affari illeciti esercitando il controllo in tutta la filiera alimentare, dai campi agli scaffali. La macellazione di animali, è sicuramente una delle attività illegali “silenziose” di maggior profitto per i sodalizi criminali. A riprova di ciò tra i reati ai primi posti, per numero, troviamo l’abigeato, un reato antico, ma in continua crescita. Ogni anno circa 150.000 animali spariscono, la gran parte destinata alla macellazione clandestina. Si tratta essenzialmente di bovini e maiali, ma anche di cavalli e in prossimità delle feste pasquali agnelli e pecore. Nello scorso biennio diverse e importanti operazioni delle forze dell’ordine hanno messo in risalto la vastità del fenomeno, che non si esaurisce alle regioni italiane, ma tocca tutta l’Europa. Il sequestro di allevamenti di cavalli è una costante che compare in diverse inchieste. Sta di fatto che nel 2003 è stato istituito, nell’ambito della Direzione nazionale antimafia, uno specifico servizio per combattere l’allarmante fenomeno. Tutti elementi che preoccupano i consumatori, che si chiedono quali controlli avvengano sulla salute del bestiame. Per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, il mercato unico e senza frontiere nel quale circolano liberamente cittadini, prodotti e servizi é una bella conquista della civiltà europea, ma presenta anche delle criticità che le autorità e le istituzioni europee che vigilano sulla sicurezza dei beni in particolare farmaci e alimentari e che quindi riguardano maggiormente la salute dei cittadini dovrebbero tentare di limitare al massimo per salvaguardare la sicurezza alimentare troppo spesso messa a dura prova da fatti che sovente diventano di cronaca. Lo scandalo infatti dimostra l’inefficacia dei sistemi di tracciabilità dei prodotti agroalimentari in Europa. Un elemento in passato più volte utilizzato per rassicurare i consumatori.

Eurovegas, la città europea del gioco d'azzardo nascerà vicino Madrid

Eurovegas, la città europea del gioco d'azzardo nascerà vicino Madrid. Il compLOTTO del popolo spagnolo all’Europa come soluzione alla crisi. In Italia nel 2011 spesi per il gioco d’azzardo 80 miliardi di Euro più di 1300 Euro a testa Secondo quanto ha annunciato oggi il presidente della regione, Ignacio Gonzalez Eurovegas, la città europea del giocod'azzardo, sorgerà nel comune madrileno di Alcorcon. La prima pietra di Eurovegas verrà posta alla fine di quest'anno e la prima delle tre fasi di attuazione del progetto sarà ultimata nel 2017. La Las Vegas madrilena prevede un investimento di 17 miliardi di euro con la creazione di 180.000 posti di lavoro fra diretti e indiretti, con l'edificazione di sei casinò, 12 alberghi per complessive 36.000 camere, nove teatri, tre campi da golf. La città europea del gioco ha ottenuto da parte del governo agevolazioni quali l'esenzione per due anni del pagamento dei contributi per i lavoratori; l'aiuto del governo spagnolo a ottenere un credito per 25 milioni di euro dalla BEI; l'esenzione dall'IVA; l'abolizione del divieto di fumo nei casinò e del divieto di accesso per minori e ludopatici. Il progetto rappresenta il più importante in Spagna e nel mondo, nei prossimi mesi. Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”,data la rilevanza ultranazionale di questo folle progetto evidentemente realizzato per richiamare turisti e giocatori da tutto Europa e non solo, invoca misure europee per evitare che la piaga del gioco d’azzardo che ha già preso piede con l’incentivazione da parte degli Stati membri in tal senso per rimpinguare i bilanci in pre dissesto specie quelli dei paesi più a rischio, diventi un fenomeno di massa sul quale sarà poi difficile tornare indietro.

