lunedì 30 settembre 2013

Novartis rischia indagine in Giappone per un farmaco contro l’ipertensione

Il ministero della sanità giapponese ha comunicato di voler avviare un'indagine sulla filiale locale di Novartis, il colosso farmaceutico svizzero, su richiesta di una commissione interna. L’inchiesta nasce dal sospetto che la multinazionale con sede in Basilea abbia manipolato dati clinici su un medicinale contro l'ipertensione. In un comunicato ufficiale da parte della citata commissione si può leggere addirittura che: " È una vicenda grave che potrebbe nuocere all'interesse nazionale rimettendo in discussione la fiducia negli studi clinici giapponesi, sia all'interno che all'esterno del paese". Il rapporto raccomanda in particolare al ministero di condurre indagini per stabilire se vi sia stata violazione del codice farmaceutico nipponico. Diversi ospedali giapponesi hanno cessato di proporre il Diovan dopo la pubblicazione da parte di due università del Paese di articoli sull'efficacia del trattamento per ridurre i rischi di attacchi cardiaci. Anche perché le due università nipponiche - la Scuola di medicina di Jikei e l’università di Kyoto - hanno rivelato di aver riscontrato risultati clinici falsi che avrebbero avuto l’obiettivo di dimostrare che il farmaco Diovan, contro l’ipertensione arteriosa, fosse efficace anche contro l’angina pectoris. Novartis ha riconosciuto che uno dei suoi ex collaboratori aveva avuto un comportamento inappropriato durante la fase di test. Ma il rapporto del ministero ritiene che il caso coinvolga la responsabilità dell'impresa e non quella dell'individuo. Dopo la pubblicazione dell'informazione, in una nota Novartis ha espresso le sue scuse e ha annunciato che s'impegnerà a cooperare con le autorità. Per Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” data la possibilità di reperire sulla rete lo stesso farmaco che contiene come principio attivo il Valsartan, tant’è che viene usato come sinonimo di questa molecola, alla luce di quanto scoperto nella nazione del Sol Levante è necessario prestare la massima attenzione anche nel Nostro Paese ed utilizzare il farmaco solo per l’uso specifico per cui è indicato.

domenica 29 settembre 2013

Lettera aperta – Appello al Ministro della Salute e al direttore generale dell’Istituto Superiore di Sanità

Lettera aperta – Appello al Ministro della Salute e al direttore generale dell’Istituto Superiore di Sanità. Nuove speranza di cura per l’Aids: strategia promettente contro il virus Hiv. Servono i fondi per proseguire la ricerca promossa dall’equipe guidata dal dott. Andrea Savarino. Alla cortese attenzione del Ministro della Salute e alla Direzione Generale dell’Istituto Superiore di Sanità: Nella qualità di presidente e fondatore presidente e fondatore dell’associazione “Sportello dei Diritti”, da anni impegnata nella tutela dei diritti dei cittadini e anche degli ammalati, nonché per la promozione della ricerca scientifica in Italia, il sottoscritto Giovanni D'Agata, rivolge un appello per lo stanziamento dei fondi necessari alla ricerca in programma per il 2014 dall’equipe del dott. Andrea Savarino impegnata in un progetto per l’eradicazione del virus dell’HIV. Sono 33 milioni nel mondo le persone che ad oggi fanno uso di antiretrovirali. Il loro sogno è lo stesso dei ricercatori coordinato da Andrea Savarino dell’Iss che hanno pubblicato la loro ricerca su Retrovirology, una cura che guarisca per sempre dalla malattia e che non li costringa per tutta la vita ad assumere tali farmaci prolungando un’esistenza che altrimenti sarebbe segnata. La nuova terapia, somministrata ai macachi, era composta da due farmaci, l’auranofin, un composto a base di sali di oro già conosciuto, e, per la prima volta, la butioninasulfossimina, un agente chemiosensibilizzante (Bso). Il composto ha rimpiazzato le cellule malate con cellule sane mettendo in remissione il virus anche dopo la sospensione della malattia. “Risulta evidente – ha osservato Iart Luca Shytaj, collaboratore di Savarino e primo autore dell’articolo pubblicato su Retrovirology – come una branca specifica del sistema immunitario venga stimolata dall’aggiunta di BSO al cocktail di farmaci e possa eventualmente mimare un’autovaccinazione contro il virus”. “Monitorando i macachi – ha affermato Savarino – ben presto abbiamo potuto constatare che le nuove cellule immuni respingevano con forza il virus, riportando così le scimmie in perfetta salute”. Il primo trial clinico è previsto per l’inizio del 2014. La scoperta sarà presentata dai ricercatori a Miami a dicembre, in occasione della “Hivpersistenceduringtherapy”. I ricercatori stanno ora programmando l’inizio di un trial clinico nei primi mesi del 2014. Per tali ragioni, Giovanni D’Agata, nella spiegata qualità, dopo aver ricevuto segnalazioni da parte di ammalati di AIDS, animati da una nuova speranza che possa dare nuova luce alle loro vite e tenuto conto che si tratta di uno studio tutto italiano di livello mondiale che potrebbe ridare lustro internazionale alla Nostra ricerca tutta, rivolge il più accorato appello al Ministro della Salute e alla Direzione Generale dell’Istituto Superiore di Sanità affinché non facciamo mancare con estrema urgenza i fondi necessari al fine del completamento dello straordinario progetto che tanta speranza potrebbe restituire a migliaia di ammalati in Italia e milioni nel mondo.

Nuovi farmaci in grado di curare i tumori della pelle

Nuovi farmaci in grado di curare i tumori della pelle. É l'inizio di una nuova era? Nuove speranze contro i tumori della pelle. Secondo alcuni studiosi, i pazienti potrebbero essere guariti dalla malattia con nuovi farmaci innovativi. Tanto che si é parlato dell'"inizio di una nuova era". Ricerche recenti hanno rilevato che pazienti gravemente ammalati avrebbero visto effetti sorprendenti dopo aver ricevuto un trattamento che potrebbe eventualmente essere utilizzato per combattere altre forme della malattia. É la prima volta che gli scienziati sono giunti così vicino a fornire un rimedio per il melanoma avanzato. Lo sviluppo di questi trattamenti, per Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” potrà portare speranza a migliaia di persone cui viene diagnosticato un cancro della pelle. Fino ad ora la prognosi per il melanoma avanzato risulta assai scarsa e molti pazienti muoiono entro pochi mesi dalla diagnosi. Il professor Peter Johnson, capo medico presso il Cancer Research della Gran Bretagna, ha dichiarato: "Siamo solo all'inizio di una nuova era di trattamenti contro il cancro utilizzando il sistema immunitario. "Questi farmaci che possono trasformare le difese dell'organismo contro un tumore stanno iniziando a dimostrare di essere una vera promessa per il melanoma ed altri tipi di cancro. "É solo attraverso la ricerca che possiamo acquisire le conoscenze necessarie per sviluppare nuovi trattamenti per i malati di cancro." La nuova cura contiene due tipi di farmaci - l'ipilimumab (noto come IPI) e l'anti-PD1s, che abbatte le difese delle cellule tumorali e sono ancora in sperimentazione clinica. I medici possono effettivamente riattivare il sistema immunitario di un paziente, combinando i due medicinali. Durante il European Cancer Congress è stato affermato che uno su sei pazienti sono già salvati dal trattamento innovativo. Con la nuova combinazione di farmaci potrebbe significare che più della metà dei pazienti si potrebbero salvare dalla morte. Il professor Alexander Eggermont dell'Institut Gustave Roussy in Francia ha sottolineato in una recente intervista che: "il melanoma avanzato potrebbe diventare una malattia curabile, forse per più del 50 % dei pazienti entro 10 anni." Una previsione che se fosse stata effettuata solo cinque anni fa sarebbe stata bollata come fantascientifica. "Ma adesso sembra che stiamo riuscendo ad avere il controllo del melanoma avanzato da anni, in una parte sostanziale di pazienti." Il Melanoma avanzato è diagnosticato quando la malattia si è diffusa e non può più essere rimossa chirurgicamente. Sul sito del Cancer Research britannico, attualmente i pazienti sono avvertiti che questa forma di cancro della pelle "non può essere curata". Ed é affermato che: "I trattamenti disponibili possono ridurre il melanoma o fermare la crescita."

Ricercatori tedeschi hanno scoperto una possibile causa della psoriasi

Ricercatori tedeschi hanno scoperto una possibile causa della psoriasi. Una molecola mancante provoca sintomi simili nei topi. Psoriasi, un vero e proprio tormento per le "vittime". Spesso, per questa diffusa malattia della pelle vi sono trattamenti efficaci - ma in moltissimi casi risulta non curabile. Ora però ci sarebbe una speranza: attraverso test sui topi, i ricercatori hanno identificato una possibile causa della malattia. Nella sola Italia, 34.000 persone ogni anno si ammalano di psoriasi. Questa patologia è una delle più comuni malattie infiammatorie della pelle nel mondo occidentale. Gli esperti stanno ancora cercando la causa. E i ricercatori del Cancer Research Center tedesco (DKFZ) e Heidelberg University hanno ora scoperto che una molecola mancante nei topi causa sintomi simili come nella psoriasi. Nel loro studio, i ricercatori si sono concentrati sul "segnale Wnt". Questo gioca un ruolo importante durante lo sviluppo embrionale negli esseri umani e negli animali, ma anche nella crescita dei tumori. Ai topi utilizzati in questo studio mancava una certa proteina che aiutava normalmente le molecole "Wnt" a passare dalle cellule, e, per esempio, a portare alla produzione di neurotrasmettitori, o guidare la crescita cellulare. Le nuove scoperte effettuate dai centri teutoivi permettono di comprendere la malattia. Inoltre, i ricercatori hanno osservato sintomi simil-psoriasiche nei topi. La pelle si infiamma, nuovi vasi sanguigni sorgono, le cellule della pelle proliferano e formano quell'odiosa malattia che conosciamo. La pelle dei topi contenevano meno cellule di un determinato tipo. Queste sono le cellule immunitarie speciali che normalmente combattono gli intrusi a prevenire l'infiammazione. Secondo i ricercatori fornisce nuove intuizioni, la capacità di comprendere i complessi processi delle malattie infiammatorie della pelle. Le persone colpite soffrono di pelle secca, sensibile e cadente. Predisposizione genetica, fattori ambientali e uno squilibrio nel sistema immunitario sono coinvolti in questa malattia assai complessa. La funzione della pelle come barriera naturale contro patogeni stimoli fisici, chimici e si perde gradualmente. Questo alla fine porta a infiammazioni, reazioni autoimmuni o infezioni croniche.Per Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, tale ricerca può accendere la speranza di migliaia di cittadini colpiti da tale patologia che purtroppo sono nell'incertezza di cure non sempre definitive. É ovvio che sarà importante capire cosa accadrà quando i risultati dello studio verranno estesi sull'uomo ma é necessario un incremento ed un'accelerazione delle indagini scientifiche per trovare una soluzione certa a questa diffusissima patologia.

Salute e benessere: la dieta col sedano può apportare grandi benefici.

Salute e benessere: la dieta col sedano può apportare grandi benefici. Che una dieta sana ed equilibrata inizi con un maggiore apporto di verdure e frutta, è un fatto conclamato. E il sedano non fa eccezione, anzi. Sono tante, le star che consigliate dai propri dietisti, sono solite mangiare tale alimento che fornirebbe solo 2 calorie per stelo. Il sedano è una pianta erbacea tipica delle zone mediterranee. Specie officinale già conosciuta dagli antichi greci, è uno degli alimenti esistenti con meno calorie. Proprio per questo gira un leggenda metropolitana secondo cui si spendono più calorie per digerirlo che non quelle assunte dallo stesso. In realtà è un ottimo alimento da integrare nella propria dieta. Mentre in molti crediamo che esiste un solo tipo di sedano, in natura quello maggiormente conosciuto, è solo uno tra i diversi vegetali appartenenti alla stessa specie. Perché oltre al classico sedano a coste verde, vi è anche quello bianco. Ma esistono anche il sedano rapa e il sedano da foglie. Ma venendo ai benefici di questo ortaggio essi sono molteplici per il suo particolare contenuto di sostanze benefiche. Innanzitutto, dev'essere specificato che è ricco di antiossidanti, di vitamina A e C, di potassio, di ferro e di folati. Ma non solo. E poi tantissime fibre e acqua, che contribuiscono in modo significativo a depurare l'organismo. Ottimo per chi soffre di ritenzione idrica, è di grande aiuto anche nel prevenire la formazione di calcoli renali. Il suo contenuto di prebiotici tiene a bada i gonfiori. In ultimo il dato del palato: grazie alla sua croccantezza, dà soddisfazione fisica e psichica. C'è poi chi sostiene che aiuti a dormire meglio. Questo grazie alla presenza di vitamine, sali minerali e sostanze nutritive in esso contenuti. Unica pecca, chi soffre di allergie alimentari deve stare attento. Questo a causa di alcune proteine allergizzanti. Diverse le star di fama internazionale che hanno fatto "outing" elogiando le qualità e facendone elemento immancabile per la propria dieta. Rosie Huntington-Whiteley ne fa largo uso in forma liquida, come spremute e zuppe. La cantante Katy Perry esige gambi di sedano verde, lattuga e gamberetti in almeno uno dei suoi 5 mini pasti giornalieri. Questo, almeno, ogni volta che decide di perdere peso. Alcune voci sostengono che l'ereditiera Kim Kardashian ne facesse largo uso mentre era incinta, insieme a pompelmo e carote. Fan sfegatata del sedano è anche l'attrice Gwyneth Paltrow. Persino lo chef di Jennifer Aniston è convinto che la forma fisica dell'attrice sia dovuta al sedano. Ma riviste gossippare hanno esplicitato che tale alimento venga consumato anche da Charlize Theron, Denise Richards e Fergie e tanti altri. É ovvio, spiega Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, che il sedano non sia l'unico responsabile della forma fisica delle varie star, ma unito ad altri cibi è sicuramente un valido aiuto. Oltre ciò, va ricordato che è possibile consumare l'ortaggio in svariati modi. Ottimo crudo come snack, in insalata o accompagnato da formaggi freschi. Ma anche cotto in zuppe, risotti e altre pietanze. Insomma, una vera e propria pianta della salute.

