venerdì 30 novembre 2012

Cartellopoli: pericoli sulle strade urbane. Cartelloni pubblicitari luminosi a messaggio variabile sull'incroci

Cartellopoli: pericoli sulle strade urbane. Cartelloni pubblicitari luminosi a messaggio variabile sull'incroci anche se vietati dal CdS. Anche i Comuni si fanno pubblicità piazzandoli fuori dagli spazi rischiando di causare distrazioni e incidenti In quasi tutti i comuni d’Italia si possono osservare in bella vista cartelloni luminosi riportanti le più disparate informazioni che riguardano l’ente locale. Dalla viabilità, alle modalità di raccolta della spazzatura, dal santo del giorno all’orario. È chiaro però che se tali tipo di segnalazioni vengono poste su intersezioni pericolose o sui rondò possono naturalmente ingenerare distrazione fra gli utenti della strada con gravi rischi per la circolazione stradale. Non è raro, infatti, che alcuni sinistri avvenuti nei pressi dei cartelli in questione siano riconducibili alla distrazione del conducente che si era messo a leggere quanto indicato sui pannelli. Ci si chiede, dunque, se sia legittima o meno l’installazione e a che distanza minima dagli incroci, dai relativi semafori e rondò devono essere collocati? La risposta al quesito la dà l’art. 51 del Regolamento di attuazione ed esecuzione del Codice della Strada, che è stato emanato con il Decreto del Presidente della Repubblica (in sigla D.P.R.) n. 495 del 16 dicembre 1992. Entro i centri abitati ed entro i tratti di strade extraurbane per i quali è imposto un limite di velocità non superiore a 50 km/h il posizionamento è autorizzato nel rispetto della distanza minima di 50 metri prima degli impianti semaforici e delle intersezioni lungo le strade urbane di scorrimento e le strade urbane di quartiere [lettera a) del 4° comma], di 30 metri prima degli impianti semaforici e delle intersezioni lungo le strade locali [lettera b) del 4° comma] e di 25 metri dopo gli impianti semaforici e le intersezioni [lettera c) del 4° comma]. È chiaro che la ratio inserita nella normativa si basa su un principio di pubblica sicurezza pur evidenziandosi che il suddetto 4° comma dell’art. 51 del D.P.R. n. 495/1992 fa salva la possibilità di deroga concessa ai Comuni dal 6° comma dell’art. 23 del Codice della Strada, emanato con Decreto Legislativo (in sigla D.Lgs.) n. 285 del 30 aprile 1992. Al di la di questo, Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, evidenzia come questi cartelloni, così come quelli pubblicitari, siano comunque assai pericolosi se posti sui luoghi suddetti. Per tali ragioni, lo “Sportello dei Diritti”, invita tutte le amministrazioni comunali a porvi urgentemente rimedio eliminando tali installazioni nei tratti di strada indicati per evitare il perpetrarsi di rischi per la sicurezza stradale anche perché nulla osta spostarli in tratti non pericolosi e comunque alla vista degli utenti della strada.

Ue: Italia il Paese più insofferente alle leggi europee

Ue: Italia il Paese più insofferente alle leggi europee. Si conferma al primo posto nella classifica delle procedure d’infrazione aperte Che l’Europa andasse a più velocità è un fatto misurabile in ogni statistica così come sono noti i ritardi con cui l’Italia si mette in regola con le normative europee. Da tempo Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, evidenzia come se non ci fossero normative europee applicabili negli Stati membri nel campo della tutela dei diritti e dei consumatori che sono molto spesso più avanzate rispetto alle legislazioni nazionali i cittadini non si vedrebbero garantiti giuridicamente in vasti campi del vivere quotidiano. Il Belpaese in tal senso, lo abbiamo detto più volte, è da sempre il più sordo e lento a recepire ed applicare la legislazione comunitaria nonostante negli anni si sia cercato d’introdurre strumenti normativi, come la “legge comunitaria” che si fa ogni anno, in grado di farla attuare. La conferma che il nostro Paese rappresenti ancora oggi il fanalino di coda in termini di applicazioni delle leggi di diritto comune, a tal proposito, arriva dal 29mo rapporto sull'applicazione delle leggi europee pubblicato dalla Commissione Ue. Secondo quanto riportato le "procedure d'infrazione" alle leggi europee al momento sono ben 135, dato che ci pone in testa alla classifica dei Paesi che applicano di meno il diritto Ue, o recepiscono in ritardo le sue norme. Le materie nelle quali si verificano i maggiori problemi in tal senso sono ambiente, trasporti, mercato interno e servizi, e tassazione. In queste macroaree sono il 60% delle infrazioni totali. Dopo l'Italia, per numero di casi seguono Grecia (123) e Belgio (117). La conseguenza per il nostro paese, oltreché dipendente dalle differenze evidenti con gli altri Stati membri che si manifestano nella vita concreta per il mancato recepimento o applicazione è l’elevato numero di sanzioni previste dal Trattato di Lisbona. Tant’è che la Commissione Ue per ridurre le procedure anche per il recepimento in ritardo delle direttive ha deferito 9 Paesi, tra cui l'Italia, alla Corte di Giustizia. Per lo “Sportello dei Diritti”, quindi, occorre uno scatto in avanti del nostro Stato al fine di garantire nella maniera più rapida possibile l’attuazione e il recepimento delle norme UE con la riforma urgente della “legge comunitaria” che proprio il 27 novembre scorso è passata alla Camera nel quasi assoluto silenzio dei media se non di quelli specializzati. Ciò a tutela di tutti i cittadini italiani che devono essere considerati a tutti gli effetti, perché lo sono, cittadini europei.

giovedì 29 novembre 2012

Stop al ricatto delle banche che negano i mutui. Basta segnalarlo al prefetto che fa partire la : “conciliazione”

Stop al ricatto delle banche che negano i mutui. Basta segnalarlo al prefetto che fa partire la : “conciliazione” davanti all’arbitro bancario e finanziario La banca d’Italia pubblica le regole per la risoluzione stragiudiziale delle controversie su finanziamenti e mutui È un fatto riscontrabile nella vita di ogni giorno che le banche hanno stretto i lacci delle bisacce per erogare mutui e finanziamenti nonostante abbiano ricevuto fiumi di liquidità dalla Banca Centrale Europea al modestissimo tasso d’interesse dell’1%. Una stretta che per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, non è concepibile anche perché sono le stesse banche a dettare condizioni a volte impossibili ai più, anche per l’acquisto della prima casa, richiedendo garanzie di ogni genere che molte volte non sono comunque sufficienti a far ottenere l’erogazione del mutuo. Una prima timida apertura del governo per ovviare a quello che è un proprio ricatto del credito avviene con l’entrata in vigore del “decreto liberalizzazioni” (articolo 27-bis, comma 1-quinquies, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, come modificato dal decreto-legge 24 marzo 2012, n. 29, il cosiddetto decreto “commissioni bancarie”, convertito con modificazioni dalla legge 18 maggio 2012, n. 62) nella parte relativa alla nuova forma di alternative dispute resolution con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale 278/12 del comunicato con cui Bankitalia stabilisce le regole per questa modalità di risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di muti e finanziamenti innanzi all’arbitro bancario finanziario dopo la segnalazione del prefetto In buona sostanza il cittadino può segnalare alla prefettura della propria provincia in forma riservata e con un’apposita istanza scritta quanto è accaduto in sede di contrattazione per il mutuo. Ricevuta la segnalazione il prefetto invita l’istituto di credito in questione a fornire una risposta argomentata sulla meritevolezza del credito, previa informativa. L’arbitro bancario e finanziario (Abf) deve pronunciarsi non oltre trenta giorni dalla segnalazione. Il regolamento in vigore da oggi si applica ai rapporti tra istituti finanziari e di credito e clientela in tutti i casi in cui la contestazione alla banca scaturisce dalla mancata erogazione, dal mancato incremento o dalla revoca di un finanziamento, dall’inasprimento delle condizioni applicate a un rapporto di finanziamento o da altri comportamenti della banca conseguenti alla valutazione del merito di credito del cliente.

