venerdì 30 settembre 2011

Tutor: multe annullate dal Giudice.


Importante ed innovativa sentenza del 16 settembre 2011 del Giudice di Pace di Casarano avv. Franco Giustizieri in materia di competenza territoriale e validità dei verbali elevati mediante rilevazione con tutor. Il giudice ritiene competente il foro di residenza del presunto trasgressore ed annulla il verbale per errore nell’accertamento
Una recentissima sentenza del Giudice di Pace di Casarano, avv. Franco Giustizieri, fà finalmente luce su una materia che coinvolge migliaia di automobilisti che si sono visti notificare verbali anche a raffica, per la presunta violazione del limite di velocità imposto in determinati tratti di autostrada e rilevati con l’ormai famigerato SICVE (Sistema informativo per il controllo della velocità) o meglio noto come “Safety tutor” o ancora nella forma più breve “tutor” che misura per l’appunto, la velocità media tenuta dall’automobilista, su definite parti di autostrada che spesso coincidono con i territori di più comuni in successione così determinando l’oggettiva difficoltà di individuare quale sia il giudice del luogo della commessa violazione.
Per Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, l’importante decisione che si riporta integralmente per la validità del procedimento logico argomentativo seguito, costituisce un prezioso precedente per quanti vorranno ricorrere a questo tipo di sanzioni amministrative che in effetti non denotano una particolare trasparenza nella loro emissione, tant’è che lo stesso giudice di pace oltre a soffermarsi sui criteri per la determinazione del foro competente territorialmente ritenuto applicabile ossia quello di residenza del trasgressore (o per meglio dire del presunto trasgressore), ha anche annullato le multe cui una signora di Casarano in provincia di Lecce si era opposta su ricorso predisposto dall’avvocato Angela Frascaro per “errore nell’accertamento” per l’impossibilità di applicare il criterio della tolleranza del 5 % stabilito dall’art. 345 comma 3 del Regolamento di Attuazione (D. M. del 29 ottobre 97) del Codice della Strada non essendovi, quindi “certezza dell’esatto superamento della velocità massima consentita”.
Ma venendo alle motivazioni in dettaglio, il giudice pur partendo dall’assunto che in caso di violazioni del codice della Strada l’art. 22 comma 1 della legge 689/81 stabilisce che la competenza per territorio è quella del luogo della commissione della violazione, fa presente che nella fattispecie la “rilevazione con apparecchiatura TUTOR non consente esattamente di conoscere il luogo esatto della violazione (superamento del limite di velocità), quindi va applicato il principio del resto ormai accertato da normativa europea in tutti gli altri campi che la competenza sia del giudice di residenza del trasgressore in quanto in questa sede è avvenuta la notifica del provvedimento da impugnare”.
Inoltre, il giudicante fa presente che in sede di opposizione a sanzione amministrativa al giudice adito spetta la piena cognizione circa la legittimazione e fondatezza della pretesa e deve accogliere il ricorso se non vi sono prove sufficienti della responsabilità dell’opponente.
Tant’è che nel merito “la strumentazione utilizzata e che viene solitamente classificata come autovelox, ma pur rilevando gli eccessi di velocità, si distingue nettamente dai classici autovelox per un motivo: esso rileva principalmente la velocità media dei veicoli, tuttavia la strumentazione utilizzata non sanzione una determinata violazione ma rileva una presunta media di infrazione compiuta, così ledendo i principi fondamentali di diritto alla difesa e certezza del diritto”.
Ma il giudice si spinge oltre e sottolineando la legge applicabile afferma che “se pure si volesse ritenere la rilevazione presuntivamente corretta, allora deve aggiungersi che alla velocità media rilevata in verbale risultata essere stata applicata la riduzione del 5 % come previsto ex D.M. 29/10/97, ma la stessa riduzione è prevista per gli autovelox e quindi non per lo strumento in oggetto”.
“Infatti”, continua il GDP nel ribadire la diversità tra il sistema tutor e l’autovelox classico, “per apparecchi diversi dall’autovelox, non può essere applicato il criterio di cui sopra, ma una riduzione diversa come precisato dal comma 3 dell’art. 345 delle disp. di attuazione del codice della strada” che quindi dev’essere applicata per analogia essendo il tutor strumento di misurazione diverso dall’autovelox. “Pertanto, nel caso in questione o non dev’essere “applicata riduzione alcuna oppure in analogia con quanto detto sopra (art. 345 comma 3°), applicata la riduzione “progressiva” del 5%, 10% e 15% anche perché è la legge a prevederlo in ogni caso, ma poiché non si conosce il suo criterio nei casi di rilevazione diverse le postazioni “autovelox” fisse e/o mobili, ne deriva l’impossibile corretta verifica del comma della norma ex art. 142 violato”.
Conclude il giudicante nel ritenere nullo il verbale per “errore di accertamento” in quanto impossibile conoscere se vi sia stata effettivamente la violazione che “in ogni caso in cui venga applicata tout court la sola riduzione del 5 % nei casi di accertata violazione mediante calcolo della velocità media non vi è certezza dell0esatto accertato superamento della velocità massima consentita. In tale situazione la verbalizzazione effettuata è dubbia in quanto applicato un criterio di riduzione del 5 % non previsto per legge”.

Vaccinazione anti papilloma virus. Il caso Gardasil


La sigla HPV o meglio il papillomavirus è come noto un virus in grado di generare infezioni estremamente diffuse che possono causare malattie della pelle e delle mucose che secondo studi ormai conclamati avrebbero la capacità di degenerare anche in tumori della cervice uterina.
Una delle soluzioni approntate dalla medicina per combattere questo tipo di infezione, ormai diffusissima tra le fasce più giovani della popolazione (20-35 anni) – si stima che oltre il 75% delle donne sessualmente attive sono o saranno infettate dal virus HPV nel corso della vita - per la facilità di contagio attraverso i contatti di tipo sessuale sia direttamente o in luoghi poco puliti (ad esempio bagni pubblici non disinfettati a norma) è attraverso la vaccinazione.
Da inizio del 2007 è stato introdotto sul mercato italiano il “Gardasil”, un vaccino quadrivalente dai notevolissimo costi (360 dollari per 3 iniezioni e 300,00 euro in Italia) prodotto dalla causa farmaceutica Merck & Co la quale da anni sponsorizza la necessità di vaccinazioni di massa per debellare la malattia attraverso l’introduzione dell’obbligatorietà del proprio vaccino. A tal uopo, la società, attraverso una forte azione lobbistica, avrebbe finanziato l’associazione “Women in Government”, che raccoglie le donne con responsabilità di legislazione in modo bipartisan, che negli ultimi due anni ha tenuto conferenze in tutti gli Stati Uniti promuovendo la lotta contro il tumore della cervice uterina.
Negli USA ne è sorto quindi un dibattito acceso che ha visto alcune associazioni dei consumatori e gruppi religiosi sostenere la tesi della non necessarietà della vaccinazione data, da una parte la storia naturale della malattia, condizionata dall’equilibrio che si instaura tra ospite e virus HPV con le tre possibili conseguenze: regressione, persistenza e progressione - tant’è che secondo alcuni studi la gran parte delle infezioni da papillomavirus (70-90%) sarebbe transitoria, mentre la persistenza dell’infezione virale sarebbe una delle condizioni per l’evoluzione verso il tumore - e dall’altra la bassa incidenza del carcinoma alla cervice secondo i dati forniti dalla FDA, per cui su una popolazione di oltre 250 milioni di abitanti, i nuovi casi di tumore alla cervice sarebbero 9.710 per un totale di 3.700 donne morte per questa causa ogni anno.
La Merck & Co ha fatto quadrato contro le accuse di voler fare profitto a tutti i costi a discapito dei reali effetti del vaccino sulla salute dei pazienti, sottolineando i dati relativi all'efficacia del prodotto che sono stati pubblicati anche sull’autorevole rivista medico – scientifica "Lancet" secondo cui sarebbe pari al 91% dei casi.
In Italia, purtroppo, secondo l’Istituto Superiore della Sanità, l’incidenza del virus è più elevata in virtù del rapporto con la popolazione, poiché si contano mediamente 3.500 nuovi casi con circa 1.000 decessi annui.
A questo punto per Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” la domanda sorge spontanea: si tratta solo di una questione di lobby per cui una causa farmaceutica è portatrice del mero interesse di vendere il proprio prodotto e fare profitto o il vaccino è così efficace e necessario tanto da essere indispensabile per debellare la temibile malattia?
La risposta, anche in questo caso dovrebbe derivare da una commissione di verifica realmente indipendente e dotata del carattere imprescindibile della terzietà anche nel nostro Paese, perché quando si tratta del conflitto ormai persistente tra interessi economici e salute dei cittadini, troppo spesso sono i primi ad avere la meglio e chi paga il dazio più pesante è quasi sempre l’inerme cittadino-ammalato.

giovedì 29 settembre 2011

E 'tempo di ridurre il consumo di carta. Alcuni semplici consigli fai – da te.