ECDC: la riemersione della polio nell'UE può essere prevenuta

La recente rilevazione del virus polio tipo 1 (WPV1) in acque luride e in portatori asintomatici in Israele solleva nuovi interrogativi sul rischio potenziale di un ritorno e il ristabilimento del temibile WPV nei paesi UE/SEE. In una nuova valutazione rapida del rischio, l'ECDC, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, conclude che attualmente non esiste la possibilità che il virus della poliomelite possa essere importato e ristabilito in UE/SEE. Tuttavia, sulla base delle limitate informazioni su sistemi di sorveglianza esistenti, c'è un rischio che la circolazione di poliovirus potrà restare inosservato se sarà introdotto. Il più alto livello di rischio è rappresentato dalla vicinanza e dallo spostamento di gruppi di popolazioni o non vaccinate o sotto-vaccinate, rispetto a grandi popolazioni vaccinate con vaccino antipolio inattivato (IPV). Scarse condizioni di igiene possono anche svolgere un ruolo nel facilitare la diffusione dell'infezione. I livelli di copertura di vaccinazione in UE possono essere considerati soddisfacenti e possono spiegare l'assenza di circolazione del WPV nella Nostra macroregione finora. Tuttavia, ci sono anche sacche di popolazione che sono non vaccinati o sotto-vaccinati che sono a maggiore rischio di infezione e malattia. Si stima che 12 milioni di persone nell'UE sotto l'età di 29 anni non sono stati vaccinati o hanno completato il calendario di vaccinazione raccomandata nazionale contro la polio. I gruppi non vaccinati devono essere identificati con azioni mirate per aumentare la copertura della vaccinazione in queste popolazioni e devono essere effettuate con urgenza. La valutazione dell’ECDC ha rilevato che se il WPV è riuscito a riemergere in Israele, con un sistema sanitario paragonabile a gran parte della copertura di vaccinazione UE e polio, allora dobbiamo accettare che c'è il rischio che potrebbe riemergere in UE/SEE. Il modo per evitare che questo accada non è facile, ma è noto: prevenire; rilevare; rispondere. Ulteriori sforzi devono essere fatti per avere almeno una media nazionale del tasso di copertura del 90% vaccinazione e i non vaccinati e i sotto vaccinati devono essere identificati e mirati. I sistemi di sorveglianza devono essere a posto e lavorare bene per rilevare virus polio immediatamente. E infine, gli Stati membri devono avere piani di intervento nazionale in atto in caso di epidemia. Che poi è ciò che hanno fatto le autorità di sanità pubblica israeliana per prevenire la diffusione del poliovirus, come ha correttamente rilevato il direttore dell'ECDC, dottor Marc Sprenger. Valutazione del rischio Nel caso in cui il WPV venga reintrodotto possono essere adottate le seguenti conclusioni: • I soggetti con OPV è molto improbabile che si infettino e che successivamente sviluppino la malattia; • C'è un rischio moderato che quelli con un solo vaccino IPV siano infettati con il virus della poliomielite e un basso rischio di sviluppare la malattia; • Individui non vaccinati o sotto-vaccinati sono ad alto rischio di infezione da poliovirus e sono a rischio moderato di sviluppare la malattia Gli esseri umani sono l'unico vettore per il virus della polio, così i viaggi tra paesi UE/SEE e paesi in cui circola il WPV potranno determinare in gran parte il rischio che il virus sia importati nella UE/SEE. L’Europa è stata continuamente a rischio dopo che fu dichiarata libera dalla polio nel 2002, in conseguenza dei significativi flussi di popolazione da e per i sei paesi con focolai di polio segnalati e Israele. Gli ultimi dati dell’apparato di sorveglianza suggeriscono che non c'è stata alcuna circolazione di WPV o virus polio vaccino-derivato nella regione europea dell'OMS nel 2012, confermando il suo status di libero dalla polio, come determinato dalla certificazione regionale della Commissione europea per la eradicazione della poliomielite (RCC). Tuttavia, per Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” alla luce di quanto sostenuto dalla massima istituzione europea in tema di prevenzione e controllo delle malattie e dei focolai nei paesi limitrofi, i sistemi di sorveglianza devono essere rafforzati negli Stati membri per consentire il rilevamento tempestivo del temibile virus della polio.

sabato 28 settembre 2013

Allerta alimentare: Auchan lancia l’avviso on line sul suo sito che Parmalat ritira lo yogurt KYR alla fragola in vasetto di vetro

Allerta alimentare: Auchan lancia l’avviso on line sul suo sito che Parmalat ritira lo yogurt KYR alla fragola in vasetto di vetro. Il richiamo riguarda solo la Sicilia. Richiamato lo yogurt alla fragola Parmalat della linea KYR in vasetto di vetro, per la possibile presenza di corpi estranei. Lo yogurt ritirato in Sicilia è il KYR gusto fragola, confezione da 2 vasetti in vetro ciascuna da 125 grammi, scadenza 04/10/2013. Nessun problema per gli altri vasetti. Il ritiro riguarda esclusivamente i lotti venduti in Sicilia. L’allerta è stata ripresa anche dal sito della catena di supermercati Auchan che ha rilanciato la notizia in rete e avvisato i clienti attraverso dei cartelli nei punti vendita. Parmalat invita a non consumarlo e a contattare il numero verde (800 848 020) messo a disposizione. L’allerta riguarda, rileva Giovanni D'Agata, presidente e fondatore dello “Sportello dei Diritti” solo questo tipo di yogurt in vasetto di vetro. Tutti gli altri prodotti Parmalat presenti sugli scaffali si possono consumare tranquillamente. Non è dato sapere quali altre catene di supermercati sono interessate in quanto purtroppo Parmalat non ha voluto diffondere la lista dei supermercati che hanno venduto i vasetti di yogurt.

"K2" o "Spice" cannabis sintetica

"K2" o "Spice" cannabis sintetica L’industria delle droghe non conosce soste ed ha fantasia da vendere. Questa volta Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” segnala l’ultima delle pericolose trovate al fine di consentire preventivamente gli adeguati interventi delle autorità di pubblica sicurezza. Si tratta di una nuova cannabis sintetica denominata "K2" o "Spice" (spezia), utilizzata mediante un preparato da spruzzare a base di erbe naturali e sostanze chimiche al fine di provocare effetti simili a quelli della cannabis. La notizia arriva dal Nord America ed in particolare dal Canada dove si sta monitorando la situazione per verificare la diffusione di tale tipo di droga sintetica. Secondo l’Agenzia per la Salute del Canada, le droghe sintetiche sono una vasta gamma di sostanze utilizzate in ambito ricreazionale a causa dei loro effetti psicoattivi. Nel mese di maggio e luglio, lo stesso ente ha messo in guardia la popolazione contro il consumo di droghe sintetiche. L'agenzia federale ha ripetuto anche che queste sostanze possono causare mal di testa, confusione, cambiamenti di umore, nausea, ansia, allucinazioni, convulsioni, episodi psicotici, dipendenza e anche la morte. La diffusione che riescono ad avere questo tipo di sostanze psicotrope è determinata dalla relativa facilità di commercializzazione che spesso le fa sfuggire ai controlli delle polizie di frontiera e alle autorità di pubblica sicurezza anche perché il mercato produce sempre nuovi “prodotti”. L’ultima trovata della cannabis sintetica, se non adeguatamente prevenuta anche in Italia ed in Europa potrebbe trovare ampia diffusione specie fra il pubblico dei più giovani incuriositi dal provare nuove sostanze. Per tali ragioni, lo “Sportello dei Diritti” nell’ottica di prevenzione in cui si è sempre posta l’associazione, si rivolge alle autorità nazionali ed europee al fine di evitare che questa nuova droga si diffonda anche tra la nostra popolazione.

Sicurezza del cibo: inquietante boom di intossicazioni alimentari.

Sicurezza del cibo: inquietante boom di intossicazioni alimentari. I casi di intossicazione sono cinque volte più numerosi che nel 2010. Italia seconda in Europa per intossicazioni alimentari. Ogni anno in Italia vengono acclarati ben 23.000 casi di salmonellosi, pari a 41,3 ogni 100.000 abitanti. E il Nostro Paese secondo le statistiche europee occuperebbe il secondo posto nella classifica del numero di intossicazioni alimentari registrate. I sette principali patogeni che si ritrovano nei prodotti di origine animale (Campylobacter jejunì, Clostridium perfrigens, E. coli 0157:H7, Listeria monocytogenes, Salmonella, Staphylococcus aureus, Toxoplasma gondii) sono responsabili annualmente da 3,3 fino a 12,3 milioni di casi di intossicazioni alimentari, con 3.900 decessi ed un costo stimato da 6,5 a 34 miliardi di dollari (spese sanitarie + mancata produttività lavorativa del malato) nel mondo. Tali cifre dimostrano che l'incidenza delle malattie trasmesse da alimenti è in costante ascesa in tutti i paesi industrializzati. Tale pericolosa tendenza è ascrivibile in gran parte alle modifiche dello stile di vita e delle scelte alimentari di noi consumatori. Le mutate abitudini lavorative (e di studio) hanno indotto un aumento del numero dei pasti consumati fuori casa, che negli Stati Uniti sono ritenuti responsabili dell'80% degli episodi delle intossicazioni segnalati. Questo fenomeno ha condizionato anche un incremento del numero dei punti di ristoro (bar, chioschi) in aggiunta ai ristoranti e alle mense preesistenti, con le conseguenti difficoltà ad effettuare un efficace controllo sanitario. La ridotta disponibilità di tempo nelle famiglie, dove spesso lavora anche la madre, ha ridotto drasticamente la propensione alla preparazione del cibo casalingo, con una progressiva perdita di competenze specifiche nella confezione e conservazione degli alimenti e un ricorso sempre più frequente all'acquisto di pasti pronti, che richiedono particolari cautele (consumo immediato o immediata refrigerazione). Inoltre l'assenza di entrambi i genitori da casa costringe sempre più spesso i minori (i cui genitori non posseggono più l'esperienza per fornire una sufficiente dote di nozioni pratiche) a preparare essi stessi il pasto, con modalità non sempre igienicamente corrette (i.e. inadeguato riscaldamento, contaminazione di cibi cotti con cibi crudi). Anche le nuove preferenze alimentari dei consumatori possono giocare un ruolo non secondario. La ricerca di gusti nuovi (per esempio i frutti «esotici») e la perdita della nozione di stagionalità di frutta e verdura comportano l'importazione di questi prodotti da paesi lontani, con la concreta possibilità di trasporto anche degli agenti infettivi non usuali o “autoctoni”. Va segnalato poi il diffondersi nella popolazione di regimi dietetici volti alla prevenzione delle malattie cardiovascolari, che prevedono l'uso di vegetali crudi e potenzialmente infetti. L'incremento dei casi di intossicazione alimentare è anche dovuto all'estendersi della fascia di soggetti a rischio (anziani, bambini, ìmmunodepressi) ed a fattori che concernono le diverse fasi di produzione (per esempio i metodi intensivi di allevamento del pollame) e lavorazione degli alimenti: a tal proposito un problema di rilievo può essere costituito dalla bassa specializzazione del personale addetto alla confezione degli alimenti e del suo rapido turn­over, che non consente di ottenere una corretta formazione igienico-sanitaria. Infine, permane purtroppo in gran parte della popolazione una scarsa propensione al rispetto delle più elementari norme igieniche per la prevenzione delle malattie a trasmissione oro-fecale. Basti pensare che in un recente studio dell'American Society for Microbiology è emerso che il 21,3 % del campione studiato (6.330 adulti) non si lavavano le mani dopo aver usufruito dei servizi igienici. Le intossicazioni alimentari rappresentano anche nel 2013 la principale causa di MTA (malattie trasmesse dagli alimenti) (58%), seguite dagli avvelenamenti da funghi (27%), dall’intossicazioni da istamina (7%) e da tossina botulinica (7%). Gli agenti causali maggiormente rappresentati, dopo le tossine fungine, sono risultati: Salmonella spp., Stafilococcus aureus, Istamina e Cl. Botulinum. Gli alimenti identificati come sospetti nello sviluppo dei focolai di tossinfezione alimentare sono stati i prodotti della pesca (24%) e i prodotti carnei (19%) con dati congrui alle analisi condotte su matrice alimentare che evidenziano le positività maggiori per i due alimenti sopra-citati. Incongruente risulta invece il dato relativo agli alimenti a base di uova, identificati come sospetti nel 13% delle indagini epidemiologiche in corso di MTA e raramente riscontrati positivi per patogeni nei controlli routinari sulle matrici alimentari (0/27). Tra l’altro anche alla luce dei risultati delle tipizzazioni di Salmonella spp. che confermano il trend di una prevalenza di S. typhimurium e della nuova variante monofasica 4,5,12:i e della quasi scomparsa di S. enteritidis, è possibile che le indagini epidemiologiche siano influenzate da pregiudizi radicati tra i sanitari che hanno il primo contatto con il paziente e che vedono la Salmonella collegata al consumo di uova. Le matrici di origine vegetali sono identificate come sospette nel 6% delle MTA, contro un 0.5% di positività nelle indagini su matrici alimentari (1/190). Nella maggior parte dei casi gli episodi di MTA si verificano presso l’abitazione privata (52%) o nella ristorazione pubblica (33%) dove spesso i fattori comportamentali (scorretto mantenimento della temperatura e contaminazione crociata) sono frequentemente identificati come fattori causali. Per Giovanni D'Agata, presidente e fondatore dello “Sportello dei Diritti” al di là del necessario e obbligatorio rispetto delle normative e delle regole da parte dell’industria alimentare, è indubbio che una adeguata informazione/formazione indirizzata ai consumatori o agli operatori di alcune tipologie di attività a maggiore rischio determini una più consapevole assunzione di comportamenti corretti ed una migliore gestione dei rischi legati alla manipolazione di alimenti. Occorre quindi ripetere sino allo stress che per proteggere la propria salute, bisogna rispettare delle buone pratiche di acquisto, conservazione e preparazione dei cibi tenendo presente che anche le scatolette o altri tipi di conserve a base di latte, pesce o carne, una volta aperte, devono essere tenute in frigorifero e consumate nel più breve termine e comunque entro 3 giorni dal primo consumo.

