giovedì 31 gennaio 2013

Sicurezza alimentare: Bruxelles faccia più controlli nell’industria alimentare dell'est

Sicurezza alimentare: Bruxelles faccia più controlli nell’industria alimentare dell'est. I casi della Polonia sollevati in Slovacchia Il mercato unico e senza frontiere nel quale circolano liberamente cittadini, prodotti e servizi é una bella conquista della civiltà europea, ma presenta anche delle criticità che le autorità e le istituzioni europee che vigilano sulla sicurezza dei beni in particolare farmaci e alimentari e che quindi riguardano maggiormente la salute dei cittadini dovrebbero tentare di limitare al massimo per salvaguardare la sicurezza alimentare troppo spesso messa a dura prova da fatti che sovente diventano di cronaca.Questa volta, l'attenzione di Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” é puntata su beni alimentari polacchi messi all'indice dalla stampa della confinante Slovacchia. Non si tratta però di mero campanilismo, ma di fatti realmente accaduti tipo quello degli hamburger inglesi, prodotti per l'appunto in Polonia, che si è scoperto contenere fino al 20% di carne equina all’insaputa degli ignari consumatori. Altri eventi che sono stati segnalati dalle autorità sanitarie e alimentari slovacche sono ancora più preoccupanti perché non sono classiche frodi alimentari come quella segnalata, ma riguardano concreto rischi per la salute se questi prodotti dovessero raggiungere mercati più ampi. Tra i fatti più eclatanti lo scandalo sollevato l'anno scorso di alcuni alimentari polacchi che contenevano sale industriale di solito cosparso sulle strade in inverno. In ultimo, la scorsa settimana sono state avviate indagini da parte delle autorità di sanità pubblica regionale sempre della Slovacchia nelle pasticcerie, alla ricerca di dolciumi importati dalla Polonia. In particolare, le ricerche sono state indirizzate su prodotti dolciari fabbricati dalla ditta Magnolia, che avrebbe utilizzato latte in polvere contenente addirittura veleno per topi.L'inchiesta non ha prodotto granché, però se si pensa che lo stesso rapporto dell’ufficio nazionale, ha rilevato che su oltre 1.780 snack bar, caffè e pasticcerie controllati, soltanto un caso ha mostrato di essere potenzialmente pericoloso. Si tratta di cuori di cialda Stilla Dolce trovati a Ziar nad Hronom (regione di Banska Bystrica). Nella circostanza anche se il prodotto non conteneva latte in polvere, è stato ovunque ritirato dal commercio.

Sicurezza alimentare: il batterio Campylobacter è in aumento nelle carni europee

Sicurezza alimentare: il batterio Campylobacter è in aumento nelle carni europee. Secondo i dati ufficiali è causa del maggior numero di contaminazioni alimentari in Europa circa il doppio della Salmonella. Nel Regno Unito si sta provando ad utilizzare il sistema di raffreddamento rapido per ridurre i livelli del batterio nel pollame Pochissimi in Italia sanno che il Campylobacter è il batterio responsabile del maggior numero di contaminazioni alimentare in Europa e secondo i dati dell’EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare) e dell’ECDC (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) i casi registrati sono quasi il doppio rispetto a quelle da salmonella. Ora nel Regno Unito si sta provando ad utilizzare il sistema di raffreddamento rapido per ridurre i livelli di Campylobacter nel pollame. Il batterio, come risulta da recenti report di EFSA, è in crescita nelle carni europee, e rappresenta un patogeno in grado di provocare intossicazioni alimentari, con sintomi quali diarrea (spesso con sangue nelle feci), spasmi addominali, febbre, mal di testa, nausea e/o vomito. L’analogia dei sintomi tra le contaminazioni fra i due batteri del Campylobacter e della Salmonella, in particolare febbre e diarrea, ha fatto si che troppo spesso l’attenzione di ospedali e strutture sanitarie si sia focalizzata solo sulla salmonellosi senza sviluppare specifici protocolli per la campylobacterosi anche se il batterio di cui ci occupiamo si trova in generale negli apparati gastroenterici di polli, anatre, oche, e conigli allevati e anche in quelli selvatici (piccioni, fagiani, gabbiani), e può risultare contaminata anche la carne e le uova come avviene per la salmonella. Per quanto riguarda i bovini le contaminazioni sono meno frequenti ma il batterio può svilupparsi nel latte crudo. La tecnica inglese, che consiste nell' esporre la superficie della carne ad un ambiente molto freddo per un tempo molto breve, prometterebbe ottimi risultati secondo la Food Standards Agency (FSA). Gli esperti della FSA stanno anche sperimentando l’utilizzo di acido lattico e raggi UV per ridurre il Campylobacter. Tuttavia, FSA tiene a precisare che i prodotti sottoposti a questo trattamento non sono destinati alla catena alimentare. La tecnica del raffreddamento rapido, sempre secondo la FSA- riduce in modo significativo il numero di batteri Campylobacter sulla superficie della carne, batteri che si dimostrano particolarmente sensibili al trattamento d’urto a freddo. Tuttavia, sarà prima necessario chiarire se questo processo sia conforme o meno alle vigenti norme di commercializzazione di carni di pollame nell’ Unione europea. E a tal proposito gli esperti della FSA stanno lavorando a stretto contatto con il Department for Environment, Food e Rural Affairs (DEFRA) per studiarne gli aspetti legali con la Commissione europea. Secondo Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” in attesa dei risultati scientifici di queste nuove tecniche per abbattere i livelli di tossicità del batterio, tra le principali e semplici precauzioni da seguire è essenziale la cottura dei cibi in quanto, solo per fare un esempio, se la carne di pollo viene cotta il batterio muore, ma le contaminazioni avvengono spesso in modo indiretto in cucina attraverso posate o contenitori utilizzati prima per la carne di pollo cruda e poi per altri alimenti.

Non è reato il consumo di gruppo di sostanze stupefacenti

Non è reato il consumo di gruppo di sostanze stupefacenti. Lo ha stabilito con una sensazionale soluzione le Sezioni unite penali. La legge Fini Giovanardi ha fallito. Nell'ipotesi di mandato all'acquisto sia in quella dell'acquisto comune il consumo di gruppo di sostanze stupefacenti non può essere punito penalmente. Lo hanno stabilito oggi le Sezioni unite penali della Corte di cassazione che hanno respinto il ricorso della parte civile contro una sentenza del gup di Avellino, che il 28 giugno 2011, aveva dichiarato il non luogo a procedere nei confronti di un uomo perche il fatto non sussiste. In particolare dopo l'introduzione della legge Fini-Giovanardi, nel 2006, era sorto un contrasto giurisprudenziale che oggi la Cassazione ha risolto adottando la soluzione nella pubblica udienza di oggi che "Se a seguito della novella introdotta dalla legge n. 49 del 2006, il consumo di gruppo di sostanze stupefacenti sia o meno penalmente rilevante, nella duplice ipotesi di mandato all'acquisto o dell'acquisto comune". La vicenda riguardava un presunto spacciatore di Avellino, assolto dall'accusa di detenzione e traffico di sostanze stupefacenti e da omicidio colposo per aver acquistato e consumato con un conoscente una dosa di eroina, in seguito alla quale quest'ultimo era morto. Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, è evidente che la legge Fini Giovanardi ha fallito nei suoi intenti di ultra proibizionismo e si rende necessario al contrario una revisione della normativa che prenda atto che l’eccesso di rigore in pratiche assai diffuse specie tra i giovani e giovanissimi non porta ad alcun beneficio se non addirittura ad una crescita esponenziale del fenomeno.

mercoledì 30 gennaio 2013

Pillole contraccettive: la Francia vieta la vendita della pillola Diane 35

L'Agenzia nazionale di sicurezza del farmaco (ANSM) ha annunciato oggi il divieto di vendita in Francia della pillola anticoncezionale e anti-acne Diane 35 perché accresce i rischi di trombosi e di embolia polmonare. In Italia sono circa 250'000 le donne che assumono il prodotto, fabbricato dalla Bayer. La sospensione prenderà effetto fra tre mesi e riguarderà anche i farmaci generici corrispondenti. Stando a quanto precisato dal direttore dell’agenzia, Dominique Maraninchi, il prodotto è stato autorizzato per il trattamento dell’acne, ma i medici la prescrivono come contraccettivo perchè arresta l’ovulazione. Negli ultimi 25 anni, quattro donne sono morte per trombosi causate dalla Diane-35, secondo l’agenzia. In attesa della sospensione, le donne che prendono questa pillola non dovranno interrompere il trattamento, ha spiegato l'ANSM, ma dovranno consultare il loro medico. Alla luce di tale notizia, Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, chiede all'Agenzia Italiana per il farmaco (AIFA) di fare altrettanto anche perché in Italia la pillola in questione é disponibile previa prescrizione sotto i marchi di Diane 35, Minerva e nella versione non di marca sotto il nome di Ciproterone acetato / Etinilestradiolo ed invita tutte le donne che la prendono a ricorrere sempre alla supervisione di un medico in caso di utilizzo.

