sabato 31 marzo 2012

Salute e cure gratuite: ricovero e assistenza gratis per i malati di Alzheimer


Salute e cure gratuite: ricovero e assistenza gratis per i malati di Alzheimer. Per la Cassazione la patologia non consente di fare distinzione tra spese per la cura e spese per l’assistenza per cui i costi restano tutti a carico del servizio sanitario. La legge che più conta "è il nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana". Lo Sportello dei Diritti chiede al governo di estendere questo principio sancito dalla sentenza della Cassazione anche alle altre patologie per i malati non autosufficienti per cui non sono previsti finanziamenti
Buone notizie per i familiari dei malati di Alzheimer. Non devono versare alcuna retta, ai Comuni, per il ricovero dei loro cari in strutture per lungodegenti, in quanto si tratta di importi a totale carico del Servizio sanitario nazionale dato che il tipo di patologia non consente di fare distinzione tra spese per la cura e spese per l'assistenza. Lo ha stabilito la Cassazione nella sentenza 4558 del 22 marzo 2012 che ha respinto il ricorso di un Comune veneto che forniva assistenza a pagamento.
Gli ermellini hanno dato ragione al marito e ai figli di una donna, ricoverata nel 1992 nella casa di cura 'Costante Gris' di Mogliano Veneto perchè, per effetto dell'Alzheimer, non era autosufficiente e aveva bisogno di assistenza continua per tutto, anche per deglutire.
Il Comune trevigiano di Carbonera, dove la famiglia risiedeva, aveva preteso una retta di quasi due milioni e mezzo al mese di vecchie lire solo per pagare l'assistenza, oltre ai costi del ricovero sanitario vero e proprio. Il Comune sosteneva che si sarebbe dovuto fare carico di tali spese solo se la malata fosse "indigente", ma non era questo il caso dato che i congiunti avevano un loro reddito e dunque, dovevano, pagare.
In primo grado il Tribunale di Treviso aveva dato ragione al Comune, e aveva condannato i familiari a pagare la retta e quasi 50 milioni di lire per l'assistenza. La Corte di appello di Venezia però accoglieva l'appello proposto da familiari del malato, ritenendo fondata la domanda di ripetizione degli stessi avanzata e immeritevole di accoglimenti la riconvenzionale proposta dal comune. La Corte di appello spiegava infatti che "veniva in evidenza, alla stregua delle norme contenute nell'art. 30 della l. n. 730 del 1983 e del DPCM 8 agosto 1985, la natura di carattere sanitario delle prestazioni eseguite nei confronti della paziente, gravemente affetta dal morbo di Alzheimer e sottoposta a terapie continue, a fronte delle quali le prestazioni di natura non sanitaria assumevano un carattere marginale e accessorio". Su ricorso del Comune, la Cassazione respingendo le pretese dell'amministrazione, confermava la decisione di secondo grado.
Una simile distinzione tra gli aspetti della cura e quelli dell'assistenza, spiega la Suprema Corte, "presuppone una scindibilità delle prestazioni" che non ricorre nell'ipotesi dei malati di Alzheimer, che hanno bisogno di una "stretta correlazione" di prestazioni sanitarie e assistenziali, con "netta prevalenza degli aspetti di natura sanitaria".
Per la Cassazione, in fatto di sanità, la legge che più conta "è il nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana".
Giovanni componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti chiede al governo di estendere questo principio sancito dalla sentenza della Cassazione anche alle altre drammatiche situazioni per i malati non autosufficienti per i quali non sono previsti finanziamenti.

Consumi alimentari: la carne un alimento molto apprezzato in Italia mentre l'hamburger prende sempre più piede. Crescono esponenzialmente anche i vege


Consumi alimentari: la carne un alimento molto apprezzato in Italia mentre l'hamburger prende sempre più piede. Crescono esponenzialmente anche i vegetariani
La carne si conferma un alimento molto apprezzato in Italia, dopo la forte crisi del biennio 2008-2009: si mangiano a testa, in media, 92 chili di carne all'anno, una soglia appena inferiore a quella dell'eurozona (98 chili) e composta per circa un quarto da carne bovina (23 chili). Ma crescono esponenzialmente anche i vegetariani e se fino al 2000 erano una quota marginale delle popolazione, appena 1,5 milioni, si stima che adesso, in base ad una ricerca di Ac Nielsen rielaborata da Eurispes, siano già diventati 7 milioni e che saranno 30 milioni nel 2050, rappresentando almeno la metà degli abitanti del Belpaese.
Con l'eccezione di maiale, selvaggina e coniglio, tutti i tipi di carne hanno registrato un aumento di consumo a persona.
La maggiore ascesa, con il 3,9%, l'ha fatta registrare il pollame, piazzandosi al secondo posto. L'hamburger, in Italia sta prendendo piede, anche se la strada da fare è ancora lunga, mentre negli Usa ben il 50% del consumo di carne bovina è rappresentato da hamburger in Italia la quota si ferma al 5%",
Questo cambiamento delle abitudini alimentari degli italiani, per Giovanni componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, non deve essere sottovaluto, perché è noto che l’eccesso del consumo di carni può comporta seri squilibri nella nostra dieta che a lungo termine possono essere causa di problemi anche rilevanti per la salute.

venerdì 30 marzo 2012

Equitalia ed iscrizione di ipoteca: 1 autovettura su 10 da rottamare è gravata o in odore di fermo amministrativo. Colpa della crisi


Equitalia ed iscrizione di ipoteca: 1 autovettura su 10 da rottamare è gravata o in odore di fermo amministrativo. Colpa della crisi

La crisi e l’aumento dell’indebitamento dei cittadini nei confronti della pubblica amministrazione per sanzioni, multe, tasse e imposte non pagate trova conferma da un’analisi commissionata dallo “Sportello dei Diritti” sulla percentuale di auto pronte per essere radiate dal PRA che hanno cessato di circolare e quelle che se pur rottamate non sono state cancellate dal pubblico registro automobilistico a causa dell’iscrizione del fermo amministrativo. Ad evidenziare che su cento auto in questione verificate, su ben dieci è risultata l’apposizione della sanzione accessoria è Giovanni componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”.
Come è noto, infatti, il fermo amministrativo (atto definito dall' articolo 86 del D.P.R. n. 602 del 1973) è una sanzione accessoria prevista dal codice della strada (articoli 213, 214 Nuovo Codice della strada) per determinate violazioni in aggiunta alla pena pecuniaria, e che ha effetti sullo status giuridico del bene che risulta non più autorizzato alla circolazione.
Si pensi, ma non tutti lo sanno e continuano a circolare spensierati, che nel caso in cui si venisse fermati a condurre un veicolo che soggiace al suddetto gravame s’incorrerebbe in una ammenda fino a 2.628,15 euro e alla confisca immediata del mezzo.
Inoltre, il DPR 602 del 1973 ha consentito ai concessionari dell’esazione per lo Stato e le pubbliche amministrazioni l’introduzione dello stesso quale forma di riscossione coattiva, qualora non fosse possibile il pignoramento da parte dell'ente creditore. Successivamente con l'articolo 3 della legge n.248 del dicembre 2005 è stato reso l'atto preliminare per l'espropriazione forzata da parte del concessionario della riscossione dei tributi, le cosiddette ganasce fiscali. Il provvedimento è stato reso esecutivo dalla legge finanziaria per il 2006.
In virtù della citata normativa, Equitalia, il “famigerato” concessionario della riscossione che opera per conto dell'Agenzia delle Entrate, dell'Inps, dell'Inail, della Camera di commercio, e fino a gennaio anche per i comuni, ecc., ha la facoltà in caso di mancato pagamento delle cartelle esattoriali, entro 60 giorni dalla notifica, di inviare successivamente un preavviso di 20 giorni al contribuente moroso, con il quale lo si avverte che in caso di mancato pagamento l'autovettura (o qualsiasi altro bene registrato) indicata nel provvedimento di fermo non potrà più circolare, pena sanzioni e mancata validità dell'assicurazione RCA.

giovedì 29 marzo 2012

Salute: il latte fresco va sempre bollito


Dopo la segnalazione di alcuni casi di sindrome emolitico-uremica (SEU) associati a infezione da E. coli in neonati, il Ministero della Salute chiede ai medici di sensibilizzare le famiglie sulla raccomandazione di bollire il latte non pastorizzato prima del consumo.
Il Ministero della Salute ha inviato alla Federazione italiana medici di medicina generale e alle Federazioni mediche e Società scientifiche di pediatria e neonatologia una comunicazione per segnalare alcuni casi di sindrome emolitico-uremica (SEU) associati a infezione da E. coli produttore di verocitotossina (VTEC) in pazienti di età pediatrica, probabilmente acquisite attraverso il consumo di latte crudo (non pastorizzato) contaminato.
Il Ministero ha chiesto di diffondere la nota ai medici di medicina generale e ai pediatri perché sensibilizzino genitori e pazienti sulla problematica, informandoli sulla necessità di bollire il latte crudo prima di un eventuale consumo.
Come è noto, il Ministero della Salute ha stabilito con l’ordinanza ministeriale del 10 dicembre 2008 (il cui termine di validità è stato recentemente prorogato al 31 dicembre 2012) che il latte crudo deve essere venduto attraverso distributori automatici, appositamente registrati e controllati dalle Asl, che devono riportare correttamente l’indicazione che il latte crudo è da consumarsi previa bollitura, mentre in caso di cessione diretta è il produttore che deve obbligatoriamente informare il consumatore su tale modalità di consumo.
Giovanni componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, sottolinea come la bollitura è indispensabile per eliminare l’eventuale presenza di agenti patogeni che possono essere presenti nel latte crudo anche se questo viene prodotto nel totale rispetto delle norme: i pur rigorosi controlli sul latte e sugli allevamenti, da soli, non possono garantirne la completa sicurezza, come invece può fare il processo di bollitura. Per tale motivo, sollecita le autorità preposte a verificare che l'invito a bollire il latte prima di consumarlo sia scritto a chiare lettere sulle macchine distributrici ed eventuali bottiglie dato che con la bollitura si mantengono inalterati tutti i macro nutrienti del latte, come calcio, proteine, lipidi.