venerdì 27 settembre 2013

Toyota richiama 700.000 minivan. Lo "Sportello dei Diritti" chiede se il difetto riguardi tutte le minivan

La casa automobilistica giapponese Toyota ha ordinato in Nord America il ritiro di circa 700.000 minivan dal mercato.. Il motivo dichiarato: il pomello del cambio automatico modello Sienna crea problemi. Esso può saltare fuori dalla posizione di "fermo", come previsto senza che il pedale del freno venga premuto. La vettura può rimettersi in marcia senza conducente da sola a causa di questo problema. Negli Stati Uniti, il richiamo riguarda un totale di 615 000 Sienna dei modelli anni 2004, 2005 e 2007-2009. In Canada, sono 56 000. La Toyota Sienna è una delle monovolume più popolari in Nord America. Tre anni fa, la Toyota ha dovuto richiamare 870.000 auto a causa di problemi di corrosione. Ancora una volta lo “Sportello dei Diritti” che, come é noto, é impegnato anche in una costante attività di monitoraggio internazionale sulle questioni che riguardano la tutela dei consumatori, chiede a Toyota per il tramite del presidente e fondatore, Giovanni D'Agata, se il difetto rilevato in America sia circoscritto alle autovetture prodotte nel paese statunitense o se riguardi genericamente il modello " minivan " e se in caso affermativo di provvedere immediatamente alla sostituzione della componente anche per quelle circolanti in Europa.

Facebook da oggi ha reso modificabili i post pubblicati

Gli utenti on-line della rete di Facebook possono correggere da oggi i post pubblicati che d’ora in poi potranno essere modificati anche dopo la loro divulgazione. L’opzione per la modifica era attesa da tempo dagli iscritti al social network: fino a ora se c’era qualcosa di sbagliato nel proprio post era necessario cancellarlo e rifarlo daccapo. La funzione è già disponibile sul sito web e in app Android. Presto sarà accessibile sul sistema operativo iPhone iOS. Per accedere alla funzione “Modifica” si clicca sulla freccia rivolta verso il basso che compare quando si passa il puntatore del mouse su un post. Dopo avere selezionato l’opzione, si apre un campo di testo dal quale è possibile cambiare il post e infine salvarlo. Fino a ora Facebook , rileva Giovanni D'Agata, presidente e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, non aveva messo a disposizione questa opzione perché c’era il timore che potesse essere usata impropriamente, magari per cambiare il contenuto del proprio post dopo avere ricevuto “Mi piace” e commenti e dire una cosa diversa da quella commentata e condivisa dai propri amici. Per evitare questo problema, sui post modificati compare la scritta “Modificato” al fianco dell’orario di pubblicazione. Inoltre, cliccando sulla scritta si apre una cronologia con l’elenco delle modifiche apportate al post. Google+, il social network di Google, usa da tempo una soluzione simile.

giovedì 26 settembre 2013

“Scacco matto” nei confronti di Equitalia. È “inesistente” la cartella di pagamento inviata direttamente a mezzo posta

“Scacco matto” nei confronti di Equitalia. È “inesistente” la cartella di pagamento inviata direttamente a mezzo posta. La Commissione Regionale Tributaria di Lecce ribadisce che solo i soggetti abilitati ai sensi di legge possono procedere alla notificazione Lo possiamo dire a gran voce perché si tratta di un vero e proprio “scacco matto” nei confronti di Equitalia, l’esito dell’importante ed interessante sentenza n. 212/23/13, depositata il 18 settembre scorso, della Commissione Tributaria Regionale di Bari – Sez. 23 – Sezione Staccata di Lecce (Presidente Gennaro Labbate, relatore Marcello Marcuccio, giudice Brizio Del Sole) che, in sede di appello, ha accolto le eccezioni formulate da un contribuente difeso dall’avvocato Maurizio Villani ed ha totalmente annullato la cartella esattoriale notificata da Equitalia S.p.a. per posta. Infatti, i giudici tributari chiamati a giudicare sulla sentenza di primo grado che aveva visto soccombere le ragioni del contribuente, pur rilevando che la deduzione circa l’inesistenza della cartella esattoriale è stata effettuata solo in secondo grado e quindi costituirebbe domanda nuova, poiché si tratta per l’appunto d’”inesistenza”, può essere rilevata d’ufficio in qualsiasi stato e grado del processo ed hanno così stabilito correttamente che, ai sensi dell’art. 26 del D.P.R. n. 602/73, Equitalia S.p.a. non può notificare le cartelle esattoriali direttamente per posta, ma solo attraverso soggetti tassativamente previsti dalla norma. Si legge nella sentenza che “è di tutta evidenza che il legislatore con la norma richiamata indica espressamente le persone abilitate a procedere alla notificazione della cartella esattoriale che non possono che essere gli “Ufficiali addetti alla riscossione o altri soggetti abilitati dal concessionario”. Solo e soltanto costoro possono avvalersi della notificazione a mezzo posta. Ogni diversa interpretazione viola il disposto della citata norma”. Ma v’è di più. Ricordano i giudici “che in tema di notifica di atti che incidono sulla sfera patrimoniale del cittadino le norme che dettano rigorose e tassative prescrizioni finalizzate a garantire il risultato del ricevimento dell’atto da parte del destinatario ed attribuire certezza all’esito del procedimento notificatorio, non consentono altra interpretazione se non quella letterale”. La corte ha quindi accolto l’appello proposto dal contribuente e in riforma della sentenza di primo grado ha dichiarato l’inesistenza della notificazione della cartella. Per Giovanni D'Agata, presidente e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, trattandosi di una delle prime decisioni in materia effettuate da una Commissione Tributaria Regionale e quindi in secondo grado, di conseguenza, molte cartelle esattoriali relative ad una miriade di tributi, multe e sanzioni, dovrebbero essere totalmente annullate per inesistenza della notifica se notificate da Equitalia direttamente per posta.

La “caffeina” sarebbe dannosa per gli adolescenti

La “caffeina” sarebbe dannosa per gli adolescenti. Uno studio svizzero dice che la sostanza rallenterebbe il processo di maturazione del cervello Bere caffè sin da piccoli farebbe male. Perché secondo uno studio svizzero da parte di un’equipe di ricercatori di Zurigo, il consumo di caffeina fra i bambini e gli adolescenti rallenterebbe il processo di maturazione del cervello. La ragione di tale tesi sarebbe riposta nel fatto che la sostanza - presente fra l’altro in grande quantità anche nelle bibite energetiche o all’inglese “energy drink” molto apprezzate dai più giovani - riduce le fasi di sonno profondo, momento in cui vi è il maggiore sviluppo cerebrale. Lo studio effettuato su topi da laboratorio avrebbe verificato che quelli cui è stata somministrata caffeina rispetto agli altri a cui è stata data solo dell'acqua, sarebbero più "timidi e prudenti" quando solitamente si distinguono per la loro curiosità. Pur non entrando troppo nel merito dell’esito della ricerca, per Giovanni D'Agata, presidente e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, rileva come la stessa confermi comunque ciò che empiricamente un po’ tutti conoscevamo: ossia che il consumo di caffeina tra i giovani, specie in eccesso, dev’essere in ogni caso evitato.

L’UE vuole l’accesso ad Internet veloce in ogni classe entro il 2020

L’UE vuole l’accesso ad Internet veloce in ogni classe entro il 2020. Sogno o concreta possibilità anche in Italia? La Commissione Europea, per bocca del commissario europeo per l’Agenda Digitale, Neelie Kroes, vuole che l'Unione europea doti tutte le scuole di computer moderni e che consentano un rapido accesso a Internet. Per il membro dell’istituzione europea entro il 2020, tutte le aule dovranno essere “digitali”. Una dichiarazione resa a Bruxelles mercoledì che trova conferma nel fatto che la Commissione ha lanciato un'iniziativa che sarà finanziata da diversi fondi dell'UE. Non solo, quindi, migliori attrezzature per le scuole, ma anche una specifica formazione degli insegnanti e l'accesso gratuito a programmi di apprendimento on-line. Per Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” si tratta di un’importante notizia che ci fa sperare che anche in Italia possa essere attuata un’opera fondamentale di digitalizzazione che consenta di connettere al resto del mondo attraverso la rete anche la Nostra scuola e quindi i Nostri ragazzi che in molti casi anche per la crisi e per l’effetto di quel “digital divide” di cui da anni parliamo non hanno accesso alla rete o lo hanno in maniera molto limitata. Peraltro, la possibilità di utilizzare programmi per l’apprendimento e libri on line o digitalizzati, potrà abbattere notevolmente i costi a carico delle famiglie pesantemente colpite dall’altro annoso e non meno importante problema del “caro libri”.

mercoledì 25 settembre 2013

Risponde del reato di cui alla legge Mancino chi indossa alla manifestazione sportiva la t-shirt con l’immagine del Duce

