venerdì 31 gennaio 2014

Pubblicato il decreto per le Zone Franche Urbane della Sicilia: e Lecce cosa sta aspettando?

Pubblicato il decreto per le Zone Franche Urbane della Sicilia: e Lecce cosa sta aspettando? È stato pubblicato il decreto direttoriale del 23 gennaio 2014 con cui è stato adottato il bando per l’attuazione dell’intervento in favore delle micro e piccole imprese localizzate nelle Zone Franche Urbane (ZFU) della Regione Sicilia di cui al Decreto interministeriale del 10 aprile 2013. L’intervento, per il quale sono disponibili circa 182 milioni di euro, prevede la concessione di agevolazioni sotto forma di esenzioni fiscali e contributive in favore di imprese di micro e piccola dimensione localizzate nelle Zone Franche Urbane. Le domande di accesso alle agevolazioni potranno essere presentate dalle ore 12:00 del 5 marzo 2014 e fino alle ore 12:00 del 23 maggio 2014, esclusivamente tramite una procedura telematica accessibile nella sezione “ZFU Convergenza e Carbonia Iglesias” sul sito del Ministero dello Sviluppo Economico. È bene ricordare che, di recente, sono partite anche le agevolazioni fiscali e contributive in favore delle micro e piccole imprese localizzate nelle Zone Franche Urbane della Campania e della Calabria con risorse economiche disponibili per la concessione delle agevolazioni pari complessivamente a 98 milioni di euro per la Campania, ed a 54,88 milioni di euro per la Calabria. E Lecce cosa sta aspettando? Sono trascorsi oltre sette anni dalla legge 27 dicembre 2006 n. 296 istitutiva delle Zone Franche Urbane e finalmente le procedure si stanno attivando per la Campania, la Calabria, ora anche per la Sicilia mentre la Puglia, ed in particolare Lecce, sono totalmente ignorate. Infatti, Lecce sta perdendo la possibilità, sino al 2014, di diventare non solo zona franca urbana ma anche zona a burocrazia zero e di conseguenza, sfruttarne i relativi vantaggi. Più volte l’avvocato Maurizio Villani e Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, hanno lanciato l’appello alle istituzioni politiche affinché si attivassero nel più breve tempo possibile per beneficiare delle opportunità rappresentate dall’interessante meccanismo di esenzione da imposte sui redditi, Irap, imposta sugli immobili, nonché allo stesso tempo delle semplificazioni di carattere amministrativo per le imprese ribadite dal decreto “Del Fare” come zone a burocrazia zero. Da una parte, infatti, vengono individuate le cosiddette zone franche urbane quali aree infra-comunali di dimensione minima prestabilita dove si concentrano programmi di defiscalizzazione per la creazione di piccole e micro-imprese, il cui obiettivo prioritario è favorire lo sviluppo economico e sociale di quartieri e aree urbane caratterizzate da disagio sociale, economico e occupazionale, e con potenzialità di sviluppo inespresse. Dall’altra le cosiddette zone a burocrazia zero che puntano ad uno snellimento burocratico nello start up di un’impresa, considerato che accelerano lo svolgimento degli adempimenti burocratici, garantendo il silenzio-assenso decorsi 30 giorni dall’avvio dei procedimenti amministrativi ed alcuni vantaggi fiscali. Ci si augura che a seguito dei numerosi appelli lanciati da Maurizio Villani e dallo “Sportello dei Diritti”, a partire dal dicembre 2011, finora caduti sorprendentemente nel vuoto, Lecce possa finalmente diventare zona franca urbana, e la classe politica ponga impegno e attenzione per il rilancio dell’economia pugliese- leccese. Ancora una volta Giovanni D'Agata e l’avvocato Maurizio Villani, ribadiscono che non si può certo ignorare un provvedimento strategico che darà un contributo decisivo per sostenere lo sviluppo del nostro tessuto industriale, e che offrirà al mondo delle imprese opportunità concrete per investire sul territorio.

Cellule staminali coltivate senza embrioni. Forse una nuova 'grande scoperta' che segna l’avvio di una nuova era nel campo della biologia cellulare

Cellule staminali coltivate senza embrioni. Forse una nuova 'grande scoperta' che segna l’avvio di una nuova era nel campo della biologia cellulare Scienziati giapponesi ed americani hanno scoperto una tecnica veloce ed economica per creare cellule con una capacità embrionali sottoponendo cellule di topi a vari tipi di stress. Ad evidenziarlo Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, che segnala la straordinaria scoperta riportata in due articoli pubblicati nella rivista Nature di mercoledì . Con questi esperimenti che potrebbero aprire una nuova era nel campo della biologia delle cellule staminali, gli scienziati hanno trovato un modo economico e semplice per riprogrammare le cellule adulte di topi nuovamente in uno stato embrionale simile che ha permesso loro di generare molti tipi di tessuto. 'Se funzionasse nell'uomo, questa potrebbe essere l’innovazione che rende definitivamente disponibili una vasta gamma di terapie cellulari utilizzando le cellule del paziente come materiale di partenza' , ha evidenziato Chris Mason, preside della facoltà di medicina rigenerativa presso l'University College di Londra. La ricerca, evidenzia come le cellule umane potrebbero in futuro essere riprogrammate con la stessa tecnica, offrendo un modo più semplice per sostituire le cellule danneggiate o far crescere nuovi organi per i malati ed i feriti. Il professor Chris Mason, che non è stato coinvolto nel lavoro, ha detto che questo approccio è stato "il più semplice, più a basso costo e il metodo più rapido" per generare le cosiddette cellule pluripotenti - in grado di sviluppare in molti diversi tipi di cellule - da cellule mature. Gli esperimenti, hanno visto il coinvolgimento di scienziati del Centro per la Biologia Evolutiva RIKEN in Giappone e Brigham and Women Hospital e della Harvard Medical School negli Stati Uniti. A partire da cellule adulte e mature, i ricercatori le hanno lasciate moltiplicare e poi le hanno sottoposti a stress "quasi sino al punto di morte", hanno spiegato, esponendoli a vari eventi, tra cui traumi, bassi livelli di ossigeno e ambienti acidi. In pochi giorni, gli scienziati hanno scoperto che le cellule sopravvissute e recuperate a seguito degli stimolo stressanti sono ritornate naturalmente in uno stato simile a quello di una cellula staminale embrionale. Queste cellule staminali create da questa esposizione a sollecitazioni - denominato cellule STAP dai ricercatori - erano quindi in grado di differenziare e maturare in differenti tipi di cellule e tessuti, a seconda degli ambienti sono stati dati. "Se siamo in grado di elaborare i meccanismi attraverso i quali gli stati di differenziazione sono mantenuti e persi, si potrebbe aprire una vasta gamma di possibilità per nuove ricerche e applicazioni che utilizzano cellule viventi", ha detto Haruko Obokata, che ha guidato l’equipe della RIKEN. Le cellule staminali sono cellule del corpo e sono in grado di differenziarsi in tutti gli altri tipi di cellule. Gli scienziati dicono che, contribuendo a rigenerare il tessuto, potrebbero offrire modi di affrontare le malattie per le quali vi sono attualmente solo trattamenti limitati - tra cui le malattie cardiache, il morbo di Parkinson e l’ictus. Ci sono due tipi principali di cellule staminali: quelle embrionali, ottenute da embrioni e le cellule adulte o iPS, che sono prese dalla pelle o dal sangue e riprogrammate in cellule staminali. Poiché la raccolta di cellule staminali embrionali richiede la distruzione di un embrione umano, la tecnica è stata oggetto di preoccupazioni etiche e proteste degli attivisti pro-vita. Dusko Ilic, un ricercatore che si occupa di cellule staminali al Kings College di Londra, ha detto che gli studi pubblicati su Nature costituiscono "un importante scoperta scientifica" e ha predetto che queste scoperte potrebbero aprire "una nuova era nel campo della biologia delle cellule staminali". "Se le cellule umane avessero potuto rispondere in modo simile a stimoli ambientali comparabili ... resta da dimostrare", ha tuttavia sottolineato in un commento ed ha aggiunto; "Sono sicuro che l’equipe sta lavorando su questo e non sarei sorpreso se riusciranno entro anche quest’anno solare".

Dalla Slovacchia l’invenzione di una plastica organica resistente a peso e urti

Dalla Slovacchia l’invenzione di una plastica organica resistente a peso e urti In un articolo pubblicato sul quotidiano Hospodarske Noviny e riportato dall’agenzia Tasr, è stata segnalata la scoperta di una nuova tecnologia per la produzione di sacchetti di plastica che si decompongono senza lasciare residui entro pochi giorni. Una scoperta che vale la pena riportare anche in Italia, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, perché potrebbe costituire un ulteriore passo per la graduale scomparsa a livello globale delle materie plastiche sintetiche derivate dal petrolio che tanto danno producono all’ambiente per i tempi biblici di decomposizione. I ricercatori dell’Università Tecnica Slovacca (STU) di Bratislava, avrebbero inventato un nuovo prodotto plastico costituito da materie puramente organiche (siero di latte, canna da zucchero e mais) che si decompone in brevissimo tempo una volta immesso nel compost. L’equipe di scienziati ha già presentato una domanda per il brevetto della scoperte alle autorità internazionali, e secondo il giornale il materiale dovrebbe entrare presto nell’uso commerciale, tant’è che vi sarebbero già le prime trattative con produttori di involucri di plastica e un produttore di stampanti 3D. Secondo alcuni esperti, l’invenzione vale milioni di euro. Pavel Olexy del Dipartimento per la Plastica e Gomma della Facoltà di Chimica e Tecnologie Alimentari della STU ha detto che il contributo fondamentale del team slovacco nella messa a punto della tecnologia è l’aver rimosso una delle caratteristiche maggiormente negative dei materiali organici, la fragilità, creando una combinazione unica di polimeri e additivi, che insieme rendono il materiale stabile.

Pillole per lai dieta costose e soprattutto inefficaci

Pillole per lai dieta costose e soprattutto inefficaci La maggior parte dei prodotti dimagranti diminuisce solo la borsa. Stiftung Warentest in Germania ha testato 20 pillole e polveri per la perdita di peso. Solo cinque hanno un effetto, ma che è solo leggero Basta prendere una pillola e si diventa magri. È la classica promessa di pulcinella che molti prodotti dimagranti reclamizzano senza alcun fondamento scientifico ed anche pratico. Un recente studio della "Stiftung Warentest" un’associazione di consumatori tedesca con sede a Berlino, fondata nel lontano 1964 che svolge indagini confrontando beni e servizi in modo imparziale, ha sbugiardato una serie di reclame di prodotti dietetici che vediamo su ogni media europeo e che promettono risultati con poco sforzo, ma con la mano costante sul portafoglio. I test, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, hanno riguardato 20 pillole senza prescrizione medica e polveri, compreso: • Le “diete formula” come Almased, Slimfast o Yokebe consistono principalmente in un mix proteine del latte e della soia. Le polveri sono mescolate con acqua e sono destinati a sostituire un pasto. • “Capsule di saturazione” che contengono sorgenti e cariche, riempiono lo stomaco senza fornire molte calorie. Alcuni prodotti si basano su fibra glucomannani della radice konjac. • “Blocca grasso” si legano ai grassi contenuti nel cibo e lo espellono in modo naturale ancora prima che il corpo assuma il grasso in eccesso. • “Carb Blocker” pubblicizzano che il corpo con l'aiuto di fibre alimentari evitino l’assimilazione dei carboidrati non utilizzati. • “Brucia grassi” con sostanze fitochimiche derivate da limoni, guaranà e tè verde per aumentare la combustione dei grassi. La conclusione dei revisori di "Stiftung Warentest": "Le nostre esigenze sono soddisfatte da alcun prodotto. Abbiamo bisogno di prove che le persone in sovrappeso e gli obesi con il loro aiuto in sei mesi, riescano a perdere almeno il 5 % di peso e mantenerlo almeno altri sei mesi." Questo requisito è basato "sulle linee guida della tedesca Obesity Society. Secondo "Stiftung Warentest" tutte le capsule, compresse e polveri non sono quindi efficaci. Con 99 centesimi e fino a 4 € per dose giornaliera assottigliano in modo permanente solo il portafogli dei consumatori”. Le diete Formula sono a volte utili. Le eccezioni riguarderebero solo cinque prodotti, tra cui le “diete formula”. Sono soprattutto all'inizio di un programma di perdita di peso un ottimo modo per perdere rapidamente il grasso nei soggetti in sovrappeso e negli obesi. Inoltre, vi sono tra le capsule di saturazione quattro prodotti che realizzano un effetto minimo. Il test completo è disponibile nel numero di febbraio della rivista tedesca "test" .