martedì 27 marzo 2012

Pene capitali: +80%. Anno nero per le esecuzioni


Di quasi l’80%, l’incremento dell’esecuzioni capitali registrate nel 2011 rispetto all’anno precedente anche se nel mondo sono sempre meno i Paesi che uccidono per legge, ma che giustiziano sempre più persone.
E’ quanto denuncia Amnesty International nel suo rapporto annuale sulla pena di morte.
Alle 676 condanne recensite sfugge la Cina che sono segreto di Stato. Amnesty International ha cessato di fornire dati basati su fonti pubbliche cinesi, poiche’ e’ probabile che sottostimino enormemente il numero effettivo delle esecuzioni. Amnesty International ha rinnovato la richiesta alle autorita’ cinesi di pubblicare i dati relativi alle condanne a morte e alle esecuzioni, per poter accertare se sia vero quanto da esse affermato, e cioe’ che una serie di modifiche alle leggi e alle procedure ha ridotto significativamente, negli ultimi quattro anni, l’uso della pena di morte. Dal 2007 la Cina avrebbe dimezzato le condanne a morte, ma rimane sempre col triste primato di Paese col maggior numero di esecuzioni: 4mila all’anno, 8 volte di più della somma delle esecuzioni mondiali. La cifra è stata calcolata dall’organizzazione americana Dui Hua, in base ai risultati e alle dichiarazioni di alcune personalità accademiche cinesi intervenute in un seminario sulla pena di morte, organizzato ad Hangzhou. L’incontro, tenutosi ai primi di dicembre, aveva a tema proprio la pena di morte in Cina. In questi ultimi due anni, il governo ha eliminato la pena di morte per 13 reati, prevalentemente di natura economica, e sono state presentate al Congresso nazionale del popolo una serie di misure per ridurre il numero dei casi di tortura durante la detenzione, rafforzare il ruolo degli avvocati difensori e assicurare che gli imputati di reati capitali siano rappresentati da un legale.
Se in Cina non c‘è un sistema giudiziario indipendente, in Iran e Arabia Saudita i processi si svolgono in gran segreto e finiscono inevitabilmente per prendersela contro gli oppositori e le esecuzioni ufficialmente recensite in Iran, ammontavano tuttavia nel 2011 ancora a 360.
Nota positiva, sottolinea Giovanni componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, il calo delle condanne a morte, che conferma un regresso su scala globale nell’applicazione della pena capitale.Nel continente europeo l’unico stato ad applicare ancora la pena capitale è la Bielorussia. Un macabro primato, che fra i grandi del G-20 spetta ancora agli Stati Uniti.

Non solo car sharing, adesso arriva l'elettro sharing: elettrodomestici in comune per evitare gli sprechi


Mentre in molti paesi industrializzati si diffonde il car sharing quale possibile alternativa alla mobilità urbana, ora un da un progetto sviluppato da un gruppo di laureati in disegno industriale, gli “Studio Superfluo” arriva una proposta ancora più innovativa: gli elettrodomestici in comune, o l’elettro sharing.
L’equipe ha appena vinto, infatti, il primo premio nella quinta edizione del Samsung Young Design Award che aveva come tema: “nuovi elettrodomestici per le nuove famiglie”. Le vere novità, non sono sembrati l’invenzione di nuovi prodotti, ma la riorganizzazione di ciò che già avevamo nelle nostre case.
L’idea nasce da due principali motivi: da una parte dal fatto che ogni famiglia ha in casa in media dai 20 ai 30 elettrodomestici, che vengono lasciati spenti per circa il 67% del loro ciclo vitale, dall’altra, è stato stabilito che solo il 5% dei rifiuti elettronici vengono smaltiti su scala globale, ma come sovente accade sono trasportati nei paesi del terzo mondo per essere eliminati utilizzando prassi spesso illegali. Inoltre, vi sono anche ragioni di spazio all’interno delle abitazioni che hanno fatto brillare l’idea di una condivisione degli elettrodomestici all’interno dei condomini.
Il gruppo d’inventori ha quindi stabilito le modalità di applicazione della proposta.
A seguito di una raccolta dati in un formulario vengono stabilite le richieste e le esigenze delle singole famiglie, sia per prodotto sia per fasce orarie, e in virtù di tale meccanismo viene fissato un canone mensile da pagare.
Per quanto riguarda, in termini pratici, l’utilizzo dei singoli prodotti, sarà una tessera elettronica ad occuparsene mentre un’impresa esterna fornirà gli apparecchi più all’avanguardia, e a pensare alla loro manutenzione ed infine al loro smaltimento.
Per Giovanni componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, la proposta appare davvero innovativa e se si diffonderà su scala globale, potrà da un lato costituire un autentico risparmio per le famiglie sempre più alle prese con i problemi della crisi e dall’altro contribuire alla riduzione degli sprechi energetici ed alla diminuzione dell’utilizzo di materie prime per la produzione dei componenti e dello smaltimento di rifiuti speciali alla fine dei cicli vitali dei singoli elettrodomestici.

lunedì 26 marzo 2012

Immancabili come le elezioni, arrivano in massa i manifesti abusivi.


Immancabili come le elezioni, arrivano in massa i manifesti abusivi. La campagna elettorale non è partita ufficialmente. che già la città viene invasa. Intervenga la Polizia Municipale a sanzionare

Immancabili come le elezioni arrivano le affissioni di massa di manifesti abusivi. Dopo i primi, neanche troppo timidi tentativi di un primo, noto, candidato, di affiggere in ogni luogo visibile della città la propria effige ed il proprio slogan elettorale, questa mattina la città capoluogo si è svegliata con la prima invasione di immagini elettorali sui posti soliti e meno soliti di Lecce, ma sempre al di fuori delle plance concesse dall’amministrazione comunale, peraltro, ancora non utilizzabili.
Ciò che colpisce, ancora una volta è la nonchalance, o forse ancor meglio, l’arroganza di alcuni “soggetti” tra cui alcuni amministratori comunali dell’attuale assise cittadina nella maggioranza di centrodestra, che in maniera sfrontata dimostrano di non temere le sanzioni previste e soprattutto di non tenere al decoro della città.
A tal proposito, Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, si chiede se dopo quest’ennesima dimostrazione di mancanza di rispetto, la “Firenze del Sud”, meriti nuovamente gli stessi amministratori che danno prova di totale assenza di rispetto delle leggi e della naturale e sana competizione che dovrebbe regolare la campagna elettorale, ma che manifestano, soprattutto, vero e proprio disprezzo per il decoro urbano.
Per tali ragioni, Giovanni D’Agata si rivolge al Comando di Polizia Municipale di Lecce, affinché attivi una task force che vigili su tali tipi di violazioni e dimostri rigore e alcun tipo di timore nel sanzionare anche gli amministratori comunali che perpetuano quest’atteggiamento di inciviltà e sfrontatezza nei confronti di una città bella come Lecce.

Responsabilità civile degli Enti. Il Comune risponde dei danni per l’incidente durante la festa in piazza


Ancora più cautele per i comuni. Per Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, sono molteplici, infatti, le sentenze che attribuiscono un sempre più stringente dovere di vigilanza in capo alle singole realtà municipali sulla sicurezza dei cittadini e quindi il diritto al risarcimento dei danni per tutti i soggetti lesi dal mancato rispetto degli obblighi stabiliti.
Da segnalare in tal senso la recente sentenza n. 3951 del 13.03.2012, della terza sezione civile della Corte di Cassazione, secondo cui non costituisce una scriminante per l’amministrazione comunale l’aver affidato l’organizzazione di una festa in piazza ad un’associazione e comunque non direttamente dal comune.
In capo all’ente, permane, infatti, l’obbligo di vigilanza sulla sicurezza degli spettatori e può essere condannato in caso di danni subiti da terzi. Né una semplice ordinanza di limitazione del traffico può limitare questa responsabilità.
Secondo i giudici di legittimità, il municipio è sempre responsabile della sicurezza in occasione di eventi culturali che si svolgono in piazza.
Per tali ragioni, spetta al giudice accertare se il comune ha ottemperato all’osservanza di tutte le norme sulla sicurezza nel caso di crollo di un palco per concerti e del ferimento di qualcuno tra gli spettatori.