Risponde del reato di cui alla legge Mancino chi indossa alla manifestazione sportiva la t-shirt con l’immagine del Duce e riproducente scritte proprie dell’ideologia fascista. Condannato ad un’ammenda il giovane con la maglietta di Mussolini alla gara di hockey poiché la fattispecie sussiste per il solo uso dei simboli del regime anche senza adesione ai gruppi nazionalisti Esemplare punizione per i “nostalgici” del fascismo e non poteva essere altrimenti se si vuole perseverare nella tutela dei valori della costituzione antifascista che devono essere sempre vivi e applicati dalla magistratura quando c’è chi continua ad inneggiare all’odio fascista e nazista violando apertamente quel sistema ideale che è uno dei punti fermi della Nostra Carta. Arriva con una significativa sentenza la conferma della condanna per il reato di cui all’articolo 2 comma secondo d.l. 26 aprile 1993 n. 122 con modifiche in legge 25 giugno 1993 n. 205, nota come legge Mancino, per il giovane tifoso che mentre assiste ad un evento sportivo indossa una maglia con l’immagine del Duce e riproducente scritte proprie dell’ideologia fascista. Ed ha l’autorevolezza del precedente di legittimità, rileva Giovanni D'Agata, presidente e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, in quanto la decisione in questione viene dalla prima sezione penale della Cassazione che con la sentenza 39860/13, pubblicata in data odierna ha confermato per l’appunto la condanna, per violazione della legge Mancino, alla pena pecuniaria di 2.280 euro di ammenda che aveva commutato quella precedente a due mesi di arresto inflitta dalla Corte d’Appello di Bolzano a un giovane che aveva indossato una t-shirt con i simboli di organizzazioni nazionaliste durante una gara di hockey. A nulla è valso il ricorso della difesa secondo cui «indossare una maglietta o altro capo di abbigliamento richiamante motti, scritte o simbologia del partito fascista non può in sé integrare le fattispecie di reato previste dalla legge». Né è rilevante l’assunto per il quale il giovane sosteneva che «non aveva alcuna intenzione di discriminare ed offendere l’altrui dignità». Sul punto gli ermellini sono duri nel rilevare che «il reato all’art 2 comma secondo d.l. 26 aprile 1993 n. 122, con modif in legge 25 giugno 1993 n. 205 sussiste per il solo fatto che taluno acceda ai luoghi di svolgimento di manifestazioni agonistiche recando con sé emblemi o simboli di associazioni o gruppi razzisti e simili, nulla rilevando che a tali gruppi o associazioni egli non sia iscritto»; in tal senso, infatti, non si può non tenere conto anche del luogo di consumazione del fatto e dell’occasione in cui è stata posta in essere la condotta. Ed in più: «L’essersi presentato esibendo la maglietta con le scritte e i simboli inneggianti al regime fascista ed ai valori dell’ideologia fascista nel contesto dello specifico incontro sportivo di hockey svoltosi in Alto Adige, notoriamente caratterizzato da contrasti delle opposte tifoserie, integra la condotta di uso di simboli propri delle organizzazioni nazionaliste ed i comportamenti vietati e sanzionati dalla legge»

Arriva la prima transazione per le obbligazioni “Cirio” . La Mediazione Civile da i primi effetti in difesa dei consumatori e risparmiatori.

La Mediazione Civile da i primi effetti in difesa dei consumatori e risparmiatori. Arriva la prima transazione per le obbligazioni “Cirio” Era uscita dalla porta ed è rientrata dalla finestra del “Decreto del Fare” ritornando ad essere obbligatoria per gran parte delle questioni civili che riguardano i consumatori ed i risparmiatori tra cui i contratti bancari o finanziari e pare stia dando i suoi buoni frutti, consentendo la possibilità di inutili, gravosi e lunghi contenziosi ove sia possibile addivenire ad un accordo tra le parti. Si tratta della procedura nota come “Mediazione Civile”, che dal 20 settembre scorso con la legge di conversione del citato decreto, dovrà essere espletata ogni qual volta si debba azionare un diritto disponibile a pena d’improcedibilità della domanda. Ed è così che Giovanni D'Agata, presidente e fondatore dello “Sportello dei Diritti” segnala il primo importante accordo avvenuto in mediazione per una questione che riguarda l’annosa vicenda dei titoli “Cirio”, oggetto di numerosi precedenti giurisprudenziali in materia di tutela del risparmio e di responsabilità degli istituti bancari e degli intermediari finanziari. Nel caso di specie è da segnalare l’accordo raggiunto lo scorso 24 settembre tra due “piccoli” risparmiatori difesi dagli avvocati Francesco Toto, Francesco D’Agata e Manuela Guadalupi e una primaria banca italiana difesa dal proprio procuratore che ha assistito alla procedura in videoconferenza. Conciliazione avvenuta in Lecce presso l’Organismo accreditato presso il Ministero di Giustizia “Centro Nazionale di Mediazione e Conciliazione - Aprile Group s.r.l.” che ha evitato l’insorgere di una controversia giudiziale dai tempi indefinibili alla luce delle lungaggini dei processi italiani e consentendo piena soddisfazione per i risparmiatori che hanno visto affermate le proprie ragioni stante la costante giurisprudenza che in materia di obbligazioni o bond “Cirio” ha riconosciuto, com’è noto, la responsabilità professionale degli istituti bancari e degli intermediari finanziari presso cui erano stati negoziati i titoli. In seguito a tale importante risultato, già numerosi risparmiatori hanno avviato la procedura di mediazione per addivenire ad analoghe conclusioni. Per ogni informazione utile in merito è possibile contattare la casella di posta elettronica info@sportellodeidiritti.org o al numero 349/7584326.

martedì 24 settembre 2013

Accertamento ai fini Iva e relative sanzioni, l’Agenzia delle Entrate può decadere da tale potere se non rispetta i tempi

L’Agenzia delle Entrate decade dal potere di accertamento ai fini IVA nonché da quello d’irrogare le relative sanzioni se non esercita l’azione entro tre anni dalla registrazione dell’atto del conferimento di azienda. Amministrazione condannata anche alle spese processuali dalla Commissione Tributaria Provinciale di Lecce L’Agenzia delle Entrate decade dal potere di accertamento ai fini IVA nonché da quello d’irrogare le relative sanzioni se non esercita l’azione entro tre anni dalla registrazione dell’atto del conferimento di azienda. È questo il principio espresso dalla sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Lecce n. 415/5/2013, pronunciata il 24 aprile 2013 e depositata il 20 settembre 2013, che Giovanni D'Agata, presidente e fondatore dello “Sportello dei Diritti” ritiene utile portare all’attenzione dei contribuenti, con la quale i giudici tributari hanno accolto totalmente il ricorso predisposto dall’avvocato Maurizio Villani per la società Punta Grossa S.r.l., condannando altresì l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese processuali. La vicenda ha ad oggetto la riqualificazione da parte dell’Ufficio, mediante atto di contestazione, del conferimento effettuato dalla F.G.C.I Srl nei confronti della Punta Grossa Srl. In particolare, l’Ufficio, ritenendo nel caso di specie trattarsi non già di un conferimento d’azienda, bensì di un conferimento di beni immobili, ai sensi dell’art. 6, comma 8, D.Lgs. n. 471/1997, irrogava nei confronti della Punta Grossa Srl la sanzione per omessa fatturazione ai fini Iva pari ad € 1.308.384,00. Ebbene, i giudici di merito hanno accolto totalmente l’eccezione sollevata nel ricorso e relativa alla decadenza dell’ufficio dal potere di accertamento ai fini Iva nonché dal potere di irrogazione delle sanzioni, in quanto secondo il disposto dell’art. 76 D.P.R. 131/1986 l’azione dell’ufficio è consentita solo se esercitata entro tre anni dalla data di registrazione dell’atto, mentre nel caso di specie erano decorsi ben cinque anni.

Lo “Sportello dei Diritti” su “Mi manda Raitre”

Domani mattina 25 settembre, a partire dalle ore 10,00, il Portavoce Nazionale dello “Sportello dei Diritti”, Avv. Francesco D’Agata, parteciperà alla trasmissione “Mi manda Raitre” in onda in diretta su Rai 3

Liti e controversie tra condomini. Risponde di molestie il vicino che cova rancore e che lava le scale condominiali con il detersivo che causa allergia all’altro condomino

Liti e controversie tra condomini. Risponde di molestie il vicino che cova rancore e che lava le scale condominiali con il detersivo che causa allergia all’altro condomino. Condannata la signora dispettosa ad un’ammenda, alle spese processuali e mille euro alla cassa delle ammende: risultano «biasimevoli» i motivi di chi si vendica per una vecchia lite usando sostanze irritanti Dispetti frequenti nei condomini italiani che possono costare una condanna penale come per esempio il “vizio” di pulire il pianerottolo e la parte di scale dell’edificio di pertinenza con detersivi che causano allergia alla vicina, specie se ciò è fatto per vendicarsi di vecchi rancori risalenti a una lite arrivata in tribunale. Ed è così che la Cassazione penale con la sentenza 39197/13 pubblicata in data odierna, relativamente ad un accadimento curioso ma frequente, ha condannato all’ammenda di 100 euro, oltre al pagamento di mille euro alla cassa delle ammende e delle spese processuali alla parte civile. I giudici della prima sezione penale della Suprema Corte nel dichiarare inammissibile il ricorso presentato dalla vicina con la mania delle pulizie hanno ritenuto sussistenti i «biasimevoli motivi» stabiliti dall’articolo 660 del codice penale: i detersivi usati risultano insopportabili per la vicina, tanto da causarle reazioni allergiche nonostante fosse stato richiesto di utilizzare prodotti meno irritanti, tanto che due testimoni della parte civile avevano confermato tale richiesta. A nulla vale il tentativo di tirare in ballo l’impresa di pulizia poiché il vizio di lavare il pianerottolo non è altro che un dispetto per dar fastidio alla vicina: circostanza confermata dal rancore dovuto a una serie di liti condominiali sfociate finite nelle aule di tribunale. Per Giovanni D'Agata, presidente e fondatore dello “Sportello dei Diritti” la decisione in questione conferma che quello che appare come un dispetto a volte può causare conseguenze ben più importanti sia per chi lo subisce ma anche per chi lo compie.

lunedì 23 settembre 2013

Escalation di furti di medicinali dalle farmacie degli ospedali italiani. Allerta per i pazienti

Basta ripercorrere con occhi non particolarmente attenti le cronache locali e nazionali degli ultimi mesi anche attraverso un semplice screening su qualsiasi motori di ricerca web, per rendersi conto di quale sia un’ulteriore prova degli effeti della crisi sul Paese che connesso a quello degli sprechi perenni e mai completamente rimossi, fotografa compiutamente quello che è lo stato della sanità italiana. Lo “Sportello dei Diritti” in tal senso denuncia l’incessante susseguirsi di furti di farmaci dalle farmacie ospedaliere di molti nosocomi e cliniche. Sarebbe questo, secondo quanto sta emergendo da alcuni indagini, un nuovo business individuato dalla criminalità organizzata: rubare farmaci su tutti i costosissimi anti-tumorali, da poter rivendere in Stati stranieri dove non sono forniti gratuitamente ai malati. A far propendere per queste piste sarebbe la circostanza che i ladri agirebbero su commissione alla ricerca di determinati tipi di medicinali. Solo per fare qualche esempio , i farmaci anti-tumorali, in particolare per le patologie a carico di seno e prostata, ma anche quelli per la cura della Sla e di malattie di minore gravità, sarebbero ricercatissimi soprattutto nell’Est Europa. In particolare in Bielorussia, Ucraina, Moldavia, Romania, Albania, dove i servizi sanitari non li passano ai malati e dove, soprattutto nelle repubbliche ex Sovietiche, ci sono grandi disponibilità economiche. Altri sbocchi sono Gran Bretagna e Germania. Ad essere particolarmente colpite sono, guarda caso, soprattutto le regioni meridionali ove tradizionalmente affondano le proprie radici storiche le organizzazioni criminali più note. Fatti simili sono stati segnalati al Policlinico e all’Ospedale San Paolo di Bari e nella farmacia dell'ospedale Perrino di Brindisi, a Caserta, a Lecce e in altri centri della Calabria, della Puglia, Sicilia, Campania, Abruzzo e Lazio ma nessuna regione è immune. E sempre per la cronaca, i medicinali fatti sparire sono quelli per il trattamento del cancro, reumatoide, della psoriasi e del Morbo di Crohn. Come se i ladrocini fossero commissionati da qualcuno che sa bene a che cosa puntare. In molti casi si tratta di farmaci che hanno un grande valore sul mercato e che rappresentano le cure più innovative per tanti pazienti. Alcuni hanno fatto delle stime e hanno rilevato che tra il 2012 e l’inizio di quest’anno sono stati undici i colpi più importanti messi a segno negli ospedali italiani, per un bottino complessivo di oltre 15 milioni di euro ma non si contano, però i piccoli furti, quelli che il giono dopo fanno sparire dai nostri centri di cura migliaia di confezioni di medicinali. . Il fatto più clamoroso rimane al momento il ladrocinio perpetrato al Policlinico di Borgo Roma a Verona dove hanno trafugato 21 tipi di medicinali utilizzati per la cura di artrite reumatoide, sclerosi multipla, emofilia e trattamenti oncologici, farmaci che in alcuni casi hanno costi elevati (duemila euro a fiala) e l'ammontare totale si attesta su oltre un milione e centomila euro. E’ ovvio, spiega Giovanni D'Agata, residente e fondatore dello “Sportello dei Diritti” che se ci sono furti, vuol dire che esiste un mercato parallelo per la vendita dei “bottini”, mercato che ovviamente non può fornire le garanzie e le prescrizioni dovute per gran parte dei farmaci e nella fattispecie quelli particolari di cui si parlava. Giova, quindi, raccomandare ai pazienti: di seguire solo le vie ufficiali per accedere ai farmaci. Nessuna altra forma di approvvigionamento, online o su mercati paralleli, può garantire la necessaria sicurezza, oltre che configurarsi come reato. Infatti, i farmaci rubati, potrebbero essere contraffatti e rimessi in circolazione su mercati paralleli, in Italia o all’estero, come detto,senza le dovute garanzie. Mentre è particolarmente utile richiedere alla ASL ed alle direzioni sanitarie dei nosocomi di amplificare il sistema della sorveglianza e dei controlli per cercare di contrastare tale fenomeno criminale che tanti danni causa al sistema del nostro welfare.