Frutta e Latte nelle scuole. Lo “Sportello dei Diritti” aderisce e rilancia la campagna UE per un’alimentazione più sana

Frutta e Latte nelle scuole. Lo “Sportello dei Diritti” aderisce e rilancia la campagna UE per un’alimentazione più sana Ieri 30 gennaio, il Commissario Europeo per l’Agricoltura e lo Sviluppo rurale, Dacian Ciolos, ha presenta la proposta della Commissione mirata a riunire in un quadro comune due distinti programmi per le scuole, “Frutta nelle scuole” e “Latte nelle scuole”. A fronte del calo dei consumi di tali prodotti tra i bambini, l’obiettivo della proposta è affrontare con maggiore decisione il problema della cattiva alimentazione, rafforzare la dimensione educativa dei programmi e contribuire alla lotta contro l’obesità. Con lo slogan “Mangiare bene per stare bene”, il programma darà maggiore rilievo all’educazione all’alimentazione sana, alle questioni ambientali, all’agricoltura, e alla vasta gamma di prodotti agricoli disponibili, rafforzando nel contempo il filo diretto tra le aziende agricole e il mondo della scuola. Rafforzerà inoltre il legame tra la comunità agricola e l’ambiente scolastico. Come già previsto nell’accordo dell’anno scorso sulla spesa futura dell’UE, il nuovo programma, una volta approvato, avrà una dotazione di 230 milioni di euro per anno scolastico (150 milioni di euro per gli ortofrutticoli e 80 milioni di euro per il latte). Nel bilancio 2014 la dotazione era di 197 milioni di euro (122 milioni di euro e 75 milioni di euro rispettivamente). La proposta, che sarà presentata al Parlamento europeo e al Consiglio, si basa sui dati emersi dalle relazioni di valutazione e sulla consultazione pubblica che si è svolta nel 2013 nell’ambito del processo di valutazione d’impatto. Il programma “Latte nelle scuole” è stato istituito nel 1977 e il programma “Frutta nelle scuole” nel 2009. Ne beneficiano quasi 30 milioni di bambini ogni anno (oltre 20 milioni per il primo e 8,5 milioni per il secondo). Nella maggior parte dei paesi UE il consumo di frutta e verdura tra i bambini è in diminuzione e rimane al di sotto dell’apporto giornaliero raccomandato. Cala anche il consumo di latte alimentare, mentre i bambini si orientano sempre più verso prodotti altamente trasformati. Sovrappeso e obesità sono preoccupazioni reali: nel 2010 l’OMS ha stimato che nell’UE circa 1 bambino su 3 nella fascia di età tra i 6 e i 9 anni è sovrappeso o obeso. Questa tendenza è in rapido aumento, considerato che nel 2008 la stima era di 1 bambino su 4. Sono dati che per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, non si possono ignorare. Ecco perché, come associazione che da anni si occupa anche di tali problemi, per tali ragioni non possiamo non aderire e rilanciare anche in Italia la campagna lanciata dall’UE, con l’augurio che anche il nostro governo dimostri analoga sensibilità come quella delle istituzioni comunitarie.

mercoledì 29 gennaio 2014

Devono essere risarciti dall’ente autostradale i danni subiti dall’autovettura a causa della gomma abbandonata sull’asfalto

Devono essere risarciti dall’ente autostradale i danni subiti dall’autovettura a causa della gomma abbandonata sull’asfalto Il custode della strada è responsabile per gli ostacoli sulla carreggiata che non segnala agli utenti I pedaggi autostradali aumentano e nonostante ciò i gestori cercano di farla franca anche dalle proprie responsabilità. Ma per la giustizia, non si può sottrarre alla propria responsabilità la concessionaria che gestisce l’autostrada quando accade un sinistro cagionato da un ostacolo al centro della carreggiata e non segnalato dai pannelli luminosi in esercizio lungo il tracciato. In tali casi, come sovente afferma la giurisprudenza e come viene confermato dalla sentenza 16/2013, pubblicata dal giudice di pace di Santhià (Vercelli) che Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, ritiene opportuno diffondere, la società proprietaria o custode dell’infrastruttura ha l’obbligo di risarcire i danni patrimoniali subiti dall’autovettura che era entrata in collisione con un grosso pneumatico di camion che si trovava sulla strada. Nel caso di specie, il magistrato onorario ha ritenuto fondata la richiesta di risarcimento di un automobilista cui sono stati liquidati circa 4.500 euro per i danni subiti dalla propria autovettura, nonché le spese di giudizio, a seguito dello scontro contro lo pneumatico di un autoarticolato abbandonato sull’asfalto e che era apparso all’improvviso innanzi al proprio veicolo mentre percorreva nella prima mattinata il tratto stradale in cui era competente il giudice di pace adito. Il vero e proprio ostacolo risultava quindi «non visibile né prevedibile» perché non segnalato con un avviso di pericolo, ed è quindi certamente configurabile la responsabilità stabilita dall’articolo 2051 del Codice civile a carico dell’ente custode della strada perché lo scontro risulta comunque cagionato da un’omissione di vigilanza di chi gestisce l’infrastruttura. Peraltro, nel corso dell’istruttoria un assistente al traffico sentito come testimone ha confermato che al call center dell’ente era giunta una segnalazione che aveva avvisato circa la presenza dell’ostacolo in piena carreggiata, ma prima dell’orario in cui si è verificato il sinistro. Né può essere invocata da parte della convenuta società la circostanza che il mezzo di servizio e soccorso si trovasse a cinquanta chilometri dal luogo del sinistro: in attesa che la squadra giungesse sul posto sarebbe stato opportuno avvisare dell’ostacolo le auto in transito mediante i pannelli ad hoc che veicolano (ad esempio) i messaggi con i limiti di velocità, la presenza del tutor o gli eventuali incidenti sul tracciato. Va, inoltre, esclusa la sussistenza del caso fortuito che scriminerebbe il custode dell’infrastruttura.

Lite temeraria per Equitalia che iscrive il fermo amministrativo illegittimo

Stop Equitalia! In caso fermo amministrativo illegittimo perché relativo a tributi prescritti deve pagare i danni per lite temeraria al cittadino che si trova l’auto bloccata dalle ganasce fiscali. Risarcita in via equitativa l’insegnante che a causa dell’erroneo provvedimento risulta avere difficoltà per raggiungere il posto di lavoro. Per la responsabilità aggravata è sufficiente provare la scarsa prudenza dell’esattore e non il dolo o la colpa grave È proprio il caso di dirlo: un brutto, ennesimo stop per Equitalia viene dalla sentenza n. 182 del 23 dicembre 2013 della Commissione Tributaria Provinciale di Campobasso che ha ritenuto giusto condannare per lite temeraria l’esattore, ordinando il risarcimento in via equitativa ad un contribuente cui era stato emesso un provvedimento di fermo amministrativo illegittimo perché relativo a crediti prescritti. Nel caso di specie, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, i giudici tributari hanno accolto il ricorso di un’insegnante che era stata messa in difficoltà a raggiungere il posto di lavoro a seguito del blocco fiscale della sua automobile a causa del mancato pagamento di alcune cartelle per crediti Inps nonostante tale richiesta fosse ormai prescritta, essendo decorsi, addirittura, oltre dieci anni. La corte molisana ha quindi disposto l’annullamento dell’atto impositivo e ha anche concesso il risarcimento dei danni subiti a causa delle difficoltà conseguenti al mancato uso della propria automobile rilevando che ai fini della sussistenza della responsabilità per lite temeraria, stabilita dall’articolo 96 del Codice di Procedura Civile, dell’agente della riscossione che esegua il fermo di un autoveicolo per un credito tributario già prescritto, non si richiede né il dolo né la colpa grave, ma trattandosi di misura cautelare è sufficiente il difetto della normale prudenza, agevolmente configurabile nell’ipotesi in cui la prescrizione sia rilevabile dallo stesso provvedimento notificato al contribuente. Ma v’è di più, per i giudici, la liquidazione del danno da lite temeraria può essere effettuata secondo equità dal giudice (anche tributario) poiché è costituito non già dalla lesione della posizione materiale della parte vittoriosa, ma dagli oneri di ogni genere che essa abbia dovuto affrontare per essere stata costretta a contrastare l’ingiustificata pretesa della parte avversa e dai disagi sopportati per effetto di quella iniziativa, danni desumibili dalla comune esperienza. Nella fattispecie, l’agente per la riscossione è stato condannato, quindi, non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche a versare 500 euro extra.

domenica 26 gennaio 2014

Aumentano i furti di trattori in Europa.

Aumentano i furti di trattori in Europa. Bande organizzate, soprattutto dell’est europeo, sarebbero dietro un'ondata di criminalità crescente di furti di trattore dagli allevamenti. Dalla Gran Bretagna l’allarme, ma anche l’Italia non è immune. Bande di europei dell’est sarebbero gli artefici di un'ondata di criminalità crescente di furti di trattore da allevamenti europei. Solo in Gran Bretagna ne sarebbero stati rubati 6.000 negli ultimi quattro anni. Nel Regno Unito, sono stati sottratti nell’arco dell’ultimo quadriennio veicoli agricoli, per un valore di più di 30 milioni di sterline (oltre 36 milioni di euro), ossia un equivalente di quattro al giorno, come scoperto dall’Express Online. Le gang della criminalità organizzata di ambito aree dove gli agricoltori trattori grandi e costose, quali parti rurali dell'est dell'Inghilterra, di mantenere e strike mentre le macchine sono lasciate incustodite. I trattori vengono poi portati all'estero sui traghetti, prima di essere venduti a agricoltori in Europa orientale, Russia e anche Africa. Tim Price, portavoce degli affari rurali presso la National Farmers' Union (NFU), che assicura i tre quarti degli agricoltori britannici, ha detto che nel 2010 - che ha visto un aumento del numero di immigrati provenienti dall'Europa centrale e orientale - è stato l'anno peggiore per furti, con ben 2.000 macchine agricole rubate. Lo stesso assicuratore, ha sottolineato che gli sforzi dei funzionari di polizia e di frontiera avevano ridotto i furti a circa 1.300 un anno, ma ci sono ora "segnali preoccupanti" di un ulteriore aggravamento del fenomeno. L’agenzia per la lotta contro la criminalità internazionale, Europol, nei giorni scorsi ha rivelato che era stata sgominata una banda di rumena che ha rubato i trattori per un valore di 2,6 milioni di sterline (oltre 3.136 mila euro) da allevamenti francesi durante un periodo di 18 mesi. Ma tali bande straniere operano su una scala molto più grande del Regno Unito, con un valore complessivo di 6,7 milioni di sterline (oltre 8 milioni di euro) di trattori attualmente rubati ogni anno. Sempre Price ha detto: "crediamo che la maggior parte dei trattori rubati sono portati all'estero è trasportati nei paesi dell'Europa orientale. Ma non sono venduti agli agricoltori dell’Europa orientale, ma vengono venduti e trasportato in Russia, dove c'è una richiesta enorme, o nel Medio Oriente, o anche paesi dell'Europa meridionale come Cipro e anche in Africa". Ha detto che le bande trascorrono "un po ' di tempo" in luoghi di identificazione che hanno attrezzature costose, prima di trovare un conducente che "o è complice o non fa troppe domande" nel prendere i veicoli sul loro camion. L'aumento a partire dal 2010 del furto di trattori coincise anche con l'introduzione di nuove misure di sicurezza sulle auto di lusso, che erano state precedentemente un bersaglio per la criminalità straniera. Ed allora gli agricoltori non si sono persi d’animo e molti hanno preso misure analoghe per proteggere i loro veicoli, come chip nascosti e sistemi di sicurezza hi-tech. Ha aggiunto: "il furto internazionali di trattori ha preso gli agricoltori e la polizia alla sprovvista nel 2010, quando un numero record di trattori – oltre 2.000 per un valore di più di 10 milioni di sterline (oltre 10 milioni di euro) sono stato rubati da allevamenti nel Regno Unito”. Da allora sono stati fatti enormi sforzi da parte degli agricoltori e dalla polizia così riuscendo a ridurre tale tipo di crimine di un terzo. Tuttavia a partire dallo scorso anno scorso si sono avuti nuovi preoccupanti segnali che il fenomeno stava risorgendo e così, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, è utile avvisare anche le nostre aziende agricole di stare in guardia poiché queste bande criminali girano l’Europa e non sempre noi italiani ci facciamo trovare pronti sulle misure di sicurezza da prendere per evitare di farci rubare i nostri beni, anche quelli più costosi.