La maggior parte della carne di maiale è contaminata dal batterio Yersinia

Da una ricerca dei consumatori americani. La maggior parte della carne di maiale è contaminata dal batterio Yersinia Secondo uno studio pubblicato oggi da una delle principali riviste per i consumatori statunitensi, Consumer Reports effettuato su un campione di prodotti di carne di maiale cruda venduta nei supermercati un po’ ovunque negli Stati Uniti, sarebbe presente nel 69 per cento dei prodotti testati il batterio yersinia enterocolitica, un patogeno di origine alimentare tra i meno conosciuti. Lo Yersinia enterocolitica è un parassita batterico presente in molti alimenti (carne, vegetali, prodotti ittici, latte), tuttavia i ceppi patogeni vengono più frequentemente isolati nella carne di maiale o nei prodotti a base di carne suina. È causa di patologie intestinali come enteriti ed enterocoliti e frequentemente di diarrea soprattutto nei bambini. Oltre a causare infezioni intestinali, il batterio produce sostanze che attaccano la ghiandola tiroidea, causando un'iperproduzione dell'ormone tiroideo. L'80% dei pazienti affetti dalla malattia di Graves (detta anche morbo di Basedow), una disfunzione tiroidea molto seria, producono degli anticorpi immunitari alla Yersinia. Il meccanismo, ben conosciuto, è quello del mimetismo molecolare. Secondo i Centers for Disease Control and Prevention lo Yersinia enterocolitica infetta più di 100.000 americani l'anno, ma per ogni caso che viene confermato da un test di laboratorio, circa 120 casi possono sfuggire alla diagnosi. I sintomi possono includere febbre, crampi e diarrea sanguinolenta. La ricerca ha riguardato 148 braciole di maiale e 50 campioni di carne di maiale in vari supermercati di diversi Stati degli USA. Nei campioni testati, il 69 % è risultato positivo allo yersinia e l’11 % all’enterococcus, che è indicativo di una possibile contaminazione fecale che può portare a infezioni del tratto urinario. La Salmonella e la listeria, i batteri più conosciuti dalla collettività hanno registrato rispettivamente il 4 % e il 3 %. Non sappiamo, rivela Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, se la ricerca in questione abbia effettivamente rispettato criteri scientifici oggettivi, ma sta di fatto che costituisce comunque un richiamo sia ai produttori che ai rivenditori della grande e piccola distribuzione ad utilizzare la massima accortezza per l’igiene nella vendita dei loro prodotti per evitare danni alla salute dei consumatori. È evidente, però che il miglior consiglio per i cittadini per evitare problemi connessi all’alimentazione a base di carne di maiale è quello di cuocerla sempre e verificarne la puntuale cottura. Le stesse associazioni dei consumatori autrici del rapporto pubblicato in America hanno ricordato che per eliminare questo tipi di batteri, la carne deve raggiungere un punto di cottura pari a 160 gradi Inoltre, tutto ciò che tocca la carne cruda dovrebbe andare in lavastoviglie prima di toccare qualsiasi altra cosa o essere lavato accuratamente con acqua calda e sapone.

Allarme truffe tramite inviti via mail per accedere al conto e-banking della vittima

Allarme truffe tramite inviti via mail per accedere al conto e-banking della vittima. Lo Sportello dei diritti sollecita attenzione Sedicenti istituti finanziari inviano delle e-mail che persuadono i destinatari a comunicare il loro numero telefonico e le coordinate bancarie. Per non destare sospetti i truffatori utilizzano gli indirizzi di posta elettronica di banche ed istituti finanziari conosciuti. Successivamente, le vittime vengono contattate telefonicamente con il pretesto di migliorare le condizioni di sicurezza del sistema. In tale circostanza esse sono incalzate ad indicare la password per accedere ai servizi bancari online ed il secondo elemento di sicurezza. I truffatori possono così accedere al conto e-banking della vittima anche se nessuna banca chiede ai propri clienti di verificare o aggiornare password, dati di carte di credito o altre informazioni personali tramite e-mail o per telefono. Per superare questo ostacolo la giustificazione fornita è quella migliorare la sicurezza installando un nuovo sistema tecnologico per i pagamenti online. Un presunto collaboratore della banca si metterà poi in contatto telefonico con le vittime per concludere questo processo. Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, consiglia alcuni semplici accorgimenti per tutelarsi efficacemente quali di non fornite dati personali all'invito via e-mail, e di cancellare immediatamente il messaggio. Inoltre si consiglia: - se l'interlocutore vi chiede password, dati di carte di credito o altre informazioni personali troncate immediatamente la telefonata. - i mittenti sfruttano spesso il nome di importanti società per inviare e-mail fasulle per tale ragione se non vi aspettate di essere contattati non fidatevi del contenuto di e-mail.; - chiunque abbia fornito password o dati di carte di credito rispondendo a una telefonata o a una e-mail come quelle descritte più sopra, deve rivolgersi al più presto alla hotline del rispettivo istituto di credito e alla Polizia Postale.