Curiosità e salute. Schiacciare un pisolino potrebbe aumentare il rischio di diabete.

Curiosità e salute. Schiacciare un pisolino potrebbe aumentare il rischio di diabete. Una ricerca cinese smentisce altre che ritenevano salutare la pennichella E noi che pensavamo che una breve siesta oltreché ricaricare le batterie potesse aiutarci a farci stare in salute. A leggere i risultati di una ricerca cinese ci stavamo sbagliando un pò tutti e forse dovremmo ridurre a meno di una mezz'oretta l'abituale pennichella.Gli scienziati dell'Università della Scienza e della Tecnologia di Huazhong hanno infatti scoperto che chi sonnecchia per più di 30 minuti può aumentare il rischio di sviluppare il diabete di tipo due. Lo studio che ha riguardato 27.009 persone di 45 anni, ha rilevato che tra coloro che hanno l'abitudine dei "sonnellini" diurni, il 40 % aveva la pressione alta, rispetto al 33 % che non facevano le sieste. Il 24 % di coloro che si addormentano il pomeriggio aveva il colesterolo alto, contro il 19 % di coloro che rimangono svegli. I risultati sono in contrasto con altri studi recenti che hanno rivelato che i sonnellini possono aumentare la potenza del cervello e ridurre il rischio di infarti e ictus di oltre un terzo. I ricercatori ha fatto sapere che dormire per meno di mezz'ora per un pisolino, o non del tutto, riduce le probabilità di sviluppare il diabete. I ricercatori hanno controllato la salute dei soggetti sottoposti ai test misurando i livelli di zuccheri nel sangue. Alti livelli, infatti, sono un segno di allarme precoce del diabete di tipo due. Hanno anche scoperto che i volontari erano nelle prime fasi della malattia e hanno rilevato che livelli di glucosio erano molto più elevati tra coloro che dormivano di giorno. La risposta starebbe nel fatto che tra i dormiglioni vi é un aumento del rischio di diabete perché fanno meno movimento e le pennichelle potrebbero anche interrompere l'orologio interno del corpo e causare ulteriore stress sugli organi. Dopo aver appreso di questo studio, Giovanni D'Agata, presidente e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, sottolinea come i detti antichi abbiano sempre ragione quando si dice che "in medio stat virtus" perché una breve siesta di qualche minuto per ricaricare le pile certamente non può fare male.

Internet nascosto o “Deep Web”. Dilaga la tendenza di droga, armi, farmaci e ogni prodotto proibito ordinati sul portale on line "Silkroad"

Internet nascosto o “Deep Web”. Dilaga la tendenza di droga, armi, farmaci e ogni prodotto proibito ordinati sul portale on line "Silkroad" (Via della Seta) e che arrivano direttamente a casa. Cosa pensano di fare le autorità italiane ed europee? Lo abbiamo già denunciato, forse tra i primi in Italia, perché sino ad ora se n’era parlato, ma senza alcuna grande preoccupazione da parte delle autorità. Perché esiste uno spazio oscuro nella rete, il cosiddetto “Deep Web” dove è possibile trovare di tutto perché lì è tutto lecito e senza regole. Non è roba da tutti, per carità, ma basta fare qualche piccola ricerca, leggere qualche blog o portale o forum e anche un ragazzino, attraverso qualche applicazione, come la famigerata “Tor”, ha la possibilità di aggirare gli ostacoli di questa navigazione nascosta e immergersi in un mondo virtuale fatto soprattutto d’illegalità e che unisce oggi più che mai la virtualità di internet al mondo reale specie per usi non consentiti dalla legge. Solo per fare un esempio, esiste un portale on line, noto con il nome "Silkroad" (traduzione di “Via della Seta”) che si propone come intermediario tra acquirenti e fornitori di ogni prodotto lecito ma soprattutto illecito. Con questo nuovo modo di commerciare, è consentito ad ogni utente di navigare e con un clic del mouse da casa entrare in contatto con un rivenditore anonimo, senza i rischi di un incontro fisico. Ed ecco così che è possibile acquistare al prezzo che si trova sulle strade, ovviamente quelle della criminalità, ogni tipo di droga, armi, carte di credito anonime o clonate, prodotti elettronici riservati alle forze dell’ordine, materiale contraffatto e/o rubato, farmaci vietati o soggetti a restrizioni. Alla consegna poi ci pensano i canali ufficiali, per esempio ignari spedizionieri o corrieri espressi, inconsapevoli di trasportare droga o altri prodotti proibiti. Secondo quanto apparso sulla stampa elvetica, per esempio su Silk Road attualmente vi sarebbero oltre 12.000 annunci online da tutto il mondo. Se in altri Paesi, come per esempio la Svizzera, la politica e le autorità si stanno interessando al dilagare del fenomeno di questo tipo d’acquisti on line, Giovanni D'Agata, presidente e fondatore dello “Sportello dei Diritti” esprime la più viva preoccupazione perché in Italia non viene proferita parola. È, quindi, quantomai urgente che il governo, l’autorità giudiziaria e le forze di polizia, anche coordinandosi con le altre istituzioni europee data la dimensione ovviamente sopranazionale della questione, pongano immediatamente un argine al fenomeno con tutti i mezzi possibili e quindi anche quelli informatici perché se è vero che il “Deep Web” rappresenta forse l’ultima frontiera inviolabile di una libertà digitale dove chiunque può trovare una miriade di informazioni utili, ma è anche un “territorio” molto pericoloso e terreno fertile per soggetti pericolosi ed organizzazioni criminali.

Nulla la multa col Tutor se l’omologazione dell’apparecchio è richiesta da una società di servizi e non da quella richiedente

Nulla la multa col Tutor se l’omologazione dell’apparecchio è richiesta da una società di servizi e non da quella richiedente Il giudice di pace accoglie il ricorso elevato con il sistema “Vergilius” Un precedente significativo in materia di Tutor, il sistema elettronico che consente il controllo a posteriori della velocità dei veicoli in tratti di strada predeterminati, con la sentenza n. 344/2013 del Giudice di Pace di Pozzuoli che ha esaminato i presupposti autorizzativi per porre in essere rilevando un importante gap nel procedimento di omologazione degli apparecchi. Nel caso di specie è stata evidenziata dal giudice onorario flegreo una carenza del sistema “Vergilius”, per il quale sono stati ritenuti nulli i verbali perché l’omologazione è stata originariamente richiesta da un noto gruppo che poi l’ha girata alla sua società di servizi. Accolta, quindi, l’opposizione a sanziona amministrativa ex articolo 23 della legge 689/81 ed annullata la multa di 212 euro di cui al verbale notificato dalla polizia stradale per l’eccesso di velocità rilevato dal sistema elettronico di rilevamento Sicve (Tutor). Osserva correttamente il giudice che da una certa data in poi alla società che aveva proposto originariamente la richiesta per l’omologazione era subentrata un’altra società nelle attività ed in tutti i rapporti attivi e passivi relativi alla gestione di zone a traffico limitato e ai Sicve. Tale atto di trasferimento non consentito dalla normativa ai fini della validità della richiesta dell’omologazione, rende nulle le sanzioni rilevate in virtù all’articolo 192 del regolamento di attuazione del codice della strada, secondo cui «la omologazione o la approvazione di prototipi è valida solo a nome del richiedente e non è trasmissibile a soggetti diversi». È pur vero che la seconda azienda risulta soltanto un società di servizi del gruppo che originariamente aveva fatto la richiesta, ma costituisce comunque una distinta compagine con organi societari diversi. Ovviamente, evidenzia, Giovanni D’Agata, presidente e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, tale principio rilevato dal giudice di Pace è analogicamente applicabile tutte quelle volte che dalle società specializzate in materia di rilevazioni elettroniche non è rispettato il dettato regolamentare che disciplina puntualmente l’iter autorizzativo o di omologazione degli strumenti. Procedimenti che sono volti alla tutela della correttezza e trasparenza dell’agire amministrativo.

domenica 22 settembre 2013

Scandalo assicurazioni. La denuncia dello “Sportello dei Diritti” violata la privacy di centinaia di migliaia di cittadini con la banca dati sinistri

Scandalo assicurazioni. La denuncia dello “Sportello dei Diritti” violata la privacy di centinaia di migliaia di cittadini con la banca dati sinistri. Intervenga il Garante L’ennesimo scandalo italiano perpetrato a danno d’inconsapevoli cittadini si sta perpetrando da quando è stata ulteriormente implementata la banca dati sinistri dell’IVASS (l’istituto di vigilanza sulle assicurazioni che ha sostituito l’ISVAP) con le due banche dati denominate «anagrafe testimoni» e «anagrafe danneggiati», in cui confluiscono i dati di centinaia di migliaia di persone “colpevoli” per esempio, di aver assistito ad un sinistro stradale. Perché forse non tutti sanno che non solo chi ha subìto o cagionato un sinistro, ma per il solo fatto di aver rilasciato una dichiarazione testimoniale a seguito di un incidente stradale, si può venire letteralmente schedati senza alcuna preventiva comunicazione. Tale gravissima circostanza è passata nel più totale silenzio mascherata da lamentate e non giustificate esigenze antifrode che però vanno a ledere un diritto fondamentale dei cittadini: quello alla propria riservatezza. Ed è così che oggi le compagnie assicurative, di fatto, si ritrovano in possesso dei dati personali di centinaia di migliaia di cittadini senza che sino ad oggi nessuno abbia battuto un colpo. Ma allo “Sportello dei Diritti” non è sfuggita neanche questa nefandezza e per bocca del presidente e fondatore Giovanni D'Agata, è pronta a denunciare al Garante per la privacy unitamente ad un gruppo di esperti tale misfatto tutto italiano. Vale la pena ricordare, infatti, che la costituzione di una banca dati contenente dati personali di soggetti (definiti dal Codice Privacy quali “interessati al trattamento”) necessiti di una serie di cautele e adempimenti organizzativi finalizzati alla trasparenza, in primis, e alla rigida applicazione di misure di sicurezza. Un principio cardine alla base dell’attuale normativa in materia di corretto trattamento dei dati personali prevede che qualunque trattamento di dati personali (e in questa definizione vi ricade certamente la raccolta, l’archiviazione, la conservazione e la condivisione di dati personali in banche dati gestite da privati quali le compagnie di assicurazioni) deve essere preceduto da un’attenta politica di trasparenza nei confronti degli interessati. Ciò vuol dire che è necessario fornire agli interessati una completa informativa ex art. 13 d.lgs.196/2003 (c.d. Codice Privacy) contenente tutti gli elementi utili a spiegare le finalità e modalità del trattamento, l’origine del dato raccolto, le misure di sicurezza applicate e i soggetti ai quali rivolgersi per esercitare i diritti di accesso ex art. 7 del Codice (principio irrinunciabile e costituzionalmente garantito). Oltre ai principi di necessità, proporzionalità, pertinenza e non eccedenza nella raccolta e nel trattamento del dato che devono essere rispettati (e su questi punti già sembra vi siano molte ombre nella costituzione di tale banca dati), poi, è necessario garantire il principio di correttezza che vuol dire che “il trattamento (e la raccolta) dei dati deve avvenire presso l’interessato in maniera trasparente”. Evidentemente il costituire una banca dati a totale insaputa degli interessati, senza informativa e senza indicazione dei soggetti che a vario titolo potranno accedere a tutte le informazione archiviate dalle compagnie assicurative pare configurare una condotta assolutamente illegittima che secondo l’autorevole parere dell’esperto del settore avvocato Graziano Garrisi – portata innanzi all’Autorità Garante – potrebbe portare quantomeno al blocco e all’inutilizzabilità del dato, sino a configurare un vero e proprio illecito penale sanzionabile ai sensi dell’art. 167, comma 2, del Codice per violazione dell’art. 11 dello stesso Codice (che detta le regole per il corretto trattamento dei dati). Per di più tali dati, a quanto pare, vengono raccolti dalle compagnie assicurative attraverso terzi soggetti (avvocati, ispettorati sinistri, agenzia di assicurazione e direttamente i danneggiati) e in assenza totale degli adempimenti generali e obbligatori sopra indicati e previsti dal Codice Privacy. Pare opportuno sottolineare, pertanto, che il punto da cui partire è salvaguardare il diritto all’autodeterminazione informativa dei cittadini (interessati al trattamento) in base al quale ciascuno è libero di determinare l’ambito di comunicazione dei dati che lo riguardano. Ognuno, infatti, dovrebbe avere la possibilità di verificare l’avvenuto inserimento in banca dati, la presenza o la rimozione dei dati, a tutela della propria dignità e riservatezza in quanto soggetto interessato al trattamento. Dopo le scatole nere (già oggetto di un provvedimento da parte del Garante Privacy), quindi, pare si stia per perpetrare l’ennesimo colpo basso in danno dei cittadini e dei consumatori.