Influenza Italia 2013: non si ferma anzi ancora in aumento

Influenza Italia 2013: non si ferma anzi ancora in aumento. Più di 1milione di casi negli ultimi tre mesi, la fascia più toccata è quella tra i 4 e 14 anni. Secondo gli esperti del Ministero della Salute le prossime tre settimane saranno particolarmente critiche per gli italiani L'epidemia di influenza continua a toccare tutte le regioni dell’Italia. Secondo la rete Italiana Sorveglianza Influenza che descrive i casi di sindrome influenzale, ne stima l’incidenza settimanale durante la stagione invernale e ne determina durata e intensità dell’epidemia, in Italia, continua a crescere il livello di incidenza delle sindromi influenzali, attualmente pari a 4,50 casi per mille assistiti. La settimana scorsa il tasso è nettamente cresciuto in tutte le fasce d'età, anche se la più toccata è quella tra i 4 e 14 anni. La classe di età maggiormente colpita è quella dei bambini al di sotto dei cinque anni di età, con un livello di incidenza pari a 10,15 casi per mille assistiti. Nella seconda settimana del 2013 il livello di incidenza è continuato a crescere dopo una lieve flessione dovuta alla prolungata chiusura delle scuole. Tale flessione, infatti, si osserva esclusivamente nelle due classi di età pediatrica. Calano sensibilmente i malati over 65, grazie anche alle campagne di vaccinazione messe in atto dal Ministero, che dimostrano dunque di essere molto efficaci. Il numero dei casi, fortemente aumentati la settimana scorsa rispetto a quella precedente, sono stati stimati pari a circa 273.000, per un totale, dall’inizio della sorveglianza (fine ottobre 2012), di circa 1.221.000 casi. Le regioni che risultano maggiormente colpite sono Piemonte, Valle d’Aosta, Campania e Sardegna. Gli esperti del Ministero della Salute, hanno fatto sapere che le prossime tre settimane saranno particolarmente critiche per gli italiani, con la fase più acuta di contagi del virus che negli Stati Uniti, in una forma più aggressiva, ha provocato anche parecchie vittime. Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, consiglia di evitare, soprattutto per i bambini, antibiotici ed antivirali se non sotto prescrizione medica e di assumere i classici farmaci che contrastano i sintomi, disponibili in farmacia anche senza ricetta medica, ovviamente sempre con cautela e seguendo scrupolosamente le istruzioni allegate nella confezione e riportate nel classico bugiardino

martedì 29 gennaio 2013

Lotta all’evasione. Lista Falciani: in Italia non è utilizzabile. Ma è ora di recuperare ogni centesimo evaso

Lotta all’evasione. Lista Falciani: in Italia non è utilizzabile. Ma è ora di recuperare ogni centesimo evaso In momenti difficili come questi nei quali una vera lotta all’evasione con particolare riguardo verso i grandi evasori e non una caccia alle streghe potrebbe contribuire a risanare i conti dello Stato. Stato che però non sempre anche per ragioni di garanzia, o meglio burocratiche non riesce ad essere efficace in tal senso. Uno degli esempi in tal senso, dopo la possibilità paventata di ritassare i capitali rientrati attraverso il famigerato scudo fiscale, riguarda l’utilizzo di dati bancari provenienti da altri paesi e tra questi spicca su tutti quelli contenuti nella famosa “lista Falciani”, trafugata dall'omonimo informatico della HSBC di Ginevra, e che contiene una serie di generalità e conti correnti di presunti evasori anche italiani. Nella giurisprudenza nostrana sono già capitati ben tre casi nei quali si è presentata la possibilità di utilizzare i dati contenuti. Ma le decisioni dei giudici, come sovente accade sono state a dir poco contrastanti. La prima vicenda è accaduta nell'ottobre 2011, nel Tribunale di Pinerolo quando il giudice Gianni Reynaud ritenne di archiviare un procedimento contro un presunto evasore fiscale, il cui nome era individuato nella lista che venne considerata "frutto di un'appropriazione indebita aggravata di documenti", una "raccolta illecita di informazioni", e quindi dunque inutilizzabile ai fini processuali. Il secondo caso, accaduto nell’agosto 2012 ha visto protagonista la Commissione tributaria provinciale di Treviso che ha rigetta il ricorso di due contribuenti che avevano evaso il fisco. A nulla, in questo caso, al contrario è valsa la motivazione dei ricorrenti circa l'inutilizzabilità dei dati a causa del metodo di acquisizione. Nel caso in questione la corte tributaria aveva stabilito la legittimità dell'acquisizione delle informazioni "conseguente a una rituale richiesta all'amministrazione fiscale francese, inoltrata attraverso i canali di collaborazione informativa internazionale nel pieno rispetto delle procedure e dei trattati". L’ultimo caso è in linea con la prima decisione. Proprio ieri, la commissione tributaria regionale di Milano con la sentenza n. 11/20/13 ha rilevato che la Lista Falciani non sia utilizzabile dall'amministrazione finanziaria italiana perché acquisita in modo illegittimo. Sostanzialmente, per i giudici tributari e ordinari, il successivo invio anche attraverso i canali ufficiali di cooperazione non può sanare la violazione inizialmente commessa, ovvero il reato commesso da Hervé Falciani. In attesa di conoscere il responso della giurisprudenza ulteriore, ma soprattutto di quella di legittimità è lecito chiedersi, si domanda Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” se in questo Paese, pur ritenendo indispensabile il rispetto delle leggi, delle prerogative e delle garanzie di ogni cittadino, si voglia veramente avviare una politica seria di lotta all’evasione soprattutto per ciò che riguarda i grandi capitali evasi il cui recupero potrebbe certamente garantire ampie risorse da destinare al Welfare di questa nazione massacrato dai tagli che sono sotto gli occhi di tutti.

lunedì 28 gennaio 2013

Ustica, lo Stato deve risarcire i familiari delle vittime

Ustica, lo Stato deve risarcire i familiari delle vittime. Secondo la Cassazione la causa del disastro aereo non fu un'esplosione interna al Dc9 Itavia ma un missile. Lo Stato deve garantire la sicurezza dei voli. Confermata la condanna a carico dei ministeri della Difesa e dei Trasporti, anche se non erano in concreto a conoscenza dell’esistenza del pericolo. È quanto emerge dalla sentenza 1871/13, pubblicata il 28 gennaio dalla terza sezione civile della Cassazione che ha stabilito che lo Stato italiano debba risarcire i familiari delle vittime in quanto "non seppe garantire la sicurezza del volo" partito da Bologna e che sarebbe dovuto atterrare a Palermo. Una sicurezza non garantita nè dai radar civili nè da quelli militari poiché «è pacifico» l’obbligo dei ministeri che devono assicurare la sicurezza dei collegamenti aerei. Inutile per le amministrazioni eccepire che il disastro di Ustica non possa rientrare fra gli eventi che la norma cautelare mirava a evitare.. Per gli ermellini è «abbondantemente e congruamente» motivata la tesi secondo cui fu un missile il 27 giugno 1980 ad abbattere il velivolo Itavia nei cieli siciliani. Se quel giorno vi fu davvero battaglia aerea nei cieli di Ustica sarà probabilmente soltanto la storia a dirlo con certezza. Furono 81 le persone che persero la vita quel 27 giugno del 1980, quando il Dc9 su cui viaggiavano, partito da Bologna, esplose in aria sopra il tratto di mare tra le isole di Ustica e Ponza. Il velivolo si squarciò in volo all’improvviso per poi scomparire in mare. Finora le tesi più accreditate sulla strage si sono suddivise principalmente fra l'ipotesi di un problema strutturale, di un coinvolgimento internazionale o di un attentato terroristico. Secondo Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” la tesi del cedimento strutturale che riguarda un aereo civile abbattuto in tempo di pace è stata ora smentita ed è arrivata finalmente l’ora che si faccia chiarezza su un mistero che si protrae da oltre trent’anni.

domenica 27 gennaio 2013

Pillole contraccettive: quattro morti a causa della pillola Diane 35 in Francia

Pillole contraccettive: quattro morti a causa della pillola Diane 35 in Francia. Dopo le autorità francesi, lo "Sportello dei Diritti" chiede indagini anche all'Agenzia Italiana per il Farmaco (AIFA) Nell'attività informativa quotidiana a tutela della salute, Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” riporta una notizia apparsa oggi sulla stampa francese secondo cui l'agenzia del farmaco transalpina (ANSM) avrebbe confermato la morte di quattro donne "a causa di trombosi venosa associata all'uso di Diane ®-35" un tipo di pillola contraccettiva. Sospettate di essere all'origine di complicazioni mediche, quando sono prescritte senza alcuna precauzione, qualcuno ha azzardato a dire che le pillole di terza e quarta generazione possano essere anche fatali. L'agenzia del farmaco in data odierna ha confermato, in parte, quanto riportato ieri dal popolare quotidiano Le Figaro domenica. Sabato, infatti, il giornale parigino aveva riferito di sette decessi correlati al trattamento per l'acne con la stessa pillola dei laboratori Bayer normalmente utilizzata a partire dal 1987 per il controllo delle nascite. L'ente francese ha anche detto che in relazione agli altri tre "casi citati, la causa della morte è legata a patologie sottostanti dei pazienti interessati", aggiungendo che sono in corso analisi specifiche per la revisione dei rischi e benefici di questo tipo di medicinale. La cosa più preoccupante è l'esistenza di un legame di causa ed effetto. Le vittime avevano tra i 18 e i 42 anni e "L'agenzia ritiene che, per 4 di 7 casi, il farmaco è chiaramente quello in questione". Questa pillola ha la particolarità di essere usata sia come un contraccettivo, ma anche come un trattamento per l'acne. "Tra questi sette casi, la principale causa di morte di Diane 35 è legata ad eventi tromboembolici venosi. Sono stati evidenziati tre casi di morte per embolia (o sospetto di embolia polmonare) e un caso di trombosi cerebrale " ha evidenziato il Le Figaro. La notizia ha fatto finire nuovamente sotto l'occhio del ciclone l'azienda farmaceutica tedesca Bayer, già sotto inchiesta per un'altra pillola, chiamata Merlin. L'ufficio del procuratore di Parigi aveva aperto un'inchiesta dopo la prima denuncia depositata nel mese di dicembre da Marion Larat, venticinquenne riconosciuta invalida al 65% a causa di un ictus. A seguito di questa denuncia, ne sono state depositate giovedì scorso altre 14 per casi analoghi presso il Tribunale di Bobigny anche se alcune associazioni a tutela delle vittime hanno affermato che sono pronti almeno altri esposti, ma hanno preso atto con soddisfazione che il governo francese attraverso l'agenzia di vigilanza sui farmaci abbia rilevato la gravità del problema ed avviato indagini ed analisi. Alla luce di tale notizia, Giovanni D'Agata chiede all'Agenzia Italiana per il farmaco (AIFA) di fare altrettanto anche perché in Italia la pillola in questione é disponibile previa prescrizione sotto i marchi di Diane 35, Minerva e nella versione non di marca sotto il nome di Ciproterone acetato / Etinilestradiolo ed invita tutte le donne che la prendono a ricorrere sempre alla supervisione di un medico in caso di utilizzo.

sabato 26 gennaio 2013

Economia: nuovo redditometro bocciato dalla giurisprudenza prima di essere applicato