Sextorsion l’FBI lancia l'allarme

Sextorsion l’FBI lancia l'allarme. Un nuovo trend su internet che colpisce giovanissimi e donne ultraquarantenni Genitori attenti: l'FBI lancia un monito a tutte le famiglie. Un nuovo allarmante trend sta prendendo piede online, è il "sextorsion". Le vittime preferite sono i giovanissimi e le donne dopo i 40 anni. "Si tratta di vere e proprie estorsioni utilizzando immagini a carattere sessuale che i criminali riescono ad ottenere tramite i social media - ha spiegato Richard DesLaurier, agente speciale dell'FBI di Boston - è un fenomeno in grande crescita ed un'area di indagini in espansione che ci preoccupa. Per questo vogliamo educare il pubblico". Secondo gli investigatori, ciò che avviene in pratica è che i teen-ager iniziano conversazioni online tramite Facebook o altri social media con sconosciuti, pensando si tratti di innocenti coetanei, di nuovi amici. Ad un certo punto i ragazzi vengono però convinti dal nuovo amico a mandare tramite web una propria immagine nuda o seminuda. A quel punto il criminale inizia il ricatto, chiede denaro con la promessa di non inviare la foto ad amici e genitori del giovane se viene pagato in un certo termine. Proprio una trama simile ha portato all'arresto di un uomo in Gran Bretagna che stava ricattando una ragazzina di 13 anni del Massachusetts, la quale gli aveva spedito una sua foto che la ritraeva nuda. In questo caso però la ragazza ha avuto il coraggio di confessare tutto ai genitori che hanno avvertito l'FBI. Ma episodi simili - spiegano le forze dell'ordine - avvengono anche a danno di adulti, in particolare la fascia più colpita appare quella delle donne divorziate ultraquarantenni che tentano di avviare relazioni romantiche online. E lo schema con l'invio di foto intime si ripete. Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, rilancia anche in Italia l’allarme perché non da poco tempo le cronache nostrane riportano fatti analoghi anche se troppo spesso, casi simili non vengono segnalati ai genitori, parenti o amici e quindi rarissime volte denunciati all’autorità giudiziaria perché le vittime, soprattutto i minori hanno timore di essere rimproverati dalle famiglie mentre le donne di finire, come parti deboli di una notizia, sui media. Non resta che raccomandare alle famiglie la massima vigilanza sulle attività online dei propri figli, specie se minorenni, ed alle donne sole prestare attenzione ai soggetti con cui s’interloquisce in rete. Perché non bisogna avere paura di denunciare ogni possibile forma di ricatto o estorsione che dir si voglia che anche in Italia è contemplata come reato nel codice penale.

