domenica 31 luglio 2011

Pesce: scatta da oggi nell’Adriatico il “fermo pesca”.


E nei ristoranti e sulle tavole arrivano in massa i prodotti stranieri. D’accordo con l’introduzione di un’etichetta d’origine, non solo nelle pescherie e supermercati ma anche sino ai ristoranti: la “carta del pesce”.

La riduzione del pescato nel Mediterraneo è una triste realtà che ha costretto il governo ad adottare un provvedimento di blocco temporaneo delle attività di pesca nei nostri mari che entrerà in vigore da oggi 1 agosto e fino al 30 settembre nel mar Adriatico, da Trieste al Sud della Puglia, per poi proseguire dal 1 al 29 ottobre nello Ionio e nel Tirreno.
Si tratta di un atto quasi dovuto perché da tempo i biologi marini che hanno studiato il fenomeno, hanno denunciato il progressivo depauperamento degli stock ittici nei nostri mari che ha portato ad un vero e proprio crollo del pescato pari, secondo le credibili stime di alcune associazioni di categoria ad un – 50 %, perché probabilmente solo attraverso un fermo così prolungato si potrà garantire un congruo ripopolamento che altrimenti non sarebbe possibile se la pesca fosse effettuata durante tutto l’anno solare.
Secondo alcuni osservatori, però se da una parte il blocco della pesca costituisce un provvedimento indifferibile e necessario per tutelare i nostri mari ed il settore ittico, dall’altra vi è da puntualizzare che con i pescherecci fermi nei porti del mare Adriatico, viene meno anche il suo pescato che rappresenta circa la metà della produzione nazionale, con l’ovvia conseguenza che gran parte del pesce che troviamo sulle nostre tavole o nei ristoranti nel periodo clou dell’estate sarà d’origine estera e perciò molto spesso congelato, se non proviene dai restanti mari italiani non soggetti a fermo come il Tirreno, lo Ionio o le Isole.
Tra le specie che saremo costretti a mangiare troveremo il pangasio del Mekong spacciato al posto della cernia, il polpo del Vietnam venduto come nostrano, i gamberetti del Mozambico e cinesi, ma anche l’halibut atlantico al posto delle sogliole.
Una vera e propria invasione di specie aliene, rileva Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, che dichiara espressamente di sostenere la richiesta della Coldiretti ImpresaPesca, affinché sia esteso per legge l’obbligo dell’etichetta d’origine, già vigente per il prodotto che si acquista nelle pescherie o direttamente dagli imprenditori, anche ai menu della ristorazione.
L’idea di una vera e propria “carta del pesce”, con l’indicazione del luogo di pesca sin quando arriva sulla tavola rappresenta una garanzia di qualità e uno strumento per la tutela della salute e della sicurezza alimentare dei cittadini.

Sicurezza alimentare: allerta sanità pubblica per surgelati e prodotti freschi provenienti dalla Turchia importati anche in Italia


Il Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti è (USDA) per la sicurezza alimentare e Inspection Service (FSIS) ha emesso un allarme per la salute pubblica a causa delle preoccupazioni sulle malattie causate da Salmonella Heidelberg che possono essere associati con l'uso e il consumo di tacchino a terra. Questo avviso di sanità pubblica è stata avviata dopo continui rapporti medici, indagini in corso e test condotti da vari dipartimenti di salute in tutta la nazione determinata dalla esistenza di un'associazione tra il consumo di prodotti di tacchino a terra e circa 77 malattie riportate in 26 stati. Le malattie sono state collegate attraverso una indagine epidemiologica e analisi PFGE dai dipartimenti sanitari statali e il Centers for Disease Control and Prevention (CDC)."
"CDC sta collaborando con i dipartimenti sanitari statali per il monitoraggio dello scoppio mentre FSIS focalizza la sua indagine sulla individuazione di una potenziale fonte di contaminazione ricorda ai consumatori l'importanza fondamentale di seguire le istruzioni pacchetto di cottura per prodotti macinati surgelati o freschi tacchino e le linee guida generali di sicurezza alimentare durante la manipolazione e preparazione delle carni crude o di pollame. In particolare, se le istruzioni di cottura può dare un determinato numero di minuti di cottura per ogni lato del patty per il raggiungimento di 165 ° C della temperatura interna, i consumatori dovrebbero essere consapevoli del fatto che il tempo effettivo può variare a seconda del metodo di cottura (griglia, frittura, o alla griglia) e la temperatura del prodotto (refrigerato contro congelati) per cui è importante che la temperatura finale di 165 ° F deve essere raggiunto per la sicurezza. Si prega di non fare affidamento sul tempo di cottura per ogni lato della polpetta, ma utilizzare un termometro per alimenti."
"Tacchino di terra e piatti di tacchino a terra deve sempre essere cotti a 165 ° C della temperatura interna, misurata con un termometro per alimenti; avanzi anche dovrebbe essere riscaldato a 165 ° F. Il colore del pollame cotto non è sempre un segno sicuro della sua sicurezza. Solo usando un termometro per alimenti si può determinare con precisione che il pollame ha raggiunto una temperatura minima di sicurezza interna di 165 ° C per tutto il prodotto. La Turchia può rimanere rosa anche dopo la cottura di una cassaforte temperatura minima interna di 165 ° C. La carne di tacchino affumicato è sempre rosa."
Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” " ricorda che il consumo di alimenti contaminati da Salmonella possono causare la salmonellosi, una delle malattie più comuni batteri di origine alimentare. Infezioni da Salmonella possono essere pericolose per la vita, specialmente a quelli con sistema immunitario debole, come i neonati, gli anziani e le persone con infezione da HIV o sottoposti a chemioterapia. I sintomi più comuni di salmonellosi sono diarrea, crampi addominali e febbre entro otto a 72 ore. Altri sintomi possono essere brividi, cefalea, nausea e vomito che può durare fino a sette giorni."

sabato 30 luglio 2011

Scoperto “super anticorpo” che combatte l'influenza. Siamo già pronti per il “vaccino universale”?


Se la notizia apparsa su Science Express dov’esse essere confermata sarebbe un passo straordinario per la medicina e per tutta l’umanità, quella del “superanticorpo” in grado di sconfiggere tutti i virus di tipo influenzale.
Vi è da dire, che da tempo nel mondo della virologia alcune equipe di scienziati sono impegnate nello studio di una sorta di “vaccino universale” che sino a ieri sembrava ancora lontano.
La ricerca effettuata dagli studiosi del Medical Research Council National Institute for Medical Research a Mill Hill e da quelli dell'Istituto per la Ricerca in Biomedicina, in Svizzera è partita dall’ esame di più di 100.000 campioni di cellule del sistema immunitario di pazienti che avevano l'influenza sino ad arrivare ad isolare un anticorpo - chiamato FI6 – che ha preso di mira una proteina presente sulla superficie di tutti i virus dell'influenza chiamata emoagglutinina.
Come sovente accade nella scienza medica i primi effetti positivi si sono avuti sulle cavie da laboratorio, in particolare su di alcuni topi a cui è stato somministrato l'anticorpo FI6 che sin da subito è apparso "completamente protettivo" contro una dose letale del famigerato virus H1N1, meglio noto come “influenza suina”.
Alcuni topi sono sopravvissuti dopo essere stati trattati con l'anticorpo fino a due giorni dopo aver ricevuto una dose letale del virus.
Vi è da dire, specifica però, Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” che nel caso in questione si parla ancora di anticorpo e non del vaccino, come hanno sottolineato gli autori dello studio in questione, secondo cui ci vorranno ancora anni affinché si possa giungere a commerciare un vaccino.
Ci auguriamo che alla luce di questa scoperta, la ricerca possa correre più in fretta possibile anche perché come è noto, l’influenza continua ad essere una tra le cause più frequenti di morte nell’intero pianeta.

Gli hot-dogs sono nocivi come le sigarette? Un gruppo medico contro gli hot dog.


Un gruppo di medici del Physicians Committee For Responsible medicine, un'associazione di medici con base a Washington, ha deciso di lanciare un'offensiva contro i hot dog, salsicce per essere precisi.
Un cartellone pubblicitario è stato installato, mostrando salsicce hot dog sostituzione di sigarette in un pacchetto per mostrare che sono dannosi come il tabacco.
Il messaggio afferma: " Attenzione, gli hot-dog sono gravemente dannosi alla salute. "
Cerchiamo di rendere le persone consapevoli che c'è un legame tra salumi e il cancro del colon-retto, secondo vari studi.
Per il gruppo medico, ci dovrebbe essere avvertimenti sulle confezioni di salsicce, come quelle sulle sigarette.
Tuttavia, non tutti gli esperti non sono d'accordo. Per alcuni, non è necessario tagliare completamente il consumo di carne, ma solo assicurarsi che non siano la base della nostra dieta.
La ricerca rappresenta secondo Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” un duro monito ed un messaggio chiaro e forte lanciato anche sulla base di alcuni studi della World Cancer Research secondo cui il rischio di cancro al colon aumenta del 21% ad ogni 50 grammi di carne lavorata, corrispondente alla dose di un singolo hot dog.

Cassazione e privacy: stop a penne spia e microcamere nascoste se chi registra vuol diffondere i dati senza il consenso dell’interessato


Spioni attenti a quello che fate perché con la privacy non si scherza.
Lo dice la terza sezione della Cassazione penale con la con la sentenza n. 18908 del 13.05.2011 che conferma lo stop alle registrazioni delle conversazioni senza il consenso dell’interessato e che Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” porta all’attenzione.
Secondo la Suprema Corte, che nel caso di specie ha rigettato il ricorso di un investigatore privato avverso l’ordinanza di convalida del sequestro di una microcamera utilizzata per effettuare la registrazione di una conversazione, sussiste il reato di cui all'articolo 167 del d. lgs del 30 giugno 2003 n. 196 se si registra una conversazione con l’intento di diffonderne il contenuto.
Gli ermellini con la decisione in questione, hanno ripercorso la puntuale normativa in materia di “Trattamento illecito di dati” di cui al citato articolo 167 del Testo Unico in materia di trattamento di dati personali, ritenendo legittimo il sequestro dello strumento di registrazione anche se hanno specificato che “non è illecito registrare una conversazione perché chi conversa accetta il rischio che la conversazione sia documentata mediante registrazione, ma è violata la privacy se diffonde la conversazione per scopi diversi dalla tutela di un diritto proprio o altrui”.

venerdì 29 luglio 2011

Svimez: è emergenza e allarme sociale nel Mezzogiorno.