Nuovo redditometro bocciato dalla giurisprudenza prima di essere applicato. L’importante sentenza della Corte di Cassazione depositata il 20 dicembre 2012 che accoglie le tesi dell’avvocato leccese Maurizio Villani ritiene il redditometro presunzione semplice e non presunzione legale. Redditometro bocciato dalla giurisprudenza prima di essere applicato. È questo, in sintesi, il nocciolo dell’importante sentenza n. 23554 del 10/07/2012, depositata il 20/12/2012 dalla Corte di Cassazione, sezione Tributaria, che, in accoglimento della tesi difensiva del noto tributarista leccese avvocato Maurizio Villani, ritiene il redditometro presunzione semplice e non presunzione legale. Questa sentenza, importante anche perché in contrasto con altre precedenti sentenze, per la prima volta in Italia, ritiene il redditometro una semplice presunzione e non inverte l’onere della prova a carico del contribuente che, in sede contenziosa, può avere grandi difficoltà a difendersi soprattutto perché nel processo tributario non è ammessa né la testimonianza né il giuramento. Invece, la Corte di Cassazione, accogliendo le motivazioni addotte nel controricorso del cittadino difeso dall’avvocato Villani, ritiene che debba essere sempre l’Agenzia delle Entrate a provare il maggior reddito derivante da redditometro e non deve basarsi esclusivamente sulle presunzioni previste dai decreti ministeriali. Questa decisione, la prima in Italia, per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, è importante anche in vista del nuovo redditometro pubblicato pochi giorni fa dall’Agenzia delle Entrate e che sarà utilizzato da marzo per tutti gli avvisi di accertamento riferiti al periodo d’imposta a partire dal 2009.

venerdì 25 gennaio 2013

NAS nelle farmacie: ritiro dal commercio di tutti i lotti dei medicinali TRADAPTIVE, PELZONT e TREVACLYN

NAS nelle farmacie: ritiro dal commercio di tutti i lotti dei medicinali "TRADAPTIVE compresse a rilascio modificato", "PELZONT compresse a rilascio modificato", "TREVACLYN compresse a rilascio modificato" I Carabinieri del Nas si sono presentati nei depositi farmaceutici e nelle farmacie di tutta Italia per verificare l'avvenuto ritiro dal mercato dei medicinali "TRADAPTIVE compresse a rilascio modificato", "PELZONT compresse a rilascio modificato", "TREVACLYN compresse a rilascio modificato" dopo che l’Aifa, Agenzia italiana del farmaco, ne ha disposto il ritiro immediato dal mercato. Il divieto è stato disposto dopo l’allerta proveniente dall'Agenzia Inglese dei Medicinali in conseguenza al parere del PRAC e del CHMP dell’Agenzia Europea dei Medicinali che ne ha sospeso l'autorizzazione all’immissione in commercio poiché i benefi non superano i rischi. Infatti l’Agenzia Europea dei Medicinali aveva completato una revisione dei medicinali autorizzati con procedura centralizzata e nazionale, a seguito di preoccupazioni sulla modalità di conduzione di alcuni studi presentati come parte della domanda di autorizzazione al commercio. I risultati di questi studi non possono essere considerati attendibili, pertanto è stato chiesto al CHMP di valutare se i problemi identificati possano avere un impatto sul profilo beneficio-rischio di questo medicinale e di rilasciare un’opinione se mantenere, variare, sospendere o ritirare l’autorizzazione all’immissione in commercio in Europa. TRADAPTIVE, PELZONT e TREVACLYN sono farmaci, utilizzati per trattare la dislipidemia e l'ipercolesterolemia prodotti e commercializzati da Merck Sharpe Dohme Limited, che hanno mostrato un incremento dell’incidenza di eventi "avversi gravi, ma non fatali", senza un beneficio “statisticamente significativo”. Giovanni D'Agata, fondatore dello "Sportello dei Diritti", rilancia la raccomandazione dell’Aifa di non utilizzare il farmaco in attesa del ritiro definitivo mentre si raccomanda ai farmacisti di indirizzare ai medici curanti quei pazienti che hanno ricevuto nuove abituali prescrizioni di Tredaptive, Trevaclyn e Pelzont..

Anoressia: un errore di percezione del cervello ingrassa l'immagine di sé. Lo dice uno studio

Uno studio di Boris Suchan dell'Institute of Cognitive Neuroscience della Ruhr-Universität di Bochum riportato sulla rivista scientifica Behavioural Brain Research, ha rivelato gli effetti delle aree cerebrali deputate alla percezione del corpo in soggetti anoressici. Secondo i risultati della ricerca le persone anoressiche sono "ingannate" dallo specchio che le fa sembrare grasse anche se sono pelle e ossa. La causa scatenante è determinata dalle aree neurali deputate alla percezione del corpo che non funzionando bene nel loro cervello, non consente la connessione tra loro in modo adeguato e quindi la percezione di sé che risulta quando si specchiano distorta. A sostegno dello studio vi sono molte ricerche che hanno attestato che le persone con anoressia hanno difficoltà a riconoscere la magrezza del proprio corpo e, anche se sono scheletriche, si vedono grasse. Gli specialisti tedeschi sono arrivati a questo conclusione dopo avere voluto vedere se ciò dipendesse da un problema legato al funzionamento delle aree neurali implicate nella percezione del corpo. Per tali ragioni hanno studiato un campione di donne anoressiche e un gruppo di coetanee sane con la risonanza magnetica funzionale, notando nel cervello delle prime che le aree deputate alla percezione del corpo non comunicano a dovere tra di loro, come nel cervello delle donne sane. Questo errore di connessione potrebbe essere alla base dell'inganno allo specchio. Giovanni D'Agata, fondatore dello "Sportello dei Diritti", sta conducendo una campagna per cambiare il modo in cui vengono trattate le persone con disturbi alimentari. L'anoressia colpisce il 2% delle donne. Questo rifiuto di alimentazione riflette un profondo disagio e può avere conseguenze drammatiche sulla salute.

Ebay: stop alle statuette di “Django Unchained” perché potrebbero istigare al razzismo

Stop alle statuette di “Django Unchained” perché potrebbero istigare al razzismo. Schizza alle stelle il valore di quelle già vendute. Anche Ebay ne vieta la vendita Ritirate dal commercio le statuette da collezione del film di Quentin Tarantino “Django Unchained” che raffiguravano i protagonisti. Da pochissimo si è appreso che la The Weinstein Company, infatti, ne ha annunciato il ritiro dal mercato nel tentativo di stemperare qualsiasi polemica sul film, che come è noto ha ricevuto le nomination per cinque Oscar. La questione nasce dopo che alcune organizzazioni per i diritti civili, tra cui quella del reverendo Al Sharpton, hanno invocato al boicottaggio perché legate alla possibilità di collezionare come vere e proprie icone personaggi estremamente razzisti come il villain Calvin Candie, e a quella di "giocare" su un tema così delicato come quello della schiavitù. Ciò, .nonostante le statuette fossero già consigliate a una utenza sopra i 17 anni. Questa la dichiarazione della TWC: “Alla luce della reazione alla messa sul mercato delle statuette di Django Unchained, abbiamo deciso di toglierle dalla distribuzione. Abbiamo il massimo rispetto per il pubblico e non avevamo intenzione di offendere nessuno. Abbiamo creato statuette per qualunque film di Tarantino, incluso Bastardi senza Gloria, e così le abbiamo prodotte anche per Django Unchained. Sono indirizzate a un pubblico sopra i 17 anni, lo stesso del film”. Il ritiro dal mercato ha ovviamente fatto salire alle stelle il valore delle statuette già commercializzate: si parla di mille dollari per il set completo su eBay che però avrebbe annunciato lo stop delle vendite sul proprio portale di aste on line. Per Giovanni D'Agata, fondatore dello "Sportello dei Diritti", una decisione apprezzabile quella delle società in questione anche perché troppo spesso si assiste a processi emulativi influenzati anche dal merchandising che si scatena introno ai film più cult del momento. Anche perché il tema del razzismo e della schiavitù sono questioni troppo serie per correre il rischio di essere messe in gioco a scopo ludico e ricreativo.

Allerta alimentare: cartoni per pizza al piombo segnalati dal sistema di allerta alimentare della Valle d’Aosta

Allerta alimentare: cartoni per pizza al piombo segnalati dal sistema di allerta alimentare della Valle d’Aosta. Si vigili sul territorio nazionale Dopo che il sistema di allerta alimentare della Valle d’Aosta ha segnalato il ritiro dal mercato di due lotti di cartoni per pizza e calzone a causa di un rischio chimico, in particolare per la presenza di piombo torna in auge la questione della pericolosità delle confezioni e contenitori utilizzati per il trasporto di prodotti alimentari anche quelli più apprezzati e diffusi come la pizza. Si stima, infatti, che quotidianamente nel Nostro Paese oltre 1,5 milioni di pizze vengono preparate e trasportate in confezioni di cartone, che a norma di legge devono essere prodotte a base di cellulosa vergine. Sul tema, la nostra normativa è tra le più severe in Europa e vieta l’impiego di materiale riciclato e anche la presenza di scritte all’interno dei contenitori che trasportano questo tipo di alimenti. La necessità di questo genere di precauzioni scaturisce dall’esigenza di evitare qualsiasi contaminazione di un alimento come la pizza che per natura è umido e ricco di grassi e perciò in grado di estrarre dal cartone sostanze sgradite soprattutto quando viene inserita appena sfornata e quindi calda anche a 60/65°C e per diversi minuti. Tutte condizioni ideali a favorire la migrazione. Nel cartone riciclato, infatti, non è raro trovare tracce di piombo, ftalati e altre sostanze tossiche. Secondo quanto riferito dall’allerta in questione, entrambi i lotti sono in corso il ritiro o già ritirati dai punti vendita. Alla luce di tale notizia, Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” ritiene utile da parte delle autorità sanitarie ma anche dei NAS dei carabinieri, un’indagine a campione sul territorio al fine di verificare l’utilizzo corretto di cartoni di cellulosa vergine e non di materiale riciclato.

giovedì 24 gennaio 2013

Trenta milioni di lavoratori hanno perso il posto di lavoro negli ultimi cinque anni