Sicurezza dei farmaci: l’EMA (Agenzia Europea per i Farmaci) vieta la vendita di Numeta G13%E a causa del rischio di ipermagnesiemia

Sicurezza dei farmaci: l’EMA (Agenzia Europea per i Farmaci) vieta la vendita di Numeta G13%E a causa del rischio di ipermagnesiemia Nella costante attività informativa in materia di salute, anche in relazione alla sicurezza dei farmaci, lo “Sportello dei Diritti” segnala quanto adottato dal “Gruppo di coordinamento per il mutuo riconoscimento e le procedure decentrate per i medicinali di uso umano” (CMDh), organismo di regolamentazione dei medicinali che rappresenta gli Stati Membri dell’Unione Europea (UE), che all’unanimità ha raccomandato di sospendere l'autorizzazione all'immissione in commercio di Numeta G13%E a causa del rischio di ipermagnesiemia (elevati livelli ematici di magnesio). Numeta G13%E, è un farmaco somministrato per via endovenosa nei bambini prematuri come supporto nutrizionale (nutrizione per via endovenosa o nutrizione parenterale), che alla luce di tale decisione rimarrà sospeso fino a quando non sarà disponibile una preparazione riformulata. Per un'altra preparazione nutrizionale per via endovenosa, Numeta G16%E, utilizzata nei bambini fino a 2 anni, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, il CMDh ha convenuto la possibilità di continuare la commercializzazione a condizione che gli operatori sanitari controllino i livelli di magnesio nel sangue nei piccoli pazienti ogni volta che viene somministrato il medicinale. Nel caso in cui si dovessero verificare elevati livelli di magnesio nel sangue o comunque segni di ipermagnesiemia, deve essere sospeso o la velocità di infusione ridotta.

sabato 21 settembre 2013

Scritte sui muri a Lecce. Graffiti che riportano la dicitura “Satan Boys”.

Scritte sui muri a Lecce. Graffiti che riportano la dicitura “Satan Boys”. I satanisti, sedicenti o meno, già da qualche tempo stanno lordando i muri adiacenti strade trafficate in nome dell’occulto Ce lo hanno segnalato alcuni cittadini, per la verità, un po’ inquietati: campeggiano in periferia, in particolare sui rondò che portano a San Cataldo, in punti diversi sui muri di contenimento dei tornanti, scritte realizzate con spray viola di chiaro carattere esoterico con la dicitura “Satan Boys”. Burla di giovani graffitari o qualcos’altro? Per Giovanni D'Agata, presidente e fondatore dello “Sportello dei Diritti” più che a veri e propri movimenti dediti all’occulto, questi episodi sembrano tuttavia riconducibili a vandali dell’ultim’ora che lasciano spesso spazio a improvvisazioni goffe e banali. Il fenomeno, però, non va sottovalutato se dietro tali episodi ci sono dei giovani, come sembrerebbe al momento, è testimonianza di un problema da non sottovalutare.

Legionella nell'acqua di molti hotel.

Legionella nell'acqua di molti hotel. Uno studio della rivista dei consumatori K-Tipp in Germania ha rilevato la presenza di batteri in 25 strutture su un totale di 40. In alcuni casi i livelli superavano la soglia massima tollerata La prudenza non è mai troppa, specie quando si parla di salute e l’associazione “Sportello dei Diritti” ogni qual volta si presenta un problema di salute pubblica in Italia o nei paesi contigui ma anche in quelli lontani, ritiene utile segnalare ciò che accade per informare e per evitare che situazioni analoghe si ripetano o si diffondono anche vicino o nella nostra stessa “casa”. Oggi Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” ritiene utile evidenziare quanto denunciato dalla rivista dei consumatori tedesca K-Tipp che ha focalizzato l’attenzione su una questione annosa ma troppo spesso sottovalutata dalla cittadinanza e dalle stesse istituzioni sanitarie dei paesi europei: la diffusione della legionella, il temibile batterio causa di gravi conseguenze cliniche che possono portare alla morte. Nel caso in questione, l’indagine ha riguardato la qualità dell'acqua di ben quaranta hotel della Svizzera tedesca. Ed i risultati sono sorprendenti per assolutamente poco tranquillizzanti: in 25 strutture sono state trovata tracce della legionella, e in 5 di esse il livello superava la soglia imposta dall'Ufficio federale della sanità pubblica (OFSP). Con valori simili, i rischi di contaminazione sono molto elevati, ha rilevato un esperto dell'OFSP in un’intervista ad un programma elvetico. In un esame, addirittura la concentrazione di legionella nell'acqua era di gran lunga superiore alla norma: 73mila contro una soglia tollerata di 10mila, con evidenti rischi per la salute. È noto che la legionella si sviluppa rapidamente in presenza di condizioni particolari, e altrettanto rapidamente può scomparire, ma è pur vero che vi sono luoghi dove è più facile che il batterio si annidi e proliferi, come quando vi sono impianti di condizionamento dell’aria o cisterne di approviggionamento dell’acqua. Gli alberghi, nella fattispecie, sono spazi ove nella pressoché generalità dei casi vi sono tali tipi d’impianti o serbatoi. È ovvio che un’adeguata manutenzione può limitare di gran lunga i rischi di proliferazione della legionella. Controlli che non sempre sono puntuali ed efficaci. Ecco perché le autorità sanitarie, specie nei luoghi pubblici o aperti al pubblico, dovrebbero aumentare le attività di verifica al fine d’impedire sul nascere l’eventuale diffusione della temibile infezione.

Nell’accertamento del reddito l’Agenzia delle Entrate deve tenere conto anche delle particolari condizioni del contribuente

Nell’accertamento del reddito l’Agenzia delle Entrate deve tenere conto anche delle particolari condizioni del contribuente. La Commissione Regionale Tributaria di Lecce rileva che non possono applicarsi rigidamente gli studi di settore specie nel caso in cui il cittadino versi in gravi condizioni di salute. Appello del Fisco rigettato e confermato l’annullamento dell’avviso di accertamento Il Fisco deve prestare la massima alla singola situazione del contribuente e non applicare come con la scure in mano i rigidi parametri degli studi di settore per determinare presuntivamente il reddito. A ribadirlo è Giovanni D'Agata, presidente e fondatore dello “Sportello dei Diritti” dopo aver ricevuto l’ennesima conferma da un’importantissima sentenza della Commissione Regionale Tributaria di Lecce, sezione 24, la numero 225/24/13, depositata il 18 settembre, che, in tema di studi di settore, ha ribadito in toto l’annullamento dell’avviso di accertamento già invalidato in primo grado, perché l’Agenzia delle Entrate non ha tenuto conto della particolare situazione familiare del contribuente applicando rigidamente e senza alcuna valutazione soggettiva gli studi di settore adeguando i redditi alla specifica situazione, specie quando si versa in gravi condizione di salute. Il caso trae spunto da un avviso di accertamento per l’anno 1998 con il quale erano stati accertati maggiori ricavi determinati esclusivamente sulla base degli studi di settore in virtù di ricostruzione parametrica con conseguente accertamento di maggiori imposte irpef, irap ed iva oltre le relative sanzioni. Avverso tale avviso il contribuente, difeso dal tributarista avvocato Maurizio Villani, proponeva ricorso rilevando che lo stesso era stato effettuato solo in virtù delle presunzioni derivanti dalla suddetta ricostruzione parametrica senza che vi fossero altri elementi probatori a sostegno della presunzione stessa. Al contempo, il ricorrente dimostrava con documentazione sanitaria di aver avuto gravi problemi di salute personali e familiari che avevano giustificato lo scostamento del reddito dichiarato da quello ricostruito. Tali motivi erano stati ritenuti validi dalla Commissione Tributaria Provinciale di Lecce che aveva annullato l’avviso al quale proponeva appello l’Agenzia delle Entrate, poi rigettato con la decisione in commento. Rileva, infatti, la corte regionale che seppur formalmente corretto l’iter accertativo così come le determinazioni reddituali anch’esse formalmente corrette, “occorre tuttavia ricordare che l’applicazione degli studi di settore consente di ottenere risultati che non possono essere considerati prove, ma solo presunzioni sulle quali lavorare per ottenere risultati finali. Ed inoltre “Gli automatismi della ricostruzione reddituale necessitano sempre della valutazione critica del caso specifico in cui trovasi il contribuente. Lo strumento degli studi di settore deve gungere da supporto per l’attività accertatrice, ma non può sostituirsi ad essa…” Nel caso in questione, come correttamente evidenziato dai giudici, il contribuente ha dimostrato sia innanzi alla commissione di primo grado ma anche in contraddittorio con i funzionari del fisco la drammatica situazione familiare venutasi a creare per i gravi problemi di saluti suoi e dei membri della sua famiglia che hanno fortemente ridotto l’attività aziendale. Elementi non adeguatamente considerati dall’Agenzia delle Entrate tanto da far ritenere che “non vi sia stata quella valutazione critica degli elementi concreti che doveva portare ad una profonda revisione del calcolo matematico applicato rigidamente”. Ma v’è di più. Sottolineano i giudici tributari che “l’accertamento dell’Ufficio non ha tenuto in debito conto le difficoltà di salute e familiari attraversate dal ricorrente, ma ha applicato rigidamente le risultanze degli studi di settore”. Ribadisce quindi la corte di secondo grado: “nel caso in discussione l’accertamento doveva tenere conto della situazione personale del ricorrente ed adeguare i redditi alla situazione. La determinazione del maggior reddito accertato dall’Ufficio quindi non poteva essere applicato senza alcuna modifica ma andava adeguatamente adattato alla situazione del contribuente”. Lo “Sportello dei Diritti” fa presente che la sentenza in questione è importante soprattutto in questo periodo di presentazione del modello unico.