Oltre il 30% dei laureati meridionali under 34 non lavora e non studia. A lanciare l'allarme dichiara Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, è il Rapporto Svimez 2011 sull'economia del Mezzogiorno, che verrà presentato il prossimo 27 settembre, le cui anticipazioni sono state rese note oggi. Nel Mezzogiorno - secondo i dati del Rapporto - il tasso di occupazione giovanile (15-34 anni) è giunto nel 2010 ad appena il 31,7% (il dato medio del 2009 era del 33,3%; per le donne nel 2010 non raggiunge che il 23,3%), segnando un divario di 25 punti con il Nord del Paese (56,5%).
Un Sud che arranca, pur lasciandosi alle spalle la recessione più grave dal dopoguerra, con Abruzzo, Sardegna e Calabria che guidano la ripresa. Un Sud dove le famiglie hanno difficoltà a spendere, e il tasso di disoccupazione effettivo volerebbe al 25%, considerando chi il lavoro lo vuole ma non sa dove cercarlo.
E’ il quadro che emerge dal paper “Nord e Sud: insieme nella crisi, divergenti nella ripresa”, che anticipa i principali indicatori economici del Rapporto SVIMEZ 2011 sull’economia del Mezzogiorno, in presentazione a Roma il prossimo 27 settembre.
Pil: l’Italia cresce meno della media Ue e il Sud arranca – In base alle valutazioni di preconsuntivodella SVIMEZ, nel 2010 il Mezzogiorno ha segnato rispetto all’anno precedente un modesto +0,2%, ben lontano dal +1,7% del Centro-Nord. Non va meglio nel medio periodo: dal 2001 al 2010 il Mezzogiorno ha segnato una media annua negativa, -0,3%, decisamente distante dal + 3,5% del Centro-Nord, a testimonianza del perdurante divario di sviluppo tra le due aree. In termini di Pil pro capite, il Mezzogiorno è passato dal 58,8% del valore del Centro Nord nel 2009 al 58,5% del 2010.
La crisi, poi, ha picchiato forte in tutto il Paese: nel biennio 2008-2009 la caduta del Pil è stata di oltre il 65% più elevata della media europea (-6,3% al Sud e -6,6% al Centro- Nord contro il -3,8% della media Ue). Ma è nella ripresa che le due aree divergono. Nel 2010 il Pil pro capite nazionale in valori assoluti è stato di 25.583 euro, risultante dalla media tra i 29.869 euro del Centro-Nord e i 17.466 del Mezzogiorno.
Pil: al Sud crescono Abruzzo, Sardegna e Calabria. Basilicata giù dell’1,3% L’area che nel 2010 ha trainato il Paese è stata il Nord-Est (+2,1%), seguita da Centro (+1,5%) e Nord-Ovest (+1,4%).
A livello regionale, la forbice oscilla tra il boom del Veneto (+2,8%) e la flessione della Basilicata (-1,3%). A seguire, Friuli Venezia Giulia, Marche e Abruzzo segnano tutte +2.3%, Umbria +2,2%. Crescita anche per il Lazio (+1,8%), Lombardia e Trentino Alto Adige (+1,7%), Emilia-Romagna (+1,5%), Valle d’Aosta (+1,4%) e Piemonte e Sardegna (+1,3%). All’interno del Mezzogiorno, la crescita più alta spetta all’Abruzzo (+2,3%), che recupera in parte il calo del 2009 (-5,8%) grazie alla ripresa dell’industria e alla buona performance dei servizi. Grazie alla crescita del terziario registrano segni positivi anche Sardegna
(+1,3%) e la Calabria (+1%). Se la Sicilia è praticamente stazionaria (+0,1%), registrano segni negativi Puglia (-0,2%), Molise e Campania (-0,6%). Discorso a parte per la Basilicata, che registra il calo maggiore dell’attività produttiva a livello nazionale (-1,3%), soprattutto per effetto del calo delle costruzioni (-8,4%) e dei servizi (-0,6%).
Situazione non positiva anche se si guarda anche alla media annua 2000-2010: Campania e Puglia, che avrebbero dovuto rappresentare il motore produttivo del Mezzogiorno continentale registrano segni negativi (rispettivamente -0,2 e -0,3%), come la Basilicata (-0,7%).
In valori assoluti, nel 2010 la regione più ricca è stata la Lombardia, con 32.222 euro, seguita da Trentino Alto Adige (32.165 euro), Valle d’Aosta (31.993 euro), Emilia Romagna (30.798 euro) e Lazio (30.436 euro). Nel Mezzogiorno la regione con il Pil pro capite più elevato è stata l’Abruzzo (21.574 euro), che comunque registra un valore di circa 2.200 euro al di sotto dell’Umbria, la regione più debole del Centro-Nord. Seguono il Molise (19.804), la Sardegna (19.552), la Basilicata (18.021 euro), la Sicilia (17.488), la Calabria (16.657) e la Puglia (16.932). La regione più povera è la Campania, con 16.372 euro. I settori: in risalita, ma non si recupera ancora la perdita. Bene l’agricoltura al Sud A livello settoriale il Sud registra nel 2010 una crescita del valore aggiunto doppia rispetto al Centro-Nord (+1,4% rispetto al +0,7%) nell’agricoltura, che spezza il ciclo negativo iniziato nel 2005. Riguardo all’industria in senso stretto, la crescita al Sud è del +2,3%, meno sostenuta che al Centro-Nord (+5,3%). A tirare la ripresa della domanda estera soprattutto le industrie chimiche e petrolchimiche (+7,2%), i prodotti in metallo (+7,2%), i macchinari e i mezzi di trasporto (+3,6%). Ma si è ben lontani dal recuperare quanto si è perduto: dal 2000
al 2010 il valore aggiunto manifatturiero ha perso al Sud il 20%, contro il già forte - 14,2% del Centro-Nord. In risalita anche i servizi, al Centro-Nord tre volte tanto rispetto al Sud (+1,2% contro +0,4%)
Consumi: le difficoltà delle famiglie meridionali – Riguardo ai consumi, a livello nazionale crescono moderatamente nelle famiglie (+1%), mentre calano nella PA per effetto delle manovre correttive (-0,6%).
A livello disaggregato la performance nelle due aree è simile nella spesa della PA (-0,5% al Sud, -0,6% al Centro-Nord). Non così per le famiglie: nel 2010 l’incremento della spesa nel Mezzogiorno è stato un terzo del Centro-Nord (+0,4% contro +1,3%). In particolare, i consumi di vestiario e calzature sono aumentati nel Centro-Nord del 3,9%, solo dello 0,7% al Sud; giù invece la spesa per beni alimentari (-0,4%), rispetto al +0,3% dell’altra ripartizione, una chiara indicazione delle difficoltà delle famiglie meridionali a sostenere il livello di spesa. Da segnalare che dal 2000 al 2010 la spesa delle famiglie al Nord è cresciuta dello 0,5%, al Sud è scesa dello 0,1%. Più elevata nel periodo la spesa della PA: +1,4% al Sud, +1,6% nel Centro-Nord.
Investimenti: in ripresa, ma pesano le costruzioni
In ripresa nel 2010 gli investimenti (+2,5% a livello nazionale), ma al Centro-Nord tre volte più del Sud (+3,1% contro +0,9%). A far rallentare il Mezzogiorno sono stati gli investimenti nelle costruzioni, -4,8%, che dal 2008 al 2010 hanno segnato un calo addirittura del 16%, principalmente per effetto della crisi che ha colpito le aziende da un lato e per la contrazione degli investimenti pubblici dovuti ai tagli del FAS e alle manovre correttive.
Occupazione in calo in tutte le regioni meridionali
Negli ultimi due anni il tasso di occupazione è sceso al Sud dal 46% del 2008 al 43,9% del 2010, al Centro-Nord dal 65,7% al 64%.
Su 533mila posti di lavoro in meno in tutto il Paese dal 2008 al 2010, ben 281mila sono stati nel Mezzogiorno. Con meno del 30% degli occupati italiani, al Sud si concentra dunque il 60% della perdita di posti di lavoro. Occupazione in calo in tutte le regioni meridionali, con l’eccezione della Sardegna. Particolarmente forte è il calo in Basilicata (dal 48,5 al 47,1%) e Molise (dal 52,3 al 51,1%). Valori drammaticamente bassi e in ulteriore riduzione si registrano in Campania, dove lavora meno del 40% della popolazione in età da lavoro, in Calabria (42,2%) e Sicilia (42,6%). Il tasso d’occupazione si riduce anche nelle regioni del Centro-Nord con l’eccezione della Valle d’Aosta, del Friuli e del Trentino Alto Adige, che presenta il valore più alto con il 68,5%. Particolarmente intensa è la flessione in Emilia Romagna (- 2,8 punti percentuali, dal 70,2% al 67,4%) e in Toscana (dal 65,4 al 63,8%).
Emergenza giovani: 2 su 3 sono a spasso – Allarme giovani. Nel Mezzogiorno il tasso di occupazione giovanile (15-34 anni) è giunto nel 2010 ad appena il 31,7% (il dato medio del 2009 era del 33,3%; per le donne nel 2010 non raggiunge che il 23,3%), segnando un divario di 25 punti con il Nord del Paese (56,5%). La questione generazionale italiana diventa quindi emergenza e allarme sociale nel Mezzogiorno.
Inattivi aumentati di oltre 750mila unità. Tra il 2003 e il 2010 al Sud gli inattivi (né occupati né disoccupati), sono aumentati di oltre 750mila unità.
Mentre crescono i giovani Neet (Not in education, emplyment or training) con alto livello di istruzione. Quasi un terzo dei diplomati ed oltre il 30% dei laureati meridionali under 34 non lavora e non studia. Sono circa 167 mila i laureati meridionali fuori dal sistema formativo e del mercato del lavoro, con situazioni critiche in Basilicata e Calabria. Uno spreco di talenti inaccettabile. Disoccupati impliciti ed espliciti – Nel 2010 il tasso di disoccupazione nel Sud è stato del 13,4% contro il 12% del 2008, più del doppio del Centro-Nord (6,4%, ma nel 2008 era il 4,5%).
Se consideriamo tra i non occupati anche i lavoratori che usufruiscono della CIG e che cercano lavoro non attivamente (gli scoraggiati), il tasso di disoccupazione corretto salirebbe al 14,8% a livello nazionale dall’11,6% del 2008, con punte del 25,3% nel Mezzogiorno (quasi 12 punti in più del tasso ufficiale) e del 10,1% nel Centro-Nord.
Secondo Giovanni D’Agata i dati dello Svimez sono allucinanti. Due under 34 su tre nel sud non studiano e non cercano più lavoro. Dirottiamo i soldi per l'inutile ponte di Messina allo sviluppo del mezzogiorno. Siamo sull'orlo del baratro e corriamo per caderci dentro.