domenica 25 marzo 2012

Lavoro: secondo la Cassazione i precari dei call center vanno assunti


Buone notizie per i lavoratori, esasperati dalle condizioni di lavoro alienanti e dai continui soprusi cui sono sottoposti.
I precari che lavorano nei call center devono essere assunti. Ad evidenziarlo è Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, a seguito della lettura della sentenza n. 4476 del 21 marzo 2012 da parte della sezione Lavoro della Suprema Corte.
I giudici di piazza Cavour nel respingere il ricorso di un azienda della società di call center hanno, infatti, confermato la sentenza della Corte d’Appello. La società non voleva riconoscere la natura subordinata del rapporto di lavoro instaurato con una dipendente. Secondo gli ermellini "Requisito fondamentale del rapporto di lavoro subordinato, ai fini della sua distinzione dal rapporto di lavoro autonomo, è il vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, il quale discende dall'emanazione di ordini specifici, oltre che dall'esercizio di una assidua attività di vigilanza e controllo dell'esecuzione delle prestazioni lavorative. L'esistenza di tale vincolo va concretamente apprezzata con riguardo alla specificità dell'incarico conferito al lavoratore e al modo della sua attuazione.". In sostanza, "una volta accertato nel concreto atteggiarsi del rapporto il vincolo di soggezione del lavoratore con inserimento nell'organizzazione aziendale, correttamente il giudice di merito ha ritenuto che non poteva assumere rilevanza contraria la non continuita' della prestazione e neppure la mancata osservanza di un preciso orario".
I giudici d'Appello avevano ritenuto che, nonostante il nomen juris attribuito dalle parti al rapporto con dapprima contratti di collaborazione coordinata e continuativa e poi contratti a progetto, succedutisi senza soluzione di continuità per oltre sei anni, in base alle risultanze istruttorie sussistevano i requisiti essenziali della subordinazione, con la conseguenza che, essendo comunque nulli i termini apposti ai contratti perché privi della indicazione del motivo che giustificasse l'assunzione, doveva ritenersi costituito un unico rapporto a tempo indeterminato sin dall'origine. Peraltro, rilevano i giudici del Palazzaccio che corretto è il ragionamento logico giuridico seguito dai giudici di merito che avevano altresì evidenziato che la lavoratrice doveva coordinarsi con le esigenze organizzative aziendali e quindi era pienamente inserita nell'organizzazione aziendale, utilizzando strumenti e mezzi di quest'ultima; che esisteva un controllo particolarmente accentuato ed invasivo, non usuale neppure per la maggior parte dei rapporti subordinati esistenti e quindi inconciliabile con il rapporto autonomo. La lavoratrice, inoltre, era sottoposta "non tanto a generiche direttive, ma a istruzioni specifiche, sia nell'ambito di briefing finalizzati a fornire informazioni e specifiche in merito alle prestazioni contrattuali, sia con puntuali ordini di servizio, o a seguito di interventi dell'assistente di sala". I giudici di piazza Cavour sottolineano altresì che non è idoneo a surrogare il criterio della subordinazione neanche il "nomen juris" che al rapporto di lavoro sia dato dalle sue stesse parti, il quale pur costituendo un elemento dal quale non si può prescindere, assume rilievo decisivo ove l'autoqualificazione non risulti in contrasto con le concrete modalità del rapporto medesimo. Il giudice di merito, cui compete di dare l'esatta qualificazione giuridica del rapporto, deve attribuire valore prevalente rispetto al nomen juris adoperato in sede di conclusione del contratto al comportamento delle parti nell'attuazione del rapporto stesso.

Calcio Elettronico: sensori sulle porte e microchip nei palloni potrebbero risolvere il problema dei gol fantasma


Perché la lobby del calcio dice no alla tecnologia? Sensori sulle porte, microchip nei palloni ed altri dispostivi potrebbero risolvere il problema dei gol fantasma, troppe volte causa di tafferugli e ridurre gli episodi di violenza

Non passa stagione calcistica che non vi siano episodi conclamati di sviste arbitrali: fuori giochi inesistenti e gol fantasma continuano ad imperversare nel mondo del pallone, nonostante la concreta possibilità di utilizzare le moderne tecnologie per ridurre a zero gli errori umani.
Viene quindi da chiedersi, perché la lobby del calcio ed in particolare le più alte sfere, continuino a perpetrare la linea, obsoleta, della tradizione perseverando nell’erronea convinzione che sia meglio qualche errore umano anche grave, piuttosto che l’introduzione in campo di ausili elettronici con ciò alimentando la rabbia dei tifosi – che, si badi bene, è sempre ingiustificata - ma che in non rare occasioni hanno visto alterati i risultati della propria squadra del cuore.
Sono, in particolare, tre i più avanzati sistemi che potrebbero essere utilizzati al fine di sgombrare il campo dagli equivoci: “Calcio Elettronico”, “GoalRef” e l’ultimo e forse più famoso “Hawk-Eye”.
Il primo sistema è tutto nostrano: è un insieme di sensori e mini telecamere progettati da Gabriele Cruciani che segnalano quando la palla supera la linea di porta. Sono due le principali articolazioni di questo progetto: il “Pallone elettronico” che viene dotato di sensori elettrici all'interno del materiale di cui è costituita la camera d'aria e la “Porta elettronica”, nella quale si trovano appositi sensori all’incirca un metro oltre la linea e sotto l'erba. Ogni qual volta il pallone oltrepassa totalmente la linea di porta, i sensori presenti al suo interno, interagiscono con quelli nel pallone, segnalando il gol.
Tale sistema risulta essere così accurato e sensibile tanto che è in grado di segnalare il superamento della linea anche per un lasso di tempo infinitesimale. L'arbitro viene così avvertito in tempo reale, per mezzo di un apposito braccialetto elettronico.
L’Hawk-Eye, noto anche come “occhio di Falco” è già utilizzato da tempo nel tennis. Questo tipo di tecnologia si sostanzia nell'elaborazione di immagini che provengono da una molteplici telecamere che viaggiano a 500 frame al secondo (quando quelle standard operano a 25 frame) applicate in diversi punti della porta, per poter usufruire di numerose angolazioni in tempo reale. I dati vengono inviati da una serie di computer che elaborano le immagini ad un server che incrocia tutte le informazioni per determinare se la palla ha oltrepassato o meno la linea di porta. In caso si verifichi ciò, l'arbitro viene subito avvertito tramite un dispositivo auricolare o da polso.
L’ultima ma non ultima per tecnologia sarebbe l’invenzione danese-tedesca denominata GoalRef che si basa sull'interazione tra un campo magnetico presente intorno alla porta e un microchip inserito nel pallone.
Alla luce di tali nuove possibilità che ci offre la moderna tecnologia che potrebbero essere utilizzate anche in combinazione tra loro per assicurare ancor maggiore accuratezza, Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” si chiede perché ancora oggi le alte sfere del calcio si oppongano all’introduzione di sistemi in grado di garantire un diritto di tutti i tifosi: quello della certezza delle competizioni sportive. Non è possibile che nonostante timidissime aperture in tal senso, sotto la paventata possibilità di ledere la “tradizione” ci si ostini a ritardare gli esperimenti su larga scala, se non che forse conviene alle lobbies sottese al mondo del calcio che non si raggiunga un grado di verità prossimo al 100 %?

sabato 24 marzo 2012

L'importanza dell'articolo 18 in una sentenza di ieri. Illegittimo il licenziamento del lavoratore che rifiuta di lavorare a seguito di trasferimento


Il lavoratore si rifiuta di andare al lavoro a causa del trasferimento che lo dequalifica e viene licenziato? Deve essere reintegrato! Menomale che c’è (questo) articolo 18

Mentre il governo sta tentando di compiere un vero e proprio attentato ai diritti dei lavoratori ed il mondo del lavoro, ma per la verità tutta la società civile ed il mondo politico che tiene alla tutela dei diritti raggiunti a seguito di battaglie epocali, si sta mobilitando, ecco una significativa decisione della Corte di Cassazione che arriva proprio in data di ieri e qualifica in maniera inequivocabile l’importanza dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori nella forma in cui è in vigore attualmente.
Ad evidenziarlo è Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, a seguito della lettura della sentenza del 23 marzo 2012 rubricata al numero 4709 da parte della sezione Lavoro della Suprema Corte.
I giudici di piazza Cavour nel respingere il ricorso di un azienda hanno, infatti, confermato la sentenza della Corte d’Appello di Venezia che aveva ritenuto illegittimo il licenziamento del dipendente che aveva rifiutato di eseguire la prestazione a seguito di un trasferimento in altra sede che era constato in un’autentica dequalificazione ai suoi danni.
L’azienda è stata così condannata alla reintegra del lavoratore che si era messo comunque a disposizione dell’impresa restando nella propria abitazione in attesa che la stessa procedesse a trovargli un posto adeguato rispetto alle mansioni che aveva espletato prima del trasferimento.
Secondo gli ermellini, sono due le ipotesi principali da considerarsi in caso di trasferimento e mutamento di mansioni. Ed infatti, se dopo il trasferimento intimato dall’azienda le mansioni del dipendente non cambiano radicalmente, allora il dipendente è tenuto a non rifiutare del tutto l’esecuzione della prestazione ma può limitarsi ad evitare di porre in essere quella parte di attività che ritiene non del tutto rispondente alla sua qualifica. Nel caso in cui, invece, la dequalificazione è totale perché il dipendente sarebbe costretto ad effettuare mansioni inferiori che con le incombenze precedenti hanno poco o nulla a che fare, allora lo stesso può rifiutarsi di eseguirle in attesa che il datore gli offra prestazioni adeguate alle precedenti. Nel caso in cui dovesse essere licenziato per tale motivo, tale recesso è da considerarsi illegittimo con la conseguenza, ovvia a norma dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori della condanna alla reintegra e come nel caso di specie anche alle spese processuali.
In base ad un orientamento costante, sostiene la Corte, infatti, che è da escludersi la configurabilità di una presunzione di legittimità dei provvedimenti aziendali che, in effetti, non devono per forza essere ottemperati in ogni caso fino al contrario accertamento in giudizio. Peraltro, rilevano i giudici del Palazzaccio che non conta che l’azienda abbia dedotto a sua discolpa l’esigenza organizzativa determinata dall’introduzione delle «nuove tecnologie». Nella circostanza giova alla difesa del lavoratore aver addotto che, dopo il licenziamento, lo stesso era stato sostituito solo a distanza di ben diciotto mesi da un altro dipendente assunto secondo un contratto part-time.

venerdì 23 marzo 2012

Salute: il virus killer denominato “Schmallenberg“isolato in bovini infetti ed altro bestiame anche in Italia


Salute: il virus killer denominato “Schmallenberg“isolato in bovini infetti ed altro bestiame anche in Italia. Ancora incertezza su possibili implicazioni per la salute umana.