Le statistiche sono impietose: ogni italiano consuma quasi 250 chilogrammi di carta all’anno. Il che corrisponde a livello nazionale a circa 20 milioni di tonnellate, pari al consumo di Africa e Sud America insieme. Cifre impressionanti quelle di un rapporto stilato da Sven Jaax che dimostra quali conseguenze negative può portare il consumo eccessivo di carta per l’intero pianeta.
Tuttavia, considerando che l'italiano medio consuma carta per un totale di circa 7 alberi all'anno, legno e altri prodotti a base di alberi e che la nostra dipendenza dalla carta equivale a un totale di 2 miliardi di alberi ogni anno, possiamo dedurre che si può fare davvero tanto per ridurre il numero di alberi tagliati modificando non di molto le nostre abitudini e senza perdere le comodità che la carta ci dà da centinaia di anni anche perché nell’era digitale quasi tutti gli atti e documenti possono essere dematerializzati e mantenere il loro valore sia in senso visivo che giuridico.
Di seguito Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti riporta alcunisemplici consigli, per la precisione 18, per ridurre l'utilizzo di carta e contribuire ad una riduzione della deforestazione a livello globale.
1. Elimina l'uso di contenitori di carta (ma anche plastica) nella tua cucina impiegando solo piatti stoviglie e bicchieri riutilizzabili.
2. Sostituisci i tovaglioli di carta con dei panni.
3. Rimpiazza i rotoloni di carta con asciugamani di stoffa o perlomeno utilizza quelli di carta riciclabile.
4. Usa rotoli di carta igienica riciclata.
5. Utilizza tecnologie quali la posta elettronica o memorie e supporti digitali per spostare i file da casa all’ufficio e viceversa.
6. Adopera sacchetti riutilizzabili o sacchetti di carta riciclata (anche perché ormai sono obbligatori)
7. Se devi stampare un documento di più pagine, fallo su entrambi i lati o su carta riciclata al 100% per l'uso della stampante.
8. Per gli auguri di compleanno o per gli anniversari e altri tipi di comunicazioni per cui non è strettamente necessario il cartaceo invia una e mail o utilizza applicazioni elettroniche.
9. Salva le tue foto sul pc e se vuoi condividi le tue foto online.
10. Riduci la posta indesiderata.
11. Usa i pagamenti bancari online per dichiarazioni, fatture, e bonifici.
12. Scansiona e salva i file in formato elettronico.
13. Leggi le tue riviste preferite online
14. Paga le tasse e le bollette per via elettronica, e se possibile scegli l'opzione dell’addebito diretto in conto corrente
15. Per i più piccoli e tutti gli studenti: acquistare sempre quaderni di carta riciclata
16. Utilizza "post it" digitali
17. Nel tuo ufficio riutilizza i fascicoli e nei casi in cui la carta è necessaria, acquista prodotti riciclati.
18. Ultimo e forse più importante consiglio, ricorda sempre di riciclare carta, giornali, riviste, libri.

mercoledì 28 settembre 2011

Farmaci a base di Diclofenac come anti-infiammatori, antidolorifici per il dolore di artrite, gotta, forti mal di testa e influenza possono aumentare


Un team dell’Università della Hull York Medical School in Inghilterra e l' Istituto per le scienze cliniche di Valutazione a Toronto, in Canada, ha analizzato 51 studi internazionali sull'impatto su di una gamma di fans (FANS è l'acronimo dell'espressione farmaci anti-infiammatori non steroidei e individua una classe di farmaci dall'effetto anti-infiammatorio, analgesico ed antipiretico).
Quelli su diclofenac sono stati considerati più a rischio, il 40% secondo la ricerca pubblicata in Plos Medicine.
Diclofenac è il farmaco più comunemente prescritto come anti-infiammatore non steroideo (FANS) ed in Italia è disponibile anche senza prescrizione medica.
Nel 2010 quasi 17 milioni di prescrizioni sono state compilate per fans, che sono usati per alleviare il dolore per i loro effetti anti-infiammatori in condizioni di artrite, mal di schiena, gotta, mal di testa e dolori e febbre associata con l'influenza.
Secondo i ricercatori i "fans” forniscono sollievo dal dolore per milioni di pazienti con malattie infiammatorie croniche. Il rischio cardiovascolare è ben descritto, ma spesso trascurato.
Per esempio, diclofenac, il fans più comunemente prescritto in Italia nel 2010 con il nome di Diclofenac, Dealgic, Diclofan, Declamat, Fenadol e Voltaren, è associato con un aumento nel rischio cardiovascolare del 40% (rispetto al mancato uso). A dosi elevate, l'aumento del rischio è quasi raddoppiato. Un'alternativa è il naproxene prescritto solo per la metà come spesso accade, non è stato associato ad un rischio maggiore a qualsiasi dose. Per la prima volta i ricercatori hanno dati sufficienti per fare confronti diretti tra fans per determinare quali sono più rischiosi e quali sono relativamente sicuri.
Ad esempio, un paziente con precedenti problemi di cuore, ipertensione e diabete ha una probabilità di subire un attacco di cuore oltre il 5%, mentre nel caso di uso di diclofenac questo rischio aumenterà del 40%. In altre parole, uno di questi 50 pazienti potrebbe subire un attacco di cuore che invece si può prevenire.
Secondo Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, si tratta di informazioni importanti in fase di scelta del farmaco da utilizzare, in particolare se c'è un'alternativa più sicura.

Cassazione e compravendita di autovetture. Il venditore che non comunica che il veicolo ha subito un incidente deve risarcire il danno anche se dimost


Il venditore che non comunica che il veicolo ha subito un incidente deve risarcire il danno anche se dimostra di essere in buonafede

I venditori di autovetture dovranno stare ancora più attenti dopo la sentenza della seconda sezione civile Suprema Corte che è intervenuta in tema di compravendita di autovetture stabilendo un importante principio per cui se chi vende non ha comunicato che il veicolo oggetto di compravendita aveva subito un incidente, avrà l’obbligo di risarcire i danni all'ignaro acquirente, peraltro senza che sia necessario dimostrare la malafede. Così Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”.
Con la decisione n. 19494/2011 la Cassazione ha sottolineato che "l'obbligazione risarcitoria del venditore per i vizi del bene venduto non richiede la dimostrazione della malafede", ossia per la condanna è sufficiente che il venditore non riesca a dimostrare di non aver potuto, senza colpa, avere conoscenza dei vizi.
Nella fattispecie l'acquirente aveva scoperto dopo l’acquisto che l'autovettura "presentava vizi derivanti da un pregresso incidente".
Per il risarcimento del danno, la compratrice si era rivolta in prima istanza al giudice di pace di Ascoli Piceno. La venditrice però si era opposta a tale richiesta contestando che l’auto venduta aveva subito solo un incidente di modesta entità che era stato completamente riparato e non aveva quindi causato alcun difetto. Il giudice di Pace accoglieva la domanda che veniva confermata anche in sede di appello dal Tribunale della stessa città che nel decidere aveva anche sottolineato, peraltro che la venditrice aveva colpevolmente taciuto la circostanza che l’auto avesse subito un incidente.
Quest’ultima ha quindi tentato di ricorrere anche innanzi ai giudici del Palazzaccio sostenendo che il Tribunale nel decidere sull'appello aveva omesso di prendere in considerazione risultanze istruttorie, da cui, secondo quanto dedotto, emergerebbe la prova che la venditrice aveva ignorato senza colpa i vizi della cosa. Tale assunto però secondo i giudici di piazza Cavour appare palesemente generico, non essendo indicati nel ricorso quali elementi probatori in concreto il Tribunale avrebbe colpevolmente ignorato ed ha così rigettato anche in questa sede le conclusioni di parte venditrice.

martedì 27 settembre 2011

Autunno stagione dei funghi. Occhio alla raccolta.


Con l’autunno già in corso, con l’arrivo delle piogge sparse un po’ su tutto il Territorio nazionale ed il conseguente aumento di livelli di umidità sul terreno, in tutta Italia e non solo in montagna o collina, si scatena la mania della raccolta dei funghi, una vera e propria passione per tanti esperti e non da Nord a Sud. E come ogni anno Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di IDV e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, riporta l’attenzione degli appassionati, specie dei meno esperti, sulla necessità di seguire le regole basilari per evitare che l’improvvisazione si trasformi in fatalità per sé stessi e per gli amici che s’invitano a cena.
Una moltitudine di cittadini, un popolo di camminatori spesso improvvisati, è pronto a percorrere in questo periodo dell’anno campagne, prati e boschi alla ricerca di prataioli, spugnole, finferli, trombette, galletti e dei succulenti porcini.
Mossi dal crescente interesse per la natura o da semplice tradizione che si rinnova di anno in anno o ancora dalla passione per l’arte culinaria che vede i funghi quali ingredienti a volte pregiati ed elemento imprescindibile di saporite ricette, ci si sposta dalle rare zone di verde rimaste intorno alle Nostre città sino ai più remoti angoli del Belpaese. Non tutti però, o ci verrebbe da dire pochissimi, hanno la necessaria preparazione ed esperienza per discernere tra specie pericolose e non, poiché in gran parte dei casi ci si muove in modo dilettantesco e quasi trascurando la non irrilevante circostanza che l’intossicazione è dietro l’angolo e può portare ad eventi tragici come non di rado continua ad accadere.
Alcune associazioni di esperti hanno provato a stilare alcune semplici regole comportamentali basilari che tutti i cittadini che si approcciano alla raccolta o al consumo dovrebbero osservare perché la confusione tra i funghi commestibili e non commestibili è la causa principale o pressoché unica di avvelenamento anche perché minime diversità fra specie e specie fanno la differenza e purtroppo a volte anche fra la vita e la morte di chi li ingerisce.
Al di là dell’importanza delle regole che ciascuno, raccoglitore, cuoco o casalinga dovrebbe conoscere, in parte derivate dalla tradizione e dall’esperienza, Giovanni D’Agata suggerisce ed invita a farsi accompagnare sin dai primi approcci e consigliare da esperti del settore, perché in questi casi l’inesperienza e la scarsa conoscenza possono essere foriere di conseguenze anche tragiche.
Di seguito un decalogo di alcune semplici ma fondamentali regole, al di là delle singole legislazioni regionali che ciascun raccoglitore dovrebbe preventivamente conoscere prima di approcciarsi alla raccolta, tenuto conto anche che in alcune regioni per “andare a funghi” è necessario essere muniti di apposita autorizzazione o, se privi, di essere residenti nel comune in cui si effettua la raccolta:
1) Non consumare mai dei funghi che non siano stati identificati con certezza: nel dubbio meglio buttare.
2) Non danneggiare i funghi velenosi o quelli che non si conoscono: svolgono indispensabili funzioni per il mantenimento dell'equilibrio biologico del bosco –in apposite legislazioni regionali questa prassi è vietata e si rischia una sanzione (per esempio L. R. Toscana 16/99)
3) I funghi si raccolgono interamente cioè completi di ogni loro parte e non tagliandoli alla base (questo ne facilita il riconoscimento).
4) Trasportare i funghi in contenitori rigidi ed aerati (cestini) Non usare mai le inquinanti buste di plastica che rovinano i funghi e ne alterano le caratteristiche (potrebbero anche non essere più riconoscibili) –anche questo comportamento è vietato dalle legislazioni regionali e si rischia una sanzione.
5) Non usare uncini, rastrelli o altri attrezzi per smuovere o grattare il sottobosco. Si danneggia irrimediabilmente lo strato di micelio che produce i nostri funghi. (È vietato e si rischia una sanzione).
6) Limitare la raccolta ai quantitativi di funghi necessari al consumo. (La L. R. Toscana 16/99, pone il limite di 3 kg pro capite, 6 kg per i residenti in territori classificati montani).
7) Risparmiare gli esemplari troppo giovani (non hanno ancora prodotto i loro "semi") ed evitare quelli troppo vecchi o ammuffiti.
8) Non fidarsi del riconoscimento fatto esclusivamente con le tavole o con le foto di libri di funghi.
9) Non trasportare insieme funghi commestibili e funghi sconosciuti o velenosi.
10) Non raccogliere i funghi, neanche se commestibili, che crescono lungo le strade, nelle discariche o in altri luoghi potenzialmente inquinati. Il fungo è una spugna che assorbe tutto quello che è presente nell'ambiente circostante.