venerdì 20 settembre 2013

Al Sud la "maglia nera" per la corruzione nella Sanità

Al Sud la "maglia nera" per la corruzione nella Sanità. La mappa: farmaci, nomine, appalti di beni e servizi, sanità privata e negligenza medica. Lo dice uno studio di Transparency International Italia, in collaborazione con Rissc e Ispe-Sanità. Solo 4 regioni immuni anche se il fenomeno è difficile da monitorare. Uno studio condotto da Transparency International Italia, in collaborazione con Rissc e Ispe-Sanità ha raccolto numerosi dati sulla corruzione nell’ambito della Sanità anche se non è possibile quantificare con precisione il fenomeno. Certo è che alberga ovunque, a qualsiasi livello, dal direttore all'azienda di pulizia. In particolare, le indagini da parte delle forze dell’ordine per arginare il fenomeno, si sono fatte sempre più complicate poiché negli ultimi anni la corruzione è diventata molto più sofisticata. Infatti non l'imprenditore che consegna la valigia piena di soldi al direttore generale della Asl non si riesce sorprenderlo più, né tanto meno l'informatore scientifico dell'azienda farmaceutica che fa avere regali e favori al primario o al medico, finte consulenze, benefici fiscali tutte modalità che rendono più difficile intercettare il reato di corruzione. Nel 2012 solo quattro regioni sembrano esserne state immuni, o aver registrato al massimo due casi di corruzione. Per tutte le altre si va da un minimo di 2 ad un massimo di 10, con in cima a questa poco onorevole classifica la Campania, con oltre 10 casi. La seguono a ruota Calabria, Puglia e Sicilia con 8-10 casi e Lombardia e Umbria con 6-8. Tra gli 87 casi rilevati, dallo studio, nel 2012, sulla base dei casi denunciati, le indagini aperte, i processi iniziati o chiusi, oasi 'pulite' appaiono essere solo 4 regioni, cioè Val d'Aosta, Trentino Alto-Adige, Friuli Venezia Giulia e Basilicata. In mezzo ci sono Piemonte, Liguria, Marche e Abruzzo con 2-4 casi, e infine Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Molise e Sardegna con 4-6 casi. In termini strettamente economici, per valutare l’entità della questione basti pensare che la ‘Rete europea contro le frodi e la corruzione nel sistema sanitario’ ha stimato che in Europa il 5,6% del budget per la sanità sia assorbito dalla corruzione. A rendere più difficile la lotta alla corruzione vi sono anche delle caratteristiche proprie del reato in sé, e in particolare nella sanità. “Il reato corruttivo, si legge nel rapporto, è un accordo tra persone, in cui nessuno ha interesse a denunciare, e dove non ci sono vittime dirette, né una conseguenza immediata. Ad esempio probabilmente non si sarebbe scoperto il caso della fornitura di valvole cardiache difettose se non fosse morto qualche paziente. E' quasi impossibile calcolare il danno indiretto, senza contare che c'è la commistione con altri fenomeni. Le inefficienze in sanità rappresentano il 3-5%, ma all'interno di queste cifre non si può stabilire quanto sia rappresentato dalla corruzione. Non si può scindere insomma lo spreco dalla corruzione”. Poi ci sono caratteristiche del mondo sanitario che rendono ancora più difficile l'emersione dei fenomeni corruttivi, come il fatto che avvengono in strutture molto grandi, con migliaia di dipendenti e prestazioni erogate, dentro cui è facile nascondere operazioni poco pulite. I casi di corruzione analizzati da Transparency Italia rientrano in cinque categorie: nomine, farmaceutica, appalti di beni e servizi, sanità privata e negligenza medica. Nel primo caso lo studio rileva come la politica usi la sanità come serbatoio e spartizione di voti. Qui le merci di scambio sono la nomina a direttore generale, sanitario o primario in cambio di voti e finanziamenti. “E' la corruzione più dannosa perché mina l'implementazione delle politiche sanitarie”. La corruzione più diffusa è invece quella che riguarda i farmaci: in questo caso in cambio della scelta di un farmaco da parte di uno studio medico, un ospedale o una asl, la ricompensa è costituita da regali, macchinari, finanziamenti. La corruzione più costosa è quella degli appalti di beni e servizi, visto che rappresentano il 20-30% dei bilanci sanitari. In questo caso il beneficio viene elargito per avere l'appalto con gare tagliate su misura, trattative negoziali, abuso della contrattazione diretta, o anche in fase di fornitura, dando servizi di qualità e prezzo minore rispetto a quanto promesso nel capitolato d'appalto. “Oppure le aziende pagano per essere pagate prima delle altre dalla pubblica amministrazione, senza contare il rischio di infiltrazione mafiosa, specialmente nei servizi di bassa specializzazione, come le pulizie o la vigilanza”. Altro fenomeno anche se non è stato radiografato dal rapporto, secondo Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” è quello dell’abusivismo: casi di persone che svolgono attività senza i necessari requisiti. Le stime degli ordini professionali parlano di circa 30.000 abusivi, di cui 15.000 falsi dentisti, mentre i controlli dei Nas parlano, per il 2009, di 1.170 persone denunciate per esercizio abusivo della professione medica, di cui la metà falsi odontoiatri. Anche il settore infermieristico non è esente dal fenomeno, come confermano i dati dei Nas del biennio 2010/11 che segnalano 1.023 casi di abusivismo tra gli infermieri. Il problema della corruzione si è certamente esacerbato con l’imperversare della crisi e in particolare dei pagamenti delle aziende sanitarie, sempre più in ritardo e quindi inevitabilmente esposte al rischio di scelte discrezionali circa le priorità di pagamento. La corruzione nella sanità privata è invece giudicata quella più pericolosa per la salute del cittadino. In questo caso si cerca di intervenire sugli accreditamenti, i drg o modificare il valore delle prestazioni, senza dimenticare che anche qui si annida il rischio di infiltrazioni mafiose, con il riciclaggio di denaro sporco con cui magari vengono acquisite intere cliniche. Infine la negligenza medica: qui la corruzione è meno rilevante economicamente, ma più iniqua, perchè limita l'accesso alle cure in base alle possibilità economiche del paziente. Per cercare di arginare il fenomeno in qualche modo, Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” propone di puntare i riflettori sul tema della legalità in ambito sanitario per estirpare il fenomeno della corruzione e arginare gli effetti negativi, sia economici che sociali. Un tema che ‘merita attenzione perché nel settore sanitario e sociale la corruzione produce effetti non solo economici, in particolare sulle finanze pubbliche, ma anche sulla salute della popolazione: riduce l’accesso ai servizi, soprattutto tra i più vulnerabili; peggiora in modo significativo, a parità di ogni altra condizione, gli indicatori generali di salute ed è associata a una più elevata mortalità infantile’.

giovedì 19 settembre 2013

Il TAR ordina al Comune di approvare il Piano per il Commercio dando un termine di 90 giorni su ricorso di un commerciante

Davide contro Golia. Il cittadino – commerciante contro l’amministrazione comunale inerte che non ha approvato ancora il Piano per il Commercio. Ma la Giustizia Amministrativa gli dà ragione perché ha rilevato il grave ritardo della P.A. come sottolinea Giovanni D'Agata, presidente e fondatore dello “Sportello dei Diritti” dopo aver appreso la notizia della recentissima sentenza del 18.9.13 n. 1959, con la quale la I Sezione del TAR Lecce (Pres. Moro e Rel. Esposito) ha accolto il ricorso proposto da un commerciante, avverso il silenzio tenuto dal Comune di Copertino sull’istanza diffida finalizzata ad ottenere l’approvazione del Piano per il Commercio, ordinando all’Amministrazione comunale l’approvazione dello stesso entro il termine di 90 giorni. La vicenda traeva origine da un primo diniego che il Comune di Copertino aveva opposto sull’istanza avanzata dal ricorrente volta ad ottenere l’autorizzazione per il posteggio su suolo pubblico con paninoteca mobile. Tale diniego era motivato dall’Amministrazione con l’assenza del Piano comunale per il Commercio che impedisce, ai sensi della normativa regionale, il rilascio di nuove autorizzazioni commerciali. Avverso il diniego, il ricorrente proponeva un primo ricorso, tramite l’avv. Alfredo Matranga. Il TAR Lecce respingeva la richiesta di sospensiva, ritenendo applicabile la Legge Regionale n. 18/01, che preclude il rilascio dell’autorizzazione sino all’approvazione del Piano per il commercio su aree pubbliche da parte del Comune. Nello stessa ordinanza di rigetto, tuttavia, il TAR faceva salva la facoltà dell’interessato di esercitare l’azione avverso il silenzio sull’adozione del suddetto Piano. Pertanto, il ricorrente ha dapprima diffidato l’Ente a provvedere all’adozione del Piano ed ha poi proposto ricorso, lamentando la violazione dell’art. 2 della legge n. 241/90 e dei generali principi di buon andamento dell’azione amministrativa, nonché dell’art. 97 Cost. e dell’art. 13, primo comma, della L.R. n. 18/2001, chiedendo che sia dichiarata l’illegittimità del silenzio serbato ed ordinato al Comune di Copertino di concludere il procedimento, disponendo la nomina di un Commissario ad acta per l’ipotesi di ulteriore inerzia. Con sentenza n. 1959/13, il TAR ha osservato preliminarmente che la Legge Regionale n. 18 del 2001 pone l’obbligo dei Comuni di dotarsi del Piano per il Commercio, fissando un termine di 180 giorni per l’approvazione di tale strumento di programmazione del commercio sulle aree pubbliche. Per il TAR Lecce, pertanto, stante il preciso obbligo gravante sull’Ente locale, l’inerzia sull’istanza del ricorrente (il quale, in ragione di quanto detto, ha indubbio interesse all’approvazione del Piano) è qualificabile come silenzio-inadempimento, avverso il quale l’interessato può agire con il rimedio dell’azione avverso il silenzio. Nelle motivazioni della sentenza il TAR ha rilevato, infatti, come, “essendo dunque accertato l’inadempimento all’obbligo di concludere il procedimento amministrativo, come generalmente previsto dall’art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, il ricorso va accolto e, conseguentemente, va ordinato al Comune di Copertino di provvedere all’approvazione del Piano per il commercio sulle aree pubbliche, entro il termine di 90 (novanta) giorni dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza”. Il TAR ha condannato altresì il Comune di Copertino al pagamento delle spese processuali liquidate in € 700,00 oltre accessori di legge.

Allarme dispositivi medici come i pacemaker difettosi o non sicuri

Dopo lo scandalo delle protesi mammarie al silicone a basso costo che ha visto coinvolte migliaia di donne in tutta Europa, ora alcuni ricercatori tedeschi mettono in guardia i pazienti su altri dispositivi medici impiantati che sarebbero imperfetti e richiederebbero maggiori controlli prima della messa in commercio e quindi dell’impianto nell’uomo. Migliaia di pazienti in Germania, secondo il parere di alcuni ricercatori di Brema sarebbero compromessi da dispositivi medici difettosi o non sicuri. Articolazioni artificiali, stent, pacemaker, ma anche protesi mammarie sarebbero troppo poco testati. Sarebbero note situazioni in cui i detriti di metallo derivate da articolazioni artificiali finirebbero nel sangue e i casi non sarebbero isolati, ma migliaia. La ragione di tale allarme starebbe nel fatto che nonostante tali prodotti siano stati certificati da organizzazioni private, sarebbero tuttavia carenti di criteri sostanziali di certificazione, per esempio sulla falsariga di ciò che accade per i farmaci. Sulla scia di tali osservazioni alcuni esperti del settore hanno richiesto per tutti i dispositivi medici, una procedura unica europea centralizzata all'immissione in commercio. Constatazione che per Giovanni D'Agata, presidente e fondatore dello “Sportello dei Diritti”dovrebbe essere presa immediatamente in considerazione dalle istituzioni europee. Basti pensare che, fra l’altro, il responsabile dell'Istituto indipendente di qualità ed efficienza in Health Care (IQWiG), di Colonia, dottor Jürgen Windeler, ha suggerito di estendere i test ufficiali dei farmaci sui pacemaker, impianti o protesi.

mercoledì 18 settembre 2013

Truffa chi vende un’auto a un prezzo superiore con un chilometraggio più basso

Compravendita dell’auto e contachilometri taroccato. Può rispondere di truffa il venditore del veicolo che fa risultare meno chilometri di quelli realmente percorsi È una prassi mai realmente sconfitta quella di alcuni venditori di automobili usate che dichiarando un chilometraggio rispetto a quello, sempre superiore intascano un prezzo maggiore. Ma dopo la sentenza n. 38085 della Cassazione penale, del 17 settembre scorso, questi furbetti dovranno prestare maggiore attenzione se non vorranno incorrere in una condanna penale. A rilevarlo è Giovanni D'Agata, presidente e fondatore dello “Sportello dei Diritti”. Si tratta, infatti, di vera e propria truffa, la vendita di un’automobile a un prezzo più alto rispetto a quello reale, se il contachilometri è stato manomesso facendo risultare una minore distanza di quella realmente percorsa dal veicolo, inducendo così in errore l’acquirente e procurandosi un indebito profitto. I giudici della seconda sezione penale hanno rigettato il ricorso di un imputato accusato del reato di truffa stabilito dall’articolo 640 del codice penale, ai danni di un acquirente avverso la condanna inflittagli dalla Corte d’Appello di Catanzaro a quattro mesi di reclusione e al pagamento di 200 euro di multa, oltre al rimborso delle spese processuali, che aveva in precedenza ribaltato l’assoluzione del venditore da parte del Tribunale di Cosenza. A nulla sono valse le prove fornite, secondo le quali sarebbe emersa la buona fede dell’imputato, tra cui quella di aver personalmente proposto all’acquirente di andare insieme a ritirare la vettura. Tale prova era già stata confutata in quanto il chilometraggio, dopo l’acquisto, era risultato il doppio di quello riportato sul contachilometri. Circostanza che aveva indotto l’acquirente ad acquistare l’auto a un prezzo più alto perché vittima del raggiro del truffatore. Non risulta favorevole al reo anche il fatto di non aver mai rivelato all’acquirente il nome del precedente proprietario, impedendo così al cliente di verificare le condizioni della vettura.

Rimosse le ganasce fiscali al proprietario dell’auto che non pagò il bollo

Dev’essere cancellato il fermo amministrativo sul veicolo del contribuente se non esiste o non viene fornita la prova della notifica delle ingiunzioni di pagamento Rimosse le ganasce fiscali al proprietario dell’auto che non pagò il bollo. Il credito risulta prescritto non risulta l’interruzione del termine La Commissione Tributaria Provinciale di Palermo con la sentenza 189/04/13 ha annullato il provvedimento con cui veniva disposto il fermo amministrativo all’auto di un contribuente per il bollo non pagato perché il credito dell’agente della riscossione è ormai estinto laddove non risulta fornita la prova che nelle more erano stati notificati gli atti di intimazione ex articolo 50, comma secondo, del Dpr 602/73. Nel caso di specie, evidenzia Giovanni D'Agata, presidente e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, è stato accolto il ricorso del proprietario della vettura con vittoria di spese di causa per il contribuente, a seguito della declaratoria d’illegittimità del provvedimento disposto per le tasse automobilistiche non versate, tributi che risalgono, fra l’altro a vent’anni or sono. La corte tributaria siciliana non ha potuto che dichiarare prescritto il credito risultante dalle cartelle esattoriali prodromiche al preavviso di fermo amministrativo perché l’agente della riscossione non ha provato di aver interrotto il termine prescrizionale per l’esercizio della pretesa erariale. L’esattore, infatti, ha provato in giudizio la sola notifica delle cartelle di pagamento e del provvedimento relativo alle ganasce fiscali, ma non dell’atto presupposto: è carente, quindi, la prova di ogni atto interruttivo della prescrizione e il credito dell’amministrazione deve essere dichiarato estinto.