Legge di stabilità 2014: la sanatoria sui ruoli per cancellare le cartelle esattoriali

Legge di stabilità 2014: la sanatoria sui ruoli per cancellare le cartelle esattoriali Se ne sta parlando da giorni su tutti i media, anche perché qualcuno è arrivato a parlare di condono e quando in Italia rispunta questa parola si fa in fretta a parlare e dirne di cotte e di crude. Stiamo parlando della “sanatoria” sui ruoli decisa dal Governo per incentivare i contribuenti al pagamento e recuperare un po’ di utili e “fresche” risorse per le casse dello Stato. Per tali ragioni, Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, ritiene opportuno chiarire cosa accadrà se si decide di pagare entro il 28 febbraio prossimo venturo. Lo facciamo attraverso un articolo scritto a due mani dagli avvocati tributaristi Maurizio Villani e Francesca Giorgia Romana Sannicandro che chiarisce gli aspetti tecnici e giuridici della sanatoria in corso. Lecce, 27 gennaio 2014 Giovanni D’AGATA Legge di stabilità 2014: la sanatoria sui ruoli Una delle novità previste dalla legge di stabilità 2014 (Legge 27.12.2013 n° 147 , pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 302 del 27 dicembre 2013) prevede la possibilità di pagare le cartelle esattoriali emesse da Equitalia fino al 31 ottobre 2013 - senza interessi. Con l'obiettivo di alleggerire il contenzioso tributario attivo e di reperire risorse, il pagamento dell'intero importo potrà essere effettuato in soluzione unica entro il 28 febbraio 2014. Infatti testualmente l’art. 1 della Legge citata prevede ai commi da 618 a 623, che: “618. Relativamente ai carichi inclusi in ruoli emessi da uffici statali, agenzie fiscali, regioni, province e comuni, affidati in riscossione fino al 31 ottobre 2013, i debitori possono estinguere il debito con il pagamento: a) di una somma pari all'intero importo originariamente iscritto a ruolo, ovvero a quello residuo, con esclusione degli interessi per ritardata iscrizione a ruolo previsti dall'articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, nonché degli interessi di mora previsti dall'articolo 30 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, e successive modificazioni; b) delle somme dovute a titolo di remunerazione prevista dall'articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, e successive modificazioni. 619. Restano comunque dovute per intero le somme da riscuotere per effetto di sentenze di condanna della Corte dei conti. 620. Entro il 28 febbraio 2014, i debitori che intendono aderire alla definizione prevista dal comma 618 versano, in un'unica soluzione, le somme dovute ai sensi dello stesso comma. 621. A seguito del pagamento di cui al comma 620, l'agente della riscossione è automaticamente discaricato dell'importo residuo. Al fine di consentire agli enti creditori di eliminare dalle proprie scritture patrimoniali i crediti corrispondenti alle quote discaricate, lo stesso agente della riscossione trasmette, anche in via telematica, a ciascun ente interessato, entro il 30 giugno 2014, l'elenco dei debitori che hanno effettuato il versamento nel termine previsto e dei codici tributo per i quali è intervenuto il pagamento. 622. Entro il 30 giugno 2014, gli agenti della riscossione informano, mediante posta ordinaria, i debitori, che hanno effettuato il versamento nel termine previsto, dell'avvenuta estinzione del debito. 623. Per consentire il versamento delle somme dovute entro il 28 febbraio 2014 e la registrazione delle operazioni relative, la riscossione dei carichi di cui al comma 618 resta sospesa fino al 15 marzo 2014. Per il corrispondente periodo sono sospesi i termini di prescrizione. 624. Le disposizioni di cui ai commi da 618 a 623 si applicano anche agli avvisi esecutivi emessi dalle agenzie fiscali e affidati in riscossione fino al 31 ottobre 2013.” A tenore della norma, l’agevolazione prevede lo sconto degli interessi (di mora e da ritardata iscrizione a ruolo) per i contribuenti che entro il 28 febbraio 2014 verseranno in un’unica soluzione gli importi originariamente iscritti a ruolo, ovvero gli importi residui ancora dovuti (nei casi di pagamenti rateali già avviati (oltre all’aggio della riscossione ad oggi dovuto nella misura dell’8%). Per meglio comprendere la natura dell’agevolazione è importante specificare la distinzione tra interessi di mora e interessi da ritardata iscrizione a ruolo: interessi di mora: sono quegli interessi applicati dall’agente della riscossione quando il contribuente ritarda il pagamento di somme già iscritte a ruolo (ad esempio nel caso in cui il pagamento di quanto dovuto avviene decorsi i sessanta giorni dalla notifica della cartella, da quel momento fino alla data del pagamento decorrono gli interessi di mora – che ad oggi ammontano al 5,23% e vengono stabiliti annualmente dal Ministero delle Finanze sulla base della media dei tassi bancari attivi – ); interessi da ritardata iscrizione a ruolo: sono quegli interessi che vengono calcolati direttamente dall’ufficio, secondo il tasso fissato per legge, e decorrono dalla scadenza del termine di presentazione della dichiarazione fino alla data di consegna all’agente della riscossione dei ruoli in cui tali somme sono iscritte. Inoltre, la norma chiarisce come tale sanatoria è applicabile a tutti i tipi di ruoli (accertamenti esecutivi, definizione dei carici Irpef, Ires, Irap, a decorrere dal periodo d’imposta 2007, tranne che per le debitorie delle somme da riscuotere per effetto di sentenze di condanna della Corte dei Conti. L’attivazione di tale procedura agevolativa non prevede un innesco da parte degli agenti della riscossione, se non a pagamento eseguito; infatti coloro che pagheranno entro il 28 febbraio 2014, riceveranno a pagamento effettuato ed entro il 30 giugno 2014, una comunicazione dell’agente della riscossione di “avvenuta estinzione del debito”. Al fine di agevolare tale procedura, la riscossione coattiva di tali somme e i relativi termini di prescrizione saranno sospesi fino al 15 marzo 2014.

Interessi Legali in calo dal 2014. Quali conseguenze per i contribuenti

Interessi Legali in calo dal 2014. Quali conseguenze per i contribuenti A partire dal 1° gennaio scorso è entrata in vigore la nuova misura del saggio degli interessi legali che ha ridotto dal 2,5 % al 1 % il tasso previsto dal Codice Civile. Tale scelta del governo, comporta comunque alcune importanti conseguenze per i contribuenti che Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, attraverso un articolo scritto a due mani dagli avvocati tributaristi Maurizio Villani e Iolanda Pansardi ritiene opportuno portare all’attenzione del pubblico per comprendere quali significative novità per i cittadini e per i soggetti giuridici possa comportare tale variazione in ambito fiscale. Lecce, 27 gennaio 2014 Giovanni D’AGATA Dal 1°gennaio 2014 gli interessi legali saranno ridotti dal 2,5% annuo all’1 %. La modifica è stata stabilita dal decreto del ministro dell’Economia e delle Finanze del 12 dicembre 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 292 del 13 dicembre. La disposizione stabilisce che la misura del saggio degli interessi legali di cui all’articolo 1284 del Codice civile è fissata all’1% in ragione d’anno, con decorrenza dal 1°gennaio 2014. Giova ricordare che la variazione del tasso di interesse non è automatica. Il ministro dell’Economia e delle Finanze ha la facoltà di modificarlo, con decreto da emanarsi non oltre il 15 dicembre, sulla base del rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi e tenuto conto del tasso di inflazione registrato nell’anno (articolo 2, comma 185, legge 662/1996). Qualora entro tale data non sia fissata la nuova misura del saggio, questo rimane invariato per l’anno successivo. Il saggio legale di interesse è stabilito per legge e si applica a: • rapporti tra cittadino e Stato (in primis le pendenze fiscali), • contratti in cui non è stato stabilito un interesse diverso tra le parti. Di conseguenza, in ambito fiscale più leggeri i costi del ravvedimento operoso, che prevede, in caso di omesso, insufficiente o tardivo versamento dei tributi, la corresponsione della sanzione e degli interessi moratori, calcolati dal giorno successivo a quello della scadenza dell’adempimento fino al giorno in cui il contribuente regolarizza la propria posizione. Per sanare gli omessi versamenti del 2013, regolarizzati con il ravvedimento operoso nel 2014, si dovranno perciò applicare due misure: il 2,5% fino al 31 dicembre 2013 e l’1% dal 1°gennaio 2014. Orbene, con il ravvedimento “sprint” da fare entro 14 giorni dalla scadenza, la sanzione ordinaria del 30%, applicabile sui tardivi od omessi versamenti di imposte, si riduce allo 0,2% per ogni giorno di ritardo fino al quattordicesimo giorno. Dal quindicesimo al trentesimo giorno di ritardo, si applica la misura fissa del 3%, prevista per il ravvedimento breve o mensile. I contribuenti che, ad esempio, hanno saltato l’appuntamento con i versamenti in scadenza il 2 dicembre 2013, ma che non hanno eseguito il pagamento nemmeno entro 14 giorni, hanno avuto tempo 30 giorni per il ravvedimento breve o mensile. Gli interessi legali da corrispondere saranno del 2,5% fino al 31 dicembre. Per chi si avvale invece del ravvedimento lungo o annuale, oltre alle imposte eventualmente ancora dovute, è applicabile la sanzione fissa del 3,75% più gli interessi dell’2,5% annuo fino al 31 dicembre 2013 e del 1% dal 1° gennaio 2014, per i giorni successivi alla scadenza, fino al giorno di pagamento compreso. dalla data alla data norma regolatrice tasso 21.04.1942 15.12.1990 Codice Civile art. 1284 5,00 % 16.12.1990 31.12.1996 Legge 26/11/90 n. 353 e Legge 29/12/90 n. 408 (art.13) 10,00 % 01.01.1997 31.12.1998 Legge 23/12/96 n. 662 (art. 2 comma 185 e art. 3 comma 164) 5,00 % 01.01.1999 31.12.2000 Decreto del Ministero del Tesoro 10/12/98 2,50 % 01.01.2001 31.12.2001 Decreto del Ministero del Tesoro 11/12/00 3,50 % 01.01.2002 31.12.2003 Decreto del Ministero dell'Economia 11/12/01 3,00 % 01.01.2004 31.12.2007 Decreto del Ministero dell'Economia 01/12/03 2,50 % 01.01.2008 31.12.2009 Decreto del Ministero dell'Economia 12/12/07 3,00 % 01.01.2010 31.12.2010 Decreto del Ministero dell'Economia 04/12/09 1,00 % 01.01.2011 31.12.2011 Decreto del Ministero dell'Economia 07/12/10 1,50 % 01.01.2012 31.12.2013 Decreto del Ministero dell'Economia 12/12/11 2,50 % 01.01.2014 in vigore Decreto del Ministero dell'Economia 12/12/13 1,00 %

La depressione post-partum colpisce 4 donne su 10. Lo dice un’importante studio belga

La depressione post-partum colpisce 4 donne su 10. Lo dice un’importante studio belga La depressione post-partum colpisce circa il 13% delle donne che hanno recentemente partorito, ma nel 38% di loro, i sintomi possono persistere a distanza di un anno dopo la nascita del bambino, anche a lungo termine, secondo uno studio condotto da Sara Casalin, dell’equipe di ricerca in psicologia clinica della Katholieke Universiteit Leuven (KU Leuven), un'università di lingua olandese situata nelle Fiandre, in Belgio. Le donne che soffrono di depressione postnatale spesso sentono una grande tristezza, ansia e un senso di colpa nei confronti del loro bambino, che non si sentono alcun piacere da affrontare. In generale, questo periodo dura da tre a sei mesi. Ma secondo un'analisi di 23 studi internazionali condotti tra il 1985 e il 2012, sembra che i sintomi si estendano a quattro donne su dieci con questo disturbo. Le giovani madri single sono più a rischio. Ma altri fattori sono coinvolti: "salari bassi, un difficile rapporto con il partner o una storia di depressione svolgono un ruolo importante nello sviluppo della malattia e ciò tanto più se essi sono combinati," dice Sara Casalin. Secondo la ricercatrice, i risultati di questo studio sono destinati ad accompagnare meglio la depressione post-partum e meglio informare le persone interessate. Questo tipo di vera e propria patologia psicologica, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, viene spesso ancora sottovalutato, mentre in un periodo di crisi come quello che stiamo vivendo, quelli che sono chiamati come altri fattori, stanno incidendo e non poco sull’accentuarsi di tale “piaga” anche nel Nostro Paese. Ecco perché, specie in questo particolare momento storico, è importante non abbassare la guardia e contribuire sia da parte dei familiari e delle persone care, ma anche dagli operatori sanitari, a far raggiungere alle madri, specie quelle più giovani, la consapevolezza della propria situazione psicologica sia per prevenire che per evitare l’acuirsi in caso di diagnosi di depressione post partum.

Uomo: tutto muscoli e niente cervello.