lunedì 26 settembre 2011

Allarme legionella a Lazise


Dall’estero una notizia “d’origine” italiana in materia di salute. Alcuni turisti europei in visita in Italia colpiti da legionellosi nel luglio-agosto 2011 senza che le autorità ce lo abbiano fatto sapere

Rimbalza dall’estero una notizia che riguarda la nostra salute pubblica. Secondo quanto è dato apprendere, visto che le Autorità italiane nulla hanno fatto sapere, ben undici casi di Legionellosi sarebbero stati segnalati in un mese associati ad altrettanti viaggiatori europei che si sono recati in una località del nord Italia che è subito stata additata come sede di un focolaio di questa malattia, tant’è che una serie di indagini ambientali intensive sarebbero ancora in corso in Italia per identificare la fonte di questa epidemia.
La Legionellosi, detta anche “Morbo del legionario”, è una malattia causata da un batterio chiamato “Legionella” (precisamente la specie Legionella pneumophila), che colpisce l'apparato respiratorio.
L’infezione da Legionella non si trasmette da persona a persona, piuttosto tramite flussi d'aerosol e/o d'acqua contaminata, quindi -potenzialmente- in luoghi nei quali è in funzione un sistema di condizionamento, di umidificazione o di trattamento dell’aria o di ricircolarizzazione delle acque. La malattia raggiunge il suo picco di infezioni solitamente tra l'estate e l'inizio dell'autunno, ma ne sono stati riscontrati casi anche in altri periodi dell'anno.
La Legionellosi si presenta con sintomi tipici molto simili a quelli di una polmonite, con la quale è spesso confusa. I sintomi più comuni sono: febbre alta, cefalea, mialgia, tosse e brividi di freddo, in alcuni casi anche perdita di appetito e diarrea. La malattia porta alla morte nel 5-15% dei casi, altrimenti è facilmente curabile con antibiotici. Importante è anche la prevenzione tesa a contrastare la diffusione del batterio in ambienti a rischio (Fonte Wikipedia).
Dal 16 agosto 2011, 13 casi di legionellosi sono stati resi noti dalla rete di sorveglianza europea della malattia del Legionario (ELDSNet) e sono stati associati ad altrettanti viaggiatori. In particolare, tutti i casi riguarderebbero cittadini dell’Unione Europea che avrebbero soggiornato presso cinque diversi alloggi della cittadina turistica di Lazise nella nostra Italia, tra il 7 luglio 2011 e il 31 agosto (data di ultima partenza).
I casi sono relativi a residenti di cinque paesi dell'UE, ed in particolare nei Paesi Bassi (7 casi), Italia (2 casi), Austria (1 caso), Germania (2 casi) e Danimarca (1 caso). L'età media dei soggetti colpiti è di 55 anni (min 42 - max 78) e la distribuzione di genere è 11 maschi e 2 femmine.
Dopo questi fatti sono state adottate una serie di misure di precauzione e controllo come hyperchlorination e commutazione di tutti i dispositivi produttori di aerosol (piscine spa, fontane decorative, sprinkler).
Purtroppo rileva Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, che ancora una volta le autorità italiane si sono rivelate meno attente di quelle degli altri paesi UE anche perché come sovente accade la legionellosi è una malattia infettiva potenzialmente fatale che anche se diagnosticata viene spesso sottostimata, quando invece il trattamento precoce dei pazienti è di primaria importanza per evitare effetti più drammatici, come la morte dei soggetti colpiti.
Il personale sanitario, infatti, non sempre è attento nel diagnosticare questa malattia quando si esaminano i pazienti che presentano sintomi simili a quelli della polmonite, dimenticando spesso di informarsi sui recenti viaggi o dei vari allarmi epidemici che riguardano possibili focolai.

Farmaci: l’Afssaps sospende l’Alli e lo Xenical pillole per perdere peso. Quando in Italia?


L 'Alli (non soggetto a prescrizione) e lo Xenical (prescrizione), con dosaggi diversi dello stesso ingrediente attivo, l’orlistat, sono stati consumati anche in Italia da centinaia di migliaia di persone.
L’Afssaps mette in guardia per i rischi di danno al fegato raro, ma grave.

L’Afssaps (l'agenzia francese per la sicurezza dei farmaci) ha deciso di sospendere l'autorizzazione alla commercializzazione di pillole dell’Alli e dello Xenical, farmaci utilizzati per la cura del sovrappeso e per aiutare il mantenimento del peso corporeo che contengono il principio attivo orlistat, usato per curare l’obesità. La frequenza e la gravita' del rischio di tossicita' epatica sono superiori a quelli di altri trattamenti presenti sul mercato. Data l'esistenza di alternative terapeutiche in grado di soddisfare le esigenze dei pazienti, l'Afssaps raccomanda di non utilizzare l’Alli e lo Xenical. L’Alli (Orlistat 60 mg) è commercializzato da GSK dal maggio 2009. Non è soggetto a prescrizione medica e può essere venduto senza prescrizione medica su richiesta del paziente. Lo Xenical (orlistat 120 mg), laboratori Roche, due volte più indicato, è soggetto a prescrizione medica. Oltre 38 milioni di persone hanno ricevuto questi prodotti nel mondo (centinaia di migliaia di persone in Italia).
Secondo l'Agenzia francese per la sicurezza dei prodotti sanitari (AFSSAPS ) sono stati riportati nei pazienti trattati con Orlistat diversi casi di gravi danni al fegato in alcuni casi ha portato al trapianto di fegato o la morte del paziente. Il nesso causale di orlistat è difficile da stabilire, ma non può essere escluso. Entrambe le formule, Alli e Xenical, sono interessate da questo rischio. Afssaps non ha specificato il numero esatto di epatite fulminante, eventualmente associate a questi prodotti.
La nota dell’Afssaps dichiara che data la gravità di questi effetti epatici, l'Agenzia ha recentemente condotto una valutazione degli eventi avversi riportati con orlistat. Ha deciso di rivalutare il rapporto rischio / beneficio di queste due specialità. "I risultati di questa indagine europea dovrebbe essere disponibile in circa un mese. Il meccanismo d'azione di orlistat è insolito: non è un soppressore dell'appetito, ma una molecola che impedisce l'assorbimento intestinale dei grassi, che vengono poi eliminati con mezzi naturali, causando diarrea.
Afssaps ricorda la necessità di rispettare rigorosamente le indicazioni di questi prodotti per i pazienti con un indice di massa corporea superiore a 28 (BMI = peso in chilogrammi diviso per l'altezza in metri al quadrato). Si raccomanda che i medici ed i farmacisti di informare i pazienti sulla possibilità di insorgenza di danno epatico. Essi devono riferire immediatamente al medico eventuali sintomi di danno epatico tra cui "la fatica, ingiallimento della pelle e degli occhi, mal di stomaco e di fegato. L'immediata sospensione del trattamento e test di funzionalità epatica sono raccomandati in questo caso.
L’Alli e lo Xenical sono venduti anche in Italia e per questo motivo Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” sollecita il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, a seguire l'esempio dell'Agenzia francese. Le autorità sanitarie dovranno ora pensare due volte prima di mettere sul mercato dei farmaci per combattere l'obesità: le pillole per perdere peso sono state ritirate dal mercato in Francia a causa degli effetti collaterali.

domenica 25 settembre 2011

In costante aumento su scala globale il consumo pro capite di carne che secondo alcuni studi starebbe in netto collegamento con i cambiamenti climatic


In costante aumento su scala globale il consumo pro capite di carne che secondo alcuni studi starebbe in netto collegamento con i cambiamenti climatici planetari.

Le statistiche in nostro possesso fornite dalla FAO (Food and Agriculture Organization) delle Nazioni Unite sono risalenti, ma la dicono tutta su quanto sia preoccupante l’aumento del consumo pro – capite di carne in gran parte dei paesi del mondo per gli effetti devastanti sul pianeta.
Tra il 1961 e il 2010, infatti, il consumo di carne ha visto una costante crescita praticamente in tutto il mondo a cui è corrisposto un progressivo peggioramento dell’impatto ambientale dovuto proprio a tale cambiamento nelle diete di molti popoli della Terra.
Ciò che non è stato sempre evidenziato, però, è proprio il collegamento tra il consumo di carne ed i cambiamenti climatici che sarebbe stato ampiamente documentato per molti anni e dovuto in gran parte al progressivo disboscamento delle grandi foreste ed in particolare di quella amazzonica alla ricerca di nuovi pascoli per il bestiame. Questa causa di deforestazione, secondo le stime di alcuni esperti avrebbe già prodotto un sconcertante aumento del 17% delle emissioni di gas serra su scala globale anche più degli effetti causati dall’intero settore dei trasporti del pianeta.
Basti pensare che secondo i rapporti della FAO, i livelli di consumo pro capite di carne sono raddoppiati nella sola Cina tra il 1990 e il 2010. Nel 1961, i cinesi consumavano mediamente solo 3,6 kg a persona, mentre nel 2010 hanno raggiunto 52,4 kg ciascuna; mentre la metà dei maiali mangiati nel mondo sono consumati in Cina.
Solo gli Stati Uniti ed il Regno Unito restano tra i pochi paesi i cui livelli di consumo di carne sono rimasti relativamente stabili. Sorprendentemente, non sono gli Stati Uniti a rappresentare lo stato con il consumo più elevato di carne (124.8 kg), ma la Danimarca con un scioccante 145.9 kg per persona nel 2010. Anche gli Italiani hanno modificato le loro diete e sono passati gradualmente (con un balzo decisivo negli anni del boom economico) da 30,5 kg ciascuno del 1961 ai 90,4 nel 2010.
Secondo Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” risulta evidente che i livelli raggiunti del consumo di carne non siano già più sostenibili per il pianeta e pertanto le politiche alimentari non potranno non essere affrontate come sfide globali.
Il buon esempio dovrà partire proprio da paesi come il nostro dove la “dieta mediterranea” che non ha tra i suoi fondamenti un consumo elevato di carni potrà essere un fiore all’occhiello ed il Belpaese farsi da ambasciatore nel mondo per una vita più sana e per un sistema agroalimentare più sostenibile e meno dannoso per tutto l’ambiente se anche gli italiani vorranno ritornare alle loro migliori tradizioni culinarie.