Organizzazione mondiale del lavoro (OIL): trenta milioni di lavoratori hanno perso il posto di lavoro negli ultimi cinque anni La crisi economica anche nel 2013 si farà sentire in Europa. Il monito: "In pericolo la coesione sociale" Una crisi che sembra non avere fine se si pensa che sono passati cinque anni dallo scoppio di quella finanziaria. Basti pensare che a livello mondiale dal 2007 ad oggi sono oltre 28 i milioni di lavoratori che hanno perso il posto di lavoro. E il 2013 si preannuncia ancora più difficile specie per i lavoratori. Non lo diciamo noi, sottolinea ancora più preoccupato Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, ma sono gli esperti dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) nell’ultimo rapporto che arriva a ridosso dell'inizio del forum economico, ad aver annunciato che il tasso globale di disoccupazione è destinato ancora a salire anche perché non c'è nessun segnale di crescita economica. La conseguenza sarà un aumento dei disoccupati di altri 5,1 milioni di persone, mentre globalmente il numero di senza lavoro supererà i 202 milioni. Le cifre sono e sono state fornite. La situazione non migliorerà neanche nel 2014: saranno altri tre i milioni di disoccupati. Il direttore dell'OIL Guy Ryder ha esplicitamente sostenuto che "L'insicurezza derivante dallo sviluppo congiunturale e le contromisure politiche insufficienti hanno indebolito la domanda e frenato gli investimenti e di conseguenza la creazione di nuovi posti di lavoro". Ed ha aggiunto che "La creazione di nuovi posti di lavoro è in calo, mentre aumenta il numero di disoccupati di lunga data". Alla luce di tali dati l'OLI ha invitato i governi a decisioni importanti e decise da parte del mondo politico ed economico per combattere il fenomeno. Secondo l’organizzazione è indispensabile che per invertire tale tendenza si riparta dalla crescita economica. Ciò soprattutto per quei paesi in difficoltà dell'Europa meridionale tra i quali la Grecia, che stanno conoscendo un crollo vertiginoso delle attività economiche. Ma L'OLI non si ferma qui e chiede riforme agli stati e si rivolge al sistema bancario affinché inizi a concedere crediti per investimenti produttivi, in particolar modo destinati alle medie imprese, motori importanti di sviluppo e occupazione. La cosa che più sorprende deriva dal fatto che tutto nonostante le misure attuate tra i quali il fondo di salvataggio europeo nonché quelle della banca centrale europea, la crisi non ha mollato il Vecchio Continente coinvolgendo il mercato del lavoro che è in grave affanno. Particolarmente complesso e grave anche per l’OIL è il fenomeno della disoccupazione giovanile che rappresenta il pericolo maggiore per la coesione sociale europea. Un problema globale che coinvolge ben 73,8 milioni giovani a livello mondiale che non hanno un lavoro stabile. Anche per i giovani il tasso di disoccupazione è destinato a salire con un aumento di un ulteriore mezzo milione di unità entro il 2014. Se non si prenderanno provvedimenti, la media globale della quota di disoccupati tra i giovani passerà dal 12,6% del 2012 al 12,9% nel 2017. Solo la Svizzera, la Germania e l'Austria sono riuscite a mantenere basso il tasso di disoccupazione giovanile. Al contrario nell'Europa meridionale la situazione è precipitata con Grecia e Spagna che hanno un tasso di disoccupazione giovanile che supera il 50%. La cosa più preoccupante è che questo dato, per l’OIL costituisce un pericolo che, come già sottolineato, potrebbe minacciare la coesione sociale.

Multa nulla se la prefettura non prova che il segnale dell’autovelox è visibile

La multa dev’essere annullata se la prefettura non prova che il segnale dell’autovelox è visibile La mancata indicazione nel verbale di tale circostanza impedisce l’inversione della prova né la P.A. ha fornito documentazione che provi l’esistenza del cartello Un’altra sentenza in materia di autovelox e trasparenza nel procedimento di accertamento delle infrazioni e che Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” ritiene che valga la pena di segnalare è la numero 21/2012 del Giudice di Pace di Fornovo di Taro (Parma) che ha annullato una multa elevata con l’autovelox se lo stesso non risulta segnalato in modo adeguato. Da rilevarsi che il giudice onorario abbia rilevato che il verbale in questione non contiene nulla in merito alla presenza del segnale che deve essere necessariamente installato, né la prefettura è riuscita a dimostrarne l’esistenza con ciò non riuscendo a confutare la motivazione dell’automobilista che sosteneva che la cartellonistica mancava o che comunque non era visibile. Nel caso di specie è stato, quindi, accolto il ricorso del presunto trasgressore che si era opposto ad una sanzione amministrativa elevata per il presunta violazione dell’articolo 142, comma 8, del Codice della Strada che è rivolta ai trasgressori individuati dal comma 3 dello stesso articolo, ossia coloro che non rallentano nei centri abitati, nei pressi delle scuole oppure di notte o in presenza di condizioni atmosferiche avverse. Il giudice di Pace ha ritenuto valida la motivazione secondo cui non risultava visibile sul tratto di strada in cui fu elevata l’infrazione il segnale che dovrebbe precedere la strumentazione elettronica di rilevamento della velocità dei veicoli. Tanto da far ritenere che l’apparecchio non sia per nulla segnalato. In tal senso il verbale di contestazione non dice niente sull’apprestamento delle garanzie in favore del conducente del veicolo. Ciò vuol dire che non si determina l’inversione della prova a carico del trasgressore. Al contrario, la prefettura, non fornisce alcuna documentazione in grado di offrire una prova contraria alla tesi del presunto trasgressore.

mercoledì 23 gennaio 2013

Stop alle placche di metallo. Le fratture saranno ridotte con la colla

La scienza medica va avanti anche per la cura delle fratture. Stop alle placche di metallo. Testato un particolare tipo di colla che fa saldare le ossa anche per le fratture più complesse come quelle di colonna vertebrale e cranio. La scienza medica fa passi da gigante per alleviare le sofferenze e diminuire i tempi di cura dei pazienti. È anche per questo che Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” ritiene utile divulgare le scoperte che danno qualche speranza in più per la salute dei cittadini. È di questi giorni la notizia secondo cui un’equipe di ricercatori del Royal Institute of Technology di Stoccolma avrebbero testato un particolare tipo di colla che agisce come un cerotto da applicare sulle fratture ossee più complesse, come quelle di schiena e cranio. Nel prossimo futuro si potrà dire basta a perni e placche di metallo, anche perché la nuova colla ha la capacità di dissolversi nell’organismo dopo che le ossa si sono saldate. Secondo quanto è dato sapere, sarebbero stati completati anche i test tossicologici sulla nuova sostanza che potrebbe diventare una terapia concreta, entro la fine di quest’anno.

Un cane in casa aiuta a vivere meglio. La conferma da uno studio che fa bene alla salute dei bambini

Che il cane fosse il miglior amico dell’uomo, ce lo insegnano i nostri padri, ma che facesse bene anche alla salute dei bambini tenerne uno in casa è un dato del quale ce ne accorgiamo anche empiricamente. Su quest’ultimo punto arriva però una conferma da una ricerca pubblicata sulla rivista americana Pediatric, da parte di un’equipe dell’Università di Kuopio (Finlandia) guidata dal pediatra Eija Bergroth. In tal senso, il ricercatore finlandese è riuscito a dimostrare che la presenza di un cane in famiglia rafforza il sistema immunitario di un bambino, lo aiuta contro le malattie respiratorie e gli evita anche di far ricorso con frequenza agli antibiotici. Peraltro, un cane in casa proteggerebbe il bambino contro le allergie. Lo studio si è basato sull’analisi di quattrocento famiglie con un bambino di un anno d’età. Di queste, 200 avevano un cane e 200 no. I bambini sono poi stati visitati per controllo una volta alla settimana al centro universitario. Alle famiglie è stato fatto un semplice questionario all’inizio ed in particolare se il cane viveva in casa o in una cuccia in giardino ed il tempo trascorso dal bambino in compagnia dell’animale. Gli scienziati a seguito delle visite settimanali ai bambini, hanno potuto verificare che quelli che vivevano con un cane facevano registrare un buon trenta per cento di infezioni virali e batteriche in meno alle vie respiratorie (tosse e raffreddore). Inoltre, che il mal d’orecchie era dimezzato e che quelli che ne soffrivano avevano bisogno per guarire di circa il 25% in meno di antibiotici e, infine, che i bambini che avevano un cane in casa guarivano in cinque giorni rispetto ai sette di quelli che non lo avevano. Secondo il dottor Bergroth: tali dati sorprendenti sono in stretta correlazione con il fatto che il rapporto tra cane e bambino stimola le difese immunitarie di quest’ultimo. Il cane, infatti, accumula sul pelo microrganismi, batteri, virus che entrano a contatto con il bambino, ma senza causare malattie. Così il sistema immunitario impara a riconoscere i potenziali nemici e quindi è più allenato a far fronte alle aggressioni dei virus e dei batteri che, invece, aggrediscono l’uomo”. Per ciò che concerne il tempo di contatto necessario per ottenere questi effetti benefici, il dottor Bergroth lo quantifica in circa sei ore al giorno, precisando che per contatto non s’intende che i due, cane e bambino, debbano stare sempre “attaccati”, ma solo che debbano vivere sotto lo stesso tetto. Le coccole dirette, i giochi, possono avvenire in tempi inferiori, ma, appunto, la presenza nella stessa stanza esige quella durata. Nella misura in cui il contatto è ridotto o più sporadico (presenza del cane in una cuccia fuori casa), è ridotto anche il beneficio. Oltre a questi benefici è stato evidenziato un altro aspetto da non trascurare: le allergie. Sarebbero, infatti, meno soggetti tutti i bambini che vivono con un cane in casa. Ciò perché tutti quelli che vivono a contatto non solo hanno il sistema immunitario rafforzato, ma sarebbe anche più preparato ad aggredire solo virus e batteri con una conseguente diminuzione dei fenomeni allergici. Uno degli aspetti più significativi nel rapporto cane-bambino in casa è quello psicologico. Si sa che la presenza di un cane in casa significa gioco, contatto, gioia, quindi meno stress, che significa meno cortisolo, l’ormone prodotto dallo stress, e che fa, appunto, diminuire le difese immunitarie. A questo punto, conclude Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” non resta che consigliare un cane in ogni casa e provarne gli effetti visto che di indesiderati non se ne conoscono.

martedì 22 gennaio 2013

Sigarette elettroniche. Arriva la stretta della Commissione europea per regolamentare la vendita di sigarette elettroniche

Sigarette elettroniche. Arriva la stretta della Commissione europea per regolamentare la vendita di sigarette elettroniche. A causa della alta presenza di nicotina le “e-sigarette” dovranno essere autorizzate come farmaci? Sta dilagando come una vera e propria moda in tutto il continente ed è giunta prepotentemente anche in Italia, quella delle sigarette elettroniche anche perché questi prodotti vengono messi in vendita senza alcuna particolare autorizzazione nonostante l’alto contenuto di nicotina presente nelle ricariche. A rallentare i facili entusiasmi ci sta pensato la Commissione Europea che ha annunciato, come segnala il "Berliner Zeitung", un cambiamento di rotta, che Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, ritiene utile anche per meglio tutelare la salute dei consumatori europei che altrimenti sarebbero esposti ai rischi connessi all’eccessivo consumo di nicotina: le sigarette elettroniche potrebbero essere trattate in un futuro molto prossimo allo stesso modo delle terapie sostitutive della nicotina come cerotti alla nicotina, gomme o spray. La bozza della nuova direttiva sui derivati del tabacco, prevederebbe, infatti, che i prodotti con aggiunta di nicotina avrebbero bisogno di una specifica autorizzazione come dei farmaci. Queste nuove misure, a parere della Commissione, si applicherebbero a molti tra i prodotti attualmente disponibili sul mercato. Anche se l’istituzione europea ha specificato di non avere al momento informazioni precise su tutti quelli attualmente disponibili sul mercato. La sigaretta elettronica è un prodotto che contiene spesso, ma non per tutte quelle disponibili in commercio, nicotina liquida. Sono milioni in Europa e tantissimi in Italia i consumatori che da abituali fumatori le hanno scoperte come alternativa alla sigaretta tradizionale. La nuova normativa proposta dalla Commissione UE individuerebbe dei limiti molto bassi fino ai quali i prodotti contenenti nicotina potrebbero essere venduti liberamente. Di conseguenza, una unità di consumo non potrà contenere più di due milligrammi di nicotina, e la concentrazione di nicotina nel liquido non deve superare il valore di quattro milligrammi per millilitro. Al contrario, i prodotti attualmente disponibili, avrebbero una concentrazione molto più alta di nicotina.