È incostituzionale il divieto di matrimonio per i clandestini. Lo “Sportello dei Diritti” lo aveva denunciato due anni fa avviando una battaglia giudi


E' del 25.7.2011 la notizia che la Corte Costituzionale, con Sentenza n. 245/11, depositata per l’appunto, il 25.7.2011, ha dichiarato incostituzionale l'articolo 116 del codice civile (per contrarietà agli articoli 2, 3, 29 della Costituzione ed agli articoli 8 e 12 CEDU – Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo) nella parte in cui prescriveva, tra i requisiti per contrarre matrimonio per i cittadini extracomunitari, anche il possesso di un titolo di soggiorno in corso di validità (in tal modo, di fatto, vietando il matrimonio ai clandestini).

“Non possiamo che rallegrarcene” - commenta Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” – “che la norma, introdotta con il cosiddetto “pacchetto sicurezza” in vigore dall’agosto 2009, fosse fortemente discriminatoria ed in odore di incostituzionalità. Noi – continua D’Agata - lo avevamo denunciato già all’indomani della sua entrata in vigore, affidando all’avv. Salvatore Centonze (esperto di fama nazionale di diritto dell’immigrazione) il compito di portare avanti questa battaglia di civiltà in tutti i Tribunali della Repubblica, ed eravamo perfino pronti ad adire la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo. È una vittoria di tutti: i diritti umani non si toccano!”.

giovedì 28 luglio 2011

Gas: 722mila euro di multa a Eni nei confronti di ENI S.p.A., Divisione Gas & Power


Gas: 722mila euro di multa a Eni nei confronti di ENI S.p.A., Divisione Gas & Power,
per comportamenti scorretti. L’Autorità per l'energia ha adottato anche specifici provvedimenti prescrittivi a tutela dei consumatori.

L'Autorità per l'energia ha sanzionato per un totale di 722 mila euro per violazione della regolazione sui conguagli in bolletta, sulla periodicità di fatturazione e sulla risposta ai reclami dei clienti finali. Secondo Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, questa sanzione rappresenta per i consumatori un punto di forza che potrebbe garantire un miglioramento del servizio e in mancanza di adeguata comunicazione ci si potrà rivolgere proprio all'Autorità dell'energia.
Le sanzioni sono una di 650 mila euro ed è relativa ai ritardi nell’applicazione in bolletta dei conguagli derivanti dalla rideterminazione delle tariffe di distribuzione per il periodo 2005-2008 e negli aggiornamenti trimestrali dei prezzi del gas. Questi ritardi hanno leso il diritto del cliente di conoscere la spesa effettivamente dovuta per la sua fornitura.
Una seconda sanzione riguarda la periodicità di invio delle bollette e il mancato pagamento degli indennizzi previsti in caso di ritardi. Nell’irrogare la sanzione pari a 36 mila euro, l’Autorità ha tenuto conto delle azioni correttive realizzate da Eni a favore dei clienti finali.
La terza violazione, per la quale è stata irrogata una sanzione di 36 mila euro, riguarda il mancato invio di risposte motivate a reclami scritti. Anche in questo caso, l’Autorità ha considerato il ravvedimento operoso di Eni che ha pagato un indennizzo aggiuntivo ai clienti ai quali non aveva inviato una risposta motivata.
Per le violazioni in materia di conguagli e periodicità delle bollette, l’Autorità ha adottato anche specifici provvedimenti prescrittivi a tutela dei consumatori, chiedendo ad Eni di porre fine ai comportamenti lesivi e di darne prova. Invece per il mancato invio di risposte motivate a reclami scritti non sono stati adottati provvedimenti prescrittivi, poiché la società ha immediatamente interrotto le violazioni e attuato quanto richiesto dall’Autorità con l’avvio del procedimento.
Gli utenti da questa sanzione traggono alcuni vantaggi. Se notano ancora alcuni ritardi negli aggiornamenti trimestrali dei prezzi del gas o nei conguagli di spesa, possono sporgere tranquillamente reclamo. E se tardano le risposte ai reclami, devono rivolgersi all’autorità dell’energia, che provvederà a sollecitare Eni. Con queste sanzioni, comunque, la società di gas, è tenuta ad essere tempestiva, chiara ed efficace nel comunicare variazioni, ritardi o imprevisti. Il miglioramento della qualità di servizio dovrebbe essere garantito.

Mediaset: la corte Ue respinge il ricorso


I contributi italiani per l’acquisto dei decoder digitali terrestri nel 2004 e 2005 costituiscono aiuti di Stato incompatibili con il mercato comune.

Le emittenti radiotelevisive che hanno beneficiato indirettamente degli aiuti di Stato sono tenute a rimborsare le somme corrispondenti ai vantaggi in tal modo ottenuti.
Lo dice la Corte di giustizia dell’Unione Europea che ha confermato in una sentenza emessa oggi che i contributi concessi dal governo italiano per l’acquisto dei decoder digitali terrestri nel 2004 e 2005 costituiscono aiuti di Stato incompatibili con il mercato comune e che Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” porta all’attenzione.
Il processo di conversione dei segnali televisivi al sistema digitale, avviato in Italia nel 2001, prevedeva che il passaggio al sistema digitale si concludesse e che la trasmissione in tecnica analogica cessasse definitivamente entro il dicembre del 2006. La data prevista per la cessazione delle trasmissioni analogiche è stata successivamente rinviata due volte, sino al 30 novembre 2012.
Con la legge finanziaria del 2004 1, l’Italia ha concesso un contributo pubblico di EUR 150 ad ogni utente del servizio di radiodiffusione che acquistasse o noleggiasse un apparecchio per la ricezione, in chiaro, dei segnali televisivi digitali terrestri (T-DVB/C-DVB). Il limite di spesa del contributo è stato fissato a EUR 110 milioni. La legge finanziaria del 2005 ha reiterato tale provvedimento nello stesso limite di spesa di EUR 110 milioni, riducendo tuttavia il contributo per ogni singolo decoder digitale a EUR 70.
Per poter fruire del contributo era necessario acquistare o noleggiare un apparecchio per la ricezione dei segnali televisivi digitali terrestri. Conseguentemente, il consumatore che avesse optato per un apparecchio che consentisse esclusivamente la ricezione di segnali satellitari non poteva ottenere il contributo.
Contro tali contributi le emittenti televisive Centro Europa 7 Srl e Sky Italia Srl hanno inoltrato esposti alla Commissione. Con la decisione emanata nel 2007 2, la Commissione osservava, in effetti, che detti contributi costituivano aiuti di Stato a favore delle emittenti digitali terrestri che offrivano servizi televisivi a pagamento nonché degli operatori via cavo fornitori di servizi televisivi digitali a pagamento. Pur sottolineando che il passaggio dalla televisione analogica alla televisione digitale costituiva un obiettivo di interesse comune, la Commissione ha rilevato che il contributo non risultava proporzionato al perseguimento di detto obiettivo e produceva distorsioni della concorrenza. In tal senso, la misura non sarebbe stata «tecnologicamente neutra», considerato che non si applicava ai decoder digitali satellitari 3. Conseguentemente, la Commissione ha ordinato il recupero degli aiuti.
Mediaset ha allora proposto un ricorso dinanzi al Tribunale ai fini dell’annullamento della decisione della Commissione. Tuttavia, nel giugno del 2001, il Tribunale ha respinto il ricorso, confermando che il contributo costituiva un vantaggio economico a favore delle emittenti terrestri, quali
1 Legge 24 dicembre 2003, n. 350.
2 Decisione della Commissione 24 gennaio 2007, 2007/374/CE, relativa all’aiuto di Stato C 52/2005 al quale la Repubblica italiana ha dato esecuzione con il contributo all’acquisto di decoder digitali (GU L 147, pag. 1).
3 Per contro, i contributi del 2006 sono stati ritenuti «tecnologicamente neutri», considerato che potevano essere concessi ai decoder di tutte le piattaforme, vale a dire terrestri, via cavo e satellitari, subordinatamente alla condizione che fossero interattivi e interoperabili.
www.curia.europa.eu
Mediaset, in quanto aveva loro consentito di consolidare, rispetto ai nuovi concorrenti, la loro posizione esistente sul mercato 4.
Mediaset ha quindi impugnato tale sentenza dinanzi alla Corte di giustizia.
La Corte ricorda oggi che, ai fini della valutazione della selettività di una misura, occorre accertare se essa implichi un vantaggio per talune imprese rispetto ad altre collocate in analoga situazione di fatto e giuridica. Il Tribunale ha rilevato correttamente che i contributi di cui trattasi hanno spinto i consumatori all’acquisto di decoder digitali terrestri, limitando i costi per le emittenti televisive digitali terrestri le quali hanno potuto, in tal modo, consolidare la loro posizione sul mercato rispetto ai nuovi concorrenti. La Corte conferma inoltre che il Tribunale ha correttamente affermato che un aiuto di cui i beneficiari diretti siano i consumatori può nondimeno costituire un aiuto indiretto agli operatori economici, quali le emittenti televisive in questione. Giustamente il Tribunale ha inoltre respinto l’argomento della Mediaset secondo cui la Commissione non avrebbe dimostrato la sussistenza di un collegamento tra il contributo e le emittenti di cui trattasi.
La Corte condivide altresì il ragionamento del Tribunale secondo cui l’elemento di selettività basato sulle caratteristiche tecnologiche, che favorisce la tecnologia digitale terrestre rispetto a quella satellitare, ha comportato una distorsione della concorrenza, ragion per cui la misura di cui trattasi è incompatibile con il mercato comune.
La Corte risponde poi agli argomenti dedotti dalla Mediaset secondo cui la decisione della Commissione non avrebbe consentito di stabilire una metodologia adeguata ai fini del calcolo delle somme che Mediaset era tenuta a rimborsare sulla base del vantaggio indirettamente ottenuto, la cui determinazione spettava al giudice nazionale. A parere della Mediaset, il Tribunale sarebbe incorso in un errore di diritto, segnatamente perché avrebbe omesso di verificare, a tal riguardo, l’applicazione del principio della certezza del diritto.
La Corte conferma, tuttavia, che correttamente il Tribunale ha affermato che il diritto dell’Unione non impone alla Commissione di fissare l’importo esatto dell’aiuto da restituire. Al contrario, è sufficiente che la decisione della Commissione consenta al destinatario stesso di determinare, senza difficoltà eccessiva, tale importo secondo le modalità previste dall’ordinamento nazionale.
La Corte rammenta, infine, che l’obbligo per le autorità nazionali di calcolare l’importo preciso degli aiuti da recuperare deriva dall’obbligo di leale cooperazione che vincola reciprocamente la Commissione e gli Stati membri nell’applicazione delle norme dell’Unione in materia di aiuti di Stato. Correttamente il Tribunale ha quindi affermato che spetterà al giudice nazionale, laddove venga adito, fissare l’importo dell’aiuto da recuperare sulla base delle indicazioni delle modalità di calcolo fornite dalla Commissione.
Conseguentemente, la Corte respinge l’impugnazione della Mediaset.