Uomo: tutto muscoli e niente cervello. Gli uomini hanno più difficoltà a ricordare rispetto alle donne. In particolare si scordano facilmente date e nomi. Gli uomini hanno meno memoria delle donne e sembra che la scoperta abbia un valore scientifico. A dimostrarlo sono dei ricercatori dell’Università norvegese di Scienza e Tecnologia, i quali hanno pubblicato i risultati sulla rivista Bmc Phsychology. Il professor Jostein Holmen e la sua squadra hanno coinvolto circa 37mila persone per portare a termine lo studio, a ognuna delle quali è stato sottoposto un questionario con nove domande riguardo alla capacità di ricordare. In particolare, è emerso che gli individui di sesso maschile si scordano più facilmente i nomi e le date. Per questo, ad esempio, fidanzati e mariti non si ricordano di anniversari e compleanni. Il responsabile della ricerca ha affermato poi che “si parla molto del fatto che le donne ricordino più degli uomini, ma non si è ancora capito il perché”. Il motivo, dunque, “rimane ancora un mistero”. Al di là delle facili battute, tipo che le donne, alla luce di tale ricerca dovrebbero essere più comprensive quando il proprio partner dimentica l’anniversario di nozze o di fidanzamento, Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, sottolinea il carattere scientifico dello studio che ci fa comprendere che in ogni caso i soggetti del gentil sesso siano più propense e probabilmente più facilitate intellettualmente a ricordare tali occasioni.

Nuova App: la clamidia è qui. Dalla Scandinavia una nuova applicazione del telefono per diagnosticare le malattie veneree

Nuova App: la clamidia è qui. Dalla Scandinavia una nuova applicazione del telefono per diagnosticare le malattie veneree Nella jungla delle app, le applicazioni per smartphone, tablet e pc, se ne scoprono di nuove che potrebbero sembrare curiose ma se funzionassero davvero potrebbero essere potenzialmente utili. L'azienda scandinava iDoc24 ha lanciato un'app per Android e iOS che permette di controllare se si ha una malattia sessuale, senza dover visitare un ambulatorio medico. Almeno sarebbe questa l'idea. Basterebbe scattare qualche foto della propria zona genitale, ed attendere la risposta di uno specialista se si hai una malattia venerea, come per esempio la temibile clamidia. A capo del servizio è il medico svedese Alexander Börve. Intervistato da NRK.no, il dottor Börve si è sbilanciato ed ha affermato che tutto ciò che si deve fare è scaricare l’app è inoltrare due buone immagini, rispondere ad alcune brevi domande sulle allergie, uso di medicine e se si avvertono sintomi, e poi inviare il tutto all’equipe medica. La risposta, promette il medico, arriva entro 24 ore. Il prezzo della visita “virtuale” sarebbe di circa 2-300 dollari, anche se l'app è scaricabile gratuitamente. Sarebbe tutelata anche la privacy poiché coloro che effettuano il servizio resta il compito di salvare le immagini e il testo con il numero del caso, ma nessuna informazione personale. Le immagini possono essere utilizzate per la nostra ricerca, o per rendere il servizio migliore, ma noi non vendiamo nessun immagini a terzi, "ha detto Börve alla Norwegian Broadcasting Corporation. Ovviamente le istituzioni sanitarie si sono dimostrate immediatamente scettiche circa questo tipo di servizio e sostengono che il potenziale rischio di abusi è notevole. Né Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, ritiene di non condividere quanto affermato dall'associazione norvegese di pratica generale che ha detto testualmente: "non consigliamo questo app", e che è più sicuro consultare un medico se si sospetta che si possa avere una malattia.

Google Chrome può ascoltare le tue conversazioni.

Google Chrome può ascoltare le tue conversazioni. Un difetto del computer per registrare una conversazione dal browser Web del gigante americano. Google Chrome ci può spiare? Secondo uno sviluppatore israeliano, uno tra i colossi browser degli Stati Uniti potrebbe effettuare la registrazioni dei suoni senza che l'utente se ne accorga. Un trucco che non è alla portata di tutti, ma che non ha destato alcuna preoccupazione in Google sinora: l'azienda ha reagito riducendo al minimo il rischio. Come funzionerebbe? Dal febbraio 2013, Google Chrome offre una nuova funzionalità, il riconoscimento vocale. Questo permette all'utente di dettare una richiesta, che viene analizzata mediante il motore di ricerca e restituisce i risultati che vengono visualizzati sullo schermo. Ma l'ingegnere israeliano Tal Ater ha presentato giovedì una falla preoccupante nel sistema: con l'interfaccia di navigazione Web, fornita da Google, sarebbe possibile attivare il riconoscimento vocale senza che l’utente se ne possa accorgere. E quindi salvare tutte le conversazioni. Google si è messa in allerta ma non si è dimostrata preoccupata. Questo difetto è stato scoperto lo scorso settembre e Tal Ater ha subito avvisato Google. La società ha poi sviluppato una patch, una specie di algoritmo “tappa buchi”, ma tre mesi più tardi, essa non è ancora disponibile per gli utenti di Internet. Contattato da siti specializzati, il colosso americano di internet ha evidenziato come non ci sia "nessun rischio immediato", anche perché l’utente deve prima autorizzare il riconoscimento vocale per un sito. Per avvisare gli utenti di questo rischio, Tal Ater ha messo a online un sito per spiegarlo. Se non c’è da allarmarsi anche perché le condizioni per far funzionare questo hack sono piuttosto difficili da ottenere, perché l’unica maniera è che l’utente dia inizialmente il permesso per stabilire la comunicazione tra il proprio microfono e un sito web (in questo caso, ovviamente, parliamo di un sito infettato da malware appositi) e se normalmente Chrome segnala che il microfono e la webcam sono attivi, tuttavia grazie a questa vulnerabilità anche abbandonando la pagina in questione il microfono resterebbe acceso, e nessuna lucina rossa o icona sul tab restano visibili, come sarebbe la regola. Ecco perché Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, invita gli utenti a prestare la massima attenzione, con la speranza che Google faccia il possibile per impedire ogni violazione, anche solo probabile, della privacy.

Pistole, granate, spade: i folli sequestri negli aeroporti statunitensi

Pistole, granate, spade: i folli sequestri negli aeroporti statunitensi Come se l’11 settembre non fosse mai accaduto, negli USA il paese più direttamente colpito dai tragici eventi del 2011, ma anche il primo che ha deciso di adottare misure a dir poco restrittive per l’accesso negli aeroporti, continua a sorprendere per i sequestri che avvengono quasi quotidianamente negli scali americani. A sottolinearlo Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, dopo aver appreso quanto comunicato dalla Transport Safety Administration (TSA), l’agenzia federale che si occupa della sicurezza nei trasporti, che fa riflettere sul fatto che nonostante i controlli, in America ci sono migliaia di cittadini che pensano ancora che su un aereo sia possibile viaggiare armati. Si tratta di veri e propri arsenali. Sciabole, spade, esplosivi inerti, pistole caricate e armi medievali: le autorità degli Stati Uniti hanno pubblicato l’altro ieri venerdì 24, lo stock 2013 degli oggetti pericolosi o strani scoperti nei bagagli dei passeggeri nei loro aeroporti. La TSA ha comunicato che i propri agenti hanno scoperto solo l’anno scorso ben 1.813 armi da fuoco, tra cui 1.477 erano caricate, ai checkpoint di 205 aeroporti, grazie ai rilevatori metallici e ai body scanner. Circa 639 milioni di passeggeri sono stati monitorati nel 2013. Le armi da fuoco possono essere trasportate in aereo negli Stati Uniti, ma devono essere scaricate e tenute nel bagaglio. Atlanta è al primo posto. Atlanta, il più grande aeroporto del mondo in termini di passeggeri, è in testa con 111 armi nel 2013, con una pistola carica con otto proiettili scoperta attraverso uno body scanner che l’ha individuata sulla gamba sinistra di un passeggero, arrestato dalla polizia. A Boston, funzionari della sicurezza hanno trovato una pistola a pezzi in un sacchetto di cuciture. Più allarmante, sono le scoperte di esplosivi inerti, perché come spiega la TSA, "non si può sapere se sono reali o giocattoli o repliche, finché non giungono sul posto gli esperti di esplosivi". Pugnali, sciabole, spade, machete e altre lame sono una categoria separata, dove l’ingegno supera quella dei detentori di armi da fuoco.

sabato 25 gennaio 2014

Casse pensioni svizzere. Un tesoro di miliardi di euro dimenticati in Svizzera dopo anni di sudore dei nostri migranti

Casse pensioni svizzere. Un tesoro di miliardi di euro dimenticati in Svizzera dopo anni di sudore dei nostri migranti. Il problema degli averi dimenticati riguarda in particolare gli stranieri tra cui molti italiani che hanno lavorato in Svizzera. Lo “Sportello dei Diritti” lancia una campagna per assistere i nostri concittadini per ottenere la pensione Svizzera Ogni anno gli istituti di previdenza elvetici perdono le tracce di decine di migliaia di ex assicurati, la metà stranieri, che avrebbero diritto a dei benefici per la vecchiaia. Miliardi di franchi rimangono così in attesa di essere un giorno richiesti dai loro proprietari. Cosa che spesso non succede nemmeno. Molti ex assicurati spariscono nel nulla, lasciando dietro di sé il frutto di anni di duro lavoro. Complessivamente rimangono così in giacenza circa 5 miliardi di franchi, accumulati nelle casse pensioni in Svizzera. Il fenomeno fa seguito generalmente a cambiamenti di datore di lavoro. Anche se ciò non dovrebbe avvenire. La Legge sulla previdenza professionale (LPP) del Paese d’Oltralpe garantisce infatti ad ogni assicurato il diritto ad una prestazione di libero passaggio, ossia al versamento del capitale della cassa pensione all’istituto di previdenza del nuovo datore di lavoro. Se l’assicurato non trova subito un nuovo datore di lavoro, gli averi accumulati devono essere depositati su un conto bloccato presso la Fondazione istituto collettore LPP – creata appositamente dai partner sociali – oppure presso una banca o un’assicurazione. Dovrebbero rimanervi fino a quando l’assicurato chiede il trasferimento ad una nuova cassa pensione oppure fino al versamento all’età di pensionamento. In Svizzera il sistema di previdenza si basa su tre pilastri. •L’Assicurazione per la vecchiaia e i superstiti (AVS) e l’Assicurazione per l’invalidità (AI) hanno come scopo di garantire il fabbisogno vitale a pensionati, orfani, vedove e invalidi. Queste assicurazioni statali sono obbligatorie per tutti, dipendenti e indipendenti. •La previdenza professionale per la vecchiaia, i superstiti e l’invalidità (casse pensioni) serve ad assicurare, assieme all’AVS/AI, almeno il 60% dell’ultimo salario, in modo da garantire un buon tenore di vita. Al secondo pilastro si devono affiliare solo i lavoratori dipendenti. •Il terzo pilastro, facoltativo, è costituito dalla previdenza personale, che permette di coprire ulteriori esigenze dopo il pensionamento. Strano, ma vero, una parte cospicua di questi fondi non viene più rivendicata dai loro proprietari. E molti di loro non possono più nemmeno essere rintracciati dagli istituti che gestiscono gli averi del libero passaggio: hanno cambiato più volte domicilio o sono partiti all’estero, senza indicare il loro nuovo indirizzo. Solo la Fondazione istituto collettore LPP ha così perso il contatto con 600'000 detentori di conti, di cui la metà stranieri, per un importo complessivo di 2,5 miliardi di franchi. Secondo le stime, una somma equivalente è in giacenza presso banche e assicurazioni. “Sappiamo esattamente quanto spetta ad ogni singola persona, i cui averi sono stati depositati presso la nostra fondazione. Possiamo attribuire ogni franco. Ciò che non conosciamo è però l’indirizzo attuale di queste persone o delle coordinate bancarie, che ci permetterebbero di versare i soldi”, indica Max Meili, direttore della Fondazione istituto collettore LPP. Spesso i contatti vengono persi già alla fine di un contratto di lavoro. Entro questo termine, la cassa pensione è tenuta a comunicare agli assicurati l’importo del capitale accumulato e a chiedere loro dove vanno versati i soldi. A volte i datori di lavoro notificano però troppo tardi la partenza del lavoratore, ossia quando ha ormai già cambiato indirizzo o lasciato la Svizzera. Non di rado, sono gli stessi assicurati ad ignorare semplicemente i fondi della loro previdenza per la vecchiaia. Ogni anno migliaia di persone non rispondono nemmeno alla domanda della loro cassa pensione e dimenticano di indicare dove vanno depositati i loro averi. In ogni caso, i soldi non sono persi: al più tardi due anni dopo la partenza di un assicurato, le casse pensioni hanno l’obbligo di versare gli averi abbandonati alla Fondazione istituto collettore LPP. Ma ciò avviene spesso all’insaputa dell’assicurato. Secondo i sindacati, tutto questo mostra che datori di lavoro e casse pensioni potrebbero migliorare l’informazione degli assicurati sui loro diritti. “Molti problemi potrebbero essere forse evitati, introducendo un formulario obbligatorio, che l’assicurato deve firmare al momento della fine del contratto di lavoro”, propone Matthias Kuert Killer, responsabile della politica sociale presso la federazione sindacale Travail.Suisse. È pressoché certo che molti soldi vengano dimenticati, soprattutto da stranieri, anche presso l’Assicurazione per la vecchiaia e i superstiti (AVS), l’assicurazione statale che assieme alle casse pensioni assicura il mantenimento del tenore di vita dopo il pensionamento. L’AVS non dispone però di cifre in merito. Ma ciò è legato anche al fatto che, in questo sistema assicurativo, gli assicurati non accumulano un capitale a loro nome, che rimane in giacenza se non viene versato all’età di pensionamento. Le rendite AVS per i pensionati vengono finanziate di anno in anno con i premi pagati dagli assicurati. “La Confederazione ha firmato delle convenzioni con una quarantina di paesi europei, grazie alle quali collaboriamo strettamente con i rispettivi istituti statali di previdenza. Veniamo regolarmente contattati da questi istituti, quando un ex assicurato si annuncia presso di loro e comunica di aver lavorato anche in Svizzera”, indica Rolf Camenzind, responsabile della comunicazione presso l’Ufficio federale delle assicurazioni sociali. Queste convenzioni non sono state firmate però con tutti i paesi, dai quali sono giunti negli ultimi decenni molti lavoratori immigrati, come ad esempio il Kosovo. Inoltre, in caso di decesso di un ex assicurato, vedove e orfani ignorano spesso i loro diritti a prestazioni in Svizzera. E l’AVS non ricerca attivamente beneficiari di rendite, neppure se hanno raggiunto l’età di pensionamento. Fondi delle casse pensioni Generalmente gli averi di vecchiaia della previdenza professionale possono essere versati agli assicurati solo al raggiungimento dell’età di pensionamento. In tre casi, però, possono essere prelevati già prima, in contanti se l’assicurato: •lascia la Svizzera per stabilirsi in un paese non membro dell’Unione europea o dell’Associazione europea di libero scambio. In caso di partenza verso un paese membro, gli averi devono invece rimanere in Svizzera su un conto vincolato (presso la Fondazione istituto collettore LPP, banche o assicurazioni) fino all’età di pensionamento. •avvia un’attività lucrativa indipendente e non sottostà quindi più alla previdenza professionale obbligatoria. •esige i soldi per acquistare una residenza primaria (casa o appartamento) o per ammortizzare un’ipoteca. Non è mai troppo tardi Nel settore delle casse pensioni, questo compito viene invece assunto dall’Ufficio centrale del secondo pilastro (vedi finestra), incaricato di ripristinare i contatti tra gli istituti di previdenza e gli assicurati che hanno raggiunto l’età di pensionamento. Questo ufficio è stato creato dal governo svizzero, su richiesta di Italia, Spagna e Portogallo, dopo che era venuto alla luce il problema dei capitali dimenticati da molti lavoratori di questi paesi. L’ufficio centrale intrattiene a sua volta contatti con gli istituti di previdenza dei paesi europei, ma sovente le ricerche all’estero non danno alcun esito. “In Svizzera troviamo quasi sempre i beneficiari. Ma è molto più difficile trovare uno straniero che ha lasciato la Svizzera. Ed è quasi impossibile, se non rientra nel suo paese di origine oppure se vi ritorna, ma non si annuncia presso l’istituto statale di previdenza”, spiega Daniel Dürr, direttore dell’Ufficio centrale. In tal caso, l’unica speranza è che il beneficiario si annunci spontaneamente, prima o poi. E non è mai troppo tardi: i dossier vengono conservati dall’Ufficio centrale fino al compimento del 100esimo anno di età. “Siamo disposti a versare gli averi anche se il proprietario si annuncia quando ha già compiuto 101 anni”, sottolinea Max Meili. Alla luce di questi dati, ed in un momento di grave crisi nella quale qualsiasi fonte di reddito per l’italiano medio assume la consistenza di “manna dal cielo”, lo “Sportello dei Diritti” lancia una campagna per il recupero dei capitali versati e non pretesi da parte dei tanti migranti rientrati in Italia e che per svariate ragioni non hanno battuto cassa nei confronti della Previdenza elvetica. Per tali ragioni, Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello dei Diritti” comunica che l’associazione assisterà sin da subito tutti gli ex lavoratori e gli eredi che hanno maturato il diritto all’ottenimento dei benefici nelle pratiche di rimborso o di versamento della pensione maturata.