Il 29 gennaio scorso Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, nell’attività di monitoraggio sulle allerta virus in Europa, aveva segnalato che già nel mese di novembre 2011, era stato rilevato in Germania un nuovo tipo di virus del bestiame denominato provvisoriamente virus Schmallenberg. L’orthobunyavirus era stato, infatti, isolato su bovini tedeschi ed anche su altre specie anche in Olanda, dove alcuni agnelli, erano nati con malformazioni congenite, perché infettati dal virus quando erano nell'utero. Ulteriori casi si sono verificati anche in Belgio e Regno Unito.
Ma ora giunge la notizia che in Italia ci sia stato il primo contagi e la conseguente morte di un capo di bestiame.
È stato reso noto, infatti, che nel trevigiano è stato infettato un piccolo allevamento di capre di razza Camosciata delle Alpi. Poiché si ritiene che la propagazione del contagio avvenga attraverso degli insetti, vi sono non pochi timori che la primavera possa favorire il diffondersi della malattia.
Il primo caso segnalato, riguarda una capra morta in seguito alla ritenzione in utero del feto, che una volta esaminato ha palesato vistose malformazioni. Tali circostanze hanno insospettito i veterinari che hanno subito pensato all’infezione da virus Schmallenberg.
Gli esami seguenti espletati dal laboratorio dell'Istituto Zooprofilattico G. Caporale di Teramo che è il centro di referenza nazionale per questa malattia, hanno sciolto ogni dubbio.
La conferma ufficiale è arrivata comunque dal Ministero della Salute che ha tempestivamente informato le autorità sanitarie europee specificando che nel piccolo gregge di appartenenza della capra morta non erano avvenute recenti introduzioni o movimentazioni di capi né si erano verificati altri aborti. Altri due capi, infatti, hanno partorito in seguito senza alcuna complicazione.
Come già specificato due mesi or sono, la natura subdola di questa malattia e le scarse conoscenze in materia ci avevano spinto ad un invito nei confronti del Ministero della Sanità a vigilare sulla questione. Oggi siamo ancora più convinti, dopo il primo caso anche in Italia, e la prova che il virus si propaga, che occorre un accelerazione della ricerca che sino ad oggi è stato compiuto pressoché esclusivamente dell'Efsa, l’autorità di vigilanza europea, anche perché non sono ancora noti i rischi di possibili conseguenze per l’uomo. A detta degli stessi studiosi, infatti, pur ritenendone improbabile il contagio per gli esseri umani, non l’hanno escluso del tutto, specie in questa fase nella quale la ricerca è ancora all’inizio.
Tant’è che nel resto d’Europa i servizi di vigilanza sulla salute animale e umana continuano a collaborare strettamente per assicurare il rilevamento rapido di qualsiasi cambiamento nell'epidemiologia negli animali e negli esseri umani, in particolare nelle persone con stretti contatti con gli animali (agricoltori, i veterinari, ecc.).

giovedì 22 marzo 2012

Trapianti cardiaci: nuovo cuore artificiale realizzato da un’equipe dell’ospedale Georges Pompidou di Parigi


Trapianti cardiaci: nuovo cuore artificiale realizzato da un’equipe dell’ospedale Georges Pompidou di Parigi

Il nuovo cuore è stato realizzato da un’equipe dell’ospedale Georges Pompidou di Parigi diretta dal professor Alain Carpentier e messo a punto da una squadra di ingegneri aerospaziali, in collaborazione con Carmat, società specializzata nello sviluppo di organi artificiali. Pesa 900 grammi è ha una durata di vita di 5 anni ed è alimentato da una batteria esterna, potrebbe essere testato sull’uomo nei prossimi due anni.
Altra caratteristica è quella di essere incorporato in un’unica protesi da impiantare nel corpo del paziente, impresa che ha impegnato non poco gli ingegneri che sono riusciti a ridurre le dimensioni a tal punto da poter collocare l’apparecchio all’interno del corpo adattando la protesi ai movimenti del paziente.
Realizzato con membrane di vitello trattate chimicamente, l’organo esclude ogni rischio di rigetto.
Per Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico Nazionale "Tutela del Consumatore" di Italia dei Valori e fondatore dello "Sportello dei Diritti" una speranza fondamentale per le persone in attesa di un trapianto cardiaco. Si potranno salvare le vite di esseri umani che senza questa soluzione purtroppo potrebbero morire.

Sicurezza stradale e responsabilità degli Enti


Sicurezza stradale e responsabilità degli Enti. Il cittadino che cade per colpa del marciapiede dissestato ha diritto al risarcimento dei danni da parte del comune anche se la manutenzione della strada dissestata è stata appaltata
I comuni non pensino di fugare le proprie responsabilità affidando la manutenzione delle strade di propria competenza a soggetti terzi. Lo ribadisce Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico Nazionale "Tutela del Consumatore" di Italia dei Valori e fondatore dello "Sportello dei Diritti" a seguito di un’importante di merito che ha espresso l’inequivocabile principio secondo cui non è causa di esclusione della responsabilità del comune per i danni da cosiddetta “insidia e trabocchetto” se l’amministrazione ha appaltato la manutenzione a terzi.
A sostenerlo è il Tribunale Civile di Roma, con una sentenza emessa dalla dodicesima sezione e depositata il 9 gennaio scorso, che ha accertato la responsabilità del Comune per i danni subiti da un cittadino. In particolare, nel caso di specie si trattava di un classico caso di un malcapitato che era inciampato in marciapiede dissestato di proprietà dell’amministrazione capitolina, che era caduto a terra procurandosi lesioni personali.
Il comune si era difeso eccependo il difetto di legittimazione passiva, asserendo e dimostrando l’affidamento ad un soggetto terzo della manutenzione e della sorveglianza del tratto di strada incriminato.
Il giudice dell’Urbe ha condannato comunque il comune perché ha rilevato che nella circostanza il danno si era verificato a seguito del cd. “difetto intrinseco” della rete stradale e per tali ragioni unico soggetto chiamato in causa non poteva che essere l’amministrazione comunale nonostante il provvedimento di appalto della manutenzione.
Ha sostenuto il Tribunale a tal proposito – in ossequio all’orientamento pressoché costante della responsabilità della P.A. per i danni arrecati dai beni demaniali ad uso diretto e generale da parte dei cittadini – che l’esistenza di un contratto di appalto non è di per sé idoneo ad escludere la responsabilità del Comune, per il quale sussiste sempre l’obbligo generale di custodia ai sensi e per gli effetti dell’art. 2051 c.c.., che non consente il trasferimento del dovere di controllo e sorveglianza dal soggetto su cui grava quest’onere (nel caso in questione il Comune), ad un terzo affidatario, ossia all’impresa appaltatrice che non acquista il totale potere fisico sulla cosa ma diviene solo destinataria di specifici compiti di cura e manutenzione.
L’unico motivo di esonero dalla responsabilità continua sussiste nella prova del caso fortuito, ossia che la dimostrazione che il danno si è verificato in modo non prevedibile né superabile con lo sforzo diligente adeguato alle concrete circostanze del caso.

Lecce. Prima tagliano i pini e piantano nuovi alberi. Poi tagliano anche questi. Alla faccia degli sprechi


Sprechi dell’ultima ora al comune di Lecce prima delle elezioni. Su via Imperatore Adriano prima avevano sradicato gli alberi di pino per piantare nuovi arbusti e poi, questi ultimi sono stati tagliati per far posto ai basoli del marciapiede. E chi paga?
Riceviamo e giriamo alcune foto scattate martedì 20, in via Imperatore Adriano a Lecce.
In apparenza, sembrano come dei normali lavori di manutenzione del tratto che va dal semaforo vicino ad un bar della via sino al cancello elettrico che dà accesso alla palazzina del numero civico 28.
In realtà la denuncia che ci giunge da un attento cittadino che ringraziamo per l’attenzione dimostrata ci fa ricordare quando solo lo scorso anno su tutto il suddetto viale furono sradicati gli alberi di pino che insistevano sul marciapiede e, dopo aver sistemato le nuove aiuole, al loro posto erano stati piantumati dei giovani alberelli per un dichiarato miglioramento del decoro urbano e della sicurezza per la viabilità.
Nella prima mattinata di martedì 20, guarda caso sotto elezioni, quest’ultimi arbusti sono spariti nel tratto di strada su indicato per far posto al cemento con le rispettive aiuole pavimentate.
Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico Nazionale "Tutela del Consumatore" di Italia dei Valori e fondatore dello "Sportello dei Diritti", fa propria la segnalazione del cittadino che si chiede “Chi ha dato le autorizzazioni necessarie per eseguire questi lavori e perché?. Per tutti gli onesti contribuenti è mortificante assistere allo spreco dei soldi pubblici. Alla faccia della crisi, del risparmio e soprattutto della bellezza della città!”

mercoledì 21 marzo 2012

Droga e guida: non ha valore legale il prelievo veloce in strada


Lo ha chiarito il Ministero dell'interno con la circolare n. 300/A/1959/12/109/56 del 16 marzo 2012

Il prelievo veloce in strada della saliva all'automobilista sospettato di guida alterata dalla droga non è ancora stato approvato dal Ministero e pertanto non ha pieno valore legale. Ciò è dovuto alla certezza della verifica della guida drogata che è resa particolarmente difficile dalla mancanza di uno strumento come l'etilometro in grado di certificare subito l'alterazione sulla strada, senza controlli invasivi e complessi. Lo ha chiarito il Ministero dell'interno con la circolare n. 300/A/1959/12/109/56 del 16 marzo 2012. Alla luce di tale circolare, in mancanza di una modifica normativa secondo Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico Nazionale "Tutela del Consumatore" di Italia dei Valori e fondatore dello "Sportello dei Diritti", resta necessaria una valutazione medica per sostenere la punibilita' dell'autista drogato. Il legislatore ha quindi previsto con una modifica introdotta frettolosamente all'art. 187 del codice stradale, che se gli agenti hanno ragionevole motivo di ritenere che il conducente e' alterato dalla droga, il personale medico ausiliario potra' procedere in strada ad accertamenti clinico-tossicologici ovvero a prelievo di campioni di mucosa del cavo orale o saliva.