Sicurezza stradale: la guida è più aggressiva ascoltando la musica hip-hop e rock

Secondo una ricerca inglese certi generi di musica influenzerebbero lo stile di guida delle persone al volante. Il sito britannico Confused.com ha elaborato una lista di canzoni "pericolose" per i guidatori anche se la ricerca non è tra le più attendibili, scientificamente parlando, ma mette alla ribalta una questione non così scontata. Lo studio ha analizzato la guida di quattro donne e quattro uomini che hanno guidato un'auto per 800 chilometri. La prima metà del viaggio è avvenuta in silenzio, la seconda con il sottofondo musicale. Le donne hanno reagito con più aggressività ascoltando musica hip-hop, mentre gli uomini si sono mostrati più sensibili al rock. La canzone più "a rischio" sarebbe "Hey Mama" dei The Black Eyed Peas, seguita da "Dead on Arrival" ( Fall Out Boy) e "Paper Planes" (M.I.A). La più "rilassante" invece sarebbe "Come Away With Me" di Norah Jones. Il problema per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” è dato dal fatto che mentre è stato possibile proibire l’uso del cellulare alla guida, diventa assai arduo trovare gli strumenti utili per diminuire le distrazioni mentali. È chiaro che le tecnologie impiegate per la sicurezza stradale si stanno evolvendo come l’introduzione di sistemi intelligenti che “vigilano” sul nostro stato d’attenzione o in maniera più pratica sul mantenimento della traiettoria sulla carreggiata che si percorre, o l’uso di cartellonistica stradale che stimoli l’attenzione sulle arterie più trafficate e pericolose, ma è sulla psicologia delle persone che bisogna intervenire attraverso programmi di sensibilizzazione che persuadano i cittadini ad essere il più possibile vigili alla guida.

domenica 20 gennaio 2013

Spesa più cara nel 2013. Aumenti anche per molti beni di prima necessità

Tutti gli indicatori economici sono inequivocabili: nel corso di quest’anno i prezzi nel commercio al dettaglio saranno stabili o in crescita. Termina quindi la tendenza al calo registratasi gli ultimi quattro anni. Gli incrementi sono determinati soprattutto dal rincaro delle materie prime, ma l'evoluzione dipenderà anche dall’andamento della moneta unica. Nel dettaglio secondo stime accediate i maggiori aumenti nel carrello della spesa riguarderanno prodotti di (quasi) prima necessità come frutta e verdura, prodotti freschi e pollame. È inevitabile, per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” che a causa della corrispondente contrazione del potere d’acquisto delle famiglie il prossimo governo dovrà invertire la rotta rispetto a quelle seguite dagli ultimi due esecutivi, in particolare il governo “Monti”che è andato ad incidere in maniera assai negativa sui redditi, specie quelli della fascia media della popolazione, in maniera tangibile con l’aumento della tassazione.

Meno omicidi ma più furti, rapine e contrabbando. Paese meno sicuro per colpa della crisi

L’Italia è un paese meno sicuro rispetto al 2011. È questa la fotografia che emerge dalla lettura dei dati del Ministero degli Interni sulla sicurezza nel primo semestre del 2012. Perché se è vero che da un lato diminuiscono i reati che destano maggiore clamore sociale quali omicidi e violenze sessuali, dall’altro crescono proporzionalmente i delitti cosiddetti comuni, cioè le rapine nelle abitazioni, i furti e i borseggi, ma salgono in percentuale anche i reati “sociali”, come l’usura, il racket, le estorsioni. Le ragioni di quest’istantanea nel primo semestre dello scorso anno rispetto agli stessi sei mesi del 2011, per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” non possono non essere attribuiti all’aggravarsi della crisi economica e quindi alle conseguenze della ricerca di mezzi di sopravvivenza di natura illecita anche da parte di categorie di cittadini estranee del tutto o quasi al crimine. Ma venendo al dettaglio dei primi sei mesi dei due anni in comparazione, come si diceva, si sono registrati meno omicidi volontari: mentre nei primi sei mesi 2011 erano 495 e nello stesso periodo di un anno dopo ne sono stati compiuti 461, ossia 34 in meno (- 6,9%). Al contempo è calato il numero di tentati omicidi, che sono scesi da 713 (2011) a 688 (2012), 25 in meno (-3,5%). Anche le violenze sessuali, registrano la stessa tendenza al ribasso: passano da 2382 nel 2011 a 2270 nel 2012, 112 in meno (- 4,7%). Al contrario crescono tutti i reati che potremmo dire connessi con l’aggravarsi della crisi economica. In primo luogo le rapine, ossia i furti con minaccia o violenza. Come detto complessivamente il numero totale è aumentato: da 20133 a 20547 (+2,1%) ma con delle distinzioni che possono essere evidenziate nella tabella del ministero. Le rapine nelle abitazioni, infatti, sono aumentate di ben il 25,8%, da 1333 a 1667, mentre, al contrario quelle in banca sono invece diminuite del 22,1%, da 734 a 572; sono diminuite anche quelle agli uffici postali, da 207 a 200 (- 3,4%) e quelle in strada, da 10253 a 10112, (-1,4%). Analoga tendenza registrano i furti che sono stati 697.716 nel 2011, 719.748 nel 2012, con un aumento globale del 3,2%. Quelli nelle abitazioni sono invece cresciuti del 17,3%. I casi di ricettazione sono stati 11.601 nel 2011, 12.057 nel 2012, con un aumento del 3,9%. Venendo ai reati cosiddetti sociali come quello di usura che costituisce una questione assai difficile anche perché il numero di denunce sono di gran lunga inferiori a quelle effettive, anche perché soventemente vengono denunciati atti di usura effettuati da privati non legati alla criminalità organizzata, mentre lo sono molto meno quando gli atti di usura vengono fatti da organizzazioni criminali. Nonostante la complessità del fenomeno, anche in questo caso si registra un aumento dei casi di usura denunciati: si passa da 197 nel primo semestre del 2011, a 204 nel primo semestre del 2012 (+ 3,2%). Sorprende l’impennata dei reati connessi al contrabbando dopo anni di flessione: sono ben il 28,9% in più. Anche questo è un aspetto legato intimamente alla crisi. L’introduzione sul mercato nero di merci e prodotti a prezzi inferiori rispetto ai canali legali è un mercato sicuro e redditizio, proprio perché le merci hanno costi inferiori e la gente ne è maggiormente attratta per i risparmi che può ottenere,. Un settore che evidenzia aumenti di anno in anno è quello delle truffe e le frodi informatiche che sono connessi alla maggiore diffusione dell’uso della tecnologia. L’aumento, in questo caso è del 7,3%, con circa 3.800 reati denunciati in più (da 52.107 a 55.919). Da segnalare, inoltre, le persone arrestate, che sono diminuite nel 2012 (96.833) rispetto al 2011 (98.220), e le persone denunciate, che sono state di più nel 2012 (380.591) e di meno nel 2011 (364.056). ciò vuol dire che ci sono state più denunce e meno arresti.

Cambiano i tempi anche per hotel e “b&b”

Cambiano i tempi anche per hotel e “b&b”. D’ora in poi i dati dei nuovi ospiti dovranno essere comunicati via internet alla polizia Entra a regime il decreto del Ministero degli Interni che cambia la disciplina Cambia il sistema di comunicazione all’autorità di pubblica sicurezza dell’arrivo dei nuovi ospiti alloggiati in strutture ricettive come alberghi e bed and breakfast. Non più la classica schedina d’albergo che doveva essere compilata ogni volta che si pernottava, ma d’ora in avanti la comunicazione avverrà per via telematica. Entra, infatti, in vigore un decreto ad hoc del ministero dell’Interno, dopo aver ricevuto il via libera dal Garante della privacy, che modifica la disciplina precedente individuando significative modalità tecniche per le comunicazioni telematiche. A segnalarlo è Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” che sottolinea i benefici di queste nuove procedure sia in termini di tutela della privacy che della pubblica sicurezza. D’ora in avanti, infatti, i gestori di alberghi e B&B dovranno comunicare i dati delle persone ospitate alle questure competenti entro ventiquattro ore dal loro arrivo per mezzo di un servizio dedicato attivato sul web dal centro elettronico nazionale (Cen) della polizia. Non cambiano le informazioni sensibili da fornire che sono: generalità, estremi del documento di riconoscimento e numero dei giorni di permanenza. Al fine di garantire la riservatezza dei dati sono previste particolari procedure e misure di sicurezza per gli esercenti e per gli operatori di pubblica sicurezza. In particolare, tutte le strutture ricettive dovranno adoperarsi per richiedere un apposito certificato elettronico per abilitarsi al servizio di trasmissione in rete. Nel caso di malfunzionamento del servizio i dati potranno essere inoltrati mediante fax o posta elettronica certificata. Le informazioni inviate dovranno essere cancellate immediatamente dopo l’invio, mentre le ricevute di trasmissione conservate per cinque anni per consentire eventuali controlli. I dati in questione verranno memorizzati presso una struttura informatica del Cen, in aree di memoria separate in base all’ufficio territoriale competente, in modo da consentire un accesso selettivo al personale della polizia espressamente autorizzato. Per quindici giorni i dati potranno essere consultati dai soli operatori incaricati per finalità di prevenzione, di accertamento e repressione dei reati oltre che di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica. Decorso tale termine, le informazioni sulle persone ospitate potranno essere consultate esclusivamente dagli ufficiali di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza addetti ai servizi investigativi con profilo di accesso a livello nazionale. Trascorsi cinque anni dalla registrazione, le schedine d’albergo dovranno essere definitivamente cancellate anche dal Cen.