Ambiente e salute: la Food and Drug Admistration (FDA), l'autorità statunitense che vigila sui farmaci mette al bando l’inalatori asmatici a partire d


Ambiente e salute: la Food and Drug Admistration (FDA), l'autorità statunitense che vigila sui farmaci mette al bando l’inalatori asmatici a partire dal 31 Dicembre 2011. Quando in Italia?

Un piccolo passo avanti da parte degli USA per la tutela dell’ambiente potrebbe essere di buon esempio in tutto il resto del pianeta. È di questi giorni, infatti, la notizia che la Food and Drug Admistration, l'autorità statunitense che vigila sui farmaci, ha bandito gli inalatori per l'asma perché conterrebbero sostanze che danneggiano la fascia protettiva di ozono e che Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” ritiene che valga la pena di comunicare per far comprendere la necessità di un cambiamento a partire dalle cose più scontate, affinché vi sia un miglioramento anche nelle politiche globali di tutela ambientale.
Sul punto, la FDA ha reso noto che a partire dal 31 dicembre 2011 chi utilizza inalatori per asma senza prescrizione dovrà necessariamente munirsi di un’apposita prescrizione medica, eventualmente scegliendo fra i prodotti meno dannosi per l'ambiente. Come è noto, infatti, i classici inalatori anti-asma da banco contengono epinefrina, una sostanza che riduce l'ozono, contribuendo quindi a danneggiare l'ambiente.
Se da una parte l’amministrazione americana si dimostra attenta alla tutela ambientale, dall’altra viene richiesto qualche piccolo sforzo economico e comportamentale ai soggetti asmatici.
Per quanto riguarda i costi, va specificato che gli inalatori che non contengono l’epinefrina potrebbero costare sino a tre volte di più degli altri usati sinora. Quanto all’aspetto sociologico, una campagna di sensibilizzazione pubblicizzata dalla CBS indica i comportamenti "environment friendly" degli asmatici che riteniamo importante ribadire anche per i nostri concittadini: dall'evitare di fumare e tenere animali domestici, al programmare le uscite di casa quando l'aria è più pulita, passando per un corretto ed equilibrato esercizio fisico che eviti gli eccessi.

sabato 24 settembre 2011

Truffe sui prodotti tipici italiani e D.O.C. in aumento. Non solo semplici illeciti. Le mani della criminalità e delle agro – mafie fatturano 12,5 mil


Truffe sui prodotti tipici italiani e D.O.C. in aumento. Non solo semplici illeciti. Le mani della criminalità e delle agro – mafie fatturano 12,5 miliardi di euro

Se ne sono sentite e se ne sentono davvero di tutti colori nell’ambito delle truffe e adulterazioni dei prodotti tipici italiani: dalla mozzarella blu, al concentrato di pomodoro cinese (con scarti di fogliame annessi), agli spaghetti "tipici" prodotti in Portogallo, per passare ai 2.100 chili di bresaola della Valtellina a base di carne di manzo uruguayana, decongelata, avariata e con in bella vista il marchio Igp (Indicazione geografica protetta), sino ai dolci, savoiardi, amaretti e crumiri all’olio lubrificante (paraffino-naftemico) usato nell'industria delle plastiche e dei cosmetici. Per finire alle bevande ed agli ettolitri di vini e spumanti adulterati o contraffatti.
Fatto sta che le frodi alimentari continuano imperterrite a danneggiare non solo la salute dei cittadini, con rischi d’intossicazioni ed avvelenamenti di massa, ma anche l’immagine del Belpaese nel mondo, i cui prodotti tipici, un tempo irriproducibili e le cui ricette e produzioni rasentavano la soglia della intoccabile sacralità, oggi sono nel mirino di sofisticatori che senza alcuno scrupolo cercano d’imitarli con effetti che alla fine sono sotto gli occhi di tutti.
La spiacevole novità di questa filiera dell’illegalità, sta nel fatto che mentre prima le falsificazioni alimentari venivano fatte su scala quasi “artigianale” da qualche anno si è passati a quella industriale con organizzazioni criminali per non parlare di vere e proprie agromafie che hanno fiutato l’affare e si sono gettate a capofitto nel “mercato” delle frodi e sofisticazioni alimentari con guadagni anno per anno crescenti che secondo i dati presentati nel rapporto firmato da Eurispes e Coldiretti sulle "Agromafie", avrebbero prodotto nel 2010 un giro di affari pari a 12,5 miliardi di euro, quasi 5 miliardi in più rispetto al 2009, quando una stima della Cia (Confederazione italiana agricoltura), ne aveva stimati "solo" 7,6.
Per non parlare poi di quello che è stato chiamato “Italian Sounding”, ossia la pirateria alimentare che richiama marchi italiani, tra gli esempi possiamo ricordare il formaggio "Parmesan" o "Parmesau", per il mercato brasiliano, o gli olii extravergini d’oliva venduti come italiani, i salumi, vini, salse, per finire ai finti Ferrero Rocher, che crea un enorme danno all’immagine ed economico al Paese che, sempre secondo il rapporto Eurispes – Col diretti, supera i 60 miliardi di euro (164 milioni di euro al giorno), cifra 2,6 volte superiore rispetto all'attuale valore delle esportazioni italiane di prodotti agroalimentari.
Le spaventose cifre e le modalità con cui il made in Italy nel settore alimentare sta subendo gravi colpi per Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” dovrebbero spingere ulteriormente il governo a fornire nuovi e più efficaci strumenti legislativi e materiali alle autorità deputate ai controlli e verifiche a partire per esempio da un inasprimento delle pene e sanzioni in materia di reati connessi sino da un aumento delle dotazioni organiche dei N.A.S. e N.A.C. dei Carabinieri.
Siamo convinti, infatti, che solo con una decisiva svolta dell’intero “sistema Italia” che sia in grado di aumentare le tutele per questa che è una battaglia per la legalità, si potrà raggiungere il duplice obiettivo di proteggere la salute e la qualità della vita dei cittadini ed impedire che truffatori e la criminalità organizzata continuino a danneggiare e fare profitti a danno di un settore strategico ed importante per l’Italia come è quello dell'agroalimentare italiano.

venerdì 23 settembre 2011

Aborto: un prodotto pericoloso venduto in rete. Il “KIT MTP” causerebbe "gravi rischi per la salute".


Le autorità sanitarie francesi da lunedì scorso hanno posto in custodia preventiva un farmaco venduto su internet con il nome “KIT MTP”, presentato come un prodotto per l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG). Venduto alla modica cifra di 30 euro, questo farmaco della CIPLA Limited è proposto sul sito EuroDrugstore.eu sotto l'intestazione "controllo delle nascite".
Proprio lunedì scorso la direzione generale della sanità (DG) e l’agenzia per la sicurezza sanitaria francese della salute (Afssaps) in un comunicato stampa hanno specificato che "Il KIT MTP è un prodotto che non dispone di alcuna autorizzazione per l'immissione sul mercato (AMM), o di autorizzazione ad essere importato nel territorio francese,". Secondo le citate autorità questo farmaco non rispetterebbe gli standard di qualità, sicurezza ed efficienza stabiliti per la Francia, e le donne non dovrebbero essere ingannate con affermazioni secondo cui "questo kit sarebbe stato sviluppato in conformità con le linee guida emesse dal Royal College degli ostetrici e ginecologi del Regno Unito", come sostenuto su vari siti Internet che di mercato.
Le autorità sanitarie francesi hanno inoltre specificato che "i termini e le condizioni di lavoro, compresa la modalità di somministrazione del prodotto, espongono la donna che lo utilizzerà ad un pericolo reale (aborto, emorragia, gravi infezioni)". Inoltre, controlli effettuati dai laboratori della Afssaps dimostrerebbero che "la sua composizione è insufficiente".
Il kit è composto da Mifepristone l’ormai nota “RU 486” che tanto dibattito ha generato in Italia ma poi è stata autorizzata nel 2009 dall’AIFA (Agenzia italiana del farmaco) e misoprostol rispettivamente somministrati per via orale e vaginale.
Alla luce di quanto sostenuto dai due enti transalpini e della circostanza della semplice reperibilità attraverso la rete di tale prodotto anche da parte di minorenni, Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” si rivolge alle nostre autorità sanitarie affinché facciano immediatamente i dovuti approfondimenti per non far rischiare vite umane, ricordando che in Italia la legge consente l’interruzione volontaria della gravidanza nel più totale anonimato e con il necessario ed immancabile sostegno psicologico.

giovedì 22 settembre 2011

Ambiente: impennata delle emissioni globali di CO2 a partire dopo Kyoto. In Italia alla città di Brindisi va il record delle malformazioni tra i neo