mercoledì 28 novembre 2012

Alimenti e farmaci: 4 cibi da evitare durante l'assunzione di medicinali

Mentre i medici canadesi mettono in guardia contro una crescente lista di farmaci che possono interagire con il succo di pompelmo poiché possono causare effetti potenzialmente gravi, ci sono una serie di altri alimenti e bevande che possono interagire con farmaci comunemente prescritti. Per esempio tutti quelli che abbassano il colesterolo come i farmaci fluidificanti del sangue in grado di interagire con gli alimenti altrimenti innocui. La Vitamina K contenuta negli alimenti ricchi di warfarina (Coumadin) che è un farmaco anticoagulante cumarinico. Esso viene utilizzato nelle terapie mediche e, ad alte dosi, trova anche applicazione come topicida ed secondo gli studi degli Istituti della sanità nazionale della Gran Bretagna può rendere meno efficace gli effetti dei farmaci. Il farmaco contenente Warfarina (Coumadin) è comunemente prescritto. Più di 1.000.000 persone attualmente in Italia ne fanno uso abituale, secondo una stima degli esperti della sicurezza dei farmaci. Gli alimenti che contengono elevate quantità di vitamina K sono le erbe come il prezzemolo e il coriandolo, verdure a foglia verde come spinaci e bietole, soia e ceci, formaggio e tè verde e bevande come l’acqua tonica. Inoltre mangiare un sacco di liquirizia nera può aumentare le probabilità di tossicità per le persone che prendono il Lanoxin farmaco, che viene utilizzato per trattare l'insufficienza cardiaca e i disturbi del ritmo cardiaco aumentando, per azione diretta, la capacita` di contrazione del cuore nell`insufficienza cardiaca cronica e riduce, per azione indiretta, la frequenza cardiaca in alcune forme di aritmia. Secondo la US Food and Drug Administration la liquirizia può rendere meno efficace l’azione di alcuni farmaci diuretici e per la pressione del sangue. Il calcio contenuto nei latticini o negli integratori è in grado di "pasticciare con" l'assorbimento dei farmaci per la tiroide, o dedli antibiotici come la ciprofloxacina o levofloxacina. Poi c'è l'alcol, che può causare problemi per le persone che prendono una vasta gamma di farmaci, tra cui i farmaci che fluidificano il sangue come il Coumadin, antibiotici, antidepressivi, farmaci per diabetici, anti-psicotici come Thorazine. Secondo i sanitari gli effetti di una interazione dipendono dal farmaco ma , per esempio, con alcuni farmaci diabetici il consumo di alcol può produrre nausea o mal di testa. Secondo Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, di fronte ad un assunto del genere è opportuno leggere attentamente le avvertenze sui bugiardini dei farmaci prescritti e di chiedere ad un medico o al farmacista se c'è qualcosa che deve essere evitato durante l'assunzione di un particolare farmaco.

Se il pedone cade nella buca durante la festa paesana, il Comune deve risarcirgli i danni

La responsabilità per danni da “insidia” da parte degli enti secondo le molteplici decisioni della giurisprudenza, specie quelle più recenti per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, sta assumendo sempre più un carattere essenzialmente oggettivo, tant’è che con un’ulteriore ed interessante decisione la sentenza 19154 del 6 novembre 2012 la Suprema Corte ha ritenuto obbligato un comune al risarcimento dei danni patiti da un pedone che era caduto nella buca durante la festa nella piazza del paese. Con la sentenza in questione gli ermellini hanno ritenuto valide le determinazione dei giudici di merito che avevano condannato il Comune al risarcimento dei danni causati a un bambino che era caduto a causa di una profonda buca determinata dalla pessima manutenzione della piazza, durante i festeggiamenti per il Capodanno. I giudici della terza sezione civile hanno precisato in tal senso che «la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia (articolo 2051 Cc) prescinde dall'accertamento del carattere colposo dell'attività o del comportamento del custode (in questo caso il Comune, nda) e presenta una natura oggettiva, necessitando del mero rapporto eziologico tra la cosa e l'evento verificatosi». In tal senso, i giudici del Palazzaccio hanno ribadito che la verifica di tale responsabilità prescinde anche dall'accertamento della pericolosità della cosa e sussiste in relazione a tutti i danni cagionati, eccettuato il caso di evento fortuito. «Evento che si verifica nei seguenti casi: quando il dissesto si manifesta in modo del tutto improvviso e imprevedibile, per cui l'attività di controllo e la diligenza dell'ente non garantiscono un tempestivo intervento oppure quando il danneggiato sia stato particolarmente disattento e imprudente». Per tali ragioni, in tutti gli altri casi, sussiste sempre la responsabilità dell'ente proprietario o concessionario del bene demaniale che, in quanto "custode", è obbligato a sorvegliarlo, modificarne le condizioni di fruibilità ed evitare che altri possano apportare cambiamenti.

Ambasciate e consolati nel mondo. Gli Italiani all’estero potranno ricevere informazioni tempestive via e-mail

Il Ministero degli Affari Esteri nello spirito di innovazione e semplificazione delle procedure e per offrire ai cittadini all’estero iscritti all’Aire servizi sempre più efficaci e tempestivi, segnala a tutti i connazionali provvisti di posta elettronica gli importanti vantaggi della comunicazione del proprio indirizzo e-mail all’Ufficio consolare di riferimento. In questo modo, riferisce Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, gli italiani all’estero potranno ricevere per posta elettronica informazioni di carattere generale relative ai servizi consolari ed alle innovazioni introdotte. In prospettiva, inoltre, si potrà fruire di tutti i servizi che si renderanno disponibili prossimamente con l’avvio della piattaforma SE.CO.LI. (“Servizi Consolari On-Line”). Gli indirizzi e-mail comunicati dai cittadini saranno utilizzati dagli Uffici diplomatico-consolari nel rispetto della normativa sul trattamento dei dati personali, e per fini esclusivamente d’ufficio.

lunedì 26 novembre 2012

Vietata la vendita di sigarette elettroniche ai minori

Chi non ha visto in giro, soprattutto in aereo ma anche nei locali pubblici, ove in Italia vige un divieto di fumo generalizzato, qualche persona portarsi alla bocca una sigaretta in tutto e per tutto uguale a quelle “normali” ma che non emette fumo? E tra questi qualche ragazzetto non ancora maggiorenne? Mentre era noto a tutti che la vendita di sigarette di tipo tradizionale è vietata dalla normativa vigente, sussistevano ancora alcuni dubbi circa la possibilità di commercializzare liberamente e quindi mediante vendita anche a soggetti minori degli anni sedici le sigarette elettroniche. Con un’importante ordinanza (12A11292), dall’eloquente titolo “Divieto di vendita ai minori di anni 16 di sigarette elettroniche con presenza di nicotina” del 28 settembre 2012 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 248 del 23-10-2012, il Ministero della Salute ha chiarito in maniera inequivocabile il vuoto normativo stabilendo che: “E’ vietata la vendita ai minori di anni sedici di sigarette elettroniche con presenza di nicotina” e che “Le autorita’ sanitarie e di controllo e gli organi di polizia giudiziaria sono preposti alla vigilanza sull’esatta osservanza del presente provvedimento, con applicazione delle sanzioni indicate all’art. 25 del regio decreto 24 dicembre 1934, n. 2316″ Per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” tali strumenti che simulano in tutto e per tutto la sigaretta somministrando anche nicotina nell’organismo, senza quindi, eliminare o ridurre la dipendenza da tale sostanza se non sono dannose per gli altri, possono influenzare i comportamenti, specie quelli dei soggetti più deboli e quindi dei minori. Il divieto in questione può essere un importante deterrente per evitare che i più piccoli trovino scorciatoie legalizzate per avviarsi al vizio del fumo.