mercoledì 27 luglio 2011

Bonus bebè, Agenzia delle entrate estranea alle lettere


L'Agenzia delle entrate in un comunicato del 26 u.s. che Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” riporta, si è dichiarata estranea alle comunicazioni sia per quel che riguarda le lettere del 2005, che per quelle odierne.
Nel comunicato spiega chiaramente“ In merito alla vicenda della restituzione del bonus bebè, l’Agenzia delle Entrate ribadisce di essere assolutamente estranea sia alle lettere che nel 2005 informavano le famiglie dell'opportunità di goderne, in presenza di determinati requisiti, sia alle lettere delle ultime settimane che ne chiedono la restituzione.
Per evitare inutili perdite di tempo, pertanto, i cittadini che hanno ricevuto le comunicazioni per la restituzione del bonus non devono recarsi presso gli uffici o utilizzare gli altri canali di assistenza offerti dall'Agenzia. Sta diventando una questione ai limiti del surreale. Qualche giorno fa, era uscita la notizia che a distanza di cinque anni, un controllo condotto dall’Agenzia delle Entrate aveva evidenziato che ottomila famiglie avevano usufruito del bonus bebè pur avendo autocertificato in modo errato il proprio reddito. Ora la stessa Agenzia delle entrate smentisce tutti, negando di aver mandato lettere ai cittadini, sia cinque anni fa, che ogg “.
Il bonus è un un fondo di credito destinato a famiglie con bambini appena nati, realizzato grazie ad un accordo tra il Dipartimento per le politiche della famiglia e l’Abi. Il bonus bebè rappresenta in sostanza un prestito a tasso agevolato per far fronte alle nuove spese, finanziabili fino a 5mila euro da restituire in 5 anni. Il prestito viene erogato ad un tasso (TAEG) non superiore al 50% rispetto al TEGM (tasso effettivo globale medio) in vigore al momento della concessione del prestito stesso. La questione sembra essere chiusa e nessuna delle persone che ha ricevuto il bonus bebè nel 2005 deve recarsi all’Agenzia per restituirlo. Resta il mistero su chi abbia emesso questa falsa comunicazione.
La questione sembrava riguardare una famosa lettera del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che preannunciava ai nuovi nati negli anni 2005 il bonus una tantum di mille euro, da riscuotere presso l’ufficio postale segnalato nella missiva, che il Governo ha introdotto con la Legge Finanziaria 2006.
In questi giorni, invece, sono state recapitate le lettere contenenti la contestazione che recitano testualmente «Si contesta alla Signoria Vostra di avere riscosso illecitamente il bonus bebè per avere sottoscritto e utilizzato un’autocertificazione mendace al fine di percepire la suddetta somma (…)». La lettera conclude con la comunicazione che verrà fatta segnalazione alla Procura della Repubblica in merito alla mendacia dell’autocertificazione.

Lavoro e Sicurezza "Stop Caporalato": presentato in Senato un ddl contro sfruttamento dell'attività lavorativa. Ora i “caporali” rischiano il carcere


Lavoro e Sicurezza "Stop Caporalato": presentato in Senato un ddl contro sfruttamento dell'attività lavorativa. Ora i “caporali” rischiano il carcere.

E' questo l'obiettivo del disegno di legge "Misure volte alla penalizzazione del fenomeno d'intermediazione illecita di manodopera basata sullo sfruttamento dell'attività lavorativa", presentato ieri e fortemente voluto da Italia Dei Valori che prevede, in particolare, l'introduzione del reato penale per il caporalato, con pene tra cinque e otto di reclusione.
Secondo il provvedimento firmato da esponenti di tutti gli schieramenti politici sfruttare i lavoratori è un reato penale. Da ora rischiano il carcere i "caporali" e cioè gli intermediari che, nei campi e nei cantieri di tutta Italia, vendono e sfruttano, in modo illecito, oggi come cinquant'anni fa, l'attività lavorativa di centinaia di migliaia di persone.
Previste per i colpevoli pene da cinque a otto anni di carcere e fino a 2mila euro per ogni persona sfruttata. In particolare l'articolo 4 del ddl "introduce l'articolo 603-bis del codice penale (intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro) che punisce con la reclusione da cinque a otto anni e con la multa da mille a 2mila euro per ciascun lavoratore impiegato, chiunque svolga un'attività organizzata di intermediazione, reclutando manodopera o organizzandone l'attività lavorativa caratterizzata da sfruttamento, mediante violenza, minaccia o intimidazione, approfittando dello stato di bisogno o di necessità del lavoratore".
Il provvedimento punta anche a favorire misure di integrazione dei lavoratori, con l'articolo 2, "che stabilisce misure volte all'integrazione dei lavoratori stranieri e dei lavoratori disoccupati o svantaggiati in genere attraverso protocolli d'intesa stipulati fra Stato, regioni, enti territoriali e le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative". E ancora l'articolo 3 "prescrive l'istituzione di corsi di lingua italiana per i lavoratori stranieri la cui promozione è demandata alla competenza del ministero del Lavoro e delle politiche sociali in accordo i centri per l'impiego". Secondo Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” un provvedimento specifico per risolvere il problema del caporalato una volta per tutte che ha intrecci con la criminalità organizzata. Obiettivo della legge: fermare un fenomeno che in Italia fa circa 600mila vittime in agricoltura ed edilizia che ha saputo cambiare "pelle" nel corso degli anni, mantenendo la caratteristica dello sfruttamento nei confronti degli immigrati che giungono in Italia dall'Africa o dall'Est-Europa. Il fenomeno è "gestito" da un caporale compatriota. Specializzazione etnica, ma anche figura "multi-nazionale", che avvia gli uomini nei campi o nei cantieri e le donne sui marciapiedi, che tratta con gli agrari e dall'altra con la criminalità organizzata, che controlla il mercato del sesso a pagamento".

Uso e dipendenza da droghe, si studia vaccino dinamico anti-eroina che neutralizza il 6AM.


Stando alle cifre raccolte, nel nostro Paese ci sono 338.425 tossicodipendenti, la maggior parte dei quali, circa 220mila, eroinomani e il resto dipendenti da cocaina. Di essi soltanto il 10% è stato in cura presso una delle 1.647 strutture sanitarie adibite al trattamento, la maggior parte dei quali (il 70,1%) per disintossicarsi dall’eroina.
Alcuni ricercatori dello Scripps Research Institute hanno sviluppato un vaccino per combattere la dipendenza da eroina.
Sfruttando il principio immuno terapico i ricercatori hanno ottenuto una miscela composta da una molecola simile all’eroina legata ad una proteina trasportatrice, una emocianina detta KLH e una sostanza adiuvante.
Questa miscela una volta iniettata nell’organismo stimola la produzione di anticorpi policlonali, mostrando al sistema immunitario metaboliti psicoattivi quali eroina, 6 acetilmorfina e morfina questi ultimi due sono prodotti di degradazione dell’eroina stessa.
Assente una risposta a sostanze quali metadone o naloxone, comunemente usate per la disassuefazione da eroina, questo potrebbe portare ad una terapia combinata di vaccino più farmaci.
In base ai risultati ottenuti dal farmaco sugli animali, una volta vaccinato, il tossicodipendente non dovrebbe piu' bramare la droga, mentre chi non lo e' la desidera in dosi sempre maggiori. "Cio' che il vaccino fa e' captare la molecola dell'eroina prima che entri nel sistema nervoso centrale, cosi' da vanificarne gli effetti".
Secondo Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” gli incoraggianti risultati raggiunti da questa ricerca, pubblicata sulla rivista Journal of Medicinal Chemistry, aumentano la speranza che tale vaccino protettivo possa divenire un giorno non lontano un’opzione terapeutica efficace per coloro che cercano di interrompere la loro dipendenza dall’eroina. Precedenti sforzi per creare qualcosa di simile clinicamente erano falliti a causa del fatto che l’eroina è metabolizzata in sostanze multiple che singolarmente però producono l’effetto psicoattivo. Per superare tale ostacolo, gli studiosi, guidati da Kim D. Janda, hanno dovuto bersagliare non solo l’eroina, ma anche quel composto che rapidamente diventa il 6- acetilmorfina (6AM) e la morfina.
Avendo appurato che il vaccino appena scoperto agisce esclusivamente su eroina e 6AM e non su altre sostanze opiacee come l’oxycodone o il metadone, questo fa sì che possa essere associato ad altre terapie di reabilitazione.
Kim D. Janda ha dichiarato:
“In 25 anni che mi dedico allo studio di vaccini contro le droghe d’abuso non ho visto una risposta immunitaria forte come ho con quello che chiamiamo vaccino dinamico anti-eroina”.

martedì 26 luglio 2011

Emergenza estiva e sanità al collasso.


Oltre ai tagli da Nord a Sud, le ferie collettive che riducono i posti letto fino al 40 %. E gli ammalati dove devono andare?