Ambiente: impennata delle emissioni globali di CO2 a partire dopo Kyoto. In Italia alla città di Brindisi va il record delle malformazioni tra i neonati. Principale sospettato è l'inquinamento del polo industriale.
Secondo un recente rapporto del Centro comune di ricerca (CCR) della UE che Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” riporta, le emissioni globali di CO 2 sono aumentate del 45% tra il 1990 e il 2010, raggiungendo un picco di 33 miliardi di tonnellate.
Questi dati sono stati pubblicati oggi in un rapporto intitolato " Le emissioni globali di CO2 a lungo termine " a cura del CCR e la PLB, l'agenzia Valutazione Ambientale dei Paesi Bassi.
I dati in esso contenuti si basano sui risultati più recenti del database di emissioni globali per la ricerca atmosferica (EDGAR), e le ultime statistiche sul consumo energetico.
Il maggiore uso di energie rinnovabili, nucleare e efficienza energetica non sono stati sufficienti a soddisfare una maggiore domanda globale di elettricità e trasporti, soprattutto nei paesi in via di sviluppo.
La recessione e il crollo del blocco sovietico hanno aiutato i paesi a ridurre le proprie emissioni complessive di gas serra negli ultimi due anni, e dovrebbe quindi raggiungere il loro obiettivo comune del protocollo di Kyoto, che corrisponde ad una riduzione del 5,2% delle emissioni entro il 2012.
Costante la crescita economica di paesi come Cina e India, insieme alla ripresa economica in Europa e Nord America, ha contribuito ad un aumento record del 5,8% delle emissioni globali di CO2 tra il 2009 e il 2010.
Questi dati sottolineano l'importanza di negoziati informali per cercare di trovare un accordo successivo al Protocollo di Kyoto sui cambiamenti climatici vertice che si terrà a Durban in novembre e dicembre.
Tuttavia, le emissioni della maggior parte delle principali economie hanno aumentato in modo significativo durante questo stesso periodo.
In confronto, le emissioni di CO2 pro capite all'anno in Cina ammontano a 6,8 tonnellate, è ancora inferiore alla media UE, ma ora tanto quanto l'Italia.
Nel nostro paese il primo record per le emissioni di CO2 se l'è aggiudicato la città di Brindisi. La centrale a carbone dell'Enel “Federico II” è il primo impianto in Italia per emissioni di gas serra, con i suoi 15 milioni di tonnellate di Co2 l'anno. Oggi uno studio condotto dall'Istituto di Fisiologia Clinica del CNR di Lecce e Pisa presso il reparto di Neonatologia dell'Ospedale “A. Perrino” e della ASL di Brindisi, rivela un altro triste record: quello dei neonati affetti da gravi anomalie congenite.
Tra il 2001 e il 2009, su 7664 neonati, 176 erano affetti da gravi malformazioni. Un dato che supera del 18% quello registrato nel resto d'Europa. Del 67% quello per le anomalie cardiovascolari. Un dato solo parziale, poiché riguardante i neonati, coloro cioè che ce l'hanno fatta a venire alla luce e che non include quindi quelle gravidanze interrotte proprio a causa delle anomalie cardiache complesse che colpiscono i feti prima della nascita. Che sono ben il 50%, secondo il dirigente di neonatologia di Brindisi Enrico Rosati, responsabile dell’Unità semplice di cardiologia fetale e neonatale.

Epidemia di morbillo si diffonde in Europa. La notizia dalla Gran Bretagna.


Dalla Gran Bretagna arriva la notizia che una grande epidemia di morbillo che ha colpito parte del Vecchio Continente si sta diffondendo anche in quel paese. I nuovi dati indicano oltre il doppio dei casi registrati finora quest'anno, rispetto a quanto già accaduto durante tutto il 2010.
La Health Protection Agency (HPA) ha pubblicato dati che evidenziano che in Inghilterra e nel Galles sono stati 777 i casi confermati in laboratorio nei primi sette mesi del 2011, rispetto ai 374 per tutto il 2010. Nei primi sette mesi del 2010 ci sono stati 208 casi confermati.
La maggior parte delle persone colpite sono bambini e giovani adulti. In molti casi, le fonti dei focolai locali si pensa siano state le persone che hanno viaggiato in Europa in vacanza.
Dopo Francia, Spagna, Germania e Svizzera che hanno subìto importanti focolai nel corso di quest'anno con migliaia di casi registrati, ora l’epidemia si starebbe diffondendo anche nel resto d’Europa, anche se, v’è da dire che in Italia non è dato sapere se la diffusione del virus sia assurta a vera e propria epidemia.
La diffusione di questa malattia potrebbe essere collegata all’abbassamento dei livelli di vaccinazione relativi a morbillo, parotite e rosolia (MPR) a partire dal 1998, quando la rivista scientifica The Lancet pubblicò uno studio sul possibile collegamento con autismo e disturbi intestinali che fu poi ritenuto assai carente e messo nel cassetto e quindi ampiamente liquidato dalla scienza.
Lo studio pubblicato da Lancet ha comunque lasciato una pesante eredità, perlomeno in Gran Bretagna ma non solo, tant’è che molti bambini e giovani tutt’ora rimangono senza protezione poiché non sono mai stati vaccinati, nonostante la ripresa dei tassi di vaccinazione che è prossima ad oltre il 90 % dei nuovi nati in quel paese.
La HPA ha anche riferito che ci sono stati 896 casi di infezione meningococcica nel 2010, una delle cause più comuni di meningite.
In Gran Bretagna, la suddetta agenzia ha pubblicato questi nuovi dati come un avvertimento agli studenti e ai genitori, perché nuovi casi di entrambe le infezioni potrebbero aumentare dopo la riapertura delle scuole e delle università dopo la pausa estiva ed ha consigliato la necessità delle vaccinazioni contro il morbillo ed il meningocco, tant’è che per quest’ultimo vaccino Men C si stima che abbia ridotto i contagi di oltre il 90 per cento dopo la sua introduzione nel 1999/2000, mentre per il ceppo B, attualmente molto più comune, un nuovo vaccino dovrebbe essere approvato dalla Agenzia Europea dei Medicinali (EMEA) entro l'inizio del prossimo anno.
L’ultima grande epidemia di morbillo si è diffusa in Italia, nel 2002, con oltre 40.000 bambini contagiati, più di 600 ricoverati in ospedale, 15 encefaliti e 6 decessi. Pertanto Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, alla luce della mancata pubblicizzazione di dati in merito al possibile rischio di una nuova diffusione della malattia nel nostro Paese, si rivolge al ministero della Salute ed all’Istituto Superiore della Sanità affinché dia numi sull’eventualità di una possibile o non possibile aumento dei contagi ed orienti i cittadini ed in particolare i genitori sulla necessità o meno di provvedere ad una massiccia campagna di vaccinazioni contro tale pericolosa malattia.

mercoledì 21 settembre 2011

Italia a rischio disordini sociali


In un momento in cui i policy makers cercano di uscire dalla peggiore crisi economica degli ultimi sessant'anni aumenta il rischio di disordini sociali legati allo status quo.
I ricercatori dell'Economist Intelligence Unit, hanno prodotto uno studio che indica come la protesta sociale che sta nascendo dalla crisi economica potrà rovesciare i governi di molti paesi.
Secondo quanto riferito dai ricercatori dell'EIU, nei prossimi due anni i governi di 95 dei 165 paesi studiati sono da considerarsi a rischio alto o molto alto. Degli altri, 53 sono giudicati a rischio moderato tra i quali l'Italia.
L'Italia appare al centoventesimo posto in classifica (rischio moderato) marginalmente meno stabile del Ruanda, che la segue nella lista. E' interessante notare che nemmeno gli Stati Uniti sono considerati immuni dal rischio di tumulti popolari. Sono al centonovesimo posto, visti dunque dall'EIU come meno stabili del Azerbaijan e El Salvador, che li seguono a ruota, e considerevolmente più a rischio del nostro paese.
Il rapporto delinea anche tre scenari a due-quattro anni: secondo l'Ecoomist Intelligence Unit vi è un 30% di probabilità che il mondo cada nella depressione con un tasso di crescita nei paesi sviluppati inferiore al 1% fino al 2013 insufficiente ad arginare la disoccupazione di massa e il rischio crescente di conflitti.
La protesta che ha scosso le strade del Cairo, di Grecia, Inghilterra e Madrid con i manifestanti e rivoltosi che hanno scatenato la loro furia a causa dell'alto tasso di disoccupazione, delle dolorose misure di austerità quest'anno potrebbe diffondersi in Italia.
A rendere più tragico lo scenario è che quest’anno si è avuto il più alto tasso di disoccupazione degli ultimi dieci anni, una crescente disuguaglianza di reddito, insoddisfazione della guida della nazione ed i drastici tagli ai programmi sociali.
Per questi motivi lo spettro di disordini sociali è concreto soprattutto a causa dell’alto tasso di disoccupazione tra i giovani italiani.
Secondo Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” i recenti avvenimenti hanno evidenziato la centralità dell'occupazione e di un'equa distribuzione del reddito per garantire la coesione sociale, che è essa stessa un elemento chiave per far sì che la crescita sia sostenibile. La questione di certo deve essere presa in considerazione con urgenza, specialmente dal momento in cui le tendenze al rialzo dei prezzi alimentari hanno cominciato ad acuire le disuguaglianze di reddito.

Disabilità:solo un misero 11% delle scuole italiane è 'a misura' di disabile.


Un ‘altra vergogna italiana. Il IX Rapporto di Cittadinanzattiva sulla scuola è lapidario: solo un misero 11% delle scuole italiane è 'a misura' di disabile.
Inoltre, per quanto riguarda la sicurezza all’interno dei plessi scolastici, sono in aumento gli incidenti: secondo i dati INAIL nel 2010 sono stati coinvolti 98.429 alunni e 14.735 insegnanti

Non ci sono scusanti all’ennesima vergogna italiana che Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, vuole sottolineare dopo la pubblicazione del IX Rapporto di Cittadinanzattiva sulla scuola, che ha evidenziato le gravissime carenze sia in materia di superamento della disabilità ed in particolare in merito all’eccessiva presenza di barriere architettoniche, sia riguardo la sicurezza all’interno delle scuole italiane.
Lapidaria e quanto mai lapalissiana è la conseguenza che si può trarre dai dati rilevati: la scuola italiana non è affatto a “misura” di disabile.
I numeri, infatti, la dicono tutta su quanto accade nelle scuole del Nostro Paese, dove non è raro imbattersi in esempi di inciviltà quotidiani in materia di diritti dei disabili ed accesso a questi edifici pubblici che dovrebbero essere i luoghi fondamentali per l’inserimento dei cittadini nella società; così dal citato rapporto emerge di tutto: da bagni per persone con disabilità adibiti a ripostiglio, aule pollaio, barriere architettoniche di ogni tipo.
L’analisi ha riguardato ben 88 scuole di 13 diverse province e 12 regioni, ed ha rimarcato che nel 13% degli edifici scolastici sono presenti barriere architettoniche che rendono impossibile lo spostamento all’interno dello stabile e delle pertinenze scolastiche. In particolare si evidenzia che le barriere sono presenti nei cortili nel 17% dei casi, nelle palestre (15%), e persino all'ingresso (13%), seguiti a ruota dai laboratori scientifici, mense, segreterie, aule degli studenti ed infine i bagni.
Un misero 11% delle scuole presenta un’entrata priva di ostacoli all’uopo edificata.
Altra dolente nota della scuola del Belpaese riguarda la sicurezza. Anche in questo caso i numeri sciorinati dal Rapporto la dicono lunga su quanto si debba fare per migliorare la tutela dell’integrità degli scolari e del personale docente e non docente.
Il numero degli incidenti all’interno dei plessi scolastici è ancora una volta in crescita, come risulta dai dati INAIL per il 2010. L’anno scorso, infatti, gli infortuni hanno riguardato oltre seimila studenti in più rispetto all’anno precedente per un totale di ben 98.429 studenti, (nel 2009 erano 92.060) e 14.735 insegnanti (nel 2009 erano 14.239).
Secondo il Rapporto di Cittadinanzattiva, i responsabili del servizio di prevenzione e protezione di 55 scuole hanno segnalato 445 incidenti, di cui 396 accorsi a studenti. Tra le cause principali, in ordine di frequenza: le cadute durante le attività sportive, le cadute accidentali, malori improvvisi o legati a patologie, le cattive condizioni di arredi e mobili, le cattive condizioni degli infissi, l'uso improprio o scorretto delle attrezzature.
A comprova di quanto la scuola sia impreparata alle emergenze, non deve stupire che manchino addirittura gli strumenti di prima emergenza: il 24% dei laboratori scientifici e il 22% delle palestre è sprovvisto persino delle obbligatorie cassette di pronto soccorso.
Nonostante i dati allarmanti, nulla, proprio nulla ha deciso di fare il Ministro Gelmini anche per quest’anno per migliorare lo status quo e purtroppo siamo costretti ancora una volta a denunciare l’inerzia dell’attuale governo di fronte a queste vere e proprie emergenze nazionali che sono causa non solo di perdurante discriminazione per quanto riguarda la disabilità, ma anche di pesantissimi costi sociali che potrebbero essere notevolmente abbattuti se solo si ponesse la prevenzione come uno dei principali fari guida dell’azione amministrativa.