Escalation di furti di cellulari. Alcuni consigli in caso di furto

Escalation di furti di cellulari. Alcuni consigli in caso di furto Numeri da capogiro. L’anno scorso risultavano essere circa centoottantamila, una media di quindicimila al mese i telefonini rubati o anche semplicemente smarriti. Basti pensare che la polizia americana ha rilevato una media di 113 cellulari persi o oggetto di furto ogni minuto, per un totale di 162 mila al giorno. Ma nel corso degli ultimi tempi, con l’acuirsi della crisi è stata denunciata una vera e propria escalation di tali furti nel Paese dei telefonini, l’Italia, con una particolare predilezione per smartphone e cellulari d’ultima generazione. Tra ladri occasionali che, notato un telefonino dimenticato, se ne impossessano quasi ingenuamente, alla criminalità che utilizza i telefonini rubati per essere sempre meno rintracciabili, il fenomeno non conosce sosta nonostante le precauzioni individuate o proposte dalle case produttrici tipo l’applicazione “Trova il mio Iphone” o il software della Endoacustica Europe che s’installa sul dispositivo e permette di ricevere su un altro smartphone predefinito (chiamato pilota) la posizione GPS dello stesso. Sono centinaia, infatti, ogni giorno le denunce che arrivano alle forze dell’Ordine per furti di telefoni cellulari anche perché oltre alla perdita del bene materiale deve registrarsi anche l’elevato numero di dati personali contenuti nei dispositivi e che spesso vengono irrimediabilmente persi a seguito del ladrocinio. La perdita di queste informazioni, infatti, potrebbe arrecare danni ben superiori rispetto alla sottrazione stessa del cellulare come numeri di conto corrente, password varie ed entrare nella disponibilità di soggetti quasi mai raccomandabili che gli utilizzano per i loro loschi scopi. Il sito della Polizia di Stato fornisce alcuni utili consigli in caso di furto del proprio telefono cellulare che Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” ritiene utile meglio specificare di seguito. La prima cosa da fare è contattare il servizio clienti del proprio gestore al fine di bloccare l'utenza telefonica ed eventualmente chiedere la sostituzione della scheda per mantenere il proprio numero telefonico. In seguito, bisognerà recarsi presso il più vicino ufficio di Polizia per denunciare l'accaduto, portando con sè un documento di identità valido ed il codice IMEI del telefono cellulare. Il codice IMEI è il numero che contraddistingue un cellulare da un altro. Esso è composto da 15-17 numeri ed inscritto di solito sul telefono (sotto la batteria), sulla scatola del telefono, e di tanto in tanto sulla batteria. Questo codice è disponibile anche digitando “* # 06 #” sulla tastiera del telefono. Per questo motivo è importante trascrivere e conservare con cura il codice IMEI del proprio telefono riportato sulla confezione di acquisto o comunque indicato nel vano batteria dell'apparecchio stesso. La denuncia all’autorità giudiziaria è necessaria per l'eventuale restituzione in caso di rinvenimento del cellulare, o per il perseguimento penale di terzi che se ne siano appropriati o lo usino indebitamente. Una volta sporta la denuncia è utile comunicare il codice IMEI al proprio operatore, che attraverso il suo database lo disattiverà presso tutti gli altri operatori italiani (il cellulare non sarebbe più utilizzabile in qualsiasi modo).

martedì 17 settembre 2013

Sicurezza dei farmaci: l’EMA raccomanda la sospensione delle AIC di ketoconazolo per uso orale.

Sicurezza dei farmaci: l’EMA raccomanda la sospensione delle AIC di ketoconazolo per uso orale. In Italia il farmaco è venduto dalla società farmaceutica Johnson & Johnson con il nome commerciale di Nizoral e da altre società come medicinale equivalente, nella forma commerciale di compresse, shampoo e crema. Il 26 luglio 2013 l'EMA già aveva raccomandato la sospensione della commercializzazione del farmaco per via orale poiché e' emerso che il rischio di danno epatico e' maggiore dei benefici nel trattamento delle infezioni fungine. Oggi il Comitato per i Medicinali per Uso Umano (CHMP) dell'Agenzia Europea per Medicinali ha decretato che le autorizzazioni all'immissione in commercio dei medicinali contenenti ketoconazolo orale debbano essere sospese in tutta l'Unione europea (UE). Il CHMP ha concluso che il rischio di danno epatico nel trattamento delle infezioni micotiche è maggiore dei suoi benefici. Il ketoconazolo, chiamato anche chetoconazolo, è un composto appartenente alla classe dei derivati imidazolici, utilizzato da molti anni nel trattamento delle infezioni micotiche della cute.Il farmaco è utilizzato in particolare da soggetti immunocompromessi oppure affetti da malattie del sistema immunitario (ad esempio pazienti con AIDS, oppure in trattamento polichemioterapico, con farmaci steroidei o immunosoppressori). I pazienti che attualmente stanno assumendo ketoconazolo orale per il trattamento di infezioni micotiche devono consultare il loro medico per discutere in merito al passaggio ad altri trattamenti alternativi adatti. I medici non devono più prescrivere ketoconazolo orale e devono rivedere le opzioni di trattamento dei loro pazienti. L’ampia revisione effettuata a livello europeo dell’uso del ketoconazolo orale è conseguente alla sospensione del medicinale in Francia. L’Agenzia dei medicinali francese (Agenzia Nazionale per la Sicurezza dei Medicinali e dei Prodotti per la Salute - ANSM), ha concluso che il profilo beneficio/rischio del ketoconazolo orale è negativo a causa dell’elevato rischio di danno epatico associato all’uso del medicinale e data la corrente disponibilità di trattamenti alternativi, che sono ritenuti più sicuri. La legislazione europea richiede infatti che vi sia un approccio coordinato a livello europeo quando uno Stato Membro intraprende un’azione regolatoria in relazione ad un medicinale autorizzato in più di un Paese. Dopo aver valutato i dati disponibili sui rischi dell’uso del ketoconazolo orale, il CHMP ha concluso che, anche se il danno epatico, quale ad esempio l'epatite, è un noto effetto avverso dei medicinali antimicotici, l'incidenza e la gravità di danno epatico sono più alti con ketoconazolo orale che con altri antimicotici. Il CHMP ha notato che le segnalazioni di danno epatico si verificavano precocemente dall’inizio del trattamento alle dosi raccomandate, e non è stato possibile individuare misure per ridurre adeguatamente questo rischio. Il Comitato ha inoltre concluso che il beneficio clinico di ketoconazolo orale è incerto poiché i dati sulla sua efficacia sono limitati e non corrispondono agli standard attuali, e sono altresì disponibili trattamenti alternativi. Secondo Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” si tratta di informazioni importanti in fase di scelta del farmaco da utilizzare, in particolare se c'è un'alternativa più sicura anche se le formulazioni topiche del ketoconazolo (quali creme, unguenti e shampoo) possono continuare ad essere utilizzate poiché il quantitativo di ketoconazolo assorbito attraverso l’organismo con queste formulazioni è molto basso. In ogni caso l'applicazione a lungo termine di creme a base di ketoconazolo può dar luogo a fenomeni irritativi. L'uso prolungato del prodotto può anche dar luogo a fenomeni di sensibilizzazione, con manifestazioni eritematose (rossore localizzato) e prurito. In questi casi il medico in genere tende a sospendere il trattamento. L'Agenzia europea per i medicinali è consapevole che il ketoconazolo viene utilizzato off-label per il trattamento di pazienti con sindrome di Cushing. Al fine di garantire che questi pazienti non siano lasciati senza trattamento, le competenti autorità nazionali potranno rendere disponibili tali farmaci in condizioni controllate.

Sicurezza alimentare: in Polonia animali da macello destinati all’esportazione alimentati con farina di carne vietata dall’UE

Sicurezza alimentare: in Polonia animali da macello destinati all’esportazione alimentati con farina di carne vietata dall’UE Una serie di controlli in Polonia e Slovacchia da parte delle autorità sanitarie si accingono a verificare all’interno degli allevamenti se gli allevatori abbiano nutrito o stiano nutrendo il bestiame con mangimi provenienti dalla Polonia a base di carne e ossa. I dubbi per evitare la possibilità di una nuova diffusione del famigerato morbo della “mucca pazza” o BSE (encefalopatia spongiforme bovina) e di altre patologie, sono stati rivelati dal canale televisivo polacco TVN 24, secondo cui in alcune fattorie dei due paesi, il bestiame sarebbe alimentato con pastoni a base di carne di animali morti, acquistati da un impianto di trasformazione posto sotto sigillo a seguito di un’indagine che aveva rivelato il traffico illegale di questo tipo di mangimi. È superfluo ricordare che già a partire dal 2001 e dopo che le cronache avevano portato alla ribalta il diffondersi delle epidemie del morbo della “mucca pazza”, l’Unione Europea aveva bandito l’uso di carne e ossa nei mangimi per gli animali. Divieto che pare non sia osservato soprattutto in alcuni Paesi dell’Est ove sembra sia una consuetudine continuare a nutrire gli animali d’allevamento con farine che contengono tracce di bovini morti come confermato dalle aspre polemiche sollevate dagli allevatori slovacchi che hanno puntato il dito contro i colleghi polacchi che, per quanto sostenuto dagli agricoltori del paese confinante, sarebbero abituati ad utilizzare mangimi proibiti a danno della concorrenza ma soprattutto della salute umana. Per Giovanni D'Agata, presidente e fondatore dello “Sportello dei Diritti” è necessario precisare che alla luce di tali notizie è assolutamente utile amplificare i controlli da parte delle autorità Ue ed italiane per tutti i bovini e gli altri animali da macello provenienti dalle aree individuate al fine di evitare il benché minimo rischio per i consumatori.

Equitalia e Comune condannati a risarcire il danno biologico per illegittima iscrizione dell’ipoteca

Equitalia e Comune condannati a risarcire il danno biologico per illegittima iscrizione dell’ipoteca Rilevato il trauma da stress conseguente all’ipoteca non legittima iscritta pregiudizialmente e relativa a tributi locali: utilizzati i criteri per la liquidazione del danno biologico di lieve entità È una decisione esemplare e che certamente farà discutere, ma che rende giustizia nei confronti di quei cittadini – contribuenti vessati da Equitalia e dai comuni per il recupero non sempre legittimo di tributi e che subiscono danni alla salute a causa del grave stress causato da tali comportamenti. Ad evidenziarlo è Giovanni D'Agata, presidente e fondatore dello “Sportello dei Diritti” dopo la pubblicazione della sentenza 3013/13 con cui il Giudice di pace di Lecce avvocato Cosimo Rochira, ha riconosciuto sussistente quale “danno – conseguenza” la lesione psicofisica a titolo di inabilità temporanea subita da una contribuente a seguito di un’iscrizione ipotecaria illegittima effettuata da Equitalia per tributi richiesti dal Comune di Lecce. Nel caso di specie, il giudice onorario ha accolto la domanda di risarcimento danni proposta da un’imprenditrice: dalla documentazione depositata agli atti di causa risulta effettivamente provato che l’attrice ha subìto l’iscrizione ipotecaria sugli immobili di sua proprietà, illegittimamente. E sia l’agente della riscossione che l’amministrazione comunale leccese non hanno potuto nulla per provare il contrario. A causa di tale illegittimo comportamento conseguente alla notifica del provvedimento illegittimo sui propri beni, la donna ha subìto una vera e propria reazione traumatica da stress da mettere in rapporto causa diretto con l’”atto stressogeno”. Tale illegittimo comportamento è, infatti, idoneo a causare un danno non patrimoniale come ha riconosciuto la giurisprudenza della Cassazione con la sentenza n. 21428/07. Peraltro, la Ctu disposta dal magistrato ha accertato il danno biologico patito tanto che il giudice di Pace ha ritenuto applicabile la tabella per il danno biologico di lieve entità per le cosiddette “micro permanenti” stabilito dal codice delle assicurazioni e ha condannato gli enti in solido al pagamento di ben 2059,50 euro suddivisi in virtù di tre giorni di invalidità temporanea assoluta, più altri quaranta di invalidità temporanea al 50 per cento e venti giorni al 25 per cento nonché per le spese mediche documentate anche se non è stato riconosciuto alcun postumo permanente. Non riconosciuto, nella fattispecie, il danno morale perché non risultano documentate particolari sofferenze fisiche e psichiche, mentre le residue possono ritenersi assorbite nelle micropermanenti liquidate. Equitalia e Comune, condannati, inoltre, alle spese di causa e di consulenza d’ufficio.