giovedì 23 gennaio 2014

Pillole di ecstasi potenzialmente fatale in circolazione. L’allarme dal Belgio

Pillole di ecstasi potenzialmente fatale in circolazione. L’allarme dal Belgio Una notizia apparsa sulle colonne di due giornali belgi, Het Gazet van Antwerpen e Het Belang van Limburg, che a loro volta segnalavano l’allarme dato proprio ieri 23 gennaio dall’agenzia belga sulla farmacovigilanza (BEWSD), riporta l’attenzione su un problema mai sopito: quello della circolazione in Europa di droghe sintetiche potenzialmente mortali. Questa volta si tratta di nuove pillole di ecstasy così potenti che possono condurre a conseguenze tragiche. Le compresse di MDMA, il principio attivo dell’ecstasi, contengono una quantità “anormalmente elevata” di tale sostanza, ha rivelato il BEWSD che ha specificato che è sufficiente l’assunzione di una sola pillola da parte di una ragazza di 14 anni per avere conseguenze fatali. La droga in questione è stata scoperta nella regione di Bruxelles, grazie ad un progetto dell'associazione Modus Vivendi. Questo permette ai consumatori di effettuare test in forma anonima e gratuita sui farmaci e le droghe in loro possesso. Data la facilità con cui è facile procurarsi sul mercato europeo le sostanze stupefacenti di tipo sintetico che riescono a sfuggire ai controlli in maniera più semplice rispetto ad altri tipi di droghe per così dire “naturali”, Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, ritiene utile riportare tale avvertimento anche nel Nostro Paese a scopo precauzionale poiché la diffusione dell’extasi continua a non conoscere frontiere e freni nonostante gli effetti devastanti per la salute dei consumatori che sono noti, da anni, a tutti.

Danni alla persona. Il danno esistenziale dev’essere risarcito quando è causa di uno «sconvolgimento» della vita.

Danni alla persona. Il danno esistenziale dev’essere risarcito quando è causa di uno «sconvolgimento» della vita. Per la Cassazione deve essere riconosciuto questo ristoro ai familiari e al convivente della vittima. Dev’essere riconosciuto anche il danno da “perdita della vita” trasmissibile agli eredi Lo diciamo da anni che non è sufficiente angustiare entro il limite di tabelle predefinite i danni conseguenti alla perdita di un congiunto per poter offrire un minimo di ristoro ai cari sopravvissuti. Ma ne siamo ancor più convinti, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, tanto da continuare ad insistere nelle numerose azioni intraprese in questi anni a tutela dei danneggiati da gravi eventi, dopo l’importantissima sentenza n. 1361 pubblicata ieri 23 gennaio 2014 dalla Corte di Cassazione. Infatti, con una decisione destinata a cambiare ancora una volta le “carte in tavola” a tutti coloro che intendevano limitare i danni conseguenti a gravi eventi della vita, la Suprema Corte ha ritenuto che il giudice deve liquidare qualunque pregiudizio a prescindere dal nome per dare integrale ristoro a chi li subisce. Per gli ermellini, è risarcibile il danno esistenziale quando provoca uno «sconvolgimento» della vita. Quindi, rilanciando l’importanza di questa voce di danno dopo alcune posizioni altalenanti, con una sentenza di ben centodieci pagine, i giudici della terza sezione civile–– ne hanno riconosciuto la possibilità del ristoro ai familiari, ai partner, anche per pregiudizi estetici o sessuali. In sintesi, purché se ne fornisca dimostrazione, qualunque sconvolgimento dell’esistenza consente la possibilità di chiederne il risarcimento. Nel lungo iter logico giuridico seguito dalla corte di legittimità si evidenzia come la liquidazione di tali tipi di danni debba essere effettuata necessariamente in via d’equità. Ma v’è di più. I giudici del Palazzaccio hanno riconosciuto l’esistenza del danno alla perdita della vita come categoria autonoma del danno non patrimoniale e non annoverabile nel danno tanatologico o morale terminale. Nella fattispecie la Suprema Corte ha stabilito, l’obbligo risarcitorio a carico di una compagnia di assicurazione, nei confronti dei figli di un uomo depresso, che si era suicidato a distanza di due anni dalla morte della moglie avvenuta in un incidente stradale. Per spirito di brevità evidenziamo che i giudici di Piazza Cavour sottolineano che «il danno da perdita del rapporto parentale o cosiddetto danno esistenziale (che consiste nello sconvolgimento dell'esistenza sostanziatesi nello sconvolgimento delle abitudini di vita, con alterazione del modo di rapportarsi con gli altri nell'ambito della comune vita di relazione – sia all'interno che all'esterno del nucleo familiare – in fondamentali e radicali scelte di vita diversa) risulta integrato in caso come nella specie di sconvolgimento della vita subito dal coniuge ( nel caso, il marito ) a causa della morte dell'altro coniuge ( nel caso, la moglie )». Da mettere in evidenzia che con la stessa sentenza il collegio di nomofiliachia apre la strada al risarcimento del danno non patrimoniale da “perdita della vita”, trasmissibile, in quanto categoria autonoma, agli eredi. Secondo i giudici tale tipo di voce riparatoria è ammessa anche se l’agonia della vittima è durata poche ore. La liquidazione di tale voce è equitativa e non è contemplata dalle Tabelle di Milano. È interessante riportare le motivazioni che portano i giudici di legittimità a stabilire sul punto che: «costituisce danno non patrimoniale altresì il danno da perdita della vita, quale bene supremo dell'individuo, oggetto di un diritto assoluto e inviolabile garantito in via primaria da parte dell'ordinamento, anche sul piano della tutela civilistica». Inoltre, non essendo il danno da perdita della vita della vittima contemplato dalle Tabelle di Milano, è rimessa alla prudente discrezionalità del giudice di merito l'individuazione dei criteri di relativa valutazione che consentano di pervenire alla liquidazione di un ristoro equo, nel significato delineato dalla giurisprudenza di legittimità, non apparendo pertanto idonea una soluzione di carattere meramente soggettivo, né la determinazione di un ammontare uguale per tutti, a prescindere cioè dalla relativa personalizzazione, in considerazione in particolare dell'età delle condizioni di salute e delle speranze di vita futura, dell'attività svolta, delle condizioni personali e familiari della vittima». In ultimo è da evidenziare la precisazione della Corte che, rilevato il cambiato di rotta in materia, ha sottolineato come tale interpretazione non ha come conseguenza la cosiddetta “prospective overruling”, ossia che il cambiamento di orientamento è applicabile anche retroattivamente.

Scoperta da ricercatori di Melbourne una proteina che potrebbe essere utile per la cura contro il diabete.

Scoperta da ricercatori di Melbourne una proteina che potrebbe essere utile per la cura contro il diabete. Alcuni scienziati della Monash University di Melbourne in collaborazione con ricercatori olandesi, hanno scoperto una proteina che contribuisce alla resistenza all'insulina nelle persone con fegato grasso che potrebbe essere un potenziale bersaglio per i farmaci. Un’importante notizia in campo medico che Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, ritiene utile segnalare per evidenziare i progressi nella lotta in una malattia che ogni anno uccide milioni di persone nel mondo. Il diabete di tipo 2 è causato da un accumulo di grasso nelle cellule epatiche ed è più comune nei soggetti in sovrappeso o obesi. "Una delle prime cose che accadono a molte persone quando diventano obesi è un fegato grasso, che precede il diabete di tipo 2", rileva il professor Matthew Watt del Dipartimento di Fisiologia della Monash University. L'insulino-resistenza si verifica quando il corpo non produce insulina sufficiente o diventa resistente ad essa. Si tratta di un precursore del diabete. Ma non era chiaro esattamente come l'insulino-resistenza si sviluppasse se il fegato grasso fosse il colpevole. I ricercatori presso l'università della Facoltà di Scienze Biomediche hanno studiato topi obesi ed hanno scoperto che i fegati grassi secernono un diverso sottoinsieme di proteine rispetto ai fegati normali. Il professor Watt ha detto che questo insieme di proteine è anche la causa dell’insulino-resistenza nel muscolo scheletrico. "Abbiamo esaminato una di queste proteine in grande dettaglio e abbiamo trovato che avevano causato l’insulino-resistenza in diversi tessuti”. Hanno convalidato i risultati testando il sangue dei pazienti affetti da steatosi epatica e hanno scoperto che avevano livelli elevati di proteine. La quantità della proteina correlata con il livello di resistenza all'insulina. Prof Watt detto che non era una cura per il diabete di tipo 2, ma se potesse essere bloccata può migliorare la resistenza all'insulina. Il passo successivo è capire se bloccare la proteina nei topi potrebbe migliorare la sensibilità all'insulina (o "invertire la resistenza all'insulina"). La ricerca, che è stata effettuata in collaborazione con scienziati dei Paesi Bassi, è stata presentata recentemente per la pubblicazione in una rivista medica.