venerdì 8 febbraio 2013

Carne di cavallo: lo scandalo si estende

Carne di cavallo: lo scandalo si estende. Findus Italia ha annunciato il ritiro di tre dei suoi prodotti. 'Hhorsegate' è in crescita Il colosso dei surgelati Findus ha ritirato le lasagne al ragù di carne bovina da tutti i supermercati in Inghilterra dopo che la Food Standards Agency (FSA) ha scoperto che a dispetto di quanto riportato sulle confezioni, al posto di carne di manzo, nelle confezioni di lasagne, sarebbero state utilizzate carni equine.La presenza di carne di cavallo in così tanti surgelati confezionati da compagnie differenti è dovuta al fatto che tutte sono inserite all’interno della stessa catena di fornitura e, in questo caso, un fornitore francese.La FSA ha anche ordinato alla Findus di testare se le lasagne siano contaminate con il fenilbutazone, un farmaco veterinario. Gli animali trattati con fenilbutazone non possono entrare nella catena alimentare, perché il farmaco può costituire un rischio per la salute umana. La Findus ha già ritirato 180.000 confezioni di lasagne.I prodotti avrebbero dovuto contenere il 100% di carni di manzo, mentre in realtà contenevano tra il 60 e il 100% di carni di cavallo. La Findus ha dichiarato di non sapere per quanto tempo il prodotto è stato posto in vendita, ma ha ammesso che la Comigel (azienda che avrebbe fornito le confezioni incriminate), con sede legale a Metz in Francia, produce lasagne per la Findus da oltre due anni. Sarebbe stato un produttore francese a fornire carne di cavallo al posto di quella di manzo. La FSA ha dichiarato: “Non abbiamo prove che tale cibo sia a rischio”. Tuttavia la FSA ha ordinato alla Findus di analizzare le lasagne per verificare l’eventuale presenza di fenilbutazone. Gli animali trattati con fenilbutazone (un farmaco ad uso veterinario) non possono entrare nella catena alimentare poiché rischiosi per la salute dell’uomo”. Le lasagne con carni di manzo della Findus sono state distribuite ai principali supermercati britannici e irlandesi. L’azienda ha già iniziato a ritirare i prodotti dalla vendita, invitando gli eventuali acquirenti a riportarli nei supermercati dove verrà rimborsato loro il costo di acquisto. Le catene di supermercati Aldi, Tesco, Asda e Morrison, così come Findus Italia, questa settimana hanno ritirato dalla vendita alcuni prodotti a base di carni bovine provenienti dalla Comigel. Sembra però che il problema della carne di cavallo presente in maniera occulta in prodotti a base di carne non sia un fenomeno circoscritto. Infatti, anche in Irlanda negli ultimi giorni le autorità che si occupano di effettuare controlli sul cibo hanno riscontrato la presenza di DNA equino. Sono stati trovati “contaminati” con carne di cavallo prodotti dell’azienda Rangeland Food e di Freeza Meats. Findus si impegna a "rispondendo alle domande dei consumatori e a rimborsare coloro che hanno acquistato prodotti potenzialmente interessati dal problema di conformità," indicando un numero verde: 0800 20 50 53 e contatto mail tramite il sito internet www.findus.it. Nonostante l’innalzamento del livello dei controlli e del decantato aumento della qualità dei prodotti alimentari, continuano a verificarsi episodi del genere che hanno dei riflessi eclatanti anche sui media, rileva Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”. Per tali ragioni chiede che le aziende alimentari effettuino esami di autenticità su tutti i prodotti di origine bovina, come hamburger di manzo, polpette e lasagne, e che forniscano i risultati alle autorità sanitarie competenti.

Skimming: invece dei bancomat presi di mira dai criminali anche negozi e benzinai

Il termine “skimming” deriva dal verbo inglese to skim, che vuol dire “sfiorare, strisciare”. Da questa parola discende la parola skimmer che è il congegno elettronico utilizzato per memorizzare i contenuti delle bande magnetiche delle carte di pagamento. Negli sportelli automatici ATM (Automated Teller Machine), meglio noti come sportelli bancomat sono i dispositivi usati per leggere le relative carte elettroniche di pagamento e, quindi, abilitare l’utente alle operazioni richieste dopo aver effettuato l’ulteriore verifica del PIN (Personal Identification Number) che, pur presente in modalità cifrata all’interno della banda magnetica della carta, viene digitato direttamente dall’utente dopo aver inserito la Card nello Skimmer. L’uso improprio di questi dispositivi, la loro manomissione, fino ad arrivare addirittura alla sostituzione dello skimmer originale con uno appositamente installato per leggere e registrare i contenuti delle carte magnetiche che vengono fatte “strisciare” al suo interno, ha determinato lo sviluppo di una nuova tecnica criminale chiamata, come detto, skimming, termine poi utilizzato anche per descrivere in generale le truffe compiute ai danni di possessori di carte di credito, bancomat, carte prepagate etc. attraverso un utilizzo illecito di dispositivi di lettura delle stesse (skimmer e P.O.S.). Si tratta di un fenomeno organizzato, sia in termini tecnici che logistici. Ad essere coinvolti sono bande di criminali che si muovono in tutta Europa, non solo rumeni e bulgari, anche se questi pare siano i più avanzati e strutturati. Prima ad essere colpiti erano bancomat, terminali per il pagamento con carta di credito posti in ogni luogo possibile, dai supermercati ai distributori di biglietti nelle stazioni. Ma ora nuovi i criminali hanno scoperto un nuovo trucco per copiare i dati delle carte. La tendenza inversa riguarda gli apparecchi per i pagamenti nelle stazioni di servizio, i terminali nelle stazioni e quelli nel commercio al dettaglio. L’anno scorso, anche i sistemi di apertura di porte delle banche sono stati manomessi dagli hacker ma alcune delle banche hanno già reagito e tolto i sistemi di apertura automatica con carta. Ma appena si trova una soluzione, i criminali scoprono un nuovo trucco per copiare i dati delle carte. Nel 2012, infatti, sono aumentati molto i casi di skimming presso le stazioni di servizio.Anche i terminali nel mercato al dettaglio sono stati maggiormente manipolati. Ma il dato più preoccupante è che nei negozi, i criminali non manipolano però i terminali quando fanno gli acquisti. I criminali rimangono nei negozi di notte eludendo i controlli. Così si prendono tutto il tempo per modificare i terminali delle casse. Dopo pochi giorni, i ladri tornano nel negozio e smontano le loro apparecchiature portandosi via migliaia di dati di clienti del rispettivo negozio. Per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” l’ultima difesa per i malcapitati truffati nel caso in cui venga scoperto il responsabile - essendo lo skimming un’attività idonea ad integrare gli estremi della figura di reato prevista dall’art. 12 del D.L. 143/91, convertito nella Legge 197/91 - è quella di perseguirlo in sede penale costituendosi parte civile nel relativo giudizio sperando di poter essere risarciti in quella sede.