Trivellazioni in Adriatico. Importante interrogazione UE. Risponde la commissione europea che promette attenzione e sanzioni all'Italia


Sportello dei Diritti e comitato “No mare Nero” contro le trivellazioni in Adriatico.
All’interrogazione dell’eurodeputato Giommaria Uggias dell’IDV – ALDE ed altri sulle possibili attività estrattive di fronte alle coste pugliesi, risponde la Commissione Europea che promette vigilanza sull’Italia e possibili sanzioni all’Italia

Anche le istituzioni europee guardano con attenzione ai rischi delle prospezioni geologiche per la realizzazione di piattaforme petrolifere a largo del mare Adriatico, che negli ultimi mesi hanno sollevato le preoccupazioni e la conseguente mobilitazione della popolazione pugliese, ma anche delle istituzioni locali e delle associazioni ambientaliste, contro il pericolo di uno scempio ambientale permanente.
La Commissione Europea, ha infatti risposto a mezzo del commissario all’Ambiente, Janez Potočnik, all’importante interrogazione con richiesta di risposta scritta E-000898/2012, firmata dall’eurodeputato Giommaria Uggias dell’IDV – ALDE e da numerosi altri colleghi di tutti gli schieramenti, promettendo pur nel rispetto dell’autonomia dei singoli stati, massima attenzione e vigilanza, ma anche la possibilità di sanzioni in caso del mancato rispetto della normativa UE in tema di valutazione dell’impatto ambientale.
Per Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico Nazionale "Tutela del Consumatore" di Italia dei Valori e fondatore dello "Sportello dei Diritti", che assieme al comitato “No mare Nero” che ha contributo a fondare ha manifestato sin da subito la totale contrarietà alla sola possibilità di attività di ricerca di idrocarburi nel Nostro mare, l’attenzione di autorevoli istituzioni transazionali fa ben sperare che il governo possa essere persuaso a bloccare definitivamente ed in maniera urgente ogni autorizzazione all’attività di prospezione finalizzata alla ricerca di petrolio nei mari attorno a tutta la Penisola Italiana.
Di seguito, vengono trasmesse l’interrogazione e la risposta in questione.

martedì 20 marzo 2012

Disabilità: fa discutere la giusta sentenza del Tribunale di Roma sulle barriere architettoniche alla fermata del bus


Disabilità: fa discutere la giusta sentenza del Tribunale di Roma sulle barriere architettoniche alla fermata del bus. È giusto che il Comune debba mettere a norma i marciapiedi e risarcire il danno patrimoniale subito dal cittadino costretto sulla sedia a rotelle

Ha fatto discutere, e non poco la sentenza del Tribunale di Roma che ha condannato l’amministrazione capitolina al pagamento di cinquemila euro di danni non patrimoniali nei confronti di un cittadino costretto sulla sedia a rotelle e l’ha obbligata all’eliminazione delle barriere architettoniche con la messa a norma dei marciapiedi alle fermate del bus nel centro di Roma entro un anno.
La decisione rubricata con numero 4929/12 e pubblicata l’8 marzo scorso ha riconosciuto la condotta discriminatoria ai danni di un disabile, dirigente di un’associazione che tutela le persone con seri problemi di salute e mobilità.
Con la legge 67/2006, infatti, è stata introdotta un’azione ad hoc contro le discriminazioni a disposizione del portatore di handicap, che per tali ragioni non risulta titolare di un mero interesse alla corretta azione amministrativa da parte degli enti. A nulla è valsa, quindi, l’eccezione del comune che aveva contestato la giurisdizione del giudice ordinario in favore di quella dei magistrati amministrativi e la legittimazione dell’associazione.
A tal proposito, corrobora l’assunto preso dal tribunale in materia di giurisdizione del giudice ordinario, l’articolo 44 della d.lgs 286/98 che disciplina l'azione civile contro le discriminazioni a danno degli immigrati.
Secondo il giudicante l’ordinamento è, infatti, portatore di uno strumento per reagire agli ingiusti svantaggi che è costretto a patire al portatore di handicap e la delega all’associazione ha assoluta validità ai fini della legittimazione attiva in giudizio.
È pacifico, che le barriere architettoniche alla fermata dell’autobus rappresentino un serio ostacolo per chi è costretto sulla carrozzella se mancano delle apposite pedane sui marciapiedi.
Nella fattispecie, poi, l’amministrazione, non nega che il problema esista. Per tali ragioni la discriminazione del disabile rispetto agli altri utenti del trasporto pubblico locale è pressoché palese. Clamorosa e soddisfacente per tutta la cittadinanza è la condanna che riesce ad ottenere il “coraggioso” attore nei confronti dell’amministrazione dell’Urbe che dovrà realizzare nel ragionevole tempo di un anno, un piano di messa a norma su tutte le linee di trasporto utilizzate abitualmente dal cittadino. A ciò è conseguito anche il risarcimento del danno non patrimoniale che va a compensare il fatto oggettivo di aver subito limitazioni alla libertà di circolazione più che il danno morale soggettivo, che pure in astratto non sarebbe da escludere.
Inoltre, la sentenza dovrà essere pubblicata su di un quotidiano della Capitale a cura del Comune, che è stato condannato anche alle spese di giudizio.
Alla luce di tale importante precedente, Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico Nazionale "Tutela del Consumatore" di Italia dei Valori e fondatore dello "Sportello dei Diritti", fa sapere che l’associazione è pronta ad avviare azioni su tutto il territorio nazionale contro questo tipo di discriminazioni al fine di tentare un ambizioso piano di eliminazione di tali odiose barriere architettoniche a partire dalle singole realtà comunali.

lunedì 12 marzo 2012

Trapianti, l’ultima frontiera dell’ingegneria dei tessuti: vene e arterie creati da una stampante 3D.


Presto potrebbero essere impiantati nel nostro corpo vasi sanguigni stampate in tre dimensioni.

La tecnologia 3D procede a passi da gigante e le stampanti a tre dimensioni possono creare oggetti di vario tipo che vanno dai giocattoli al cibo. Adesso anche vene e arterie artificiali. Un team di ricercatori tedeschi del Fraunhofer Institute for Interfacial Engineering and Biotechnology hanno creato, tramite una stampante 3D, dei vasi sanguigni che possono essere usati immediatamente per il trapianto di organi sviluppati in laboratorio. Con la stampante 3D vengono realizzati oggetti tridimensionali utilizzando strati successivi del materiale prescelto e, nel caso delle vene, tramite una tecnica chiamata “polimerizzazione multifotonica”. È stato così realizzato un materiale solido, ma al tempo stesso elastico, che consente ai ricercatori di produrre vasi sanguigni che possono interagire con tessuti umani normali senza rischio di rigetto.
Per Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” l’importantissima scoperta rappresenta un’autentica svolta nella ricerca medica, in particolare nella realizzazione di tessuti artificiali destinati agli uomini, superando un grosso ostacolo che finora si accaniva sulla scienza medica: la fornitura di sangue ai tessuti artificiali che, fino a ieri, impediva la possibilità di trapianti di organi sviluppati in laboratorio.
Inoltre costituisce un monito al governo italiano che in virtù di vetusti ed obsoleti pregiudizi di facciata ed in nome di una ipocrita etica ha costretto il mondo della ricerca medica italiana ad un brutto arresto, con una drastica riduzione degli investimenti nel settore e con la creazione di norme ad hoc, quali per esempio la legge 40 del 2004 che hanno costretto ad un brutto stop gli studi scientifici italiani di settore.
In nome della salute e del benessere dei cittadini, alla luce dei progressi che si stanno susseguendo anche in stati confinanti e della stessa Unione Europea chiediamo a gran voce un cambio di rotta urgente da parte del Nostro Paese, perché la ricerca nel campo biomedico non può e non deve essere fermata.