Ulteriore appello alla classe politica pugliese e leccese. Lecce deve diventare Zona Franca Urbana o Zona a Burocrazia Zero purchè si sbrighi

Ulteriore appello alla classe politica pugliese e leccese. Lecce deve diventare Zona Franca Urbana o Zona a Burocrazia Zero purchè si sbrighi Siamo costretti ancora una volta a lanciare l’ennesimo appello all’intera classe politica pugliese e leccese per l’istituzione della Zona Franca Urbana o Zona a Burocrazia Zero a Lecce. Nonostante la campagna lanciata dallo “Sportello dei Diritti”che più volte con l’avvocato tributarista Maurizio Villani è intervenuto sull’argomento anche sulla nota trasmissione televisiva di Rai Tre “Report” spiegandone le ragioni, gli scaricabarili ed i danni connessi ai ritardi, ad oggi siamo costretti a registrare solo un dato positivo che però non riguarda il capoluogo leccese: in questi giorni, infatti, i decreti direttoriali hanno sbloccato le agevolazioni per le Zone Franche Urbane in Campania e Calabria. Le risorse economiche disponibili per la concessione delle agevolazioni fiscali e contributive sono pari complessivamente a 98 milioni di euro per la Campania ed a 54,88 milioni di euro per la Calabria, che partiranno da febbraio 2014. A questo punto, Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” ancora una volta lancia un ulteriore appello pubblico a tutta la classe politica, senza distinzione di colore alcuno, che al fine di consentire un contributo importante e significativo ad un’economia morente, è importante che la Puglia, ed in particolare Lecce, si attivi per ottenere l’istituzione della Zona Franca Urbana ed i relativi contributi, come oggi è stato ottenuto la Calabria e la Campania. Di seguito, quindi, proponiamo un articolo a firma dell’avvocato Villani che fa un’ampia sintesi della normativa e delle ragioni che rendono necessario ed improrogabile un intervento delle locali istituzioni. Lecce, 22 gennaio 2014 Giovanni D’AGATA ULTERIORE APPELLO ALLA CLASSE POLITICA PUGLIESE E LECCESE LECCE DEVE DIVENTARE ZONA FRANCA URBANA O ZONA A BUROCRAZIA ZERO PURCHE’ SI SBRIGHI Sono partite le agevolazioni fiscali e contributive in favore delle micro e piccole imprese localizzate soltanto nelle Zone Franche Urbane (ZFU) della Campania e della Calabria. Le risorse economiche disponibili per la concessione delle agevolazioni sono pari complessivamente a 98 milioni di euro per la Campania ed a 54,88 milioni di euro per la Calabria. Le istanze, firmate digitalmente, devono essere presentate, complete di eventuali allegati, in via esclusivamente telematica, a decorrere dalle ore 12 del 07 febbraio 2014 e sino alle ore 12 del 28 aprile 2014. Sono quattro le leve utilizzate secondo il regime “de minimis”: - esenzione dalle imposte sui redditi fino a 100.000 euro (100% per i primi cinque anni, poi a decrescere); - esenzione dall’IRAP (nel limite di 300.000 euro) e per quattro anni dall’IMU per i soli immobili siti nelle Zone Franche Urbane, utilizzati per l’attività economica, - esonero dal versamento dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente (anche in questo caso con percentuali decrescenti). Ora si apre la corsa delle imprese campane e calabresi in attesa che scattino i termini anche per la Puglia e la Sicilia. Sono trascorsi oltre sette anni dalla legge 27 dicembre 2006 n. 296 istitutiva delle Zone Franche Urbane e finalmente le procedure si stanno attivando, però, solo per la Campania e la Calabria, mentre la Puglia, ed in particolare Lecce, sono totalmente ignorate. Infatti, Lecce sta perdendo la possibilità, sino al 2014, di diventare non solo zona franca urbana ma anche zona a burocrazia zero e di conseguenza, sfruttarne i relativi vantaggi. E’ questo l’assurdo in un momento di grave crisi economica per colpa di una classe politica nostrana disattenta ed incapace di cogliere le opportunità previste sia dal Decreto Crescita del Governo Monti n. 179/2012 e sia dal Decreto Del Fare del Governo Letta n. 69/2013. Cerchiamo di capirne il perché mettendo a fuoco quelle che sono le caratteristiche predominanti delle due agevolazioni e soprattutto l’evoluzione storica legislativa. Innanzitutto le Zone Franche Urbane sono aree infra-comunali di dimensione minima prestabilita dove si concentrano programmi di defiscalizzazione per la creazione di piccole e micro-imprese. Obiettivo prioritario delle ZFU è favorire lo sviluppo economico e sociale di quartieri e aree urbane caratterizzate da disagio sociale, economico e occupazionale, e con potenzialità di sviluppo inespresse. Le zone a burocrazia zero, invece, dovrebbero puntare a uno snellimento burocratico nello start up di un’impresa. Con l’art. 37 del D.l. n. 179/2012 del 18 Ottobre 2012 l’esecutivo Monti, per dare un aiuto all’economia di alcune zone d’Italia, ha inteso riprogrammare le agevolazioni fiscali e contributive previste dalla legge 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) - prevedendo a favore delle piccole e micro imprese localizzate nelle Regioni Convergenza (tutte meridionali) l'esenzione dal pagamento delle imposte sui redditi, dell’Irap, dell’IMU e dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente. Tra le “zone franche” anche Lecce. Il 19 marzo 2013, il Ministro dello Sviluppo Economico ha approvato il Decreto attuativo delle Zone Franche Urbane, pari complessivamente a 44, individuate tutte nelle Regioni meridionali: Campania, Puglia (Andria, Lecce, Taranto, Barletta, Foggia, Lucera, Manduria, Manfredonia, Molfetta, San Severo, Santeramo in Colle), Calabria, Sicilia più (in via sperimentale) i Comuni della Provincia Sarda di Carbonia-Iglesias. I finanziamenti provengono dalla riprogrammazione dei fondi europei del periodo 2007-2013, dalle risorse regionali e dalla terza fase della riprogrammazione del Piano di azione e coesione che ha già liberato a fine 2012 ben 377 milioni di euro”. Per rendere attuativo il decreto è necessario individuare al più presto le risorse necessarie a finanziare i bandi. La dotazione complessiva è di 377 milioni e per questo, è stato presentato un ordine del giorno bipartisan che sarà discusso nella prossima seduta del consiglio regionale e che impegna il presidente del Consiglio e la Giunta ad avviare tutte le iniziative presso il Consiglio dei Ministri ed il Parlamento per ottenere i fondi necessari a rendere operative le Zone franche pugliesi. Nel frattempo, però, Il Ministro dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle finanze, con Decreto firmato lo scorso 10 aprile 2013 e in via di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, ha definito le condizioni, i limiti, le modalità e i termini di decorrenza delle agevolazioni fiscali e contributive per le imprese delle Zone Franche Urbane (ZFU) del Mezzogiorno. Nello specifico, si tratta di 33 Zone delle regioni Calabria, Campania e Sicilia, e in via sperimentale, del territorio dei comuni della provincia di Carbonia-Iglesias nell’ambito dei programmi di sviluppo e degli interventi compresi nell’accordo di programma “Piano Sulcis”. (Puglia non compresa). Nel provvedimento, emanato in attuazione dell’articolo 37 del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 (Decreto Sviluppo-bis), sono riportate le disposizioni attuative cui seguiranno i bandi per la presentazione delle domande. Le risorse disponibili, come si legge nel comunicato dello scorso 5 luglio del Ministero dello Sviluppo Economico, ammontano a complessive 303 milioni di euro, integrabili con fondi messi a disposizione dalle Regioni interessate. Per i comuni della provincia di Carbonia-Iglesias la dotazione finanziaria sarà individuata con un successivo decreto interministeriale, a valere sulle somme destinate all’attuazione del “Piano Sulcis”. E’ bene ricordare che le Zone Franche Urbane (ZFU), introdotte con la Finanziaria 2007 (Legge n. 296 del 2006), ispirandosi al modello attuato in Francia, intendevano favorire lo sviluppo economico e sociale, anche tramite interventi di recupero urbano, di aree e quartieri degradati nelle città del Mezzogiorno. Furono individuate 22 città, di cui in Puglia, Lecce, insieme a Taranto ed Andria. Ma operativamente le Z.F.U. non sono mai “decollate”, forse per esigenze di gettito, nonostante l’allora Ministro dello Sviluppo Economico, in data 28 ottobre 2009, arrivò ad avviare anche la stipula dei "contratti di zona franca urbana" con i sindaci dei Comuni interessati (impegni reciproci assunti dal Ministero e dai singoli Comuni per accompagnare e rafforzare l'azione di sviluppo nelle ZFU). Successivamente, con l’art. 43 del D.L. n. 78/2010, le suddette ZFU sono state integralmente sostituite dalle c.d. Zone a Burocrazia Zero (ZBZ), estese a tutta l’Italia con l’ultima legge di stabilità (Legge n. 183/2011), in via sperimentale fino al 31 dicembre 2013. Diciamo subito che, dal punto di vista fiscale, le misure recate dalla legge di stabilità per il 2012 (art. 14) non incidono su agevolazioni che sostanzialmente erano già state riconvertite con l'art. 43, lett. b), del D.L. n. 78/2010, provvedimento che aveva sostituito l'interessante meccanismo di esenzione da IRES, IRAP, ICI, e di esonero dai contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente, con un sistema basato sulla concessione di contributi diretti da parte del Sindaco. Di conseguenza, per le nuove iniziative produttive costituite dopo il 1° gennaio 2012, i vantaggi erano i seguenti: - i provvedimenti conclusivi dei procedimenti amministrativi di qualsiasi natura ed oggetto avviati su istanza di parte, fatta eccezione per quelli di natura tributaria, di pubblica sicurezza e di incolumità pubblica, sono adottati in via esclusiva dall’ufficio locale del Governo che vi provvede, ove occorrente, previe apposite conferenze di servizi; - i provvedimenti conclusivi di tali procedimenti si intendono senz’altro positivamente adottati entro 30 giorni dall’avvio del procedimento, se un provvedimento espresso non è adottato entro tale termine; - per i procedimenti amministrativi avviati d’ufficio, fatta eccezione per quelli di natura tributaria, di pubblica sicurezza e di incolumità pubblica, le amministrazioni che li promuovono o li istruiscono trasmettono all’ufficio locale del Governo i dati ed i documenti occorrenti per l’adozione dei relativi provvedimenti conclusivi; - sul fronte fiscale, ove la zona a burocrazia zero (ZBZ) nelle regioni meridionali coincida con una delle zone franche urbane (ZFU), come Lecce (delibera CIPE dell’08 maggio 2009 n. 14), le risorse finanziarie per queste ultime sono utilizzate dal Sindaco per la concessione di contributi diretti alle nuove iniziative produttive avviate nelle zone a burocrazia zero. Ecco che l’iter procedimentale appena delineato si blocca e grazie al decreto Monti si torna a parlare di zone franche urbane di cui all’art. 37 e di zone a burocrazia zero di cui all’art. 37 bis, laddove l’art. 43 del D.L. n. 78/2010 è espressamente abrogato e le zone a burocrazia zero non prevedono più l'accentramento di tutte le competenze in capo al commissario di Governo, limitandosi a una semplificazione più blanda. Tra gli incentivi di cui all’art. 37 del D.l. n. 179/2012 il provvedimento Economia-Sviluppo, definisce condizioni, limiti, modalità e termini di decorrenza delle agevolazioni che saranno concesse secondo il regime "de minimis" (tetto di 200mila euro in tre anni). È prevista l'esenzione dalle imposte sui redditi fino a 100mila euro per periodo di imposta, limite maggiorabile di 5mila euro per ogni nuovo dipendente assunto a tempo indeterminato. Lo sgravio è discendente, dal 100 al 20%, nell'arco di quattordici periodi di imposta. Esenzione anche dall'Irap, in questo caso quinquennale, con esclusione di plusvalenze e minusvalenze dal calcolo del valore della produzione netta. Per i soli immobili collocati nella Zfu e utilizzati per l'esercizio dell'attività economica, scatta inoltre l'esenzione dall'Imu per quattro anni. Infine, per i soli contratti a tempo indeterminato oppure che non abbiano una durata inferiore a 12 mesi (e a condizione che almeno il 30% degli occupati risieda nell’area della Zfu), è riconosciuto l’esonero al versamento dei contributi, anche in questo caso a scalare, dal 100 al 20%, fino a quattordici anni. Tra i requisiti di cui all’art. 37 del decreto Crescita, le agevolazioni sono aperte a micro e piccole imprese, già costituite alla data di presentazione dell'istanza, che svolgono la loro attività all'interno della Zfu e che non sono in liquidazione volontaria o sottoposte a procedure concorsuali. Tra le condizioni per l'accesso agli incentivi, le aziende «che svolgono attività non sedentaria» dovranno dimostrare di avere almeno un lavoratore dipendente a tempo pieno o parziale che svolga nella sede collocata nella Zfu la totalità delle ore e di realizzarvi non meno del 25% del volume d'affari complessivo. Per fruire delle agevolazioni, le aziende in possesso dei requisiti dovranno presentare domanda nei termini che saranno indicati nel bando del ministero dello Sviluppo economico. Nella domanda, dovranno essere indicati l'importo delle agevolazioni richiesto e le eventuali. Con l’art. 37 bis del D.l. n. 179/2012, di poi, al comma 3 viene evidenziato che: << Per le aree ubicate nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, ove la zona a burocrazia zero coincida con una delle zone franche urbane di cui all'articolo 37, le risorse previste per tali zone franche urbane, ai sensi dell'articolo 1, comma 340, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono utilizzate dal sindaco territorialmente competente per la concessione di contributi diretti alle nuove iniziative produttive avviate nelle zone a burocrazia zero>>. Nell'ambito delle attività di sperimentazione - di cui all'articolo 12, comma 1, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35- le zone a burocrazia zero sono una specie di zone franche del territorio nazionale le quali sono state espressamente sottratte (addirittura) a ogni «vincolo paesaggistico-territoriale o del patrimonio storico-artistico» (così l'articolo 37-bis, comma 1, del decreto legge n. 179 del 2012, convertito dalla legge n. 221 del 2012) e dove il rilascio delle autorizzazioni sono sostituite da una comunicazione che l'interessato deposita presso lo sportello unico delle attività produttive. Di recente, la disposizione sulle “Zone a burocrazia zero” è rafforzata dal “Decreto Del Fare” del Governo Letta (Dl 69/2013, articolo 37) laddove ai fini di facilitare la vita burocratica delle imprese propone un rilancio delle forme di semplificazione già adottate di cui all’art. 37 bis accennato sopra. Si tratta, in particolare, degli accordi sperimentali tra amministrazioni e associazioni di categoria, lanciati dal Governo Monti con l'articolo 12 del decreto legge n. 5 del 2012, convertito in legge n. 35 del 2012 (e poi ulteriormente disciplinate con successiva decretazione d'urgenza), ossia di convenzioni che possono essere stipulate tra le amministrazioni competenti e le varie associazioni di categoria «per attivare percorsi sperimentali di semplificazione amministrativa per gli impianti produttivi e le iniziative e attività delle imprese sul territorio, in ambiti delimitati e a partecipazione volontaria, anche mediante deroghe alle procedure e ai termini per l'esercizio delle competenze facenti esclusivamente capo ai soggetti partecipanti, dandone preventiva e adeguata informazione pubblica» (così la definizione offerta dall'art. 12, comma 1, del decreto legge n. 5 del 2012). L’obiettivo rimane quello di semplificazione basato, sostanzialmente, su accordi che derogano alle vigenti norme di legge, al fine di snellire le procedure e abbreviare i termini dei procedimenti amministrativi; ciò, alla condizione che venga data adeguata pubblicità preventiva (informazione pubblica) a tali iniziative. Le novità adesso inserite dal decreto legge "del fare" consistono nell'estensione a tutto il territorio nazionale di queste sperimentazioni, anche al fine di creare un sistema integrato di dati telematici tra le varie amministrazioni coinvolte e di permetterne un monitoraggio complessivo che è affidato al ministero dello sviluppo economico. Uniche limitazioni alle attività economiche così liberalizzate, la tutela dei «principi fondamentali della Costituzione, la sicurezza, la libertà e la dignità dell'uomo e l'utilità sociale, il rispetto della salute, dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio artistico e culturale» (così adesso dispone il comma 5 dell'art. 37 qui in esame). CONCLUSIONI Alla luce di quanto detto a proposito del decreto attuativo delle ZFU del 19 marzo 2013 che prevede anche Lecce ma il cui progetto è ancora in fase di completamento e definizione, ed a proposito del decreto del 10 aprile 2013 già andato a buon fine che ha definito le condizioni, i limiti, le modalità e i termini di decorrenza per accedere ai contributi per l’attuazione delle 33 zone franche urbane, tra cui Lecce non compare, è il caso che la classe politica leccese si attivi nel più breve tempo possibile per beneficiare delle opportunità sia dell’interessante meccanismo di esenzione da imposte sui redditi, Irap, imposta sugli immobili nonché l‘esonero dai contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente previsto dall’art. 37 del Governo Monti come zfu, ma allo stesso tempo delle semplificazioni di carattere amministrativo per le imprese ribadite dal Decreto legge "Del Fare" del 21 giugno 2013 (peraltro già consentite dal Decreto Monti) come zbz e, pertanto, si sbrighi ad utilizzare le limitate risorse ancora disponibili.