Sanità: l’Italia fra le ultime in Europa

Sanità: l’Italia fra le ultime in Europa. Retrocede al 21° posto per qualità di assistenza ed al 26° per prevenzione ed equità Fin a qualche anno fa potevamo vantare uno dei migliori servizi sanitari al mondo. Oggi invece, a causa dei tagli lineari alla spesa pubblica e ad un peggioramento progressivo dell'organizzazione sanitaria stiamo scivolando indietro nelle posizioni anche in Europa. Non é solo il comune sentire, ma ha stabilirlo é la dura legge dei numeri che sono stati rivelati dalla Fondazione Chirurgo e Cittadino sulla scorta di tre diverse statistiche rilevate da altrettanti Istituti di ricerca indipendenti europei. Per esempio, secondo la Organization for Economic Co-operation and Development- (Oecd Health Data 2012) l'Italia risulta essere, peraltro, l'ultimo per investimenti nel settore della sanità pubblica tra i Paesi industrializzati: solo il 9,3% del Pil a fronte del 12% dell'Olanda, l'11,6% di Francia e Germania, il 9,6% di Gran Bretagna e Spagna, il cui 76,6% totale è "spesa pubblica", per una spesa pro-capite di 2.964 dollari (Olanda - 5.056, Germania 4.338, Francia 3.974, Irlanda 3.710, Gran Bretagna 3.433, Spagna - 3.060).Si allontana sempre più, quindi, il mito secondo la Nostra Sanità sarebbe 2° al mondo per capacità di risposta assistenziale universale in rapporto alle risorse investite, come ricordava il rapporto dell'Oms dei primi anni 2000. La verità é però sotto gli occhi di tutti ed il progressivo peggioramento é suffragato da queste ricerche indipendenti a livello europeo. Tutt'altro che rassicurante é il dato sulla "qualità" dell'assistenza attribuito al nostro Ssn. Anche in questo, é un istituto terzo, l'Euro Health Consumer (Health consumer powerhouse 2012) a bocciare il Nostro Paese. L'analisi si basa su 42 diversi indicatori di performance differenziati in 5 sottogruppi. Sono stati verificati 34 Sistemi Sanità di altrettanti paesi Europei (di cui i 27 dell'Unione Europea, oltre altri 7 non UE). Questi, in via analitica i risultati per i differenti sottogruppi: nella classifica europeo la nostra Italia è: 10° (dopo Croazia, Estonia,Lituania ecc.) nel sottogruppo "diritti del malato e informazione", 11° (dopo Islanda, Rep. Ceca, Slovenia ecc.) per la voce "risultati"; 21° (dopo Romania, Grecia, Cipro ecc.) per "accessibilità e tempi di attesa"; 22° (dopo Slovenia, Irlanda, Rep.Ceca ecc.) per l'area "farmaceutica"; 26° (dopo Portogallo, Malta, Slovacchia ecc.) per "prevenzione, equità di Sistema". Se si prendono in considerazione tutte le voci analizzate risultiamo occupare il 21° posto. In ultimo, in questa speciale classifica del dissesto della Nostra Sanità é opportuno segnalare il rapporto Ocse-UE "Health at a Glance Europe 2012" che piazza l'Italia agli ultimi posti, se non proprio all'ultimo, per i fondi destinati alla prevenzione sanitaria: a fronte di una media europea del 2,9%, l'Italia riserva solo lo 0,5% della spesa sanitaria globale. Solo Cipro fa altrettanto. Per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” che da anni sottolinea come i tagli lineari siano spesso immotivati e senza una reale contezza di quali siano gli sprechi e dove effettivamente bisogna andare a colpire, come da clima da caccia alle streghe, questi dati dimostrano effettivamente che il nostro paese investe meno degli altri nella salute ed investe anche male. È evidente, quindi, la necessità di una controriforma del Sistema Sanitario nazionale, che lungi dall'essere smantellato dovrà vedere una razionalizzazione dell'intervento pubblico che dovrà necessariamente assestarsi sugli standard ed i livelli degli altri partner europei, perché quello affidato alle regioni ha parcellizzato eccessivamente l'organizzazione su scala nazionale creando, di fatto, 20 diversi sistemini e si é "cullato" sulla bravura, l'impegno e la preparazione dei nostri operatori sanitari che non sappiamo fino a quando riusciranno a reggere le carenze di un sistema in deficit come quello nostrano.