Troppi motivi per dire “No TAP”. La spiaggia a due passi dal luogo dove dovrà approdare il gasdotto luogo di nidificazione di tartarughe caretta caret


Troppi motivi per dire “No TAP”. La spiaggia a due passi dal luogo dove dovrà approdare il gasdotto luogo di nidificazione di tartarughe caretta caretta. L’ultima schiusa nell’ottobre 2007 quando nacquero 41 tartarughine. La zona diventi area d’interesse ambientale per la tutela di questa specie

Continua la battaglia dell’associazione “Sportello dei Diritti” fianco a fianco del comitato “No Tap” che com’è noto raccoglie associazioni, organizzazioni, partiti politici e semplici cittadini che si stanno opponendo alla realizzazione del megagasdotto che passerà sotto l’Adriatico in una zona d’inestimabile valore paesaggistico.
Vale la pena a tal proposito ricordare che sulla spiaggia del Lido San Basilio nella località balneare di San Foca, nell’ottobre 2007 nacquero 41 tartarughe dopo essere state deposte sulla stessa spiaggia il 19 luglio precedente in piena stagione balneare.
Come è noto, la caretta caretta è una delle specie di tartarughe marine in maggiore pericolo d’estinzione e la stessa possibilità che in zona si possano effettuare dei lavori di tale portata può mettere in pericolo un ecosistema fragilissimo, anche perché tale tipo di animali è solito ritornare da adulto sullo stesso luogo per poter deporre le uova.
Per tali ragioni, Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico Nazionale "Tutela del Consumatore" di Italia dei Valori e fondatore dello "Sportello dei Diritti" chiede a gran voce che le istituzioni competenti a partire dal comune di Melendugno si attivino per fare dell’area una zona di rilevante interesse ambientale per la tutela di questa specie.

domenica 11 marzo 2012

Salute: potenzialmente cancerogeno il caramello usato come colorante chimico in alcune bevande?


Salute: potenzialmente cancerogeno il caramello usato come colorante chimico in alcune bevande? La Coca Cola e la Pepsi non ci stanno. Comunque anche l’EFSA dovrebbe indagare

L’impegno per la tutela della salute da parte dello “Sportello dei Diritti” si è mosso sempre cercando di evitare qualsiasi tipo di censura nei confronti delle notizie che riguardano la salvaguardia dei cittadini.
Questa volta Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico Nazionale "Tutela del Consumatore" di Italia dei Valori e fondatore dello "Sportello dei Diritti", riporta una notizia che proviene dagli Usa, dove un’associazione dei consumatori avrebbe commissionato test di laboratorio che avrebbero dimostrato la potenziale cancerogenicità, si badi bene, per gli animali di un caramello usato come colorante chimico utilizzato per bevande popolari tra le quali Coca Cola e Pepsi.
La sostanza chimica, il 4-metilimidazolo o 4-MI, sarebbe contenuto nel caramello utilizzato come colorante per alcuni tipi di bibite.
Mentre gli studi di tossicologia dimostrerebbero che il 4-MI in quantità elevate può causare il cancro negli animali da laboratorio, non è chiaro se si tratta di un cancerogeno per l'uomo né se le quantità contenute nelle bibite potrebbero determinare una minaccia per la salute.
Il Center for Science in the Public Interest (CSPI) nel febbraio 2011 ha formulato una petizione nei confronti della FDA, l’agenzia governativa statunitense che vigila sulla sicurezza dei farmaci e degli alimenti affinché vietasse esplicitamente questo tipo di colorante - caramello.
Il direttore esecutivo Michael F. Jacobson del CSPI ha esplicitamente criticato Coca-Cola e Pepsi, perché, sempre secondo lo stesso direttore, starebbero inutilmente esponendo milioni di americani a una sostanza chimica pericolosa.
Le analisi commissionate dal CSPI avrebbero rilevato che tali prodotti conterrebbero alcuni milionesimi di grammo di 4-MI per ogni lattina rilevando che tali quantità sarebbero diverse volte superiori ai limiti stabiliti da parte dell'Ufficio di Valutazione Ambientale dello Stato della California.
La FDA ha replicato che "sta lavorando con i produttori per determinare l'effettivo utilizzo di questi coloranti al caramello e la quantità di 4-MI trovati nelle cole e altri prodotti alimentari” ed ha specificato che "un consumatore dovrebbe consumare più di mille lattine di soda al giorno per raggiungere le dosi somministrate negli studi che avrebbero dimostrato un collegamento con il cancro nei roditori". Chiaramente anche Coca Cola e Pepsi hanno aspramente criticato la CSPI affermando l’intenzione di quest’ultima voler gettare nel panico milioni di consumatori con una notizia totalmente infondata.
Per fugare ogni benché minimo dubbio, Giovanni D’AGATA si augura che anche in Europa come in Italia l’EFSA e l’Istituto Superiore della Sanità effettuino immediatamente indagini in merito per evitare di generare il panico tra i consumatori.
In ogni caso, anche per una questione di educazione alimentare, i consigli dei più grandi tornano sempre di utilità, perché bisognerebbe comunque evitare di eccedere nel consumo di bevande gassate specie tra i più piccoli.

Salute: trattamenti anti-calvizie. Dalla Francia una polemica scaturita da numerose denunce secondo cui il famoso farmaco Propecia potrebbe causare l'


Trattamenti anti-calvizie. Dalla Francia una polemica scaturita da numerose denunce secondo cui il famoso farmaco Propecia potrebbe causare l'impotenza e in alcuni casi, gli effetti collaterali sarebbero irreversibili. L’Agenzia Francese (Afssaps) per la sicurezza dei farmaci rassicura ma invita a valutare il rapporto “rischi-benefici”

Forse è meglio una testa pelata a sentire la notizia che proviene dalla Francia e che Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico Nazionale "Tutela del Consumatore" di Italia dei Valori e fondatore dello "Sportello dei Diritti" riporta, nata da numerose denunce di pazienti secondo i quali il famoso farmaco anticalvizie “Propecia” potrebbe causare l'impotenza e in alcuni casi, con effetti collaterali irreversibili.
Il rischio era già noto conosciuto e dimostrato in alcuni test. Il farmaco qualche anno or sono era stato presentato come un miracolo della medicina per combattere la calvizie, ma secondo le denunce di cittadini francesi che avevano effettuato il trattamento, potrebbe essere causa d'impotenza sessuale. Ma, mentre la gran parte dei medici sostengono che tale effetto collaterale sia reversibile, sono proprio le numerose denunce ad insospettire.
Sino ad oggi a migliaia di persone in tutto il mondo è stato prescritto il Propecia la cui molecola attiva, la finasteride, ha l'effetto di bloccare l'azione di un ormone maschile, il testosterone, causa dell’aumento della calvizie negli uomini che ne sono soggetti. Ma l’ovvia conseguenza del blocco del testosterone, da parte della finasteride consisterebbe in un brusco calo della libido.
Un noto professore di urologia in Francia il dott. François Desgrandchamps, intervistato da Europe1 si è detto non sorpreso dalla notizia di quest’effetto a dir poco indesiderato, poiché secondo lo stesso medico gli urologi utilizzano questa molecola nella dose massima consentita per trattare ipertrofia prostatica con la conseguenza di un rischio effettivo di una diminuzione della libido e d’impotenza, ma tali conseguenze venivano considerate comunque come reversibili.
Secondo l'esperto, inoltre, la grande quantità di denunce spontanee da parte dei pazienti avrebbe un valore scientifico da prendere in seria considerazione tale da fermare questo tipo di trattamenti.
Inoltre, sempre secondo il professor Desgrandschamps la finasteride porterebbe altri effetti collaterali quali il rischio di cancro alla prostata se utilizzata in dosi molto elevate.
Dopo le numerose denunce pervenute l’Agenzia francese (Afssaps) che vigila sulla sicurezza dei farmaci ha rassicurato tutti per bocca del suo direttore generale, professor Philippe Maraninchi che assicura che gli effetti collaterali del trattamento sarebbero comunque reversibili, ma ha tenuto a specificare che questo è uno dei casi nei quali il paziente è obbligato a valutare il rapporto tra rischi – beneficio, per non sottovalutare i pericoli secondari.

mercoledì 7 marzo 2012

Diritti umani: in Cina i condannati a morte sono la fonte principale di organi


Proprio per questo è accusata dell’enorme traffico degli organi umani, una realtà perfino in Europa, nonostante l’esistenza di norme legali e misure di controllo considerate efficaci.

I condannati a morte giustiziati sono in Cina la fonte principale di organi per i trapianti, a causa della carenza di donatori volontari anche se sino a poco tempo fa il governo cinese ha sempre negato queste accuse. Lo ha reso noto il ministro cinese della Salute, Huang Jiefu, citato dal giornale Fazhi Ribao secondo cui “ a parte un piccolo numero di vittime di incidenti di traffico, la gran parte di organi espiantati viene da prigionieri uccisi “.Parliamo di condannati a morte che possono essere soggetti a qualunque pressione, e quindi il loro non può essere un gesto volontario”. Soprattutto in Cina dove, spesso, le confessioni sono ottenute mediante la tortura.
Gli organi vengono espiantati subito dopo l’esecuzione e trasportati in apposite ambulanze. Vi sono oggi almeno 600 ospedali specializzati in questo traffico ed i relativi profitti sono altissimi, se si considera il prezzo di vendita degli organi che spesso arriva a decine di migliaia di dollari. Successivamente spesso i loro corpi vengono cremati per cancellare la prova del crimine commesso.
La Cina cerca da tempo di ridurre la dipendenza dagli organi dei condannati a morte ma una domanda elevata e una carenza di donatori fanno sì che questi rimangano la fonte principale.
Nel paese vengono effettuati 10.000 trapianti all'anno, ma la lista d'attesa è di 1,3 milioni di pazienti. Il numero annuale di esecuzioni capitali è segreto, ma si calcola sia intorno alle 4.000.
Recentemente il governo cinese ha approvato alcune leggi atte a regolarizzare il “mercato nero” degli organi umani. Secondo queste normative, la precedenza nella distribuzione degli organi andrebbe ai cittadini cinesi, i chirurghi cinesi non potrebbero viaggiare all’estero per effettuare espianti e, soprattutto, il consenso del prigioniero per la donazione dei propri organi dopo la morte dovrebbe essere obbligatorio.
Per Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico Nazionale "Tutela del Consumatore" di Italia dei Valori e fondatore dello "Sportello dei Diritti", purtroppo, nella Cina capital-marxista oggi il nuovo Dio è il Denaro. Migliaia di fegati, reni e cornee cinesi sono immessi nel mercato internazionale del traffico di organi, anche via internet. Secondo le organizzazioni umanitarie internazionali, il 95% viene dai corpi dei condannati a morte. Le esecuzioni capitali, con la relativa vendita degli organi, sono uno dei principali fenomeni che derivano dal mancato rispetto dei diritti umani in Cina. Evidenziano la precarietà e la corruzione del sistema giudiziario cinese e la mancanza di garanzie per chi è arrestato; mettono in luce la violazione dei principi etici e morali insita nell’’espianto degli organi senza il consenso del condannato.
Ma c’è anche un mondo in cui per tanti giovani l’unica via di fuga dalla miseria sembra quella di vendere una parte del proprio corpo.
Per tali motivi, per contrastare il fenomeno del traffico di organi, serve anticipare la direttiva europea sulle donazioni di organi che dovrebbe essere adottata entro giugno 2010 dall’Europarlamento, consentendo all’Europa di avviarsi sulla strada di una migliore regolamentazione in questo campo.