martedì 20 settembre 2011

In Italia la ricchezza patrimoniale pro capite diminuisce anche se la ricchezza globale cresce per lo “scatto” in avanti dei Paesi emergenti


Che gli italiani fossero un popolo attento al risparmio, questo era un dato certo, ma in questo particolare momento storico l’”Allianz Global Wealth Report”, uno studio che ha analizzato la ricchezza finanziaria e l'indebitamento delle famiglie in 50 Paesi ha comunque evidenziato che gli italiani sono più poveri in termini di ricchezza patrimoniale pro capite rispetto al 2008.
È da rilevare, infatti, che su ben 50 paesi analizzati, solo sette hanno manifestato un trend negativo relativamente al livello di ricchezza, ma va evidenziato che su questi ben cinque – per l’appunto l’Italia e poi Estonia, Irlanda, Spagna e Grecia - appartengono all’Europa e dimostrano la grave crisi che alcuni Paesi dell’UE stanno vivendo, mentre solo Stati Uniti e Giappone sono gli unici due Paesi extra UE che hanno rivelato una flessione nella ricchezza delle famiglie. Al contrario, nonostante la durevole crisi economico - finanziaria Germania e Francia hanno segnato un incremento dei livelli di ricchezza rispettivamente del 5,7 % e del 4,3%.
Per quanto attiene al risparmio ed in particolare al patrimonio monetario personale, invece, secondo il rapporto, i primi in classifica sono gli svizzeri (207.393 euro), seguiti da americani (111.897 euro) e giapponesi (111.598 euro). Gli italiani si piazzano sedicesimi (con 60.818 euro), sorprendentemente ancora una posizione avanti ai tedeschi (60.123 euro).
Al di là delle cifre su scala globale che sembrerebbero incoraggianti rispetto alla crisi economico – finanziaria globale per il trend dei Paesi emergenti, dove la ricchezza delle famiglie mostra tassi di crescita a due cifre, il dato che più risalta e che ci riguarda con maggiore preoccupazione secondo Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, è quello relativo all’Italia nel quale il trend della ricchezza è inesorabilmente in diminuzione tant’è che segna già un - 0,7% rispetto al 2008.
La situazione è tanto più allarmante se si pensa che proprio in quest’ultimo triennio nessuna delle riforme promesse o misure efficaci è stata realizzata dall’attuale governo che nonostante i pesantissimi risultati economico – finanziari anche a livello internazionale, di cui l’ultimo è il declassamento del rating del debito a lungo termine da A+ ad A da parte di Standard & Poors, sembra inerme ed incapace di fare qualsiasi mossa utile per la ripresa del Paese.

lunedì 19 settembre 2011

Lo yogurt magro assunto durante la gravidanza può essere fattore di 'rischio dell’asma infantile'.


Secondo uno studio dell’Università di Harvard sui dati del Statens Serum Institut di Copenaghen, le donne incinte che mangiano yogurt magro possono aumentare il rischio che il loro bambino sviluppi asma e “febbre da fieno”. La causa: l’assenza di acidi grassi nello yogurt

Un’interessante studio sui fattori di rischio delle malattie respiratorie nei bambini è stato presentato alla conferenza della European Respiratory Society.
La ricerca che si basa sull’analisi di più di 70.000 donne danesi e sui loro figli sino all'età di sette anni ha potuto rilevare che le donne incinte che hanno mangiato yogurt magro con frutta, una volta al giorno, hanno 1,6 volte in più la probabilità essere di avere figli che svilupperanno l'asma, rispetto ai figli di donne che non ne hanno mangiato.
Lo studio ha anche rivelato che i figli di queste donne avranno più probabilità di sviluppare i sintomi oltreché dell’asma anche della rinite allergica (febbre da fieno).
Ma i risultati hanno dimostrato che la semplice assunzione di latte durante la gravidanza non era la causa dell’aumento del rischio di asma. Infatti, al contrario è stato stabilito che il latte può costituire di per sé un fattore di protezione contro lo sviluppo di tale malattia respiratoria.
La dottoressa Ekaterina Maslova, autore dello studio presso la Harvard School of Public Health, che ha lavorato basandosi sui dati del Statens Serum Institut a Copenaghen, ha rivelato che questa è una scoperta sconcertante. Infatti, secondo la ricercatrice l'assenza di acidi grassi nella yogurt magro potrebbe essere la spiegazione di tali risultati.
Gli studi effettuati, difatti, suggeriscono che gli acidi grassi svolgerebbero un ruolo importante o potrebbe anche essere che le persone che hanno mangiato questo tipo di yogurt hanno modificato stile di vita e abitudini alimentari, anche se ha sottolineato che ancora non si possono trarre delle conclusioni definitive in questa fase della ricerca avendo necessità di replicare questi risultati in altri studi.
Leanne Metcalf, direttore della ricerca all'asma nel Regno Unito, ha detto che ci sono moltissime prove che indicano che l'ambiente prenatale può influenzare la salute di un bambino, tuttavia, l'impatto della dieta di una donna incinta sulla salute del suo bambino continua a essere ancora dibattuto, così come è difficile da valutare come particolari aspetti della dieta della donna durante la gravidanza incidano sul rischio di sviluppare allergie e asma.
Per tali ragioni Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, concorda con quanto sostenuto dalla medicina maggioritaria e si unisce al coro di autorevoli voci che sottolineano come mangiare una sana dieta equilibrata in qualsiasi momento, ma soprattutto durante la gravidanza è consigliabile e raccomanda che le donne incinte discutano preventivamente eventuali cambiamenti drastici per la loro dieta con il loro ginecologo di fiducia.

domenica 18 settembre 2011

31 ottobre: il mondo raggiungerà 7 miliardi d’individui


Non solo curiosità, ma la sfida diventa sempre più difficile per i governi del mondo per fame e povertà

Gli statistici non hanno dubbi: tra poco più di un mese, il 31 ottobre per essere precisi – l'umanità raggiungerà la soglia mai raggiunta prima nella storia dei 7 miliardi di individui.
Non si tratta di una semplice curiosità o di un dato campato in aria, ma il campanello di allarme di una nuova sfida per i governanti del mondo che si troveranno ad affrontare una enorme sfida da affrontare su scala globale per una popolazione mondiale che in soli dodici anni è passata da 6 a 7 miliardi.
Ma gli studiosi di statistica non si fermano qui e sono pronti a giurare che l’umanità continua a crescere al ritmo di 258 unità al minuto ed entro la fine del secolo verrà probabilmente superato il traguardo dei 10 miliardi di esseri umani.
Secondo quanto sottolineato dalla senior economist del Gruppo Allianz dottoressa Michaela Grimm, come è noto ormai da diverse decine di anni, i tassi di natalità più elevati si riscontrano in Africa, Asia e America Latina e, secondo gli esperti, la storica soglia demografica sarà varcata in India dove ci si aspetta la maggior parte delle nascite quest’anno anche perché secondo le proiezioni in possesso di chi studia i fenomeni demografici globali, la popolazione indiana sarà destinata a superare quella cinese nell’arco di una decina d’anni.
La data del 31 ottobre oltre ad assumere un significato epocale per chi si occupa di questi fenomeni, quindi, coinvolgerà aspetti che per Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, dovrebbero preoccupare e preoccuperanno i governi attuali e futuri perché una crescita così repentina e impetuosa della popolazione comporterà inevitabilmente gravi problemi che riguardano l’approvvigionamento di cibo, acqua ed energia connessi al concetto stesso di sostenibilità di uno sviluppo demografico così ampio, specie in determinate aree del mondo dove ad un aumento di tali indici già oggi corrisponde una più bassa aspettativa di vita.
Tant’è che è già noto in statistica che se mediamente un bambino nato oggi ha un’aspettativa di vita di 68 anni, un neonato che viene al mondo nel Vecchio Continente può ragionevolmente vivere fino a 80-90 anni. Tuttavia, il basso tasso di natalità che caratterizza l’Europa rende estremamente improbabile che il “7 billion baby” nasca in uno dei Paesi U.E. (c’è solo uno 0,5% di possibilità).
A fare purtroppo la differenza ancora ai giorni nostri non è tanto il “quanti siamo”, ma anche e soprattutto il “dove si nasce”.

giovedì 15 settembre 2011

Morte dei merli: la causa forse il virus tropicale “Usutu”