Il succo di pompelmo reagisce con un ampio numero di farmaci

Il succo di pompelmo reagisce con un ampio numero di farmaci. L‘allarme degli esperti di interazione dei medicinali con lo scopo di aumentare la consapevolezza del 'frutto proibito' I medici canadesi lanciano l’allarme che altri farmaci da prescrizione sono stati distribuiti sul mercato in grado di interagire con il succo di pompelmo con effetti potenzialmente gravi come la morte improvvisa. Il Dr. David Bailey, un farmacologo clinico del Lawson Research Institute di Londra, Ont., più di 20 anni fa ha scoperto l'interazione tra il pompelmo e alcuni farmaci. Da allora, il numero di farmaci potenzialmente in grado di interagire è salito a più di 85. Molti dei farmaci sono comuni, come ad esempio alcune statine per abbassare il colesterolo, gli antibiotici e bloccanti dei canali del calcio usati per trattare la pressione alta. Altri includono agenti utilizzati per combattere il cancro o per rinforzare il sistema immunitario in persone che hanno ricevuto un trapianto d'organo. Secondo i ricercatori in un articolo pubblicato nel numero di lunedi del Canadian Medical Association Journal, dal titolo “ Pompelmo-farmaco interazioni: frutto proibito o conseguenze evitabili? “ le persone con più di 45 anni che consumano il pompelmo e contemporaneamente assumono i farmaci più prescritti, per questi vi è maggiore probabilità per subire gli effetti delle interazioni. Degli 85 farmaci noti che interagiscono con il pompelmo, 43 possono avere gravi effetti collaterali, tra cui la morte improvvisa, insufficienza renale acuta, insufficienza respiratoria, emorragie gastrointestinali e soppressione del midollo osseo in persone con sistema immunitario indebolito. Gli autori hanno notato che il frutto intero o 200 ml di succo di pompelmo e altri agrumi come le arance di Siviglia (spesso utilizzate per preparare la marmellata), possono portare ad interazioni farmacologiche. Studi predentemnete pubblicati hanno dimostrato che bere un bicchiere da 200 ml di succo di pompelmo una volta al giorno per tre giorni ha prodotto un 330 per cento di aumento della concentrazione di simvastatina, una statina comunemente utilizzata, nel sangue rispetto all'assunzione del farmaco con acqua. I ricercatori inoltre hanno evidenziato che l'interazione può verificarsi anche se qualcuno mangia il pompelmo o ne beve il succo anche alcune ore prima di prendere un medicinale, come ad esempio a colazione e l'assunzione del farmaco dopo cena. Gli agrumi che interagiscono contengono principi attivi chiamati furanocumarine che irreversibilmente bloccano l'enzima che metabolizzano il farmaco. Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, auspica che alla luce di queste ricerche nei foglietti illustrativi dei farmaci, quelli in cui sono indicate la posologia, le indicazioni terapeutiche, le controindicazioni, ecc. chiamati comunemente "bugiardini" che i farmaci interessati non devono essere consumati con questi frutti che possono causare effetti collaterali anche gravi.

domenica 25 novembre 2012

Molestie e sms. Il giovane magliese multato con 50 euro dal Tribunale per l’sms ritenuto offensivo

Molestie e sms. Il giovane magliese multato con 50 euro dal Tribunale per l’sms ritenuto offensivo ma la Cassazione rinvia per un nuovo esame del caso Ferisce più la penna che la spada: un proverbio ritornato di moda con l’avvento delle nuove tecnologie che hanno visto sostituire la classica biro e il taccuino con gli sms, i messaggi di posta elettronica ed i social network. È chiaro che un’offesa può costare cara, anche 50 euro, secondo le motivazioni addotte dal Tribunale di Lecce che nel febbraio 2011 aveva condannato ad una multa per molestie un giovane magliese di 26 anni reo di aver inviato alla propria ex che lo aveva da poco lasciato nell’aprile del 2008, un sms ritenuto offensivo dal giudice di merito per "petulanza" e "biasimevole motivo costituito dalla gelosia e dalla volontà di infliggere alla ex fidanzata una punizione per avere interrotto la relazione sentimentale con lui". Il giovane ha quindi proposto ricorso in Cassazione argomentando che si trattava non di un messaggio offensivo, bensì di un semplice scherzo tra amici. La prima sezione penale della Suprema Corte ha accolto il ricorso rinviando la causa ad altro giudice dello stesso Tribunale per un nuove esame del caso. Gli ermellini hanno, infatti, rilevato che "Il reato di molestia o disturbo alle persone non ha natura di reato necessariamente abituale, sicchè può essere realizzato anche con una sola azione ovvero con una sola telefonata effettuata dopo la mezzanotte, ma di questo occorre dare una esaustiva motivazione, nel caso in esame del tutto omessa, anche con riferimento alle finalità di petulanza o di altro biasimevole motivo". Una vicenda che per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” può far sorridere ma deve far riflettere sull’abuso dell’utilizzo delle moderne tecnologie che in non rari casi possono essere addirittura foriere di conseguenze di natura penale.

Pericoli sulle strade urbane. Due pericolosi cordoli - marciapiedi longitudinali a Maglie

Pericoli sulle strade urbane. Segnalato dai cittadini due pericolosi marciapiedi realizzato sull’asse longitudinale della carreggiata di via Ginnasio a Maglie (Le) Basta vedere le fotografie che ci hanno inoltrato alcuni cittadini per farsi venire più di un interrogativo sulle motivazioni che hanno spinto l’amministrazione comunale di Maglie in provincia di Lecce a realizzare un’opera di tal tipo. Si tratta di due cordoli a mo’ di marciapiedi posti sorprendentemente e per ragioni sconosciute sull’asse longitudinale della carreggiata di via Ginnasio nella fascia riservata al parcheggio delle autovetture ma che costituiscono evidenti pericoli per la sicurezza stradale. Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, dopo aver ricevuto la segnalazione chiede numi sull’opera all’amministrazione comunale di Maglie e invita gli utenti della strada a prestare la massima attenzione nel tratto di strada indicato.