giovedì 7 febbraio 2013

Aumentano i furti e gli atti di violenza nei treni italiani

Aumentano i furti e gli atti di violenza nei treni italiani. Indennizzi troppo bassi ed irrisori da parte dei vettori. Occorre aumentare le risorse per la sicurezza a bordo Da anni lo “Sportello dei Diritti”,segnala e denuncia la crescita esponenziale di furti e atti di violenza sui treni. Essendosi, peraltro, occupato a mezzo del proprio servizio legale di avviare azioni risarcitorie a tutela dei viaggiatori ed a carico dei vettori che sino ad oggi forti delle clausole contrattuali assolutamente vessatorie delle "condizioni di viaggio" stabilite, a parere di Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, ancora non hanno fatto tutto il possibile per diminuire l'escalation di atti criminali a bordo dei propri veicoli. Non passa giorno, infatti, che la Polfer, la speciale sezione della Polizia di Stato che si occupa della sicurezza nelle stazioni e a bordo, non riceva denunce di passeggeri che abbiano subito la sottrazione illecita di qualche bene personale o anche atti violenti. Perché se sino a qualche anno fa erano borse, portafogli e valige sotto tiro dei ladri, oggi gli oggetti più mirati sono computer portatili, smartphone, tablet. Per quel che è dato sapere da precedenti indagini, anche giornalistiche, esistono delle vere e proprie bande, di giovani anche giovanissimi, che come delle vere e proprie associazioni dedite a questo tipo di crimine, in particolare al cosiddetto "furto con destrezza" anche per l'abilità dimostrata che non lascia quasi traccia del loro passaggio, si muovono sulle tratte più lunghe ed in particolare quelle per Milano e Torino. Immuni, non sono neanche i treni dei pendolari dove il sovraffollamento rende più semplice per questi abilissimi criminali camuffarsi tra la folla e procedere con le quotidiane razzie. Per Giovanni D'Agata, se la soluzione per evitare i furti dev'essere privarsi di qualsiasi oggetto di (un minimo) valore per viaggiare allora tanto vale non utilizzare più i treni, cosa impossibile nel nostro Paese dove questo mezzo risulta essere uno tra i veicoli di locomozione più usati. Ed allora, la soluzione dev'essere ricercata, senz'alcuna ombra di dubbio dai singoli vettori, sia quelli nazionali che quelli regionali attraverso un'incentivazione delle misure di sicurezza e del personale all'uopo dedicato a bordo e dall'eliminazione anche ad opera di un apposito decreto ministeriale di tutte le clausole che prevedano un indennizzo al posto del risarcimento del danno effettivamente subito a seguito di un furto e parifichino in maniera effettiva la responsabilità del vettore ferroviario, per esempio a quella prevista per gli albergatori dal codice civile. Perché é vero che é contemplata la possibilità di farsi risarcire il danno derivante dai furti subiti durante un viaggio in treno, ma più che di risarcimento si deve parlare più correttamente di un indennizzo, non sempre equo rispetto all'entità del danno subito ed è per questo che i vettori sino ad oggi si sono un po' cullati sugli allori e non hanno implementato significativamente le risorse per la sicurezza. Trenitalia, per esempio, lo prevede per gli Eurostar, gli Intercity, i vagoni letto e le cuccette. Per la verità nel prezzo del biglietto é compresa una quota assicurativa che consente di chiedere un minimo d'indennizzo a seguito della denuncia di un furto. In particolare: L'assicurazione copre bagagli e valori che si trovano: 1.Nel vano bagagli esterno al salone passeggeri delle carrozze dei treni AV (denominati Frecciarossa e Frecciargento), ES*, Intercity, Frecciabianca con carrozze “gran comfort” a salone. Massimo 300 euro per singolo bagaglio (max 600 euro a passeggero). 2.Nelle cuccette o nei vagoni-letto, a condizione che il compartimento sia stato correttamente chiuso. Massimo 300 euro per singolo bagaglio e valori (massimo 600 euro a passeggero). 3.Nelle auto (massimo 1.500 euro a vettura) o sulle moto (massimo 250 euro) al seguito. Il passeggero, ovviamente ha l'obbligo di segnalare il furto al personale del treno e inoltrare denuncia alle forze di polizia o alla Autorità giudiziaria entro 3 giorni e inviare la richiesta di indennizzo, entro 7 giorni, a: Trenitalia – Vendita e Customer Service Base - PostVendita Piazza della Croce Rossa, 1 - 00161 Roma o consegnarla presso l'assistenza passeggeri o biglietteria. Occorre allegare alla richiesta copia della denuncia o distinta delle cose rubate e il biglietto.