sabato 19 gennaio 2013

Sicurezza stradale: più a rischio gli stranieri negli incidenti stradali

C’è chi crede che questo Paese debba essere ancora off limits per gli stranieri, ma ancora non si è reso conto che la storia, le migrazioni degli ultimi anni, la globalizzazione ci stanno rendendo una nazione multietnica con la conseguente evoluzione degli schemi della società cui eravamo abituati modificata anche dalle abitudini della popolazione che pur provenendo da altri paesi ha deciso di risiedere stabilmente nel Nostro. Sono quasi cinque milioni gli stranieri che risiedono stabilmente in Italia, dei quali ben oltre la metà, circa 2,6 milioni, muniti di patente. Di questi 1,4 milioni hanno conseguito l’abilitazione alla guida in Italia. Mentre sono 2,7 milioni le automobili e più di 250.000 moto, i mezzi intestati agli stranieri. Chiaramente però, la diversità di abitudini e di comportamenti alla guida che variano da nazione a nazione, la scarsa conoscenza di leggi e regolamenti ma anche della segnaletica nostrana, comportano un aggravamento dei problemi di sicurezza stradale se si pensa che già nel Belpaese normalmente e da decenni i sinistri stradali siano forieri di rilevanti ripercussioni sul nostro sistema economico e sociale. Basti pensare che solo nel 2011 nel Nostro Paese ci sono stati in conseguenza degli incidenti stradali ben 3.860 morti, 292.019 feriti e costi sociali per oltre 28 miliardi di euro, che corrispondono ad una cifra prossima al 2% del PIL nazionale. Da segnalare che per rimediare agli inconvenienti dettati dalla possibilità di problemi connessi alla difformità delle abitudini alla guida, l’ACI abbia lanciato un programma in tal senso che prevede 1.000 corsi gratuiti di guida sicura l’anno dedicati agli stranieri per tre anni e la realizzazione di un call center multilingue per consulenza legale e tecnica sui problemi legati alla mobilità. In particolare, le lezioni in questione vengono effettuate presso il centro Aci-Sara di Vallelunga nei pressi di Roma. Il progetto è partito lo scorso anno con la partecipazione di almeno 1.300 automobilisti stranieri che sono stati nominati “Ambasciatori di Sicurezza Stradale”. Anche nel corso di quest’anno sono previste 18 giornate, che vedranno la partecipazione di 60 “allievi” ciascuna che potranno recarsi a Vallelunga con pullman messi a disposizione dall’organizzazione. Le giornate d’insegnamento si svolgono nei week end e i partecipanti sono selezionati dalle comunità nazionali per far si che ogni gruppo abbia una composizione omogenea. Una volta superato il corso, i 3.000 stranieri che vi hanno preso parte sono nominati “Ambasciatori di sicurezza stradale” presso le proprie famiglie e le rispettive comunità nazionali, con l’impegno a promuovere il rispetto delle regole e, in particolare, l’importanza dell’uso delle cinture di sicurezza (anche posteriori), dei seggiolini omologati per il trasporto dei bambini, degli auricolari e dei sistemi viva-voce per il cellulare e i pericoli della guida sotto l’effetto di alcol e droghe. Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” ritiene che iniziative del genere debbano avere maggiore diffusione anche in relazione a tutti gli obblighi che vigono in Italia quale quello della copertura R.C. Auto, spesso sottovalutato in quanto non esistente in tutte le nazioni, anche perché è vero che la sicurezza stradale non è una questione di razza o di colore della pelle ed anzi l’educazione in tal senso può costituire un ulteriore ed importante momento di accoglienza e d’integrazione.

venerdì 18 gennaio 2013

Alimentazione: le patatine se fritte con extravergine sono anti-invecchiamento

Uno studio del dipartimento di Scienza degli alimenti della facoltà di Agraria dell'Università di Napoli ha preso in esame il ciclo di cottura di una normale friggitrice domestica mettendo fine a un lunga sfida tra i fornelli tra extravergine e semi. Secondo il Consorzio olivicolo italiano Unaprol che ha citato lo studio, le patatine fritte nell'olio extra vergine di oliva non fanno male, sono più digeribili di quelle cotte con altri oli alimentari e anche più ricche di sostanze antiossidanti che combattono l'invecchiamento. Infatti è stato documentato che da ogni 100 grammi di patatine fritte per 7-8 minuti alla temperatura di 180-200 gradi con olio extra vergine, è stato possibile estrarre e dosare tra i 3 e gli 8 mg di sostanze fenoliche antiossidanti. Il presidente di Unaprol, Massimo Gargano ha dichiarato che "L'olio extra vergine di qualità resiste alle elevate temperature meglio di altri oli alimentari per il basso contenuto di componenti polinsaturi e per la presenza di antiossidanti, anche dopo diverse ore di frittura continua.Peccato che di patate fritte con l'olio extra vergine di oliva, ve ne siano ancora così poche in commercio". Per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” questo è possibile perché durante la frittura l'olio extra vergine rilascia parte degli antiossidanti più idrosolubili (idrossitirosolo), arricchendo i cibi fritti di questi benefici componenti naturali.

giovedì 17 gennaio 2013

Malattie killer trasmesse da pesci tropicali

Più il mondo globalizzato più è facile che si diffondano malattie da ogni parte del pianeta che utilizzano i vettori più impensabili. Basti pensare che uno studio dell'Oregon State University è giunto a una conclusione sorprendente: anche i nostri acquari che fanno bella mostra di pesci tropicali possono essere pericolosissimi perché c’è il rischio di contrarre malattie killer da alcune specie importate. Se si tengono i pesci tropicali negli acquari, secondo la ricerca, si può essere a rischio di infezioni batteriche e malattie persino mortali anche perché secondo l’indagine molti tipi di batteri e virus che sono trasportati in essi sono sorprendentemente resistenti agli antibiotici. Ciò significa che i pesci importati da luoghi esotici stanno portando con loro anche le infezioni batteriche che non possono essere trattate e possono così diffondersi tra gli esseri umani. Gli antibiotici sono, infatti, usati comunemente per molti pesci che sono importati per fermare eventuali infezioni batteriche ed evitare di sviluppare malattie a causa dello stress cui sono sottoposti per i viaggi lunghissimi che effettuano sino ad arrivare ai nostri acquari. Tra i batteri più a rischio vi sono: lo Pseudomonas che può causare danni al tessuto polmonare e condurre alla polmonite, mentre se contamina una ferita aperta può anche portare a shock settico e lo Staphylococcus che può infettare i follicoli dei capelli e causa di altre infezioni della pelle tra cui l'impetigine che, come è noto, è estremamente contagiosa. Se il batterio contamina il cibo può provocare crisi diarroiche. Lo studio, pubblicato in Canada ha individuato 32 pesci d'acqua dolce di varie specie che sono stati testati per la resistenza a nove diversi farmaci. I pesci in questione vengono dalla Colombia, Singapore e in Florida. Anche se lo studio sostiene che il passaggio di malattie tra i pesci e gli esseri umani è raro, le persone che possiedono o lavorano a contatto di pesci tropicali e quelli che hanno uno scarso sistema immunitario sono i soggetti più a rischio. Per evitare i rischi di contagio anche alla luce delle risultanze di tale studio, Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” raccomanda la massima attenzione nell’acquisto di pesci tropicali cercando di comprare solo pesci sani ed evitando la pulizia di serbatoi e acquari con tagli aperti o piaghe sulla pelle. È evidente, peraltro, che se un pesce risulta ammalato dev’essere immediatamente rimosso. Si dovrebbero anche mettere in quarantena tutti i nuovi pesci in una vasca separata per almeno 30 giorni. Inoltre, è buon uso lavare sempre le mani quando si entra a contatto con i pesci e l’acqua dei serbatoi e non utilizzare mai antibiotici a meno che non vi sia stata la prescrizione di un veterinar

mercoledì 16 gennaio 2013

Lettore CD Grundig: richiamati dal commercio i caricatori forniti con il CD perché difettosi e pericolosi

Lettore CD Grundig: richiamati dal commercio i caricatori forniti con il CD perché difettosi e pericolosi. Possono provocare gravi ferite L'Ufficio federale del consumo svizzero (UFDC) in un comunicato odierno ha annunciato che Grundig sta provvedendo a richiamare dal mercato i suoi caricatori consegnati con il lettore CD Grundig, modello 5100 SPCD. Infatti alcune componenti possono presentare delle rotture meccaniche e, in certi casi, possono provocare delle gravi ferite. I prodotti sono stati venduti fra l'aprile e il settembre 2012. La data di produzione è integrata nel numero di serie dell'apparecchio. Il numero di serie si trova sotto il coperchio della batteria del lettore portatile, precisa l'UFDC. Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” raccomanda agli acquirenti di non utilizzare il caricatore fornito se questo fa parte di una delle partite indicate e di rinviarlo in modo che possa essere sostituito gratuitamente. I consumatori sono inoltre invitati a contattare immediatamente la società.

martedì 15 gennaio 2013

Viaggi e salute: in corso per la seconda volta epidemia di colera a Cuba

In corso per la seconda volta epidemia di colera a Cuba. Rischi potenziali per i viaggiatori europei Il Ministero cubano della salute ha confermato una nuova epidemia di colera, la seconda in quattro mesi dopo 130 anni senza la malattia che ha colpito 51 persone a L'Avana. L'anno scorso sono stati ufficialmente confermati a partire dal 3 luglio 417 casi di colera Vibrioe, tra cui tre decessi, nel sud-ovest della città di Manzanillo. È la prima volta dal XIX secolo che un'epidemia di colera è segnalata nell'isola caraibica. L'ultimo focolaio è stato individuato il 6 gennaio, dopo l'impennata di casi di diarrea acuta nella capitale cubana, una città di 2,2 milioni di persone. L'Istituto di Medicina Tropicale Pedro Kouri ha comunicato che l’origine del virus è lo stesso ceppo che ha causato l’epidemia di colera lo scorso anno. Pesanti piogge e le temperature elevate durante le settimane precedenti hanno probabilmente influenzato l'insorgenza della malattia. In questa fase non c'è nessuna informazione disponibile circa il ceppo del virus, né l'origine del focolaio. Secondo il Ministero della salute a Cuba, sono state attuate misure di controllo, inclusi campionamento e chiusura di pozzi privati e pubblici contaminati, il trattamento delle acque reflue, la fornitura di acqua clorurata nei tubi delle zone interessate e nello stesso tempo si sensibilizza l'opinione pubblica circa l'importanza delle buone pratiche sanitarie e igieniche. Per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” vi è un potenziale rischio per l'infezione dei cittadini europei che viaggiano a Cuba. Il colera è un'infezione causata dal batterio Vibrio cholerae dei sierogruppi O1 o O139. Il consumo di cibo e acqua contaminato provoca l’infezione. Dopo un periodo breve di incubazione, meno di cinque giorni, potrebbero sviluppare i sintomi tipici, caratterizzati da diarrea acquosa e vomito.