Si prepara, per l’intera collettività l’ennesima batosta sociale estiva.
Perché dopo i tagli generalizzati alla sanità determinati dalla necessità del contenimento della spesa pubblica, con il mese di luglio, ma soprattutto di agosto, arrivano le meritate ferie estive per i lavoratori degli ospedali: dal personale medico a quello sanitario si prepara un esodo di massa di operatori del settore che comporterà anche una drastica riduzione dei servizi che dev’essere necessariamente sommata a quella già attuata in quasi tutte le regioni d’Italia con i piani di riordino ospedaliero.
Pensare che solo a Milano, secondo quanto risulta dai dati ufficiali diffusi dalla locale ASL, su un totale di circa 10mila posti letto disponibili nelle strutture pubbliche e private convenzionate della metropoli, nel mese di luglio sarà attivo il 75%, cioè circa 7.500 posti letto con punte a partire dal 25 % sino al 40 % in meno.
Alla luce di tali dati che riguardano il ricco ed evoluto, anche dal punto di vista sanitario, centro del nord, la domanda sorge dunque spontanea: gli ammalati dove devono andare?
Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” si augura quindi che le autorità preposte, dal Ministero della Salute, agli assessorati regionali e sino alle ASL ed alle singole strutture ospedaliere si siano comunque attrezzate per poter affrontare questa nuova emergenza che dimostra come la sanità del Paese, eccettuate alcune idilliache situazioni, sia purtroppo ormai al collasso.

lunedì 25 luglio 2011

Sprofonda la fiducia dei consumatori “Peggiorano le prospettive future”.


Sprofonda la fiducia dei consumatori “Peggiorano le prospettive future”. L’indice del clima di fiducia dei consumatori scende a 103,7 da 105,1 di giugno. Il calo è particolarmente marcato nel Centro Sud e nel Nord Ovest.


Secondo l’Istat a luglio 2011 cala la fiducia degli italiani sulle prospettive di ripresa a 103,7 da 105,8 di giugno.La flessione è dovuta, in particolare, al peggioramento del clima futuro e di quello sul quadro economico, i cui indicatori scendono, rispettivamente, da 93,6 a 87,9 e da 78,3 a 75,1. Peggiora anche il clima personale, diminuito da 120,1 a 118,8.
Peggiorano, in particolare, le previsioni a breve termine sulla situazione economica del paese e della famiglia, sull’evoluzione del mercato del lavoro e sulle possibilità di risparmio.
Inoltre, “peggiorano anche le opinioni sulla situazione economica della famiglia e sul bilancio familiare mentre migliorano le valutazioni sulla convenienza attuale del risparmio. I saldi dei giudizi e delle previsioni sull’andamento dei prezzi al consumo scendono lievemente rispetto al mese precedente. Sulla base delle consuete domande trimestrali, peggiorano le intenzioni di acquisto per tutte le categorie di spesa trattate (autovettura, abitazione e spese per manutenzione).
Per quanto riguarda i beni durevoli, peggiorano sia i giudizi sulla convenienza all’acquisto immediato, sia le attese a breve termine.
I saldi dei giudizi sulla dinamica dei prezzi al consumo segnano una moderata flessione, mentre le previsioni sull’evoluzione dell’inflazione registrano una risalita.
La fiducia peggiora, anche se con diversa intensità, nel Centro-Sud e nel Nord-ovest, migliora nelle regioni del Nord-est.
Secondo Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” la fiducia dei consumatori italiani sta scemando sempre di più. Ritiene inoltre che l’esecutivo stia continuando a sottovalutare tali preoccupanti segnali che però non evidenziano un ulteriore circostanza: ossia che anche il livello della soglia di povertà si stia abbassando gradualmente ma troppo pericolosamente e l’abbassamento della fiducia dei consumatori è solo una faccia della medaglia che non evidenzia quante famiglie non siano più in grado di far fronte alle quotidiane esigenze alimentari. Non per essere troppo pessimisti, ma Tunisia, Albania ed Egitto, forse non sono mai state così vicine, non solo geograficamente.

domenica 24 luglio 2011

Finto “made in Italy” venduto in Cina per vero a prezzi stellari


I falsari operano a tutte le latitudini e l’inchiesta che ha colpito uno dei principali importatori cinesi di mobili d’autore italiani, la DaVinci Furniture Co Ltd sembra quasi capovolgere la tendenza della messa in commercio da parte d’importatori cinesi di prodotti contraffatti in Cina e rivenduti nei Paesi d’origine del marchio o comunque diversi dal popoloso paese asiatico.
A dire il vero però, pare che in Cina sia ormai prassi consolidata spacciare per Made in Italy quello che in realtà non è prodotto nel Belpaese. Secondo l’indagine, infatti, l’importatore con sede a Shanghai vendeva a prezzi stellari mobili prodotti in Cina spacciandoli per mobili italiani.
Le conferme pare che stiano arrivando proprio dall’inchiesta nata dopo che alcuni cittadini cinesi si erano lamentati per la scarsa qualità dei prodotti venduti. Una signora di Pechino ha infatti pensato bene di far ispezionare presso i laboratori del National Center for Quality Supervision and Inspection of Furniture and Indoor Environment un divano acquistato ed i risultati del controllo hanno dimostrato come quel mobile fosse stato incapace di superare i più banali standard di qualità.
La Da Vinci Furniture ha tentato invano di difendersi dalle accuse con una recente conferenza stampa nella quale la propria general manager, Panzhuang Xiuhua, è scoppiata persino a piangere.
L’episodio segnalato, secondo Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” evidenzia non solo una comune truffa perpetrata ai danni dei consumatori, in questo caso cinesi, ma soprattutto è un grave danno anche nei confronti del mercato dell’export d’autore italiano, che ancora una volta dimostra di non essere in grado di difendersi in un mercato strategicamente importante come quello cinese.
Per le aziende italiane che guardano al futuro in un mercato che potenzialmente riguarda oltre un miliardo di consumatori non resta che confidare nell’attività di controllo delle autorità locali che nel caso di specie si sono immediatamente attivate per svolgere approfondite verifiche.

Fumo passivo: ulteriori conferme scientifiche confermano che mette a rischio la respirazione dei bambini senza alcuna distinzione economica o sociale

Che il fumo attivo o passivo che sia facesse male, questo è un fatto risaputo, ma i dati che emergono dallo studio condotto dai ricercatori dell’Università di Liverpool e pubblicato sulla rivista Plos One, confermano inequivocabilmente che il fumo passivo è causa di danni all’apparato respiratorio dei più piccoli che in caso di contagio da virus dello stesso apparato, vedono raddoppiarsi ed in alcuni casi più gravi quintuplicare la necessità di interventi di respirazione assistita.
I dati raccolti presso l’ospedale Alder Hey della città inglese, hanno dimostrato statisticamente come i genitori che fumano in casa possano contribuire in maniera decisiva ad aggravare le infezioni respiratorie contratte dai bambini.
I medici di Liverpool hanno preso in esame in particolare i bambini ricoverati per bronchiolite - un infezione dell’apparato respiratorio che può contagiare i neonati ed i bambini al di sotto dei due anni di età - appurando che questi sono soggetti ad un rischio due volte maggiore se non addirittura cinque di più dei bambini figli di non fumatori, di dover essere sottoposti ad ossigenoterapia.
A seguito dell’esame delle cartelle cliniche e dai controlli medici in ospedale, si è potuto tra l’altro stabilire che i figli di genitori fumatori vengono colpiti dalla forme più virulente della patologia e ciò senza alcuna distinzione di natura economica o sociale.
La ricerca ha, peraltro, sottolineato che la maggior parte dei bambini si ammala nella stagione invernale non solo a causa del freddo, ma soprattutto del fattore che non dev’essere sottovalutato della maggiore incidenza della presenza di fumo di sigaretta in casa e quindi rappresenta secondo Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” un duro monito ed un richiamo alla responsabilità di tutti i genitori verso i propri figli.

sabato 23 luglio 2011

Dal cartone alla pizza passa un carico di veleni? Sono realmente sicuri gli imballaggi di cartone riciclato per alimenti? La parola alle istituzioni


Lo “Sportello dei Diritti”, vuol riportare l’attenzione dei cittadini e delle pubbliche amministrazioni impegnate nella vigilanza e sicurezza alimentare sulla questione dei rischi alimentari connessi all’utilizzo degli imballaggi di cartone riciclato anche alla luce di un recentissimo studio pubblicato su Packaging Technology and Science da Koni Grob, chimico dell'Official Food Control del Cantone di Zurigo.
La ricerca nasce dalla circostanza che come è noto il contenitore che si usa per confezionare questo tipo di alimenti, nella gran parte dei casi è fatto di materiale riciclato e per questo può contenere oli minerali, derivati dagli inchiostri dei giornali e dei periodici stampati, che quindi possono venire a contatto dei cibi contenuti: pizza, pasta, riso, cereali, crackers, biscotti e via dicendo. Pur essendo vera la questione che questi oli si trovano nella gran parte dei casi solo nelle scatole di cartone ondulato, quelle che formano il “l’imballaggio secondario”, quindi non a contatto diretto con il cibo, ma questo secondo l’indagine non sembra fare una grande differenza.
Il chimico Koni Grob, che da anni studia la migrazione degli oli minerali dal cartone riciclato al cibo, ha analizzato circa 120 prodotti presenti sul mercato tedesco e ha trovato che solo 30 non avevano assorbito inchiostri. Tutti gli altri ne avevano in quantità superiori ai limiti (pari a 0,6 milligrammi/chilo) con una media dieci volte superiore, con alcuni imballaggi che arrivavano a cento volte. Ciò che però rende perplessi è il fatto che secondo lo studio la contaminazione da oli sembrerebbe avvenire anche quando l'alimento è a contatto diretto con una confezione “primaria” di cartone non riciclato, se questa è stata stivata in scatoloni più grandi di cartone ondulato riciclato con ciò confermando la tesi che gli oli minerali, possono riescono ad attraversare anche la barriera del cartone non riciclato.
Il dato, tra l'altro, appare ancora più preoccupante se si pensa che i test sono stati fatti quando la merce era sugli scaffali dei negozi da sei settimane ma, nella stragrande maggioranza dei casi, aveva date di scadenza fino a due anni ed era quindi presumibilmente destinata ad assorbire ancora più inchiostro nelle settimane a venire.
Inoltre, v’è da dire che in base alle leggi vigenti, la carta riciclata è utilizzabile solo per alcuni prodotti alimentari, ma non per le confezioni destinate alla pizza d'asporto. Pertanto, non tutti i cartoni per pizza sarebbero dannosi, ma solo quelli sottoposti a particolari processi di riciclo della carta che lascerebbero dei residui altamente nocivi per la salute del consumatore finale.
Considerata l’importanza della questione, nel rispetto delle competenze delle pubbliche istituzioni in materia di vigilanza e sicurezza alimentare ed evitando inutili allarmismi, Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, chiede che siano svolti accurati e tempestivi controlli sulla natura delle sostanze contenute nei cartoni usati per gli imballaggi dei cibi a partire dalle pizze take-away al fine di fugare ogni ragionevole dubbio o prendere le più opportune cautele per la sicurezza dei consumatori.