Sono illegittime le nuove rendite catastali a Lecce

L’ennesima batosta per i cittadini leccesi arriva dall’aumento delle rendite catastali di gran parte degli immobili presenti sul territorio ricompreso nel comune capoluogo che per Giovanni D’Agata fondatore dello “Sportello dei Diritti”, comporterà notevoli aggravi sia in termini patrimoniali che per il pagamento di una serie di tasse ed imposte tra cui la famigerata IMU. Sono stati, infatti, in tanti i cittadini che recatisi recentemente presso l’Agenzia del Territorio hanno potuto appurare un aumento della rendita dei propri immobili pari al 20 % in via automatica. L’avvocato Villani, noto tributarista del foro di Lecce, con l’autorevole e significativo parere che pubblichiamo di seguito, ritiene tali aumenti del tutto illegittimi. Proprio per tali ragioni, ricordiamo comunque, che tutte le notifiche relative alle revisioni catastali sono impugnabili alla competente Commissione Tributaria Provinciale entro 60 giorni dalla notifica. Se non ci sarà più di un passo indietro da parte del Comune e dell’Agenzia del Territorio, si prevedono, quindi, ricorsi a raffica presso la locale CTP per l’annullamento di tutte le revisioni effettuate nel mancato rispetto della normativa vigente. ILLEGITTIME LE NUOVE RENDITE CATASTALI A LECCE In questi giorni, molti cittadini leccesi, nel richiedere le misure catastali, hanno scoperto presso l’Agenzia del Territorio che la rendita dei loro appartamenti è aumentata del 20%. Oltretutto, la conferma di tale aumento è stata data dal Direttore dell’Agenzia Regionale del Territorio Fulvio Panetta. Secondo me, la revisione automatica di aumento delle rendite catastali è totalmente illegittima perché non sono state assolutamente rispettate le particolari procedure previste dalla legge. Infatti, il legislatore ha previsto le seguenti procedure. 1. Il Comune può chiedere all’Agenzia del Territorio la classificazione di immobili il cui classamento risulti non aggiornato ovvero palesemente non congruo rispetto a fabbricati similari ed aventi medesime caratteristiche e l’Agenzia del Territorio procede, prioritariamente, alle operazioni di verifica degli immobili segnalati dal Comune (art. 3, comma 58, L. n. 662 del 23/12/1996). 2. Il Comune può chiedere la revisione parziale del classamento delle unità immobiliari site in microzone comunali per le quali il rapporto tra il valore medio di mercato ed il corrispondente valore medio catastale ai fini dell’ICI si discosta significativamente dall’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali; in questo caso, l’Agenzia del Territorio, esaminata la richiesta del Comune, attiva il procedimento revisionale (art. 1, comma 335, L. n. 311 del 30/12/2004 – Legge Finanziaria 2005). 3. In ogni caso, per la determinazione del classamento, l’Agenzia del Territorio deve sempre rispettare la procedura che consiste nel riscontrare con sopralluogo per ogni singola unità immobiliare la destinazione ordinaria e le caratteristiche influenti sul reddito e nel collocare l’unità stessa in quella delle categorie e classi prestabilite per la zona censuaria, fatti gli opportuni confronti con le unità tipo (artt. 61-62 e 64 della L. n. 1142/1949). 4. Il Comune, constatata la presenza di immobili di proprietà privata non dichiarati in catasto ovvero la sussistenza di situazioni di fatto non più coerenti con i classamenti catastali per intervenute variazioni edilizie, può richiedere ai titolari di diritti reali sulle unità immobiliari interessate la presentazione di atti di aggiornamento. Se i soggetti interessati non ottemperano alla richiesta entro 90 giorni dalla notificazione, l’Agenzia del Territorio provvede, con oneri a carico dell’interessato, alla iscrizione in catasto dell’immobile non accatastato ovvero alla verifica del classamento delle unità immobiliari segnalate, notificando le risultanze del classamento e la relativa rendita ( art. 1, comma 336, L. n. 311/2004 cit.). In base alle suddette specifiche procedure, è facile constatare che il Comune di Lecce si è avvalso soltanto della possibilità di richiedere all’Agenzia del Territorio non la revisione delle tariffe catastali ma semplicemente la revisione di quello che tecnicamente viene denominato classamento. Nonostante la specifica richiesta, l’Agenzia del Territorio di Lecce, con il riclassamento delle microzone uno e due, intende trasformare le attribuzioni che le sono consentite sul riclassamento in una vera e propria revisione automatica delle tariffe d’estimo (non autorizzata né dal Comune né dalle specifiche norme sopracitate), coinvolgendo, caso unico in Italia, il 95% del patrimonio immobiliare del territorio comunale. In definitiva, l’Agenzia del Territorio di Lecce non può e non deve assolutamente aumentare automaticamente le rendite nella misura forfettaria del 20%, non solo perché tale procedura non è assolutamente prevista dalle sopracitate disposizioni di legge ma, soprattutto, perché l’iniziativa deve essere presa soltanto dal Comune di Lecce quando lo riterrà opportuno, alle condizioni tassativamente previste dal comma 336 della L. n. 311/2004 (citata al n. 4). Infine, le nuove rendite producono effetto fiscale a decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo alla data cui riferire l’omessa presentazione della denuncia catastale, indicata nella richiesta notificata dal Comune, ovvero, in assenza della suddetta indicazione, dal 1° gennaio dell’anno di notifica della richiesta del Comune. Tutte le notifiche relative alle revisioni catastali sono impugnabili alla competente Commissione Tributaria Provinciale entro 60 giorni dalla notifica. Lecce, 24 novembre 2012 Avv. Maurizio Villani AVV. MAURIZIO VILLANI Avvocato Tributarista in Lecce Patrocinante in Cassazione www.studiotributariovillani.it - e-mail avvocato@studiotributariovillani.it

sabato 24 novembre 2012

Farmacovigilanza: via web i cittadini possono segnalare direttamente le reazioni avverse dei farmaci

Farmacovigilanza: via web i cittadini possono segnalare direttamente le reazioni avverse dei farmaci E’ attiva anche in Italia la nuova legislazione europea di farmacovigilanza che permette ai pazienti di fare direttamente le segnalazioni via web. La normativa modifica la definizione stessa di reazione avversa, intesa ora come effetto nocivo e non-voluto conseguente all'uso di un medicinale. Ogni cittadino deve segnalare al proprio medico o al farmacista l'eventuale comparsa di qualsiasi effetto collaterale, anche di quelli indicati nel foglietto illustrativo, poiché ciò permette di compilare statistiche precise sul medicinale. Saranno oggetto di segnalazione anche le reazioni avverse derivanti da errore terapeutico, abuso, misuso, uso off-label, sovradosaggio ed esposizione professionale. Tutte le segnalazioni confluiranno nel database europeo Eudravigilance e saranno accessibili al pubblico. Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” ritenendo il contributo del cittadino essenziale nella macchina della farmacovigilanza, invita tutti a segnalare i casi sospetti comprese le possibili reazioni ( anche quelle meno gravi ) nel caso di assunzione di vaccini o farmaci sottoposti a monitoraggio intensivo a cui corrisponderà una maggiore attività di monitoraggio da parte delle Istituzioni ( AIFA ), i produttori di farmaci, le strutture e il personale sanitario.