Il pericolo dei farmaci “reattivi”. Più di 30 medicinali “reattivi” disponibili senza prescrizione medica, potrebbe presentare un rischio di gravi effetti collaterali.

Il pericolo dei farmaci “reattivi”. Più di 30 medicinali “reattivi” disponibili senza prescrizione medica, potrebbe presentare un rischio di gravi effetti collaterali. Un sondaggio effettuato in Francia che riguarda una platea potenziale di 60 milioni di consumatori ma che potrebbe riguardare tutti gli europei e quindi anche gli italiani ha denunciato i gravi effetti collaterali dei farmaci “reattivi”. Il sondaggio parte dalla domanda: Dolirhume, Fervex, Actifed e altri Rhinargyl sono pericolosi? Più di 30 farmaci “reattivi” disponibili senza prescrizione medica, potrebbero presentare un rischio di gravi effetti collaterali. Nel numero pubblicato ieri giovedì 23 gennaio, una nota rivista di associazioni dei consumatori ha denunciato i molti effetti negativi di questi prodotti ancora molto "popolari" tra i francesi. L'associazione fa riferimento all’Agenzia nazionale sulla sicurezza dei farmaci (ANSM), l’omologa della nostrana AIFA, che aveva indicato alla fine del 2012 "una persistenza degli effetti avversi" in questo tipo di farmaci. "Sono stati evidenziati persino circa un centinaio di casi in quattro anni," ha avvertito poi il responsabile del sondaggio sull’emittente Europa 1. I problemi nascerebbero dai rischi connessi alla combinazione di più principi attivi e sostanze. Molti di questi farmaci sarebbero non compatibili con molecole di altri medicinali. Ma in generale, i consumatori sono poco preoccupati. Anche perché possono acquistare questi farmaci senza prescrizione medica. "I clienti ci chiedono ad esempio l'Actifed e il paracetamolo allo stesso tempo, mentre il paracetamolo è contenuto in entrambi."Combinare i due non è cosa buona", ha confermato un farmacista al microfono di Europa1. “Spesso si esagera per un raffreddore'. E a volte i farmaci reattivi vengono mescolati con tre o anche quattro molecole diverse. "Per esempio il paracetamolo, un vasocostrittore che può presentare rischi di incidenti abbastanza gravi, cardiovascolari o neurologici, talvolta viene combinato con un antistaminico che può portare a sonnolenza e interagire con altri farmaci", spiegano gli ideatori del sondaggio sempre su Europa1. La conclusione della rivista è che la vendita di questi farmaci dovrebbe essere vietata senza la prescrizione medica. In effetti anche fra gli italiani, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, spesso si tende ad esagerare per la cura di un semplice raffreddore, e si combinano una serie di farmaci spesso improvvisandoci farmacisti di noi stessi. I medici più prudenti ricordano che la maggior parte dei raffreddori sono virali: quasi tutti guariscono da soli, al termine di 7 giorni. Quindi meglio un po’ di pazienza e di riposo, piuttosto che affidarsi a miscugli che possono portare a conseguenze imprevedibili e senz’altro peggiori che un mal di gola o un naso gocciolante.

mercoledì 22 gennaio 2014

Ennesimo furto (digitale) di dati: rubate 16 milioni di password in Europa.

Ennesimo furto (digitale) di dati: rubate 16 milioni di password in Europa. Alcuni consigli dell’autorità tedesca per la sicurezza informatica per evitare di vedersi rubati i dati L'autorità tedesca per la sicurezza informatica, BSI (Ufficio federale per la sicurezza in Information Technology) ha lanciato l'allarme dopo che milioni di dati sarebbero stati rubati su Internet. Si tratterebbe dell’ennesimo furto (digitale) su larga scala di dati negli ultimi mesi: sarebbero 16 milioni i dati relativi alla posta elettronica captati. Gli utenti di Internet sono diventati ancora una volta vittime di furti di identità. L'accesso di milioni di account di posta elettronica sono stati rubati e ora potrebbero anche essere usati abusivamente per i social network. I criminali avrebbero preso gli indirizzi e-mail e le password da 16 milioni di utenti di computer. L'Ufficio federale per la Sicurezza Informatica (BSI) ha immediatamente consigliato di eliminare assolutamente i malware dai computer e modificare le proprie password. La scoperta, come annunciato ieri martedì 21 gennaio a Bonn, è arrivata dopo un'analisi dei furti on-line da parte di una rete di criminali. Secondo al BSI, i truffatori potrebbero accedere ai dati non solo degli account di posta elettronica, ma anche di altri account, come quelli dei social network o dei negozi online, se si utilizzano le stesse credenziali, come sovente accade. La BSI ha messo a disposizione il sito sicherheitstest.bsi.de per controllare il proprio account, da parte di chi teme di essere stato colpito dal furto di dati. L'Autorità confronta l'indirizzo con i milioni che sono stati scoperti nelle reti criminali. La BSI raccomanda agli interessati di esaminare tutti i computer che hanno utilizzato il software dannoso e le istruzioni sono riportate sul sito. Martedì scorso, l'accesso al sito sicherheitstest.bsi.de non è stato temporaneamente possibile a causa del gran numero di accessi che hanno sovraccaricato il server. Tra i consigli riportati che Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, ritiene utile comunicare anche nel nostro Paese, vi sono una serie di suggerimenti importanti. Cambiare le password per la posta elettronica, Facebook, Amazon & Co. Peraltro, tutte le password per i servizi on-line dovrebbe essere cambiate - sia per le e-mail, social network come Facebook, negozi online come Amazon o altre offerte. I malfattori potrebbero utilizzare il malware per spiare e carpire tutti questi dati. La BSI sul suo sito web fornisce anche suggerimenti per la creazione di password il più sicure possibile. Gli esperti ritengono che gli hacker hanno catturato i dati utilizzando le cosiddette botnet e malware. Prima di cambiare le password rubate sui pc infetti devono essere prima eliminati i virus e i software dannosi. Nel caso contrario, può accadere che i nuovi codici di accesso possono essere nuovamente carpiti ed utilizzati. Per la pulizia del computer, la BSI raccomanda PC-Cleaner della Avira. Secondo il BSI, le nuove password devono essere di almeno otto caratteri, e oltre a lettere minuscole e maiuscole devono contenere anche caratteri speciali e numeri. I migliori codici di accesso sono termini che non si trovano nei dizionari, e non sono composti da sole sequenze numeriche come "123456" o da modelli di tastiera come "qwerty". Invece, gli esperti raccomandano una serie apparentemente casuale che gli utenti ricordare mnemonicamente.

Sicurezza Alimentare. Le macchine per caffè libererebbero troppo piombo.