venerdì 22 luglio 2011

Garante privacy: vietato al datore di lavoro di fare indagini ai fini dell'assunzione sulle opinioni religiose, politiche e sindacali del lavoratore


Garante privacy: vietato al datore di lavoro di fare indagini ai fini dell'assunzione sulle opinioni religiose, politiche e sindacali del lavoratore.
Illecito il questionario Aler per la selezione del personale.Il Garante vieta l'uso dei dati raccolti
Prosegue l’azione del Garante privacy contro l’uso illecito del trattamento dei dati.
L'Autorità Garante per la protezione dei dati personali, dichiara Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” ha ritenuto illecito il trattamento di dati effettuato dall'Aler (Azienda lombarda per l'edilizia residenziale) di Brescia con il questionario somministrato, nei mesi scorsi, ai candidati che partecipavano alla selezione per il reclutamento di un dirigente tecnico. Parimenti illecito è stato definito il trattamento dei dati operato dalla Cispel Lombardia Services Srl, che ha curato la selezione, e dalla psicologa incaricata della raccolta dei profili. Il provvedimento dell'Autorità (relatore Mauro Paissan) ha vietato con effetto immediato l'uso dei dati personali ricavati dalla somministrazione dei test.
Nel corso dell'istruttoria, avviata nel maggio scorso sulla base di notizie di stampa, il Garante ha accertato che numerose domande contenute nel questionario riguardavano aspetti anche intimi della sfera personale dei candidati, relativi ai rapporti affettivi, al grado di stabilità degli stessi, alla vita sessuale (con richieste su eventuali problemi o disturbi), condizioni di salute psico-fisica, eventuali interruzioni di gravidanza, tentativi di suicidio etc.
Tale trattamento dei dati è illecito innanzitutto perché in contrasto con l'art.8 dello Statuto dei lavoratori, che vieta al datore di lavoro di fare indagini ai fini dell'assunzione sulle opinioni religiose, politiche e sindacali del lavoratore nonché su fatti non rilevanti per la valutazione dell'attitudine professionale, sia con l'art.10 del decreto legislativo n.276 del 2003 che vieta alle agenzie di lavoro o ai soggetti che si occupano di preselezione di lavoratori di effettuare indagini relative alle convinzioni personali, al credo religioso, all'orientamento sessuale, allo stato di gravidanza, allo stato di salute etc.
La raccolta di questi dati personali risulta inoltre illecita perché effettuata in violazione dei principi di indispensabilità, pertinenza e non eccedenza fissati dal Codice privacy. Il trattamento di questo tipo di dati, infine, non è tra quelli contemplati nell'autorizzazione generale del Garante sull'uso dei dati sensibili e giudiziari.
Il Garante ha disposto la trasmissione del provvedimento al Ministero del lavoro e delle politiche sociali nonché all'autorità giudiziaria per le valutazioni di competenza, riservandosi anche di valutare l'apertura di un procedimento per l'applicazione di sanzioni amministrative.

Disabilità, la triste storia di discriminazione sanitaria di un bambino autistico di 8 anni.


Al via un atto di sindacato ispettivo nei confronti dei Ministri della Salute e dell’Economia e Finanze.
E’ così che può essere definita la storia del bambino di 8 anni che questo anno si è visto negare il centro estivo di quartiere del V Municipio di Roma per mancanza di fondi necessari ad assicurargli la presenza di un operatore di sostegno che si occupi del bambino a cui è stata riconosciuta l’invalidità del 100%.
La denuncia dei fatti è arrivata dal padre del bambino e puntualmente ripresa da Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”.
Il bimbo, affetto da sindrome autistica, da qualche anno frequentava il centro estivo coadiuvato da un operatore di sostegno per affrontare le diverse attività previste. Quest’anno la doccia fredda: non ci sono i fondi. E non solo, il minore è stato ritenuto, dagli operatori del centro da lui frequentato per anni “non integrabile con gli altri”.
Una risposta che lascia perplessi anche in presenza della recentissima ordinanza del 21 aprile scorso proprio del Tar del Lazio, sezione di Latina che impone così ad una sfilza di scuole ed enti pubblici di riorganizzare il sostegno, tenendo conto delle esigenze e della gravità della patologia dei ragazzi
Siamo spiacenti di dover denunciare pubblicamente un ulteriore abuso che ci viene segnalato, ma il nostro compito di tutela degli interessi di tutti, e soprattutto dei più deboli, ci impone di non tacere nulla.
Secondo Giovanni D’Agata siamo di fronte alla negazione di un diritto, un diritto per di più sancito dall’articolo 3 della Costituzione che enuncia espressamente il dovere dello Stato nel rimuovere ostacoli di ordine economico e sociale, che limitano l’eguaglianza dei cittadini, e che impediscono il pieno sviluppo della personalità umana. dato che il piccolo, dal punto di vista medico, per un miglioramento dei suoi disturbi avrebbe proprio bisogno di integrazione sociale e di partecipare ad attività ricreative.
Il diritto dei disabili da qualche anno in diverse aree d’Italia non viene sufficientemente garantito a causa di un sottostimato contingente dell’organico di sostegno.
Come avevamo rappresentato, la storia di questo bambino autistico fotografa un dramma italiano che impone un ovvio e quanto mai necessario innalzamento dei livelli di guardia e di protezione sociale per gli elevatissimi costi di assistenza e della cura che le malattie rare comportano e che vanno a gravare in gran parte su famiglie che non sono sempre in grado di farvi fronte.
Questa è la conseguenza dei i nuovi “tagli” voluti dalla recente manovra economica che sono destinati a colpire sempre di più le famiglie a medio reddito mentre i politici se la spassano, potendo contare su degli introiti che noi comuni mortali possiamo solo sognare di notte. I problemi dei genitori con figli disabili, non solo quelli che si vedono negare la frequenza al centro estivo ma anche i tanti, tantissimi che avrebbero diritto ad un insegnante di sostegno a scuola ma non lo avranno non interessano a nessuno. Anche per questo motivo, il padre del bambino ha deciso di non lasciar correre questo episodio e rivolgersi ad un avvocato, per tutelare i diritti di suo figlio. In tal senso una diffida legale è già stata presentata nei confronti del municipio romano.
Puntualmente il grido d’allarme è stato raccolto dall’IDV, da sempre sensibile a queste tematiche ed in particolare dall’on.le Pierfelice Zazzera al quale è stata consegnata la documentazione del caso perchè se ne possa occupare attraverso un atto di sindacato ispettivo nei confronti dei Ministri della Salute e dell’Economia e Finanze.

giovedì 21 luglio 2011

Carenity, il social network dei malati e parenti di malattie croniche


In questi anni l’avvento di Internet e dei social network hanno dimostrato tutta la loro potenza comunicativa diventando il principale strumento di trasmissione informativa e, pertanto, di comunicazione cognitiva.
Una novità in tal senso, collegata alla medicina, sulle orme di Facebook è nata Carenity, la prima rete telematica sociale dedicata alle persone affette da una patologia cronica che Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” si sente di segnalare. Una realtà davvero interessante che raccoglie tra i propri utenti malati e parenti di malattie croniche. E’ tra un network ricreativo ed un vero proprio strumento di informazione e interattività medica, che potrebbe ben presto arrivare nelle case di milioni di europei.
Un’équipe medica seguita da un comitato scientifico ed etico alimenta il sito di contenuti multimediali e modera le discussioni.
Il design è accattivante e la rete è stata costituita in modo tale da invogliare l’utente interessato a condividere la propria storia ed ad informarsi sulla propria patologia. Soprattutto a farla da padrona è la possibilità di condividere: i propri pensieri, la propria malattia, eventuali soluzioni.
L’iscrizione al sito avviene in diretta funzione della patologia cronica della quale si soffre e man mano verrà aggiornata in base alle richieste dove ci si può scambiare informazioni all’interno di un forum ed una messaggeria privata. Senza contare che il sito spinge gli utilizzatori a partecipare a diverse tipologie di sondaggio legati alle malattie.
Le informazioni immesse vengono “restituite” in una sorta di “tabella di bordo” stampabile e destinabile anche al proprio medico. Addirittura, per chi ne avesse bisogno sono impostabili degli appuntamenti o degli “allarmi” da ricordare, sui quali il sito potrà provvedere ad un rimando agli utenti tramite sms.
Il sito è stato presentato alla stampa, non molto tempo fa, dal suo ideatore Michel Chekroun, nel corso di una conferenza apposita tenutati a Parigi.