Il virus tropicale Usutu è quasi certamente il responsabile della morte di migliaia di merli in Europa in particolare nelle regioni teutoniche della Renania-Palatinato, Baden-Württemberg e Assia. Secondo il Bernhard Nocht Institute di medicina tropicale di Amburgo, infatti, il virus era stato individuato nei corpi di diversi uccelli morti e poteva anche infettare le persone.
A sostenere tale tesi è anche il virologo Jonas Schmidt-Chanasit secondo cui i risultati delle analisi sono allarmanti anche se finora non è noto alcun caso d’infezione che abbia colpito l’uomo, almeno in Germania, dove è stata avviata tale indagine.
Per due mesi, gli esperti hanno osservato le morti misteriose dei merli nella Germania sud-occidentale. Schmidt-Chanasit, ha comunque specificato che la prova decisiva che il virus Usutu sia la causa della morte dei merli è ancora non certa. In Germania, l'agente patogeno è stato rinvenuto per la prima volta un anno fa nelle zanzare della zona del Reno.
Il virus, secondo le statistiche mediche è solitamente senza conseguenze per le persone anche se con le punture di zanzara ha il potenziale d’infettare anche le persone causando al massimo pustole sulla pelle e lieve febbre.
Il primo caso di persona risultata infettata è stato osservato in Italia nel 2009 assieme ad altri casi individuali, principalmente di soggetti immunodepressi, senza che si sia verificata alcuna epidemia.
L’Usutu, virus nato in Africa, e scoperto alcuni decenni fa, è mortale soprattutto per i merli ed occasionalmente anche per altre specie di uccelli.
In Europa il primo caso è stato scoperto nel 2001 in Austria. Durante il picco massimo dell'infezione, la popolazione di merli a Vienna è diminuita di circa il 30 per cento. Dopo sei anni, gli animali erano diventati autoimmuni. Da allora, l'infezione è regredita in quel paese, mentre in Italia, Svizzera e Ungheria, risulta ancora attiva.
In Germania con un nuovo test, i virologi sostengono di poter individuare rapidamente l’agente patogeno negli animali al fine di ottenere una celere diagnosi, importante per stabilire un sistema di preallarme per le malattie trasmesse dalle zanzare.
Uno strumento di profilassi che per Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, dovrebbe essere utilizzato anche in Italia dove casi del genere si sono verificati anche nei mesi scorsi, mentre le cronache pare se ne siano scordate quasi subito lasciando nel dubbio la popolazione che, incredula, non ha avuto più notizie sulle cause della moria di migliaia di uccelli in determinate zone del nostro Paese.

La crisi fa aumentare i senzatetto. Il parlamento europeo invita ad agire


La crisi economica e i tagli alla spesa pubblica cui sono costretti indistintamente tutti gli stati dell’UE, stanno facendo aumentare il numero di senzatetto nei paesi europei.
È l’allarme colto dall’europarlamento che è passato immediatamente ai fatti votando una risoluzione che chiede alla Commissione di agire urgentemente per affrontare il grave problema.
I deputati di Strasburgo hanno chiesto di attuare tutte le strategie possibili per garantire abitazioni accessibili a questo settore della popolazione che sta diventando sempre più numeroso.
L’aumento o comunque l’alto livello dei prezzi nell’immobiliare, le condizioni di degrado del “parco” immobiliare al quale possono accedere questi cittadini, è una situazione purtroppo omogenea in tutta Europa.
Secondo le associazioni impegnate nell’aiuto ai senzatetto, è necessario ed improcrastinabile un sostegno finanziario ai servizi pubblici e ai volontari impegnati su questo terreno.
Pur cogliendo la gravità del problema anche Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, conviene con quanto sostenuto dalla deputata socialista Pervenche Beres, componente della Commissione affari sociali, secondo cui non ci devono essere ragioni per essere fatalisti anche perché negli ultimi decenni sono state acquisite conoscenze e strumenti normativi tali da generare strategie efficaci anche in momenti di crisi economica.
Nell’eurozona, infatti, vi sono paesi che nonostante il contesto difficile, hanno adottato progetti e programmi che puntano ad affrontare e risolvere il problema. Tra questi la Finlandia, che secondo le statistiche ha già fatto passi da gigante per eliminare completamente il problema dei senzatetto, mentre in Italia pare non esista alcuna discussione, per non parlare di una vera e propria strategia che sia stata posta nell’agenda di questo governo per tentare di arginare questa piaga sociale.

mercoledì 14 settembre 2011

Salute: sangue artificiale creato in laboratorio.


Dal mondo della scienza ancora entusiasmanti novità che potrebbero rivoluzionare la medicina moderna e la tutela della salute di tutte le persone.
Secondo i risultati della ricerca coordinata da Luc Douay dell'Università Pierre e Marie Curie di Parigi, pubblicata su “Blood”, organo della società americana di ematologia, infatti, saremmo ad un passo verso la creazione di sangue artificiale poiché globuli rossi sono stati creati in laboratorio a partire da cellule staminali e poi una volta trasfusi nell’uomo avrebbero “funzionato” come quelli naturali.
Per Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” l’importantissima scoperta rappresenta da una parte un’autentica svolta nella ricerca medica, in particolare nella realizzazione di sangue artificiale destinato agli uomini che in questi anni ha sopportato troppi passi falsi che hanno disatteso le speranze e dall’altra come abbiamo più volte ribadito, costituisce un monito al governo italiano che in virtù di vetusti ed obsoleti pregiudizi di facciata ed in nome di una ipocrita etica ha costretto il mondo della ricerca medica italiana ad un brutto arresto, specialmente nel campo degli studi sulle cellule staminali, con una drastica riduzione degli investimenti nel settore e con la creazione di norme ad hoc, quali per esempio la legge 40 del 2004 che hanno costretto ad un brutto stop gli studi scientifici italiani di settore.
In nome della salute e del benessere dei cittadini, alla luce dei progressi che si stanno susseguendo anche in stati confinanti e della stessa Unione Europea chiediamo a gran voce un cambio di rotta urgente da parte del Nostro Paese, perché la ricerca nel campo biomedico non può e non deve essere fermata.

Ambiente: allarmante relazione sui mari europei del progetto internazionale “CLAMER”.


In Italia a rischio erosione 1500 chilometri di costa. Il caso emblematico del Salento che risulta essere il più interessato al fenomeno (200 km, 25% del litorale).

Gli oceanografi non hanno più dubbi: in un report condotto da “CLAMER”, un progetto europeo che riunisce 17 istituti oceanografici di dieci diversi paesi, ha denunciato che a causa dei cambiamenti climatici i mari d’Europa sono soggetti a cambiamenti di una rapidità senza precedenti a causa della fusione del ghiaccio artico, l'aumento della temperatura e la migrazione della vita marina.
Secondo il dottor Carlo Heip, direttore Generale del “Royal Netherlands Institute for Sea Research” leader del progetto “CLAMER” e principale autore della relazione, in un intervista rilasciata ieri all’agenzia di stampa Reuters “il cambiamento è chiaramente visibile ed è molto più veloce di quanto pensassimo".
Durante gli ultimi 25 anni, infatti, la temperatura del mare è costantemente aumentata così come lo scioglimento del ghiaccio artico. La combinazione dell'aumento del livello del mare e venti via via più potenti hanno contribuito all'erosione del 15% delle coste europee, sostiene il rapporto. In questo periodo, le acque si sono surriscaldate circa dieci volte più velocemente rispetto alla media osservata durante tutto il XX secolo. La ricerca arriva anche ad ipotizzare un aumento del livello del mare da 60 cm a 1,9 metri per alcune coste inglesi entro il 2100.
In Italia, ce ne stiamo accorgendo un po’ tutti, ma le statistiche sono già più che drammatiche: un quarto delle nostre coste basse è soggetto ad erosione con un bilancio negativo impressionante di ben 5 milioni di mq di spiagge già perse. Tale fenomeno a dir poco catastrofico se si pensa agli effetti negativi di un paese a vocazione turistica, anche balneare, quale il nostro, non è percepito in maniera omogenea della nazione ed è frutto di processi quasi tutti legati all’azione umana.
È noto, infatti, che il boom edilizio e l’insussistenza di efficaci vincoli nel periodo che va dagli anni ’50 sino agli ’80, ha causato la perdita di gran parte del sistema di dune che venivano demolite per ricavarne materiale da costruzione o per sostituirle con lungomari, campeggi, villette, condomini, stabilimenti balneari, strutture alberghiere e ferrovie. Già nel corso di questo trentennio le spiagge sono state private di una difesa “naturale” e di un fondamentale riserva di materiale sedimentario, con la conseguenza di rendere tutto il sistema costiero totalmente anelastico, anche di fronte alle piccole variazioni stagionali o a singoli eventi meteomarini, ed esponendo così le coste alla costante minaccia dell’erosione anche in zone normalmente non sottoposte. Infatti, anche una spiaggia apparentemente stabile è soggetta ad un equilibrio dinamico nel quale arretramenti ed avanzamenti della linea della riva, per qualche decina di metri, hanno solitamente luogo anche in tempi brevi: se al posto delle dune il mare trova dei manufatti, il sistema non si può assestare su una configurazione di equilibrio temporaneo per mancanza di spazi e di materiali.
Caso emblematico di questo problema è costituito dal Salento, terra di vacanzieri e di bellissime spiagge, ma anche di scogliere a rischio crollo e in parte già franate, lidi sabbiosi divorati dal mare e stabilimenti balneari immersi nell’acqua. Questo vero e proprio allarme nazionale che ha colpito la parte maggioritaria delle coste del Belpaese non ha risparmiato, quindi, neanche la provincia di Lecce che risulterebbe essere la più colpita in Italia con una percentuale pari al 25 % di tutto il proprio litorale costiero per una lunghezza totale di circa 200 km di costa soggetta al fenomeno, tant’è che i sindacati degli imprenditori degli stabilimenti balneari, associazioni ambientaliste e le istituzioni locali da anni ormai dibattono per cercare delle soluzioni definitive nel rispetto degli ovvi vincoli ambientali pongano un freno a questa progressiva consumazione del litorale che riguarda in maniera minore il versante ionico (in particolare, Porto Cesareo, Gallipoli e la Marina di Ugento) e più incisivamente quello adriatico (Casalabate, Frigole, Cesine e Laghi Alimini le località più colpite).
Nella magnifica “terra dei due mari” nel corso di pochi anni si è registrata la graduale ma costante scomparsa di migliaia di metri cubi di sabbia, contemporaneamente al crollo di interi tratti costieri rocciosi e smottamenti del terreno anche in prossimità di centri abitati. Solo per fare un esempio, tra gli ultimi fatti di cronaca vale la pena ricordare quanto accaduto sul litorale sabbioso dei Laghi Alimini (Otranto) nella giornata del 25 luglio scorso quando una mareggiata, non del tutto eccezionale per una terra che è notoriamente esposta ai venti, ha letteralmente spazzato via dai sei ai dodici metri di spiaggia sabbiosa su di un tratto di circa un chilometro, e la situazione è andata progressivamente peggiorando nel corso dell’estate, finché alcune strutture balneari non sono finite quasi completamente in acqua nel bel mezzo della stagione turistica.
Alla luce del rapporto del progetto “CLAMER” sull’innalzamento del livello del mare che lascia presagire un peggioramento della tendenza della erosione e degli eventi che tutti possiamo empiricamente osservare che riguardano le nostre coste ed il futuro della nostra economia che vede nel turismo balneare uno dei settori strategici per lo sviluppo del Paese, secondo Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” non resta che avviare ai livelli nazionali e regionali progetti di sistema che anziché tentare di tamponare il problema con misure di circostanza (vedi per esempio i tentativi di rinascimento delle zone sabbiose) abbiano come obiettivo quello di adottare tutte le procedure possibili di natura permanente per la salvaguardia del litorale costiero a partire dalla preservazione dell’ambiente “dunare” dove sono presenti ancora le dune, sino alla ricostruzione delle stesse dove sono state cancellate, anziché costruirvi delle strade o nuovi stabilimenti balneari, ed alla realizzazione di barriere non invasive che proteggano dall’erosione spiagge e litorali rocciosi.