Ambiente e nuove discariche: i cittadini hanno diritto di sapere. Lo ha stabilito la sentenza della Corte di giustizia UE

Importante sentenza della Corte di Corte di giustizia UE in materia di diritti di cittadinanza e apertura di discariche. La popolazione interessata non può essere estromessa dal procedimento di apertura della nuova discarica. Il segreto commerciale non può essere opposto per escludere l’accesso al titolo urbanistico-edilizio dell’impianto a forte impatto ambientale I cittadini hanno il diritto di conoscere tutto l’iter che riguarda l’apertura di nuovi impianti a forte impatto ambientale e in particolar luogo le discariche. Per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” è un principio sacrosanto che non può essere opposto neanche dalle autorità nazionali. A conferma di tanto arriva l’importante sentenza della grande sezione della Corte di giustizia europea pubblicata in data odierna, 15 gennaio, secondo la quale quando le autorità che decidono di realizzare una nuova discarica di rifiuti, non possono estromettere la popolazione interessata dall’iter procedimentale che conduce al provvedimento. In tal senso, la tutela del segreto commerciale non può essere opposta per negare sin dall’avvio l’accesso al titolo urbanistico edilizio che abilita all’insediamento dell’impianto. Infatti, la Convenzione di Aarhus, ha stabilito che quando le istituzioni nazionali e locali avviano un procedimento in materia ambientale, ai soggetti interessati e quindi ai cittadini deve essere garantita la partecipazione sin dall’inizio e quindi quando tutte le alternative sono ancora praticabili e la loro presenza può avere un’influenza effettiva. Nel caso di specie, la vicenda riguarda un impianto in Slovacchia ma è naturalmente applicabile in tutta l’UE con conseguenze che riguardano casi analoghi anche in Italia anche per ciò che concerne altri tipi di’impianti che hanno un impatto ambientale. La decisione di assenso urbanistico edilizio all’insediamento della discarica costituisce una delle misure fondamentali per l’entrata in servizio dell’impianto. Ovviamente include informazioni sull’impatto ambientale del progetto e sulle condizioni imposte al gestore per garantire l’equilibrio dell’ecosistema e altre importanti notizie sulle caratteristiche dell’impianto. Per farla breve, le istituzioni interessate non possono invocare la tutela della riservatezza di determinate informazioni commerciali o industriali per celare agli occhi dei cittadini il provvedimento che contiene l’assenso urbanistico edilizio alla realizzazione dell’impianto. Al contrario, però il rifiuto illegittimo può essere sanato in corso d’opera, purché tutte le alternative siano ancora praticabili e che la regolarizzazione in tale fase procedurale consenta ancora al pubblico di esercitare un’influenza effettiva sull’esito del processo decisionale.

lunedì 14 gennaio 2013

Immigrazione: per i cubani sarà più facile viaggiare

Immigrazione: per i cubani sarà più facile viaggiare. Da oggi più agevole lasciare l'isola per chi ha un passaporto Da oggi entrano in vigore a Cuba nuove regole sui viaggi all'estero degli abitanti grazie alla riforma della legge sull'immigrazione varata dal presidente Raul Castro. Le possibilità di lasciare il paese saranno estese e la distribuzione di visti agevolata. La riforma autorizza i cubani sopra i 18 anni a recarsi all'estero, purché forniti di un passaporto in regola. La legge dovrebbe favorire soprattutto i circa 2 milioni di cubani che vivono all'estero (l'80% negli USA) e gli sportivi e i professionisti fuggiti dal paese nel corso di viaggi oltreconfine. Sull'isola sono stati aperti 195 uffici che potranno esaminare le richieste di privati cittadini per potere effettuare soggiorni in altri paesi, opportunità sinora fortemente limitata. Sino a ieri, i cittadini potevano restare fuori da Cuba non più di 11 mesi, altrimenti venivano dichiarati espatriati definitivi, senza possibilità di ritorno, e si vedevano confiscare i beni. La popolazione residente in Italia proveniente da Cuba al 1° gennaio 2013 è composta da circa 19.000 stranieri. Per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” la notizia segna una svolta storica per il riconoscimento dei diritti civili e per il miglioramento delle condizioni di vita dei cubani, poichè fino ad oggi, i cittadini che volevano uscire dal paese dovevano chiedere al governo una autorizzazione e presentare una lettera di invito dall'estero. Altra buona notizia riguarda il personale medico e infermieristico, che potrà andare all'estero per corsi di perfezionamento professionali anche per periodi prolungati. Non sarà più necessario avere un invito da altri Stati.

Arriva la patente Ue per gli scooter

Arriva la patente Ue per gli scooter. Dal 19 gennaio niente più corsi nelle scuole e certificati di frequenza. Per la categoria Am età minima 14 anni, che diventano 16 nel resto d’Europa. Esame teorico e pratico senza obblighi di frequenza Anche in tema di circolazione stradale a bordo di ciclomotori, ci dobbiamo adeguare alle normative europee. Entra, infatti, in vigore da sabato 19 gennaio prossimo il decreto legislativo 59/2011 che introduce la nuova procedura per l’emissione delle patenti europee. Con le circolari 635 e 636 del 9 gennaio scorso il ministero dei Trasporti esplica le istruzioni conseguenti. La prima circolare la numero 635 individua i dettagli sul Cigc, certificato di idoneità alla guida del ciclomotore. Come è noto, infatti, il cosiddetto “patentino” di guida sarà sostituito dalla patente Ue di categoria Am e comporterà, come per tutte le altre patenti, un esame teorico e uno pratico, mentre non vi sarà più alcun obbligo di frequentare il corso teorico. In conseguenza di tale novità vengono eliminati i corsi nelle scuole e l’obbligo di conseguire il certificato di frequenza al corso al fine dell’iscrizione agli esami. Per coloro che hanno compiuto la maggiore età entro il 30 settembre 2005 e per i quali sino ad ora vi era la possibilità di ottenere il “patentino” senza esami ma soltanto con l’obbligo del corso, anche per loro saranno valide le nuove regole. In Italia occorre avere 14 anni per conseguire la patente Am, mentre negli altri Stati Ue è valida solo a partire da 16 anni. Ma venendo alla circolare 636 essa specifica un dettaglio non meno importante: la patente C si potrà conseguire già dai 18 anni - e non 21 come l’Ue sembrava imporre - se si è titolari anche della Cqc merci, carta di qualificazione del conducente. Per la patente D, come già attualmente, si potrà conseguirla a partire dai 21 anni, e non dai 24, se si è titolari della Cqc persone. Per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” se da una parte le nuove norme sembrano voler facilitare il conseguimento dell’idoneità alla guida per i ciclomotori nei confronti dei più giovani, dall’altra l’aver eliminato i corsi almeno a scuola può costituire un vulnus per la sicurezza stradale di categorie, quale quelle di minori di anni 18 per i quali la frequentazione di qualche ora di teoria può essere utile per meglio inculcare la conoscenza delle insidie della strada e i diritti e obblighi dei conducenti.

domenica 13 gennaio 2013

Arabia Saudita: secondo la stampa inglese pena di morte inflitta a 45 lavoratori stranieri

Arabia Saudita: secondo la stampa inglese pena di morte inflitta a 45 lavoratori stranieri. Appello contro l’ondata di esecuzioni Il trattamento riservato ai lavoratori stranieri da parte delle autorità saudite si è imposto all'attenzione di osservatori e comunità internazionale. Secondo quanto rivela l'Observer, il domenicale del Guardian, sarebbero oltre 45 i lavoratori stranieri in Arabia Saudita condannati a morte. L'inquietante cifra è emersa dopo il caso della decapitazione nel Paese di una domestica cingalese di 24 anni, Rizana Nafeek, originaria di una famiglia molto povera del villaggio di Mutur distretto orientale di Trincomalee. Rizana era arrivata in Arabia saudita nel 2005, a soli 17 anni con passaporto falso per lavorare come cameriera. Il bambino del suo datore di lavoro è morto mentre lei prestava servizio. Rizana è stata accusata di omicidio e condannata a morte con un processo-farsa, basato su una confessione firmata senza che ne conoscesse il contenuto, perché scritto in arabo, lingua a lei sconosciuta. Nel 2007 è arrivata la condanna a morte. I numerosi appelli alla clemenza e la mobilitazione dell'opinione pubblica internazionale rispetto all'episodio nulla ha potuto contro la determinazione delle autorità saudite di eseguire la condanna a morte. Secondo gruppi per la difesa dei diritti umani, il numero esatto tra l'altro pressoché impossibile da ottenere dei lavoratori stranieri, domestici soprattutto, condannati a morte è senza dubbio più alto. Si segnalano in particolare 45 donne indonesiane che rischiano una sentenza a morte, con cinque di loro per le quali l'esecuzione della sentenza potrebbe essere imminente. Per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, le leggi in Arabia saudita sono molto al di sotto di ogni norma di legalità e procedura investigativa universalmente accettate e nei processi, non vengono rispettate alcune garanzie di trasparenza. Per tali ragioni lo “Sportello dei Diritti”lancia un grido di allarme contro l’ondata di esecuzioni e chiede un urgente intervento della Comunità Internazionale e di tutti coloro che hanno la facoltà di agire contro tali crimini.