Maledetto Tremonti, tornano le tasse sulla prima casa. Una stangata per le famiglie. E questa rischia di essere forse la fonte di maggiore arrabbiatur


Con la manovra finanziaria 2011 torna l'Irpef sulla prima casa.
Dal 2013 abolite le agevolazioni fiscali sull’abitazione principale, una stangata per milioni di famiglie. Tagli lineari del 5 e poi del 20% su ben 483 sgravi fiscali, dai figli a carico alle spese mediche. Un carico di quasi mille euro in più a famiglia. Una vera e propria stangata per 24 milioni e 200 mila italiani, possessori di prima casa.
Eppure ricordate il famoso annuncio di Silvio Berlusconi "toglieremo l'Ici"? Si prometteva di eliminare del tutto la tassa sulla prima casa non solo per i redditi bassi, ma per tutti. In questa promessa c'erano tutte le speranze di vincere sul filo di lana le elezioni del 2006. Qualche osservatore più avvertito, provò ad obiettare che non era giusto togliere una delle poche vere fonti di entrata per i Comuni e che questo atto li avrebbe costretti ad andare a trovare da altre parti le risorse che venivano sottratte, magari aumentando le tasse sui rifiuti e tartassando ingiustamente i cittadini con le multe al CdS. Ora però il governo cambia idea e reintroduce l'Ici mascherata da Irpef.
È questa una delle novità meno gradite previste.
La riduzione della deduzione per l'abitazione principale sarà del 5% nel 2013 e del 20% dal 2014: ovvero a regime, la tassazione dell'unità abitativa sarà su una base imponibile pari al 20% della rendita catastale. Secondo una simulazione elaborata dal quotidiano Repubblica, un proprietario con una casa di 80 metri quadrati, situata in una zona semi-centrale di una grande città, dovrà mettere sull'imponibile Irpef il 20% dei 1.000 euro della sua rendita catastale: se questo contribuente ha un reddito annuo di 15 mila euro e una aliquota del 23% dovrà rassegnarsi a pagare 46 euro in più.
Secondo Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” queste misure sui contribuenti italiani, andranno ancora una volta a colpire soprattutto i redditi medio-bassi cioè quelli dei lavoratori dipendenti e pensionati su cui graverà gran parte del “carico fiscale” pendente sugli Italiani. Infatti da soli, queste categorie garantiscono ben l’“82%” dell’intero gettito Irpef.

mercoledì 20 luglio 2011

Tutela dei minori: nasce il Garante nazionale per l'infanzia e l'adolescenza


Entrerà in vigore il 3 agosto prossimo la legge n.112 del 12 luglio 2011 che istituisce l'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza. Il provvedimento è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 19 luglio 2011.
Il disegno di legge era stato approvato dal Senato in via definitiva il 22 giugno 2011 mentre aveva ottenuto il via libera dalla Camera il 16 marzo 2011. Il testo era già stato presentato in Assemblea nel settembre del 2009 e poi rinviato alle commissioni Affari Costituzionali e Affari Sociali, che hanno concluso il loro lavoro il 9 marzo scorso.
Per Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” nascerà così un nuovo strumento per tutela dei più piccoli, che avrà il compito di monitorare e garantire il rispetto delle norme per i diritti di bambini e adolescenti. Le priorità salute e istruzione, lotta a oltranza alla pedofilia. Sarà un organo monocratico, con poteri autonomi di organizzazione, indipendenza amministrativa e senza vincoli di subordinazione gerarchica. Il titolare è nominato d'intesa con i presidenti della Camera e del Senato, dura in carica quattro anni e il suo mandato è rinnovabile una sola volta.
Al Garante sono assegnate una serie di funzioni di promozione, collaborazione, garanzia, oltre a competenze consultive. Potrà anche esprimere pareri sui disegni di legge e sugli atti normativi del Governo in tema di tutela dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, promuovere sinergie con la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza. Ogni anno, entro il 30 aprile, dovrà inoltre riferire alle Camere attraverso una relazione sull'attività svolta nell'anno precedente.
L'Autorità garante promuoverà, inoltre, a livello nazionale, studi e ricerche sull'attuazione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, avvalendosi dei dati e delle informazioni dell'Osservatorio nazionale sulla famiglia.
Chiunque potrà rivolgersi all'Autorità garante anche attraverso il numero telefonico di emergenza gratuito 114, o ad altri numeri telefonici di pubblica utilità gratuiti, per la segnalazione di violazioni e di situazioni di rischio di violazione dei diritti dei minori. Il Garante, esercita la sua attività a favore dei diritti dei minori anche mediante compiti di proposta, consultivi, di informazione e di ascolto dei minori. Inoltre il Garante segnala alla procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni situazioni di disagio di minori e alla procura della Repubblica competente eventuali abusi. La legge istitutiva, inoltre, prevede la nascita della Conferenza nazionale per la garanzia dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, presieduta dall’autorità centrale e composta dai garanti regionali.

Ludodipendenze: la maggior parte delle nuove dipendenze ruota attorno a internet


Ludodipendenze: la maggior parte delle nuove dipendenze ruota attorno a internet, molto più pericoloso del mondo reale. Quindi non solo droga e alcol, più a rischio il gioco d’azzardo. Mentre dall’America arriva la dipendenza attraverso dei particolari sali da bagno.

Si diffondono sempre di più e si allunga la lista delle "nuove dipendenze", come lo shopping, il sesso, dipendenza da acqua e, soprattutto, gioco d’azzardo. Sono comportamenti di cui non possono fare a meno gli italiani di cui mezzo milione è dipendente dal gioco d’azzardo. E' un allarme che Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” si sente di lanciare visto l’aumento di questa dipendenza nella fascia di età tra 15 e 19 anni (51%), ma i più colpiti (il 51% dei giocatori) uomini di età compresa tra i 40 e i 50 anni.
Il quadro è davvero preoccupante se poi si considera che da ieri il gioco d’azzardo è legalmente arrivato in rete con modalità “cash”, ovvero puntando ad ogni mano soldi veri, si capisce che i rischi di questo tipo di dipendenza sono davvero alti. Le persone in rete sono più fragili e meno coscienti delle perdite di denaro a cui vanno incontro.
Anche la dipendenze da sesso è esasperata dalla proliferazione di siti porno che in Italia colpirebbe circa il 5,8% della popolazione e prevalentemente gli uomini, mentre le donne di età compresa tra i 23 e i 31 anni. soffrono principalmente da shopping compulsivo.
Mentre dall’America arriva la dipendenza attraverso dei particolari sali da bagno, considerati legislativamente legali, una nuova droga con la quale è stato trovato il modo di “sballarsi”,. Parliamo dei “catinoni” venduti nella forma di una polvere bianca cristallina, molto simili per composizione alle metanfetamine Per subirne gli effetti devastanti basta annusarli, fumarli o iniettarli tipo crack. L’effetto sul corpo umano è devastante, e le storie raccolte sulla loro “efficacia” hanno dell’incredibile. Il New York Times, che ne riporta alcune, lascia davvero senza fiato: persone che si lanciano nel vuoto, omicidi, persone che si autolesionano convinte di avere qualcosa sotto la pelle.
Suicidi e lesioni. Atti orribili tutti causati da queste sostante stupefacenti, vendute come sali da bagno, che si stanno diffondendo in maniera fortissima, soprattutto tra i più giovane. Gli States li stanno man mano vietando in ogni stato, ma in alcuni casi il blocco della vendita si sta rivelando molto più difficile del previsto.
Il maggiore effetto di queste droghe è quello di creare delle allucinazioni fortissime a chi le assume, a causa della presenza dei sali di mefedrone o metilendiossipirovalerone (Mdpv).
Le prime conseguenze a livello clinico sono in forte aumento della temperatura corporea, fino a 42 gradi, un aumento della pressione sanguigna e della frequenza cardiaca. Ed il loro contrasto è più difficile di ciò che ci si aspettasse. Infatti anche la somministrazione di forti tranquillanti non sembra sortiure gli effetti desiderati, tant’è che per sedare coloro che li avevano assunti, molti medici hanno rivelato di averli sottoposti ad anestesia totale.

Vacanze in Europa? E’ attivo il numero europeo di emergenza 112 accessibile anche per le categorie più vulnerabili e gli utenti disabili.


Ovunque tu sia in Europa, il numero di emergenza 112 non ti lascia solo.
Che le vostre vacanze siano in spiaggia, montagna o città, se scegliete di trascorrere il periodo estivo in un altro paese tenete in mente il numero d'emergenza europeo 112. Si spera che non abbiate bisogno di comporlo, ma in caso di emergenza non fatevi prendere dal panico: il 112 è lì per voi.
Il 112 è il numero di emergenza europeo dal febbraio 2009 e può essere chiamato da qualsiasi punto dei 27 paesi dell'UE. Non sostituisce i numeri di emergenza nazionali, ma offre un servizio parallelo.
Naturalmente si può usare anche da casa ma è molto utile sapere che se ci si trova all'estero, in un altro Stato membro, e si ha bisogno di chiamare la polizia, un'ambulanza, o segnalare un incidente stradale, non è necessario conoscere i numeri di emergenza nazionali perché il 112 è disponibile.
A segnalare l’importante iniziativa è Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”.

martedì 19 luglio 2011

Speculazione "Caro-benzina”. Lo “Sportello dei diritti” passa alle vie legali con una denuncia per aggiotaggio.


Speculazione "Caro-benzina”. Giovanni D’AGATA, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” in data odierna, ha depositato denuncia – querela contro le compagnie petrolifere. Ipotesi di reato: aggiotaggio

Lo “Sportello dei diritti” passa alle vie legali con una denuncia per aggiotaggio.
Secondo Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, gli aumenti sono destinati a produrre effetti dirompenti sul sistema e sulle tasche dei cittadini, insomma un bel regalo nel periodo di ferie e di grande mobilità.
I rincari registrati nelle ultime settimane nei prezzi dei carburanti sono eccessivi e hanno portato i listini a livelli preoccupanti, a tutto danno di milioni di automobilisti che in queste ore si stanno mettendo in viaggio e che dovranno sborsare mediamente 20 euro in più per un pieno rispetto ad un anno fa.
Infatti a livello Paese, il prezzo medio praticato della benzina (in modalita' servito) va oggi dall'1,627 euro/litro degli impianti Shell all'1,632 euro/litro di quelli IP (no-logo a 1,542). Per il diesel si passa dall'1,501 euro/litro dei punti vendita Esso all'1,508 euro/litro degli impianti IP (le no-logo a 1,415 euro/litro). Il Gpl, infine, si posiziona tra lo 0,729 euro/litro di Eni allo 0,744 di Shell (no-logo a 0,717 euro/litro)..
Nel panorama europeo dei prezzi, l'Italia e' balzata al quinto posto per il prezzo della benzina ed al quarto posto per il prezzo del gasolio.
L'aggiotaggio, per la cronaca, è un reato disciplinato dall'art. 501 del Codice penale, che si intitola "Rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio". L'articolo stabilisce testualmente: "Chiunque, al fine di turbare il mercato interno dei valori o delle merci, pubblica o altrimenti divulga notizie false, esagerate o tendenziose o adopera altri artifizi atti a cagionare un aumento o una diminuzione del prezzo delle merci, ovvero dei valori ammessi nelle liste di borsa o negoziabili nel pubblico mercato, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 516 a 25.822”.
Per Giovanni D’Agata è indispensabile un intervento della magistratura e dell'Antitrust, cui chiediamo oggi di aprire indagini su tutto il territorio nazionale ipotizzando il reato di aggiotaggio. Chiediamo altresì che le indagini siano finalizzate ad accertare eventuali anomalie a danno dei consumatori nella formazione dei prezzi di benzina e gasolio. L'associazione non esclude la possibilità di una maxi class action.