Lo Sportello dei Diritti domenica a Ballarò

Lo Sportello dei Diritti domenica a Ballarò. L'aggiornamento del classamento degli immobili e gli accertamenti sugli estimi catastali a Lecce Dopo aver denunciato per primi la mannaia voluta dal Comune di Lecce per l'aggiornamento degli estimi catastali cui hanno fatto seguito migliaia di atti di accertamento dell'Agenzia del Territorio ad altrettanti cittadini, lo Sportello dei Diritti, per il tramite del portavoce nazionale avv. Francesco D'Agata é stato contattato dalla redazione del noto talk politico di Raitre", Ballarò, per il clamore e la rilevanza nazionale suscitata dalla procedura attivata dal comune di Lecce, unico, al momento, in Italia. La troupe di Ballarò si é dunque recata a Lecce e su segnalazione dello stesso socio fondatore dell'associazione ha intervistato alcuni cittadini ed il noto tributarista avvocato Maurizio Villani che per primo ha segnalato allo Sportello dei Diritti le gravi conseguenze di un procedimento ritenuto illegittimo e che graverà, e non poco, sulle tasche dei cittadini leccesi proprietari di immobili. Domenica sera e non martedì, in quanto é stato appena cambiato il palinsesto Rai, Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” invita a tenere gli occhi puntati su Raitre e sulla trasmissione Ballarò per ascoltare le testimonianze su di una vicenda tutta italiana che paventa conseguenze di vera e propria iniquità fiscale in capo ai cittadini già enormemente vessati dal peso di un Fisco divenuto insostenibile.