Sicurezza Alimentare. Le macchine per caffè libererebbero troppo piombo. Lo dice uno studio dell’Istituto tedesco per la valutazione del rischio sicurezza alimentare tedesca Bfr. Il rilascio di piombo potrebbe essere causato dall’uso di decalcificanti. Il numero di macchine per caffè testate è troppo esiguo per allarmare Alcuni tipi di macchine per caffè esaminate nei laboratori dall’Istituto federale tedesco per la valutazione del rischio (BfR) rilascerebbero quantità elevate di piombo. La notizia ha destato in Germania un certo scalpore e sono circolate informazioni errate su molti giornali. Per questo motivo l’Istituto tedesco per la valutazione del rischio (BfR) ha diramato un comunicato ufficiale dove dice che il progetto ha interessato otto nuove macchine per caffè per uso domestico, all’interno di uno studio sul rilascio di metalli pesanti dovuto a materiali a contatto con alimenti. Il set sottoposto a test comprendeva tre macchine per caffè espresso domestiche con filtro tradizionale che utilizzano caffè macinato (non la moka italiana per intenderci), tre macchine a cialde e due macchine a capsule tipo Nespresso. In laboratorio è stato simulato l’utilizzo per più giorni, inserendo anche operazioni di pulizia con l’impiego di sostanze decalcificanti consigliate dai produttori stessi. Le macchine per caffè testate evidenziavano un certo rilascio di piombo che però tende a diminuire con il passare del tempo. Si è notato che 2 delle 3 macchinette a filtro cedevano all’acqua concentrazioni di piombo superiori di oltre 100 volte rispetto ai parametri stabiliti dall’Unione Europea per l’acqua potabile (10ug/Kg, con un valore massimo di accettabilità fino a 40 ug/Kg). Il picco massimo di rilascio avveniva dopo la pulizia con agenti decalcificanti. Tutte le altre tipologie di macchinette (cialde, capsule), rispettavano invece i limiti relativi alla migrazione di piombo, prima e dopo l’operazione di pulizia, avvicinandosi alla soglia dei 10 mg/Kg senza superarla. Il rilascio di piombo potrebbe essere causato dall’uso di decalcificanti. Se il numero di macchine per caffè testate è ritenuto troppo esiguo per allarmare, Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, chiede alle autorità sanitarie, europee ed italiane un approfondimento per eliminare ogni ombra di dubbio circa pericoli per la salute. La ragione di questi risultati, infatti, secondo il BfR, starebbe nel fatto che il piombo potrebbe derivare da parti metalliche intaccate dall’acidità dei prodotti decalcificanti. Ad ogni modo, è utile ascoltare i suggerimenti dell’Istituto tedesco che consiglia di risciacquare abbondantemente le macchinette con cicli a vuoto dopo il trattamento con agenti anticalcare, ma anche al termine di ogni utilizzo, come consigliato dai produttori sulle istruzioni. Le marche coinvolte non sono state rese note perché l’esiguo numero di macchine testate non può essere rappresentativo di un problema reale. Una questione simile venne rilevata nel 2007 dall’Official Chemical and Veterinary Control Office di Stoccarda: l’indagine portò allo studio di una norma tedesca specifica a carattere volontario (DIN) per limitare la migrazione di metalli pesanti (piombo e nichel) cedute da apparecchiature per produrre bevande calde.

Rivalutazione estimi catastali a Lecce. Nuovo capitolo della “saga”. L’Agenzia del Territorio non demorde e propone appello

Rivalutazione estimi catastali a Lecce. Nuovo capitolo della “saga”. L’Agenzia del Territorio non demorde e propone appello È una sorpresa quasi inattesa la notizia comunicataci dall’avvocato Maurizio Villani, promotore dei primi ricorsi individuali e consulente di quelli collettivi contro il famigerato riclassamento generalizzato degli estimi catastali operato dall’Agenzia dei Territorio su input del comune di Lecce, secondo cui sono stati notificati vari atti di appello dell’Agenzia del Territorio sulla questione degli estimi catastali. Ciò nonostante le numerose sentenze della Commissione Tributaria Provinciale di Lecce che hanno riconosciuto pienamente le ragioni dei contribuenti sanzionando con una sonora e annunciata bocciatura della procedura, l’iter seguito dalla pubblica amministrazione, censurato, peraltro anche dal T.A.R. della Puglia. Ad ogni modo, entro 60 giorni dalla notifica continueremo a difendere i contribuenti provvedendo a costituirci presso la Commissione Tributaria Regionale – Sezione Staccata di Lecce per contrastare le tesi difensive dell’ente e per chiedere la conferma delle favorevoli sentenza in primo grado. È evidente, quindi, che la questione si sposta presso la Commissione Tributaria Regionale – Sezione Staccata di Lecce, in un ennesimo capitolo di una saga che per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, sta assumendo contorni grotteschi a causa del comportamento della P.A. che non vuole demordere nonostante quanto accaduto e ciò, ancora una volta, con conseguenze per la collettività di facile previsione.

martedì 21 gennaio 2014

Metà della ricchezza mondiale nelle mani di 85 Paperoni.

Metà della ricchezza mondiale nelle mani di 85 Paperoni. L'Oxfam denuncia disuguaglianze da capogiro e crescenti fra i poveri e i ricchi. La colpa nella deregolamentazione finanziaria e nei sistemi fiscali che facilitano l’evasione Se c’è la gran parte della popolazione mondiale che subisce negativamente gli effetti della crisi in maniera dirompente, c’è una fascia minoritaria di pochi super ricchi che se le gode, tanto che è ormai certificabile che da quando è scoppiata la fase di grave recessione mondiale le disuguaglianze economiche si sono amplificate nella maggior parte dei Paesi del mondo. A denunciarlo l’ong Oxfam (Oxford Commitee for Famine Relief) che è una confederazione di 17 organizzazioni non governative che lavorano con 3.000 partner in più di 100 paesi per trovare la soluzione definitiva alla povertà e all'ingiustizia. Tale dichiarazione arriva a due giorni dall’inizio, a Davos, del Forum economico mondiale. Più della metà delle ricchezze mondiali risulta così essere in mano all’1% della popolazione. C’è, poi, una minuscola casta di 85 super paperoni che ha accumulato nei propri forzieri un patrimonio equivalente a quello posseduto da tutta la metà più povera della popolazione globale, vale a dire gli averi di circa 3,5 miliardi di persone. In 24 dei 26 Paesi per i quali ci sono dati sul periodo 1980-2012, queste élite di super ricchi hanno aumentato costantemente il loro reddito. Così, il ricchissimo 1% della popolazione della Cina, del Portogallo o degli Stati Uniti ha più che raddoppiato la sua quota del reddito nazionale negli ultimi trent’anni. Persino nei Paesi reputati come più ugualitari, come la Svezia e la Norvegia, la percentuale di reddito finita nelle tasche dell’1% dei più benestanti è aumentata del 50%. Per l’Oxfam, l’accrescimento di queste sperequazioni è in gran parte dovuto alla deregolamentazione finanziaria, ai sistemi fiscali fallati e alle regole che facilitano l’evasione fiscale. L’organizzazione denuncia altresì le misure di austerità, le politiche che sfavoriscono la popolazione femminile e la confisca delle rendite del petrolio e delle estrazioni minerarie. L’ong sottolinea anche un collegamento fra le disuguaglianze economiche estreme e il monopolio del potere politico da parte di una ricca élite, che governa per servire i propri interessi.”Senza un’azione concreta per ridurre queste disuguaglianze i privilegi e gli svantaggi si trasmetteranno di generazione in generazione, come ai tempi dell’Ancien Régime. Vivremo allora in un mondo dove la parità di opportunità non sarà che un miraggio”, denuncia Oxfam. Il Forum economico mondiale ha identificato le crescenti disparità di reddito come un rischio importante per il progresso umano e quindi, per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, tocca ai governi adottare misure perequative urgenti per una più corretta redistribuzione della ricchezza. Ci auguriamo che l’Italia possa essere di buon esempio attraverso un rilancio di politiche in tal senso che sono senz’altro utili a rilanciare un’economia tra le più in crisi tra i paesi cosiddetti “sviluppati”.

Il cioccolato fondente potrebbe contribuire a scongiurare il rischio di diabete e proteggere milioni di Italiani contro questo flagello

Il cioccolato fondente potrebbe contribuire a scongiurare il rischio di diabete e proteggere milioni di Italiani contro questo flagello. Anche la frutta rossa o blu può avere questi effetti Una nuova ricerca ha rivelato che i potenti composti che si trovano nel cioccolato – così come il vino rosso, tè e frutti di bosco – potrebbero servire a scongiurare alcune malattie. In particolare, mangiare "supercibi" che sono ricchi in flavonoidi offrirebbe protezione dal diabete di tipo 2, che è causa della rovina della vita di milioni di persone. Gli scienziati hanno scoperto che un'alta assunzione di flavonoidi è associata con la bassa resistenza all'insulina e al miglioramento della regolamentazione del glucosio nel sangue. Il residuo è stato scoperto negli alimenti di origine vegetale – come cipolle, mele, bacche, cavoli e broccoli che possono avere concentrazioni più alte. Il ricercatore professor Aedin Cassidy, della University of East Anglia della Norwich Medical School, ha detto che: "la nostra ricerca ha esaminato i vantaggi del mangiare determinati sottogruppi di flavonoidi”. Ed ha continuato: "Ci siamo concentrati su flavoni, che si trovano in erbe e verdure quali prezzemolo, timo, sedano e antociani, e in bacche, uva rossa, vino e altri tipi di frutta e verdura colorata rosso o blu". Lo studio che ha coinvolto quasi 2.000 persone, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, ha dimostrato che questi composti bioattivi abbassano il rischio di diabete, obesità, malattie cardiovascolari e cancro.

Casinò online spacciati per svizzeri.

Casinò online spacciati per svizzeri. In realtà sono gestiti da gruppi esteri che infrangono la legislazione elvetica sulla concorrenza Il gioco d’azzardo dilagante non conosce frontiere e modalità di attuazione, anche perché oggi la rete sta diventando uno dei maggiori veicoli utilizzati da chiunque si voglia approcciare ad un fenomeno che non conosce flessione. Di questo ne sono ben a conoscenza soggetti senza scrupoli che approfittano della psicologia di persone sempre più vulnerabili attraverso sistemi e marchi che appaiono specchietti per le allodole capaci di captare coloro che si approssimano al gioco. Il marchio della “Svizzera”, in tal senso appare molto efficacie per catturare nella rete molti malcapitati, tant’è che nel paese d’Oltralpe è stato segnalato che alcuni casinò online che portano nomi legati a tale nazione, propongono giochi d’azzardo in internet illegali, secondo la legislazione di questo Stato. Ed è addirittura arrivata una nota ufficiale della Segreteria di Stato dell'economia elvetica a mettere in guardia da questi siti, più precisamente www.onlinecasinoschweiz24.ch, www.casino-zuerich.com e swisscasinoonline.eu, i quali non hanno nulla a che fare con la Svizzera nonostante vengano usati molti riferimenti alla Confederazione. Tramite l'utilizzo dello stemma svizzero e di indicazioni geografiche quali «Svizzera», «swiss» e «Zürich», nonché diversi contenuti ingannevoli, le aziende che gestiscono i siti, fanno credere agli utenti di offrire giochi d'azzardo elvetici. In realtà, non hanno nulla a che fare con la Confederazione, ma sono gestiti da gruppi con sede a Gibilterra e in Belize. La Commissione federale delle case da gioco non ha mai autorizzato i passatempi presenti su questi siti e il diritto vigente vieta l'esercizio del gioco d'azzardo online. La SECO ritiene peraltro che siano state violate la legge federale contro la concorrenza sleale e la legge per la protezione degli stemmi pubblici. Le autorità federali non hanno ancora deciso se denunciare i gruppi. Le procedure sarebbero difficili proprio perché i gestori sono esteri. Ancora una volta, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, siamo costretti a segnalare come si tenti di approfittare della credulità popolare per far cascare migliaia di soggetti ignari colpevoli solo di credere di giocare (d’azzardo) in sistemi protetti, quando purtroppo nel momento in cui si sceglie di “giocare” c’è comunque, ed in ogni caso, ben poco di protetto. Da parte della nostra associazione, non possiamo che rimarcare e ribadire incessantemente il fatto che le ludopatie sono patologie psicologiche serie che possono portare alla rovina di interi nuclei familiari.

domenica 19 gennaio 2014

Nuova Tendenza. Manichini nelle vetrine Stati Uniti con i peli pubici. Presto anche in Italia?

Nuova Tendenza. Manichini nelle vetrine Stati Uniti con i peli pubici. Presto anche in Italia? New York. Ironia della sorte, negli Stati Uniti, dove i peli del corpo delle donne sono ritenute degni delle poco di buono, è una azienda tessile statunitense a lanciare una novità che assicura scalpore. Per la gioia o l’orrore dei passanti a New York sono stati messi in mostra manichini con i peli pubici in biancheria intima cui traspare una folta pelliccia nera nelle parti basse. Con tale azione provocatoria il fashion brand American Apparel, giusto in tempo per il 14 Febbraio giorno di San Valentino, vuole mettere in evidenza la "bellezza naturale" delle donne. A esplicare tale strategia commerciale il capo creativo Iris Alonzo che ha detto: “vogliamo che venga stimolata la riflessione dei passanti, che cosa è 'sexy' - cioè, il modo in cui affrontano le forme naturali della donna per sentirsi a proprio agio". "Soprattutto, vogliamo che provino alcuni dei nostri pezzi preferiti della stagione", ha aggiunto. A quanto pare, il marchio di moda non è certo che vuole davvero scatenare una tendenza verso una maggiore naturalezza: come precauzione, infatti, i manichini sono visibili solo in un negozio nel Lower East Side di New York. Un'estensione della campagna per tutta Manhattan o anche il resto degli Stati Uniti non è attualmente previsto. Ma le mode sono spesso contagiose, si sa e per tale ragione Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, si augura che una tale “provocazione” non diventi un fenomeno esportato anche qui da noi. Perché al cattivo gusto e all’assenza di decoro c’è un limite.