martedì 6 marzo 2012

Ancora sequestri di giochi pericolosi made in china. Inasprire le sanzioni


Continuano i sequestri di prodotti d’importazione cinese per possibili rischi alla salute. Sequestrate 2430 bambole “DOLL SET”. Ora basta. Bisogna inasprire le sanzioni

Non passa giorno, nel quale ogni giornale dal locale al nazionale, online, carta stampata e video nel quale venga reso noto un sequestro di prodotti di origine cinese non conformi alle normative o addirittura pericolosissimi per la salute dei consumatori.
Solo per citare l’ultima, nella giornata di ieri i funzionari dell’Ufficio delle Dogane di Venezia, nell’ambito dei controlli effettuati sulla base della Convenzione Giocattolo Sicuro, hanno provveduto ad effettuare il sequestrato di ben 2430 bambole “Doll Set”, di origine cinese, non conformi ai requisiti di sicurezza, relativamente alle proprietà chimiche, per la presenza di esteri orto oftalici, vietati dal D.lgs. 313/91.
Come al solito, la società importatrice è stata denunciata alla competente Autorità giudiziaria ed è stato contestualmente disposto il ritiro dal mercato della merce.
Per Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico Nazionale "Tutela del Consumatore" di Italia dei Valori e fondatore dello "Sportello dei Diritti", purtroppo, poiché le misure sinora adottate pare non abbiano ridotto i traffici di merci pericolose per i consumatori ed in particolare per i più piccoli, l’unica strada rimasta da intraprendere per la tutela della salute è quella dell’inasprimento delle sanzioni previste per i soggetti che importano prodotti pericolosi per la salute e non conformi alle normative previste in materia.

lunedì 5 marzo 2012

L’Italia che invecchia e non si adegua. Dal 2020 l'età più alta in UE per le pensioni.


Continua la campagna dello “Sportello dei Diritti” affinché vengano introdotte misure per sostenere un invecchiamento sano, lotta alle diseguaglianze di genere e alle discriminazioni basate sull'età
L’Italia invecchia sempre più. La conferma questa volta viene dall’UE ed in particolare dal libro bianco della Commissione Europea sui sistemi previdenziali presentato nei giorni scorsi dal Commissario Ue all'occupazione e pubblicato sul sito del ministero del Lavoro . Secondo i dati forniti, i lavoratori italiani avranno nel 2020 l'età di pensionamento più alta in Europa, con 66 anni e 11 mesi, seguita dalla Germania con i suoi 65 anni e 9 mesi e i 66 tondi della Danimarca.
Una nota positiva viene dal fatto che a seguito delle riforme sul sistema previdenziale e al meccanismo che lega l'età di pensionamento alla speranza di vita, nella scheda sui diversi sistemi pensionistici, l'Italia risulta essere insieme alla Germania e all'Ungheria, uno dei Paesi a non avere ricevuto raccomandazioni specifiche sulla materia circa la sostenibilità del proprio sistema.
Ma agli italiani, le riforme costeranno di più e il raggiungimento della agognata pensione sembrerà quasi un miraggio se si pensa che avremo l'età più alta di uscita dal lavoro anche dopo il 2020 (70 anni e tre mesi per maschi e femmine nel 2060) superando abbondantemente la Germania (67), il Regno Unito (68) e l'Irlanda (68).
Come è noto nel 2009 in Italia l'età per la pensione di vecchiaia era fissata a 65 anni per gli uomini e 60 per le donne, ma grazie alla possibilità di uscire dal lavoro con la pensione di anzianità (59 anni di età e 35 di contributi dal luglio 2009 o 40 anni di contributi a qualsiasi età) l'età media di pensionamento era di 60,8 anni per gli uomini e 59,4 per le donne.
Se prendiamo a paradigma la Germania di tre anni fa, a fronte dei 65 anni previsti per uomini e donne, per il pensionamento di vecchiaia la media per l'uscita dal lavoro era di 62,6 anni di età per gli uomini e 61,9 per le donne.
Il libro bianco evidenzia anche una proiezione sull'andamento dei cosiddetti tassi di sostituzione, tra la pensione e il reddito da lavoro precedente con un calo per l'Italia tra il 2008 e il 2048 (a parità dell'età di pensionamento, che si avvicina al 15%, ciò in conseguenza del cambiamento del sistema da retributivo a quello contributivo. Anche se vi è da precisare che la riduzione sarà inferiore al 5% se si pensa che i lavoratori saranno costretti a lavorare più a lungo.
L’analisi evidenzia come in Italia la speranza di vita a 65 anni nel 2010 fosse 18,2 anni per gli uomini e 22 per le donne, ma anche che entro il 2060 la speranza di vita alla nascita in Europa dovrebbe aumentare rispetto al 2010 di 7,9 anni nei maschi e di 6,5 nelle femmine.
Gli innumerevoli problemi che nascono da questi cambiamenti nella società e nel mondo del lavoro per Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico Nazionale "Tutela del Consumatore" di Italia dei Valori e fondatore dello "Sportello dei Diritti", non riguardano solo la sostenibilità dei sistemi pensionistici che sicuramente saranno messi a dura prova se non verranno sviluppate e attuate strategie globali per adeguare i regimi pensionistici all'andamento della contingenza economica e demografica, ma soprattutto dalla necessità di garantire migliori opportunità per uomini e donne anziani di restare sul mercato del lavoro, come ha tenuto a precisare anche la stessa Commissione.
Per tali ragioni, i Nostri governi hanno l’obbligo di ripensare sin da subito lo stesso sistema del mercato del lavoro con misure strutturali a partire dall’adeguamento dei luoghi di lavoro e dell'organizzazione del lavoro, oltre alla promozione dell'apprendimento durante tutto l'arco della vita, nonché politiche efficienti capaci di conciliare lavoro, vita privata e familiare. Insomma, misure per sostenere un invecchiamento sano, lotta alle diseguaglianze di genere e alle discriminazioni basate sull'età.

domenica 4 marzo 2012

Licenziamenti in Provincia di Lecce. Lettera degli ‘stabilizzati', moderne vittime dell’alternanza politica


Nel 2008 circa quaranta lavoratori dell’Ente Provincia di Lecce, impiegati alcuni da parecchi anni con contratti a tempo determinato o co.co.co., venivano stabilizzati a seguito di una complessa procedura che rendeva finalmente fisso e certo un diritto dei cittadini costituzionalmente garantito: il diritto al posto di lavoro a tempo indeterminato.
L’allora giunta di centrosinistra guidata dal sen. Giovanni Pellegrino aveva dimostrato grande sensibilità istituzionale e competenza amministrativa vagliando un piano di stabilizzazione concertato con le organizzazioni sindacali che, peraltro, non fu impugnato dall’opposizione di centrodestra.
Con un’azione che sembra più una prevaricazione o una vendetta dettata dal passaggio di consegne tra amministrazione di centrosinistra a quella di centrodestra guidata da Antonio Gabellone, all’epoca capo dell’opposizione, i 16 dipendenti della Provincia di Lecce hanno perso il lavoro. A fronte di 16 lavoratori che resteranno a casa, altri 20 saranno assunti ex novo. La Provincia ha infatti indetto un concorso per l'assunzione part time di 20 dipendenti. Questo ha scatenato l'ira dei sindacati che hanno annunciato battaglia contro Palazzo dei Celestini.
Ed anche la disperazione dei 16 licenziati.
Pubblichiamo una lettera in versione integrale firmata da "i 36 stabilizzati della Provincia di Lecce". Nella lettera si svela che i nuovi posti di lavoro saranno effettivamente undici e non 67 come è stato detto e scritto.
Per Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico Nazionale "Tutela del Consumatore" di Italia dei Valori e fondatore dello "Sportello dei Diritti", è chiarissima, la disperazione di chi da un giorno all'altro si ritrova nella condizione di non sapere più come andare avanti. Una disperazione a cui ci sembra giusto dare voce.

“ Gentile Direttore,

Le scrivo per commentare gli articoli che in questi giorni sono usciti sui vari giornali per plaudire le iniziative della Provincia riguardo alle nuove assunzioni. Articoli che finalmente guardano il bicchiere mezzo pieno anziché guardare il bicchiere mezzo vuoto. Articoli che puntano a rafforzare l'idea che la crisi sta passando: pronti in Provincia 67 posti.