mercoledì 6 febbraio 2013

Scoperto il legame tra inquinamento e la dimensione dei neonati

Il più grande studio sull'argomento ha dimostrato un legame tra inquinamento atmosferico e lo sviluppo fetale. La ricerca guidata dal Dr. Tracey Woodruff, professore di ginecologia e scienze della riproduzione presso l'Università della California a San Francisco, ha documentato che le donne incinte sono più esposte agli inquinanti da gas di scarico di automobili e carbone e sono soggette ad un più alto rischio di avere un bambino il cui peso alla nascita è basso. Pertanto, è stato stabilito che, in diversi luoghi del pianeta in cui è stata condotta la ricerca, più alto è il l'inquinamento e maggiore è il tasso di nascite con basso peso alla nascita. In questo studio, il basso peso alla nascita è inferiore a 2,5 kg. Questo peso è associato ad un esponenziale rischio di malattia e di morte con problemi di salute prenatale e cronici più tardi durante la vita. Questi sono gli effetti nocivi che l'inquinamento ha sulla salute umana ai quali siamo esposti, in particolare per le particelle sospese, una miscela di polveri di diversa dimensione, origine e composizione che, essendo molto piccole, tendono a rimanere sospese in aria e ad essere trasportate dal vento. Secondo il Dr. Payam Dadvand, del Centro spagnolo per la Ricerca in Epidemiologia mentale (CREAL) queste particelle microscopiche anche note come particolato la cui dimensione è meno di un decimo dello spessore di un capello umano, si trovano nell'aria che tutti respiriamo. Le polveri hanno origine dai processi di combustione (gas di scarico di veicoli a diesel o a benzina, processi industriali, produzione energia elettrica, riscaldamento domestico). In inverno i loro valori sono superiori a quelli estivi, cosi come aumentano con la nebbia e con l’assenza di vento. Le polveri sottili ed ultrasottili rappresentano l'inquinante più dannoso per la salute: sono costituite da svariate sostanze tossiche (solfati, nitrati, metalli) e, grazie alle piccole dimensioni, vengono trasportate anche a lunga distanza, penetrano negli ambienti chiusi, vengono facilmente inalate e possono raggiungere le diverse parti dell'apparato respiratorio. I paesi con normative più severe per limitare l'inquinamento da automobili e centrali a carbone hanno più bassi livelli di questi inquinanti. Questa ricerca si basa su tre milioni di nascite in 14 regioni in 9 Paesi del Nord America, Sud Africa, Europa, Asia e Australia. Lo affermano i ricercatori della School of Public Health and Health Sciences dell’Università del Massachusetts, autori di uno studio pubblicato sulla rivista Journal of Epidemiology and Community Health. Per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” questo importante studio rappresenta un grido d'allarme sull'inquinamento e come questo influisca sulla salute umana sin dal momento del concepimento dell’uomo. Per il momento in attesa che vengano prese dai governi drastiche misure per ridurre l’inquinamento, dobbiamo essere molto attenti e vigili e nel contempo molto creativi nell'ideare soluzioni che aiutino a ridurre questi problemi. Per esempio per proteggersi dalle polveri sottili, anche in ambiente domestico come nel caso di trasporto di bambini, utilizzare carrozzine e passeggini il più alti possibili, in modo che i nostri figli non siano proprio all’altezza dei tubi di scarico delle auto, le sorgenti di emissioni inquinanti più vicine. In casa utilizzare l’aspirapolvere invece della scopa, tenere delle piante da appartamento che assorbono CO2 e aiutano a migliorare la qualità dell’aria e catturano in parte il particolato.

Rc auto lotta alle frodi assicurative e privacy. Arriva il decreto del Ministero dei Trasporti