lunedì 18 luglio 2011

Ansia e stress: arte e musica come anti-depressivi naturali


E’ il sintomo che spinge ben dodici milioni e mezzo in totale di italiani ad essere consumatori abituali di "ansiolitici", cioè propriamente, i farmaci "antiansia".
Va poi notato che molti disturbi degli apparati viscerali sono considerati disturbi del "sistema nervoso", cioè disfunzioni degli organi su "base ansiosa". Per combatterla più cultura, più felicità. Secondo infatti la ricerca, pubblicata sul Journal of Epidemiology and Community Health, condotta su oltre 50mila persone e rilanciata dall’INAIL che Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” segnala, ha evidenziato che partecipare ad attività culturali o praticarle influisce positivamente sul benessere psicofisico e fa bene alla salute. Partendo dal presupposto che, sia nell'ambito di particolari politiche di salute pubblica, sia nelle terapie mediche basate sull'incentivo alla fruizione di attività culturali le persone interessate hanno registrato un maggior tasso di longevità lo studio norvegese si è posto, così, l'obiettivo di analizzare quale relazione particolare possa connotare il piacere di arte e cultura con la salute e il senso di soddisfazione verso la vita. O, viceversa, con l'ansia e la depressione: patologie queste ultime che insieme al fenomeno dello stress lavoro correlato sono in costante aumento nella popolazione a livello internazionale, con prevalenza nelle metropoli e nei centri urbani più grandi, dove i ritmi di vita sono più frenetici.
I risultati della ricerca - pur riconoscendo la necessità di ulteriori approfondimenti per stabilire in modo esatto il nesso causa-effetto, indicano che tra coloro che partecipano ad attività culturali vi è maggiore soddisfazione nei confronti della propria vita e del proprio stato di salute e accusano più bassi livelli di ansia e depressione. Inoltre, questa relazione sembrerebbe più forte nelle attività da seguire come "pubblico" per l' appunto, la partecipazione a una mostra d'arte, piuttosto che in quelle creative, in cui si gioca un ruolo attivo, come la danza.
Gli stili di vita e i fattori ambientali essenziali per l'autonomia personale influenzano il benessere psicologico. E di stare bene con la mente si è occupato anche uno studio pubblicato su Psychological Medicine, e condotto dal Centro nazionale di Epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute (Cnesps) dell'Istituto superiore di sanità. I risultati della ricerca hanno mostrato come il benessere psicologico non sia influenzato solo da fattori genetici, ma anche da fattori ambientali e da stili di vita. I ricercatori hanno analizzato 742 coppie di gemelli, di 23-24 anni, esaminando, in particolare, sei dimensioni del benessere psicologico relative ad autonomia, relazioni positive con gli altri, crescita personale, accettazione di sé, scopo nella vita e padronanza ambientale.
In particolare, i fattori ambientali giocano un ruolo preponderante per quanto riguarda l'autonomia e la crescita personale. I risultati hanno anche mostrato che i fattori ambientali che hanno un'influenza sull'autonomia non sono gli stessi che hanno un'influenza sullo scopo nella vita, la crescita personale e l'accettazione di sé
La promozione del benessere e della 'salute mentale positiva' non solo è possibile ma fortemente auspicabile, specie in specifiche popolazioni come gli adolescenti e le puerpere, e nei luoghi di lavoro. L'assenza di benessere psicologico rende gli individui più vulnerabili agli eventi stressanti e alle malattie, mentre la sua presenza aumenta le difese immunitarie e favorisce le capacità di recupero.

domenica 17 luglio 2011

In aumento i suicidi in Europa che coincidono con la recessione economica. Un problema dei poveri: dipendenti, operai, disoccupati.


In aumento i suicidi in Europa che coincidono con la recessione economica. Un problema dei poveri: dipendenti, operai, disoccupati. Allarme per gli under-65 anni.

Durkheim affermava che più le società si arricchiscono, più aumenta il tasso di suicidi.
Lo deduceva dalla situazione della sua epoca in cui all’arricchimento della società, al progresso dell’individualismo, era seguito l’incremento del numero dei suicidi soprattutto nelle classi più agiate. Per Durkheim era logico pensare che l'arricchimento generasse anomia, perdita di riferimenti, angoscia esistenziale. Eppure, già a partire dal 1910, il suicidio subì una battuta d’arresto nella maggior parte dei paesi europei, prima di riprendere negli anni ‘70, con il rallentamento della crescita economica.
E' ancora vero che il tasso di suicidi è più alto nei paesi più ricchi. I paesi più poveri, come l'Egitto, il Perù o la Cina, fanno registrare i tassi più bassi. In paesi con un livello di vita elevato come la Nuova Zelanda, il Canada, la Germania o la Francia, ci si suicida molto di più.
Ma il suicidio non è un affare da ricchi, come lo era nel diciannovesimo secolo, ma un problema dei poveri: dipendenti, operai, disoccupati. All'epoca di Durkheim, egli poteva affermare che "la miseria protegge" riferendosi alla "povertà integrata" del suo tempo, quella dei paesi poveri dove tutti sono vicini e solidali con la propria comunità. La miseria odierna consiste invece nel diventare povero in un paese ricco, eventualità molto più sofferta che essere povero in un paese povero.
E' un allarme che Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” si sente di lanciare. Il tasso di suicidi tra gli under-65 anni nell’Unione europea (UE) è aumentato notevolmente tra il 2007 e il 2009, con un aumento significativamente più evidente in Grecia, Irlanda e Lettonia in, e questo in seguito alla crisi economica che ha colpito l’Europa così come buona parte degli altri Paesi .
Per un capo di famiglia, che è sempre vissuto sufficientemente bene, riuscendo ad esaudire le necessità dei propri figli, anche se solo quelle fondamentali, il ritrovarsi improvvisamente senza poter più far fronte alle necessità dei sui cari, è un trauma non indifferente. Se poi tutto questo accade in un periodo di recessione economica durante il quale la durante il quale disperazione può portare alle estreme conseguenze.
Stessa situazione per un single o per un genitore separato, e questa è la condizione peggiore in assoluto, che ha sulle sole sue spalle la responsabilità del sostentamento della famiglia.
Recuperare un minimo di serenità non è certamente facile e, inoltre, non è alla portata di tutti. C’è chi riesce ad industriarsi e chi no. C’è chi sa affrontare il problema con un minimo di lucidità, e c’è invece chi si fa travolgere dagli eventi e dalla disperazione. Ed i freddi numeri citati in precedenza ne sono la conferma.Il tasso di disoccupazione era calato del 2,7%, sempre in Europa, nel periodo compreso tra il 2007 e il 2009, ma poi è tornato a salire intorno al 35% ed è a questo punto che si è evidenziato anche un aumento dei suicidi degli under-65.
Per le persone in età più avanzata, il problema si è posto relativamente, in quanto nella maggior parte pensionati e quindi non a rischio di perdere i mezzi di sostentamento per loro e la loro famiglia. Un conto è l’erosione del potere d’acquisto della pensione o del salario, che comunque lascia un seppur minima certezza di reddito, un conto è la perdita totale del reddito stesso.

ovra economica: la vera rivoluzione sarebbe recuperare l’immensa evasione fiscale


Manovra economica: la vera rivoluzione sarebbe recuperare l’immensa evasione fiscale che dilaga in Italia a cui si aggiunge il fatturato della criminalità organizzata. Mentre alla fine però a pagare sono sempre le famiglie e i pensionati.

Andrà sempre peggio di qui in avanti e il potere d’acquisto delle famiglie tenderà a scendere sempre più, con effetti negativi sui consumi e sull’intera economia. A pagare però sono sempre le famiglie e i pensionati, non certo gli evasori o i criminali che sfuggono alle tasse e non sono toccati dalle varie manovre economiche.
La vera rivoluzione sarebbe recuperare l’immensa evasione fiscale che dilaga in Italia. Sfuggono alla tassazione quasi 180 miliardi di euro, cui si aggiunge il fatturato della criminalità organizzata, una cifra intorno al 7% del Pil.
Intanto a causa della crisi economica e delle difficoltà di accesso, della certezza del credito e dei tempi di erogazione vi sarebbe un vero boom nel campo dell’usura. Ed il fatto è anche più eclatante se nella sola città di Roma, secondo quanto si è potuto apprendere in questi giorni in seguito alla maxi inchiesta sull’usura in città, un business da 20 miliardi.
Il fatturato della criminalità organizzata, la rete del crimine organizzato del Paese, sta traendo profitti dalla recessione economica globale avvantaggiandosi dalla crisi finanziaria ed economica, dall'attuale stretta dei crediti e dalle sempre maggiori esigenze di liquidità dei piccoli imprenditori. A riprova è che il crimine organizzato si sta espandendo geograficamente dalle sue radici nelle regioni meridionali a Milano che un tempo si vantava di essere la “capitale morale” d’Italia, è ora casa di alcuni esponenti della ‘Ndrangheta calabrese, una delle più potenti organizzazioni criminali italiane.
E' un allarme che Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” si sente di lanciare in un momento nel quale la “Mafia Spa” rischia di usare le debolezze e le incertezze dell'economia per rafforzare le sue posizioni.
A differenza di altri settori, la mafia è stata poco colpita dalla crisi economica e finanziaria internazionale rendendola ancora più pericolosa. Le ingenti risorse finanziarie della mafia le permettono di ritagliarsi nuove fette di mercato e di trarre profitto dalla carenza di liquidità per acquistare proprietà, immobili ed imprese che nel frattempo falliscono.
Per il portavoce dello “ Sportello dei diritti "serve che le banche e il governo forniscano credito, in modo da evitare che gli imprenditori disperati siano costretti a rivolgersi agli strozzini.