martedì 13 settembre 2011

Pensioni: la manovra finanziaria 2011 colpisce i cittadini onesti e le fasce deboli


La manovra finanziaria 2011 colpisce i cittadini onesti e le fasce deboli. Tra i provvedimenti ingiusti che devono essere cancellati per non alimentare la “macelleria sociale” quelle sulla perequazione delle pensioni

Anche Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” interviene sulla manovra finanziaria 2011 pronta per essere approvata dalla Camera con l’ennesimo voto di fiducia, che obiettivamente colpisce i cittadini onesti e le fasce deboli piuttosto che gli evasori e gli elusori fiscali o i grandi patrimoni.
Tra i provvedimenti ingiusti che devono essere cancellati per non alimentare la “macelleria sociale” in atto quelle sulla “perequazione” delle pensioni.
Il decreto ha purtroppo introdotto alcune durissime novità sul tema previdenziale, che vanno a toccare alcuni importanti diritti dei pensionati. Particolarmente rilevante, come hanno sottolineato alcune attente associazioni sindacali, è il blocco dell’adeguamento al costo della vita delle pensioni in essere per il periodo 2012-2013.
Tra i provvedimenti adottati v’è da segnalare:
• La rivalutazione integrale dei trattamenti per importi lordi mensili fino a tre volte il trattamento minimo (circa € 1.428,00).
• Per trattamenti per importi lordi mensili compresi tra tre e cinque volte il trattamento minimo l’indice di rivalutazione automatica sarà applicato per il 70%.
• Per trattamenti per importi lordi mensili superiori a cinque volte il trattamento lordo mensile non sarà applicato l’indice di rivalutazione automatica.
Alla luce di questi gravi interventi che non possono non ritenersi ingiusti perché lesivi di diritti quesiti ed in quanto vanno ad incidere sulla tutela reale delle pensioni già oggetto di precedenti atti di contenimento che hanno eroso il potere d’acquisto dei trattamenti (che secondo attendibili stime si assestano al 25% ogni dieci anni), Giovanni D’Agata, chiede a gran voce di stralciare queste norme perché vanno a colpire una delle fasce più deboli del Paese, quella dei pensionati che per forza di cose già assolvono i propri obblighi fiscali, anziché puntare decisamente su provvedimenti che vadano a colpire chi invece evade ed elude il fisco con misure strutturali e non di circostanza come quelle in corso di approvazione.

lunedì 12 settembre 2011

Allarme parassiti: dopo il “punteruolo rosso” sfruttatori “stranieri” colpiscono pini ed altre specie vegetali endemiche


Per il Corpo Forestale dello Stato è una vera e propria invasione di specie aliene nei boschi italiani

Dopo il famigerato “punteruolo rosso” che continua a fare strage di palme nel bacino del Mediterraneo nella quasi totale impotenza delle istituzioni, da qualche tempo altri parassiti esotici mettono sotto attacco la nostra flora andando a colpire anche i nostri pini marittimi ma anche ciliegi, castagni, faggi e frassini.
Per il Corpo Forestale dello Stato che ha lanciato per primo l’allarme si tratta, infatti, di una vera e propria invasione di specie aliene che sta mettendo a dura prova la sopravvivenza stessa dei Nostri boschi con effetti devastanti che tutti possiamo immaginare per la qualità dell’aria e il mantenimento della biodiversità del Belpaese.
In tutta Europa, secondo la Forestale si stanno propagando parassiti killer a causa della globalizzazione. Una vera e propria invasione di specie esotiche, favorite dai progressivi ma ineludibili cambiamenti climatici che hanno portato l’Italia ad avere temperature sempre più miti. Tra queste si segnala il devastante “tarlo asiatico” che, può colpire ben 50 specie diverse di alberi divorando le piante o il “cinipede del castagno”, originario della Cina e che sta portando al decadimento della specie in Italia. Peraltro, dev’essere sottolineato che l’assenza di antagonisti naturali da parte dei parassiti alieni così come accade nelle zone d’origine non facendoli trovare ostacoli, è un altro fattore determinante per il loro sviluppo
Alla luce di tanto, Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”rivolge un appello al Ministero delle Politiche Agricole e Forestali affinché, data l’emergenza in cui potrebbero trovarsi i Nostri preziosissimi boschi nei prossimi anni adotti tempestivamente un piano straordinario nazionale di protezione e salvataggio degli alberi da queste nuove piaghe.

domenica 11 settembre 2011

Roundup e malformazioni genetiche: test governo americano trova il glifosato, anche conosciuto con il nome commerciale Roundup, uno dei più utilizzati


Roundup e malformazioni genetiche: test governo americano trova il glifosato, anche conosciuto con il nome commerciale Roundup, uno dei più utilizzati diserbanti nel mondo, in aria, pioggia e fiumi in due stati esaminati da scienziati del governo. In Italia, dove il glifosato è utlizzato da oltre trentanni, queste ricerche non sono state rese pubbliche.
Secondo quanto affermato da un gruppo internazionale di scienziati in un rapporto reso noto il 7 giugno scorso, che Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” rende noto, la scienza avrebbe dimostrato che il Roundup, pesticida della Monsanto utilizzato soprattutto come complemento agli Ogm, può essere causa di malformazioni genetiche. Tuttavia, i risultati delle ricerche non sarebbero ancora stati resi noti ai cittadini.
Ora in questi giorni, secondo la US Geological Survey , il glifosato, anche conosciuto con il nome commerciale Roundup, è stato " trovato in aria, pioggia e fiumi in aree agricole nel bacino del fiume Mississippi." . Il glyphosate, in italiano glifosate o glifosato (N-(fosfonometil)glicina, C3H8NO5P), è un analogo aminofosforico della glicina, inibitore dell'enzima 5-enolopiruvil shikimato 3-fosfato sintasi (EPSP sintasi), noto come erbicida totale (non selettivo), di cui Monsanto possedeva il brevetto di produzione, scaduto nel 2001.
Il glifosato è spesso erroneamente associato alla categoria dei cosiddetti prodotti "seccatutto", cioè a quei principi attivi non selettivi (risultano tossici per tutte le piante) come i dipiridilici, assorbiti per via fogliare. In realtà il glifosato, a differenza di altri prodotti, viene assorbito per via fogliare, ma successivamente traslocato in ogni altra posizione della pianta per via prevalentemente floematica. Questo gli conferisce la caratteristica di fondamentale importanza di essere in grado di devitalizzare anche gli organi di conservazione ipogea delle erbe infestanti, come rizomi, fittoni carnosi ecc., che in nessun altro modo potrebbero essere devitalizzati.
L'assorbimento del prodotto avviene in 5-6 ore, e il disseccamento della vegetazione è visibile in genere dopo 10-12 giorni.
In Italia viene utilizzato non solo in agricoltura ma anche per preparare i terreni dei campi da gioco come il golf ed i prati dei campi da calcio.
Già dagli anni Ottanta e Novanta l’industria chimica e i commissari Ue hanno avuto sotto gli occhi le prove che il Roundup, il pesticida della Monsanto più venduto al mondo e utilizzato soprattutto come complemento agli Ogm, causa malformazioni genetiche. Ma tutti si son ben guardati dall’informare i cittadini.
Questa è la conclusione di un nuovo rapporto “Roundup and birth defects: is the public being kept in the dark” redatto da un gruppo internazionale di scienziati e pubblicato il 7 giugno scorso.
Fin dagli Ottanta le indagini dell’industria chimica (inclusa una commissionata dalla stessa Monsanto) mostrano che il glifosato presente nel Roundup causa malformazioni nei feti degli animali da laboratorio.
La Commissione Europea è a conoscenza di questi risultati almeno dal 2002, quando le sono stati sottoposti gli studi di cui sopra per l’approvazione alla commercializzazione del pesticida. Approvazione poi concessa e che è ancora in vigore.
Ma queste ricerche non sono state rese pubbliche. Anche uno studio indipendente di scienziati argentini ha mostrato come il Roundup sia responsabile di malformazioni in rane e pollame a concentrazioni molto minori di quelle che si possono rivelare sui campi irrorati.
La ricerca era cominciata sulla base di studi sull’alto tasso di malformazioni genetiche e cancro nella popolazione del Sud America, area dove si fa un esteso uso di soia Ogm Roundup, creata per tollerare grandi quantità del pesticida Roundup.
Claire Robinson, coautore dello studio sul Roundup, spiega: “Sembra che ci sia stata una deliberata volontà di coprire la verità da parte dell’industria chimica (spiegabile ma non giustificabile) e di chi doveva controllare (inspiegabile e ingiustificabile). Tutto ciò sulla pelle della sicurezza pubblica. Anche perché il Roundup non viene utilizzato solo in agricoltura, ma anche nel giardinaggio, nei parchi e nelle aree verdi delle scuole, grazie alla falsa informazione che sia sicuro”.
Una più rigorosa regolamentazione sui pesticidi dovrebbe essere approvata dall’Ue questo mese. E il glifosato dovrebbe in teoria andare incontro al bando definitivo, visto che verranno presi in considerazione anche gli studi indipendenti che mostrano come la sostanza provochi malformazioni genetiche, tumori, disfunzioni endocrine e altri effetti anche a basse concentrazioni.
Il problema è che l’autorizzazione del glifosato doveva essere rivista nel 2012, ma la Commissione Ue sotto un relativo silenzio ha fatto passare una direttiva che fissa la revisione, assieme a quella di altri 38 pesticidi, al 2015.
Bisogna aspettare altri 4 anni insomma, tanto le malformazioni genetiche non hanno fretta.