Il cellulare fa male. Il rischio: dermatite da contatto

Il cellulare fa male. Dopo i dubbi sui rischi connessi all’uso per le onde elettromagnetiche anche l’allergia. Il rischio: dermatite da contatto Sino ad oggi la comunità scientifica si è divisa tra chi sostiene che non vi siano prove dell’incidenza tra le onde elettromagnetiche dei cellulari e l’insorgenza di patologie tra le quali i tumori e chi invece ne è convinto. Certo è che l' Oms (Organizzazione mondiale della sanità), alla fine di maggio scorso ha emesso un verdetto che ha fatto la notizia del mondo, includendoli tra le cose che possono causare il cancro. Un’altra ricerca pare però aver messo un ulteriore tassello sui rischi connessi all’utilizzo continuativo dei telefonini mobili. Si tratta di uno studio effettuato in Danimarca e pubblicato nel numero di Novembre 2011 della prestigiosa Rivista internazionale di Dermatologia allergologica Contact Dermatitis che ha evidenziato come un telefonino su 5 rilasci nichel con il conseguente pericolo di causare una dermatite allergica, nei soggetti insofferenti a questo metallo. L’indagine ha riguardato 50 modelli diversi di telefonini, con un test che consente di verificare il rilascio di nichel dalla parte metallica del cellulare. In ben 9 modelli, quindi quasi il 20 % (per la precisione il 18%) il nichel veniva rilasciato da almeno un punto e in un modello da più punti. Il fatto più eclatante è che questi numeri sembrano disattendere in concreto la direttiva europea del 2009, che ha subìto più modifiche, ma che in concreto obbliga i produttori a limitare la presenza del nichel in tutti gli elettrodomestici commerciati nell’Unione Europa. Vi è da dire che la ricerca non nasce dal nulla, ma è stato appurato da diverso tempo che l'utilizzo del telefonino, in soggetti allergici al nichel, può provocare una dermatite principalmente localizzata alla zona di contatto e quindi l'orecchio nella parte esterna del padiglione auricolare. Non è raro che la dermatite, in soggetti particolarmente allergici, possa estendersi anche a tutto il viso. La diagnosi per verificare se si è allergici al nichel va effettuata con il patch test. Inoltre, anche il cromo (sotto forma di bicromato di potassio) e il cadmio possono essere presenti nel cellulare ed essere causa di dermatite allergica da contatto. Che fare allora? Per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” se il telefonino è considerato ormai uno strumento indispensabile per tutti, di tutte le fasce sociali, non resta che limitarne l’utilizzo al necessario usando il vivavoce quando è possibile o auricolari anche perché non è dato sapere se il consiglio di alcuni manuali di tenerlo ad una distanza di almeno 2,5 dall’orecchio sia veramente efficace per prevenire rischi di danni cerebrali. È chiaro che dotarsi di auricolare bluetooth per le conversazioni può essere una buona soluzione per limitare i pericoli, quando l’auricolare non sia esso stesso pericolo per il contatto. Vi è da dire che in tal senso non risultano in commercio apparecchi auricolari i cui produttori abbiano indicato la dicitura “free nichel” o “free cromo o cadmio”. In tal senso, occorrerebbe un’ulteriore chiarificazione della normativa europea per obbligare le aziende produttive ad inserire queste voci a tutela dei consumatori.

venerdì 23 novembre 2012

Scatta dal 7 dicembre l’obbligo di annotazione della carta di circolazione con il nome dell’effettivo utilizzatore del veicolo

Altra norma assurda del governo Monti: scatta dal 7 dicembre l’obbligo di annotazione della carta di circolazione con il nome dell’effettivo utilizzatore del veicolo. Sarà più semplice la notifica delle multe perché il libretto dovrà contenere l’indicazione del soggetto diverso dal proprietario che utilizza per oltre un mese il mezzo. Per i rimorchi, stop alla targa ripetitrice. Prevista targa ad hoc Il governo dei tecnici è sempre più il governo degli strafalcioni. Non c’è materia, infatti, nella quale la normativa o la regolamentazione introdotta dall’esecutivo Monti non crei distorsioni ai sistemi vigenti o addirittura complichi in maniera non del tutto logica la vita quotidiana dei cittadini. Questa volta, la norma incriminata è data dall’entrata in vigore del Dpr 28 settembre 2012 n. 198 pubblicato dalla Gazzetta Ufficiale 273/12 che a partire dal 7 dicembre obbligherà gli utilizzatori di tutti i veicoli dotati di targa ad aggiornare il libretto di circolazione tutte le volte in cui sia previsto l’utilizzo del veicolo per periodi superiori a trenta giorni da parte di soggetti diversi dai proprietari, L’unica consolazione è che sono esclusi i familiari, purché conviventi. Le prescrizioni in questione riguarderanno, quindi, sia gli enti e le società che le persone fisiche. Per quanto concerne i primi soggetti, anche se la trasformazione societaria non dà luogo alla creazione di un nuovo soggetto giuridico distinto da quello originario, e dunque non configura l’obbligo di annotazione al Pra, gli interessati hanno comunque l’obbligo di attivarsi presso il competente ufficio del Dipartimento per i trasporti, la navigazione ed i sistemi informativi e statistici al fine di chiedere l’aggiornamento della carta di circolazione indicando la nuova denominazione. Per quanto riguarda le persone fisiche, gli uffici in questione sono tenuti su richiesta degli interessati a provvedere alla relativa annotazione nel caso in cui abbiano la temporanea disponibilità del veicolo per periodi superiori a trenta giorni, in forza di contratti o altri atti unilaterali o a titolo di comodato ovvero in forza di un provvedimento di affidamento in custodia giudiziale in caso di comodato. La nuova regolamentazione riguarda anche tutti i veicoli intestati a soggetti incapaci: in questo caso l’annotazione dovrà essere effettuata nei confronti del genitore esercente la potestà in caso di mezzo intestato a minore, mentre al tutore nel caso di interdetti o inabilitati. Come detto, sono esclusi dall’obbligo soltanto i familiari conviventi a colui che è il materiale intestatario del veicolo. Il regolamento in questione, peraltro, abolisce la cosiddetta targa ripetitrice per i rimorchi, che d’ora in poi saranno soggetti alla targatura ordinaria prevista per tutti gli altri veicoli. Per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” è chiaro che l’intento del ministero dei trasporti è quello di rendere più semplice la contestazione delle infrazioni al codice della strada agli effettivi responsabili, ma sarà davvero complicato stabilire le modalità di attuazione giacché la stessa autovettura può essere in uso a più soggetti o il libretto subire continue annotazioni, in astratto anche 12 all’anno se c’è una successione nell’utilizzo del mezzo fra più soggetti diversi dal proprietario con ciò potendosi determinare una farraginosità delle procedure che andranno sempre a danno dei cittadini anche perché le norme vigenti attribuivano la responsabilità solidale del proprietario del veicolo per le sanzioni al codice della Strada.

giovedì 22 novembre 2012

Danni da voli cancellati e da treni in ritardo o soppressi. Ancora importanti sentenze della Corte di Giustizia UE a favore dei viaggiatori