Economia: distributori di carburante, parecchi chiuderanno dopo il 2013

Tra i problemi per cui i prezzi dei carburanti nel Nostro Paese sono più elevati della media europea, sta senza dubbio nel sistema di distribuzione, tant’è che secondo stime acclarate, una stazione di servizio su quattro ha una resa troppo bassa e nel prossimo futuro molte saranno costrette a chiudere, soprattutto nelle località meno transitate. Tale tendenza non è però un problema solo italiano anche perché dagli anni '80 il numero di rifornitori di carburanti si sarebbe addirittura dimezzato in tutta Europa. In tutto il Belpaese sino al 2011 erano ben 22.900 le stazioni di servizio: un numero senz’altro abnorme rispetto agli altri stati europei come Germania (14.785), Francia (12.522), Spagna (9.226) e Gran Bretagna (8.921). Ciò, nonostante la tendenza alla chiusura cui facevamo riferimento secondo cui il saldo negativo vede una quarantina di pompe in meno di anno in anno, che dovrebbe accelerare nell’anno in corso. Si salvano da questo fenomeno solo quelle con annessi servizi di vario tipo, quali bar, tabacchini e negozi anche perché le compagnie petrolifere più importanti sono in perenne ricerca delle migliori postazioni, specie quelle vicine ai centri commerciali. Probabilmente, la differenza numerica con il numero d’impianti all’estero, va ricercata nel fatto che sono meglio organizzati e distribuiti sul territorio ed hanno scelto strategicamente la diversificazione delle proprie attività, tant’è che arrivano a realizzare il 70-80% del fatturato attraverso servizi diversi da quello della vendita dei prodotti petroliferi, mentre in Italia gli impianti che svolgono queste attività sarebbero ancora fermi al 15% del totale. Anche se vi è da dire che da quando è stato introdotto l’obbligo delle pompe self service qualcosa sta cambiando e si registra un’inversione di tendenza. Per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, la realtà italiana dimostra che il sistema distributivo contribuisce sensibilmente a tenere alti i prezzi dei carburanti, mentre un avvicinamento agli standard europei potrebbe invertire tale tendenza unitamente ad una incentivazione all’apertura delle cosiddette “pompe bianche” ossia quelle stazioni di rifornimento non legate alle grandi compagnie petrolifere.

sabato 12 gennaio 2013

Immigrazione e sfruttamento del lavoro: muore operaio sotto il sole condannati gli imprenditori agricoli

Immigrazione e sfruttamento del lavoro: muore bracciante sotto il sole addetto alla raccolta dei meloni. Condannati in maniera esemplare gli imprenditori agricoli In Italia lo sfruttamento del lavoro nei campi, specie degli immigrati, ritorna periodicamente sulle cronache perché sono quasi sempre notizie di giornale a riportare all’attenzione degli italiani un dramma che è in realtà la tragedia quotidiana di tantissimi migranti costretti a lavorare senza tutele nelle campagne in condizioni disumane e quasi sempre sottopagati. Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, ritiene invece che queste forme di sfruttamento di retaggio feudale, dovrebbero essere perseguite e combattute quotidianamente dalle istituzioni e dalle autorità per evitare che il fenomeno possa continuare a persistere. Fa notizia, quindi, la sentenza della Corte d'appello di Milano che ha deciso la condanna rispettivamente a 17 anni e 9 mesi e a 9 anni e 4 mesi di reclusione per omicidio volontario due imprenditori agricoli, marito e moglie residenti a Salina (Mantova), che nell’ormai lontano giugno 2008 lasciarono morire sotto il sole un bracciante che lavorava per loro nella raccolta dei meloni. L’esemplare decisione arriva dopo che la Corte di Cassazione, aveva annullato la mite condanna inflitta dalla corte d'appello di Brescia, a soli 4 anni e 9 mesi solo al marito per abbandono di incapace e impiego di manodopera irregolare, ed aveva assolto la moglie. Il procuratore capo di Mantova, Antonino Condorelli, aveva quindi proposto ricorso innanzi alla Suprema Corte che aveva ordinato un nuovo processo in corte d'appello a Milano. Con l’ultima decisione, al contrario, i due coniugi sono stati riconosciuti colpevoli di omicidio volontario anche se i due coniugi, al momento, restano a piede libero. La storia di Vijai Kumar, 44 anni, d’origine indiana, è la stessa di migliaia di cittadini stranieri impegnati nei campi, specie nei mesi estivi ma la sua fine è stata ancor più drammatica. Era una giornata caldissima d’estate, e il malcapitato si era sentito male mentre era impegnato nella raccolta dei meloni in un terreno di proprietà dei due imprenditori agricoli. Per quanto è dato di sapere i due coniugi avevano ordinato ad altri braccianti di spostare l'uomo in un altro campo vicino dove, in seguito fu trovato cadavere. La corte di merito ha stabilito che se i due coniugi avessero contattato il “118” il giovane si sarebbe salvato ed invece, l'hanno lasciato spirare.

Pubblicata la "RiskMap 2013": viaggi pericolo criminalità

Pubblicata la "RiskMap 2013": viaggi pericolo criminalità. La mappa mondiale dei paesi più pericolosi in cui è maggiormente rischioso andare Anche quest’anno è stata pubblicata la "RiskMap 2013" che individua i paesi più pericolosi ed i diversi livelli di rischio di tutte le regioni geografiche del mondo intero. La "RiskMap" è annualmente aggiornata dall’organizzazione indipendente inglese di consulenza Control Risks ed è consultabile liberamente sul sito http://www.controlrisks.com/RiskMap/Pages/RiskMap.aspx . Costituisce un importante barometro per le aziende che operano all'estero e in tutto il mondo. È quindi uno strumento utile per le imprese in grado di valutare il rischio per la sicurezza dei propri dipendenti e dei progetti potenziali. Chiaramente questi dati, per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, possono essere utili anche per il turismo e, quindi, per i turisti di tutto il mondo. La "RiskMap", infatti, prende in esame tutti i paesi del pianeta e le diverse regioni, suddividendo i livelli di rischio in cinque: trascurabile, basso, medio, alto e estremo. Sono aggiornati anche in relazione a specifici eventi, ed i loro valori sono verificati durante tutto l'anno. I rischi per la sicurezza vengono calcolati in relazione a diversi componenti. Questi includono il numero di furti e la microcriminalità, assalti, e anche rapimenti e gli attacchi armati, e danni alla proprietà o le frodi. Un livello di rischio medio significa che c’è un moderato rischio di violenza e di altri crimini o esiste la minaccia di attacchi terroristici. A partire da questo livello, la sicurezza nazionale è ritenuta insufficiente. Utilizzando i caratteri “più” e “meno”, è possibile zoomare la mappa, facendo clic sulle icone per avere maggiori informazioni sui paesi o regioni turistiche. I cinque diversi colori che vanno dal verde acqua al rosso intenso stanno ad indicare il minore o maggiore livello di rischio nelle aree colorate. Venendo al dettaglio dei paesi più pericolosi al mondo individuati nella recente pubblicazione della "RiskMap 2013" vi è, non a caso, la Somalia, seguita da vicino dall’Afghanistan, anche se la situazione della sicurezza è migliorata leggermente in entrambi gli stati. Peraltro, in quasi tutte le aree della Somalia e dell’Afghanistan continuano ad essere evidenziati i rischi per la sicurezza ad un livello "estremo". Analogo discorso vale anche per la Palestina e la regione al confine tra Sudan e Ciad - e più recentemente per il nord del Mali e la Siria. In Iraq, invece, la situazione della sicurezza è migliorata. Sorprendentemente, nella gran parte dell’Iran, vi è un rischio "basso" sicurezza, allo stesso livello della Germania che è uno dei paesi ritenuto più sicuri dell’intera area UE. I paesi più sicuri in Europa sono la Svizzera dove risulta pressoché inesistente la minaccia per la sicurezza così come il piccolo Lussemburgo, i paesi scandinavi e la Slovenia unico paese dell'Europa orientale a rischio “trascurabile”. Al di fuori dell'Europa, non c'è nessun paese con un basso rischio per la sicurezza. Ciò significa che i paesi membri dell'UE unitamente alla Svizzera possono essere considerati l’area più sicura al mondo. All'interno dell'UE, infatti, il livello di rischio è sempre basso. Salvo in determinate aree ben individuate con rischio "moderato", come ad esempio l'Italia meridionale e, più recentemente l'Irlanda del Nord e la Grecia, quest’ultima per le note vicende legate alla crisi economica. Per ciò che concerne i paesi più “turistici” migliora l'Egitto dopo la crisi interna salvo nella parte settentrionale del Sinai. Peggiora il Messico che è ora considerato ad "alto" rischio per la sicurezza, per lo meno nella zona nord intorno Acapulco e sulla costa del Golfo. Solo cinque anni fa, il paese latino-americano era ancora classificato a basso rischio. Per ciò che concerne Tailandia, Tanzania e Tunisia settentrionale – sono tutti valutato a basso rischio. Inoltre, lo Sri Lanka e la Bolivia hanno migliorato la loro posizione in modo significativo. Tra i paesi caraibici il più sicuro resta Cuba.

venerdì 11 gennaio 2013

Cassazione: stop ai pregiudizi per figli coppie gay

Cassazione: stop ai pregiudizi per figli coppie gay. Il genitore omosessuale non perde l'affido del figlio che vive con lui e il compagno Una coppia omosessuale può crescere un bambino senza per questo compromettere il suo equilibrio psico-fisico. È quanto affermato dalla Corte di cassazione che, con la sentenza n. 601 dell'11 gennaio 2013, da il via libera ai figli cresciuti da coppie gay, quando non è a rischio il corretto sviluppo del minore. Per la Corte, chi contesta una simile decisione del giudice senza "certezze scientifiche o dati di esperienza", ma solo avanzando "il mero pregiudizio che sia dannoso per l'equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale", dà per scontato ciò che invece è da dimostrare, ossia la dannosità di quel contesto famigliare. Con la sentenza la Suprema Corte respinge il ricorso di un immigrato di religione islamica che vive a Brescia. L'uomo si era rivolto ai supremi giudici per contestare la decisione con la quale la Corte d'Appello bresciana, il 26 luglio 2011, aveva affidato in via esclusiva il figlio minore naturale, che lui aveva avuto dalla sua ex compagna, alla donna. L'uomo faceva anche presente che la sua ex era andata a vivere con una assistente sociale della comunità per tossicodipendenti nella quale, anni prima, era andata a disintossicarsi la madre del bambino conteso. Secondo il ricorrente era dannoso che il minore fosse educato in un contesto omosessuale. Per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” la capacità di crescere un figlio non è una prerogativa esclusiva della coppia eterosessuale, ma riguarda anche le coppie omosessuali e i single. Ciò che è veramente importante è che l'adozione venga disposta nell'esclusivo e prioritario interesse del minore. Una coppia omosessuale può crescere un bambino senza per questo compromettere il suo equilibrio psico-fisico. Infatti il genitore gay non perde per questo l'affido del minore.