Rc auto lotta alle frodi assicurative e privacy. Arriva il decreto del Ministero dei Trasporti che regola le specifiche tecniche della "scatola nera" Gps. Sotto controllo la posizione e velocità dell’auto contro i sinistri falsi. Per l'introduzione definitiva della black box arriverà anche un decreto del Ministero dei Trasporti e un regolamento dell'Ivass. Che dice il Garante della Privacy? La lotta alle frodi nel settore Rc auto da parte delle assicurazioni trova un prezioso alleato nella cosiddetta "scatola nera" o black box che dir si voglia, un'apparecchiatura elettronica che installata sulla propria autovettura consente il controllo pressoché costante di posizione e velocità tramite il sistema Gps in cambio di probabili sconti sui premi assicurativi ed a discapito di un bel po' di privacy. Arriva, infatti, sulla Gazzetta Ufficiale 30/2013,il decreto del ministero dei Trasporti che stabilisce i requisiti tecnici che tali dispositivi dovranno possedere per essere "regolamentari". Vi é da dire però che per il via libera definitivo dovranno essere emanati due ulteriori atti. Il primo un decreto del ministero dello Sviluppo economico di cui al comma 1-ter dell’articolo 32 del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con modificazioni in legge 24 marzo 2012, n. 27, ed infine la pubblicazione del relativo regolamento dell’istituto di vigilanza sulle assicurazioni, Ivass, già Isvap. Secondo quanto contenuto nel regolamento approvato dal Ministero dei Trasporti le scatole nere dovranno essere sigillate, ancorate a elementi fissi del veicolo e alimentate a batteria. Ulteriori ed imprescindibili elementi per la sua regolarità, l'apparecchiatura dovrà consentire di poter determinare nel tempo la posizione e velocità del veicolo. Bisognerà poi poter controllare a distanza che il dispositivo funziona e garantire che le informazioni raccolte non siano adulterate né si siano verificati tentativi di manomissione. Ciò vuol dire che dovrà essere dotata di un ricevitore elettronico Gps, compatibile con la nuova costellazione Galileo, per la geo-radiolocalizzazione terrestre tramite rete di satelliti artificiali; un dispositivo di telefonia mobile Gprs per la trasmissione dati tramite rete Gsm-Umts; un banco di memoria flash e uno di memoria ram per registrare i dati fra una trasmissione e l’altra; ed infine un’antenna integrata wireless bi-direzionale per comunicare con altri dispositivi installati a bordo del veicolo. Non resta allora che aspettare.Per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” se tale strumento potrà essere certamente utile per la lotta alle frodi assicurative consentendo di determinare in misura infinitesimale la posizione e la velocità dei veicoli, restano tuttora forti dubbi circa i rischi per la riservatezza personale e la privacy dei cittadini - automobilisti che decideranno di installarla, e saranno tanti in un momento di crisi come quello che viviamo, che lo faranno, per poter aderire alla riduzione delle tariffe assicurative promesse in cambio della black box a bordo. Sorprende, in tal senso, che non vi sia stato ancora un intervento del Garante della Privacy per verificare che i dati raccolti lo siano nella massima sicurezza di non divulgazione e non siano suscettibili di essere utilizzati se non per il fine richiesto.

martedì 5 febbraio 2013

Troppa Tv diminuisce la fertilità maschile

Troppa Tv diminuisce la fertilità maschile. Uno stile di vita sedentario ed il cibo ricco di grassi potrebbero rivelarsi fatali Secondo un nuovo studio di Harvard pubblicato sul Biritish Journal of Sport Medicine, ore sul divano azionando il telecomando della tv stanno influenzando pesantemente la fertilità maschile. I ricercatori guidati dal professore di epidemiologia Jorge Chavarro hanno osservato appunto un conteggio di spermatozoi più basso del 44% tra chi guardava almeno 20 ore di tv alla settimana. La ricerca rivela infatti che la concentrazione di spermatozoi per millimetro di liquido seminale è quasi la metà, ossia il 44% in meno, negli uomini che guardano la televisione una media di 20 ore a settimana, senza compensare tanta sedentarietà con un po' di esercizio fisico. Mentre la fecondità massima è stata rilevata nei giovani che facevano qualche forma di esercizio fisico per circa 14 ore a settimana. Lo studio ha coinvolto 189 studenti di college tutti tra i 18 e i 22 anni quindi giovani uomini al top della loro fertilità. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, la soglia della fecondità maschile si colloca intorno ai 15 milioni di spermatozoi per millimetro. Al di sotto di tale percentuale, un uomo non è considerato fertile. Per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” sempre più ricerche scientifiche puntano il dito contro uno stile di vita sedentario ed il cibo ricco di grassi come fritto e formaggio colpevoli di ridurre la fertilità maschile.