Danni da voli cancellati e da treni in ritardo o soppressi. Ancora importanti sentenze della Corte di Giustizia UE a favore dei viaggiatori. Il termine per agire per il risarcimento dipende dalla legislazione nazionale. Per il bagaglio smarrito dev’essere risarcito anche il compagno di viaggio e non solo il titolare del tagliando identificativo. L’utente dev’essere sempre informato dei ritardi o della soppressione indipendentemente dal gestore della rete ferroviaria. Per fortuna che c’è la Corte di Giustizia a chiarire quali siano i termini ed i modi per agire a tutela dei propri diritti nella delicata materia dei trasporti dei passeggeri quando la legge ed i giudici nazionali non si uniformano al diritto vigente nell’area comune. Così Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” ritiene opportuno passare in rassegna tre importanti decisioni pubblicate in data odierna dalla Corte. La prima nella causa C-139/11 riguarda il termine per agire per il risarcimento dei danni conseguenti alla cancellazione dei voli. Secondo i giudici europei il termine per avviare le azioni dirette a ottenere la liquidazione della compensazione per cancellazione del volo, prevista dal diritto comunitario, è stabilito in virtù delle normative e dei regolamenti vigenti in ciascun paese dell’Unione secondo l’istituto della prescrizione della relativa azione. Ciò in relazione al fatto che il diritto UE non ha previsto un termine unico. Tocca, quindi, alla legislazione nazionale stabilire le modalità procedurali per le azioni necessarie a garantire la tutela dei diritti per i viaggiatori lesi dalla cancellazione dei voli. Specifica la Corte, però che le procedure interne, tuttavia, hanno l’obbligo di essere conformi ai principi di effettività e di equivalenza rispetto a quelle previste dal diritto interno per situazioni analoghe. Va da sé, come già stabilito da altre autorevoli sentenze che lo “Sportello dei Diritti” ha già provveduto a segnalare, che la normativa europea prevede un regime autonomo di indennizzo, uniforme ed immediato, dei danni costituiti dai disagi dovuti ai ritardi ed alle cancellazioni di voli. Un’altra interessante decisione pubblicata oggi è quella resa nella causa C-410/11, che fornisce utili dettagli su come agire in conseguenza dello smarrimento del bagaglio per colpa della compagnia aerea. Secondo la Corte di Giustizia, il viaggiatore può pretendere dal vettore un risarcimento anche per la perdita dei suoi effetti personali presenti in un bagaglio consegnato a nome di un altro viaggiatore, ad esempio un familiare. In virtù di tale principio, quindi, può ottenere un risarcimento non solo il passeggero che ha provveduto alla materiale consegna della valigia, ma anche il familiare che è salito sullo stesso volo e che ha inserito i propri effetti personali nella valigia del congiunto che risulta titolare del tagliando identificativo. Secondo un principio, anche logico, dev’essere tenuta in debita considerazione la circostanza che i passeggeri fanno parte dello stesso nucleo familiare avendo comprato i biglietti insieme o anche nel caso in cui si sono registrati nello stesso momento. L’altra sentenza da segnalare è stata emessa nella causa C - 136/11, questa volta in tema di trasporto ferroviario. L’introduzione delle regole della libera concorrenza nelle ferrovie, accade di sovente che sulle stesse linee viaggino vettori di compagnie diverse. Per esempio in Italia Trenitalia e NTV sulla tratta Milano - Roma. Secondo la Corte di Giustizia i passeggeri dei diversi treni, devono essere sempre informati dei ritardi o della cancellazione dei convogli che costituiscono le principali coincidenze, indipendentemente dalla società ferroviaria che le garantisce. Ogni impresa, spiegano i giudici europei ha l’obbligo di comunicare, in tempo reale, informazioni relative alle principali coincidenze. Il gestore della rete, d’altra parte, è tenuto a fornire alle imprese, in modo non discriminatorio, i dati in tempo reale relativi ai treni gestiti dalle altre imprese, laddove i treni costituiscano le principali coincidenze.

Salute: grazie ad una retina artificiale il paziente non vedente legge in Braille con occhi

Salute: grazie ad una retina artificiale il paziente non vedente legge in Braille con occhi. La retina artificiale creata dalla società californiana Second Sight Medical Products Inc. è stata già testata su decine di pazienti in vari paesi Grazie a una retina artificiale per la prima volta, pazienti non vedenti possono leggere in Braille senza toccare il testo, ma solo e direttamente con gli occhi. E’ il nuovo traguardo di Argus II, la retina artificiale sviluppata dalla società californiana Second Sight Medical Products Inc. e già testata su decine di pazienti in vari paesi. Le parole braille sono proiettate nei loro occhi attraverso la retina artificiale e lette senza che il paziente debba toccare i puntini che le compongono. Il paziente ha potuto leggere varie parole in modo più veloce di quanto possibile con l'uso classico del Braille. Reso noto sulla rivista Frontiers in Neuroprosthetics, per la prima volta hanno mostrato come si possa 'simulare' visivamente un braille, vederlo senza toccarlo", Per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” si tratta di un traguardo interessante, ma rappresenta una soluzione indiretta perchè in realtà l'obiettivo principe di ArgusII vorrebbe essere far vedere di nuovo pazienti la cui retina è compromessa da malattie come la retinite pigmentosa. ArgusII è una protesi costituita da 60 elettrodi collegati alla retina che acquisiscono informazione visiva dall'esterno attraverso una telecamerina: ArgusII dà la possibilità di vedere la luminosità esterna, riconoscere oggetti in movimento, contarli, localizzarli e distinguerli nell'ambiente circostante.

mercoledì 21 novembre 2012

Allarme “cash trapping” la nuova tecnica per derubare i bancomat

Allarme “cash trapping” la nuova tecnica per derubare i bancomat. In arrivo dal Nord Europa, ha già cominciato a mietere vittime in Italia. Si chiama “cash trapping” il nuovo sistema usato dai malviventi per rubare soldi agli utenti che prelevano i soldi ai bancomat. In arrivo dal Nord Europa, in particolare Francia e Regno Unito, ha già cominciato a mietere vittime anche in Italia. Il metodo è semplice e poco tecnologico e si basa sull’intrappolamento dei soldi allo sportello. La tecnica per essere messa in atto richiede pochi secondi in quanto è sufficiente una speciale "forchetta" sapientemente collocata nella fessura di erogazione delle banconote che ne impediscono l’uscita. La particolarità del cash trapping è che il display non segnala un guasto ma le banconote restano bloccate all’interno. Ovviamente non escono soldi e l'utente si allontana per verificare il guasto quindi i malviventi sbloccano il denaro intrappolato ed eseguono il furto. Questo può significare che i clienti rimangono inconsapevoli del problema e pensando erroneamente ad un guasto del bancomat non sporgono denuncia del furto. Alcuni sono progettati per apparire come parte della macchina e attaccati alla parte anteriore, e altri come la forchetta sono completamente nascosti all'interno del bancomat. Per capire la portata del fenomeno è sufficiente indicare come in Francia quest'anno utilizzando questa tecnica le gang hanno rubato più di 1 milione di euro dagli sportelli automatici. Mentre in Inghilterra nel solo 2012 sono stati denunciati 2.479 casi. Gli esperti della sicurezza raccomandano ai clienti di segnalare immediatamente tutti gli incidenti avvenuti agli sportelli automatici. Per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” poiché la maggior parte dei crimini si eseguono apparentemente al di fuori degli orari normali delle banche, quando vi è poca sorveglianza, raccomanda gli utenti di stare all’erta tutte le volte che si prelevano dei soldi, chiedendo sempre aiuto per qualunque disguido dello sportello.