Finalmente! Ma sono davvero 67 i posti da coprire? Oppure sono solo 27 perché i restanti 40 in mobilità stanno già lavorando? E qual è il prezzo di questa manovra? Beh, gentile direttore, i cittadini salentini dovrebbero sapere che questa manovra costa 16 posti di lavoro. Quindi a ben guardare questa manovra porterà a soli 11 nuovi posti di lavoro. E quanto guadagneranno le fortunate 11 persone che vinceranno il concorso? Sa qual è il 30% dello stipendio di un funzionario di categoria D della Provincia di Lecce? Sono circa 500 €. Può un professionista guadagnare 500€ ? Ma i giornalisti fanno bene a riportare a gran voce il grandissimo numero di posti a disposizione: addirittura 67. Del resto chi avrebbe letto un articolo che titola "Provincia, 11 posti a 500€"? Il Presidente Gabellone non ne sarebbe stato contento. Ci tiene tanto ai numeri alti, altrimenti avrebbe fatto 5 concorsi al 100%, garantendo a cinque persone uno stipendio dignitoso senza elemosine di sorta.

Da dipendente part-time al 50% della Provincia di Lecce Le posso dire che con 700€ si vive male, soprattutto quando l'amministrazione per tre anni cerca di licenziarti. I giornalisti non possono sapere cosa significa aver lavorato per 20 anni in questa amministrazione da precario, aver visto un barlume di speranza di una mezza stabilizzazione e vedere infine che con tanta insistenza cercano di toglierla. I giornalisti non hanno di certo visto il collega che in preda alla furia, essendo monoreddito ha lanciato in aria tutto quello che trovava piangendo ed urlando "Chi lo dice a mia moglie adesso. Con il mutuo da pagare…". Stiamo parlando di cinquantenni che sarebbero pure disposti a trovare un altro lavoro qui nel Salento, come del resto suggerisce il nostro caro Presidente Monti. Lei saprebbe per caso suggerirci qualche azienda disposta a farlo? Se è vero che nessuno qui trova lavoro, tanto che con i giornali hanno plaudito così vivacemente a questa azione della Provincia, può tale dipendente trovare qualcosa da fare?
In ogni caso, in barba a quei poveri sfortunati che saranno licenziati, ha fatto bene l'amministrazione a procedere in questo modo, a ristabilire la legalità violata. Ma da chi è stata poi violata questa legalità? Cosa hanno fatto i lavoratori di illegittimo? Hanno fatto un concorso? Hanno lavorato tanti anni per questa Provincia? Maledetti lavoratori. Che non lo facciano mai più. Hanno fatto bene a cacciarli via, non dovevano permettersi di fare questo. Ben vengano i nuovi 27 lavoratori che non saranno certo amici di questa amministrazione, perché questa amministrazione rispetta la legalità.”
I 36 "stabilizzati" della Provincia di Lecce

sabato 3 marzo 2012

Sicurezza stradale: al telefonino mentre si guida anche stando fermo in coda a seguito di un tamponamento multiplo? Multa valida fino a querela di fal


Brutte notizie per gli automobilisti che usano spesso il telefono cellulare mentre guidano.
La Cassazione con la sentenza n. 3336 del 02 marzo 2012 accogliendo il ricorso della Prefettura di Firenze. ha stabilito che l’automobilista multato per aver usato il telefonino durante la marcia, può contestare il verbale solo attraverso la querela di falso contro il pubblico ufficiale verbalizzante.
A nulla è valso il ricorso dinanzi al giudice di pace che ha accolto l’opposizione dell’automobilista, contro il verbale di contestazione dell’illecito amministrativo, ossia l’uso del telefonino cellulare senza "viva voce" durante la marcia, ritenendo al riguardo “non sufficientemente provato l’addebito dall’attestazione del pubblico ufficiale verbalizzante facente fede soltanto degli elementi oggettivi non suscettibili di una valutazione sensoriale, e non anche di quelle percezioni caratterizzate da margini di apprezzamento fallibili, in quanto aventi a oggetto accadicamenti repentini». In particolare, il giovane ha affermato di aver usato il telefono stando fermo in coda a seguito di un tamponamento multiplo.
La Corte di cassazione della sesta sezione civile, in ogni caso, respingendo il ricorso, al contrario, hanno sottolineato che «nel giudizio di opposizione a ordinanza ingiunzione relativo al pagamento di una sanzione amministrativa è ammessa la contestazione e la prova unicamente delle circostanze di fatto della violazione che non sono attestate nel verbale di accertamento come avvenute alla presenza del pubblico ufficiale o rispetto alle quali l’atto non è suscettibile di fede privilegiata per una sua irrisolvibile contraddittorietà oggettiva, mentre è riservata al giudizio di querela di falso, nel quale non sussistono limiti di prova e che è diretto anche a verificare la correttezza dell’operato del pubblico ufficiale, la proposizione e l’esame di ogni questione concernente l’alterazione nel verbale, pur se involontaria o dovuta a cause accidentali, della realtà o dell’effettivo svolgersi dei fatti».
Per Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico Nazionale "Tutela del Consumatore" di Italia dei Valori e fondatore dello "Sportello dei Diritti" è bene utilizzare l'auricolare, se proprio non si può far a meno di avere una conversazione telefonica mentre si guida, altrimenti è meglio concentrarsi sulla guida senza distrazioni esterne.

venerdì 2 marzo 2012

Contraffazione: aumenta il business dei prodotti taroccati.


Sequestrati 716 attrezzi ginnici provenienti dalla Cina. Rischi per la salute
Ogni anno tonnellate di prodotti contraffatti entrano in Italia e vengono smerciati a prezzi concorrenziali. Il business delle contraffazioni tocca i settori più svariati, dai medicinali alle pelletterie, agli alimentari, all’utensili da cucina, all’oggettistica, ai giocattoli, ai cosmetici, all’elettronica, al tessile, alle ruote cinesi e freni, ecc; ma diffusione e prezzi limitati nascondono talvolta problemi di illegalità, sfruttamento del lavoro, utilizzo di sostanze nocive alla salute.
L’industria del falso ha ormai raggiunto un business da 80 miliardi di euro tra prodotti. l’Italia risulta infatti il primo produttore di beni contraffatti in Europa e il terzo a livello mondiale.
Da un’indagine risulta poi che circa il 10% degli italiani ha acquistato dei prodotti falsi e taroccati nell’ultimo anno.
Altro dato significativo si riscontra dal fatto che l’industria italiana della contraffazione, in termini di produzione sommersa, vale ben il 25% del Pil sottraendo in questo modo tantissimi lavoratori al mercato regolare.
L’industria del falso è diffusa su tutto il territorio nazionale con punte molto alte in Campania, Toscana, Lazio, Puglia e Marche.
Da oggi, i funzionari dell’Ufficio delle Dogane di Ancona sequestrando presso il porto, con la collaborazione dei militari della Guardia di Finanza, 716 attrezzi ginnici contraffatti per un valore commerciale di circa 102.000 euro, hanno scoperto un nuovo business delle contraffazioni, quello degli attrezzi ginnici.
La merce, rinvenuta all’interno di un container proveniente dalla Cina e destinato in Italia, riportava i marchi contraffatti “Ab Circle” e “Ab Rocket”, di proprietà della società Media Shopping S.p.a.
I periti della società hanno confermato la contraffazione dei prodotti.
Per Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico Nazionale "Tutela del Consumatore" di Italia dei Valori e fondatore dello "Sportello dei Diritti" i prodotti, oltre ad essere dei clamorosi falsi, risultano trattati con sostanze chimiche non idonee al contatto con la cute umana, e possono dare origine a fenomeni allergici o di intossicazione. Per via dei loro effetti disastrosi sulla salute, sono vietati in Europa.

giovedì 1 marzo 2012

Guida in stato di ebbrezza: utilizzabile alcol test sull'automobilista anche senza consenso


In caso d’incidente via libera all’utilizzo degli accertamenti senza consenso relativi alla positività all’alcol. Secondo la sentenza n. 8041 del 01 marzo 2012 della terza sezione penale della Corte di cassazione con cui ha respinto il ricorso di un 40enne contro la condanna per il reato di guida in stato di ebbrezza, con tasso alcolemico rilevato di 3,21 g11, l’analisi integra un elemento di prova che può fondare il convincimento del giudice.
Nel caso di specie, è stata infatti confermata, la valutazione della Corte d’Appello di Brescia, che aveva accertato la responsabilità dell’imputato dall’analisi ematica svolta da cui risultava il suo elevato tasso alcolemico, ritenendo legittima tale analisi, anche se svolta in occasione di esami clinici ospedalieri per finalità terapeutiche. Pertanto, era irrilevante la presenza o meno del consenso dell’interessato dopo il grave incidente che aveva provocato. Secondo la terza sezione penale della Suprema Corte “ i risultati del prelievo ematico, effettuato durante il ricovero presso una struttura ospedaliera pubblica a seguito di incidente stradale, sono utilizzabili nei confronti dell’imputato per l’accertamento del reato di guida in stato di ebbrezza, trattandosi di elementi di prova acquisiti attraverso la documentazione medica e restando irrilevante, ai fini dell’utilizzabilità processuale, la mancanza del consenso».
Per Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico Nazionale "Tutela del Consumatore" di Italia dei Valori e fondatore dello "Sportello dei Diritti" i supremi giudici, dunque, hanno ritenuto che le censure di inutilizzabilità degli accertamenti ospedalieri in relazione alla positività all’alcool dell’imputato siano infondate sottolineando che l’accertamento medico ha integrato un elemento di prova che legittimamente può fondare il convincimento del giudice.