Salute e benessere: odorare rosmarino fa bene alla mente e all’umore ce lo dice uno studio

I ricercatori dell’Università di Newcastle, in Gran Bretagna hanno isolato una sostanza, chiamata “1,8-cineolo”contenuta nel rosmarino. Il dottor Mark Moss, ricercatore di Biologia presso il Dipartimento del Brain, Performance and Nutrition Research Center della Northumbria University di Newcastle, in Gran Bretagna, sta lavorando ad un progetto che studia più approfonditamente il rosmarino, con lo scopo di estrarre una sostanza per farne un farmaco in grado di far bene all’umore e alla mente. Il rosmarino, pianta comune, ha già una lunga storia nella medicina tradizionale. Il suo olio, estratto dalle sue foglie, si usa da secoli per curare disturbi digestivi o come diuretico o anche come tonico per stare meglio fisicamente. Quindi, non è una pianta sconosciuta o nota solo in cucina e le sue proprietà, sono ben altre e di grande interesse scientifico L’“1,8-cineolo”contenuto nel rosmarino è presente davvero in grandissima quantità ed entra nel circolo sanguigno respirandolo. Per capire questo, il dottor Mark Moss e la collega Lorraine Oliver hanno fatto annusare l’olio essenziale di rosmarino a venti volontari e poi ne hanno cercato le tracce nel sangue, effettuando un prelievo. Ebbene, non solo le hanno trovate ma hanno pure compreso che più era il tempo di esposizione del volontario all’olio essenziale e più risultava maggiore la concentrazione dell’1,8-cineolo nel suo sangue. Questa sostanza arriva nel sangue grazie alla respirazione. Piccole parti della sostanza entrano nei polmoni e da lì vengono a contatto con il sangue. Una volta entrata in circuito attraverso le vene, arriva anche al cervello ed è a questo punto che l’1,8-cineolo dispiega i suoi benefici effetti. L’1,8-cineolo agendo sui nostri comportamenti da la sensazione di benessere riferito da chi ha potuto annusare l’olio essenziale provando istantaneamente un senso di buonumore e di rilassatezza producendo nel soggetto un effetto antidepressivo. Non potente come quello di un farmaco, ma certo positivo e percepibile. Inoltre l’1,8-cineolo svolge un’azione stimolante nelle zone del cervello deputate al ragionamento logico e razionale”. A questo punto gli scienziati realizzeranno prodotti che possano migliorare la concentrazione, la memoria e il buonumore di chi li assume con il vantaggio di disporre di un farmaco che contrasta i disturbi da stress o dell’umore. Per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” non basta mettersi ad annusare rosmarino dalla mattina alla sera per stare meglio. Anzi, ciò potrebbe produrre un effetto nauseante. Annusare appena, dunque, le foglie di rosmarino, senza per questo attendersi effetti miracolosi, produce un effetto ristoratore. Provare per credere.

No alla caccia: le periferie inondate di cartelli “Divieto di caccia”

Il comune di Lecce corre ai ripari? Dopo la denuncia dello “Sportello dei Diritti” sulla morte dell’esemplare di beccaccia impallinato, le periferie inondate di cartelli “Divieto di caccia” Sarà un caso, o no, ma dopo che la settimana scorsa Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, a seguito di una segnalazione da parte di alcuni cittadini indignati aveva denunciato alla stampa anche attraverso la fotografia, la presenza di un’esemplare di beccaccia impallinato e grondante di sangue in una via del centro cittadino di Lecce, sono apparsi come funghi in città o meglio ai margini e sui viali della periferia decine e decine di cartelli di “Divieto di caccia”. Un fatto inusuale perché si tratta di segnaletica installata su pali che normalmente si trovano in aperta campagna, nelle riserve e nei boschi. Vale la pena ricordare che a seguito dell’articolo apparso meno di dieci giorni fa su numerosi media locali anche on line era scoppiata una polemica nei forum tra la ristretta casta dei cacciatori pronti a coalizzarsi ed attaccare lo scrivente attraverso ricostruzioni fantasiose circa la fine del volatile pur di non ammettere l’evidenza dell’uccisione causata da qualche pallino di piombo a ridosso del centro abitato (fatti che possono essere testimoniati da decine di persone presenti) e la stragrande maggioranza dei cittadini indignati anche dal fatto che il drammatico evento fosse stato documentato proprio in pieno centro cittadino. Dopo l’installazione dei cartelli, quindi, non possiamo, come “Sportello dei Diritti”, non esprimere soddisfazione per quella che sembra una vera e propria presa d’atto da parte dell’amministrazione comunale leccese a seguito dell’ennesima denuncia a favore dei diritti da parte della nostra associazione.

martedì 20 novembre 2012

Sovraffollamento carceri. Da oggi in vigore il Protocollo Onu contro pene crudeli, umane e degradanti

Sovraffollamento carceri. Da oggi in vigore il Protocollo Onu contro pene crudeli, umane e degradanti, ma ancora non esiste il reato di tortura. Via libera agli osservatori internazionali nelle case di detenzione e Cie Le carceri italiane vivono una situazione che definirla un dramma è quasi un eufemismo, che purtroppo emerge solamente quando accadono gesti estremi. Ma è una tragedia che si consuma quotidianamente e che è subìta non solo da coloro che vivono la prigione, perché reclusi, ma anche dagli operatori che ci lavorano. Proprio per tali ragioni, l’Italia risulta essere stata sanzionata sia dai giudici italiani che con sentenze esemplari hanno di recente condannato l’amministrazione della giustizia a risarcimenti, seppur quasi simbolici, a ristorare alcuni detenuti che avevano chiesto giustizia per le condizioni mortificanti cui erano sottoposti all’interno delle celle, ma anche dalle istituzioni internazionali. Ma una buona notizia arriva finalmente in data odierna, affinché il nostro Paese sia posto sotto una più ampia osservazione per ciò che concerne la situazione carceraria. Ciò avviene perché dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale 270/12 è entrata in vigore la legge 195/12 di recepimento del Protocollo opzionale Onu contro le pene crudeli, inumane e degradanti. In virtù di tale importante normativa, viene previsto, peraltro, la creazione di un comitato di controllo internazionale cui sarà consentito il libero accesso ai penitenziari e nei Cie. Per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” resta però in piedi un vuoto legislativo che non è una semplice pecca: lo Stato italiano non ha ancora introdotto il reato di tortura nel proprio ordinamento ponendolo tra i paesi inadempienti dopo la sottoscrizione nel lontano 1984 della Convenzione contro trattamenti e pene crudeli, inumani o degradanti, adottata dalle Nazioni Unite. Pertanto, più che esprimere «vivo compiacimento» dopo l’approvazione della legge di ratifica del Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, come ha fatto il ministro degli Affari esteri Giulio Terzi, ci rivolgiamo a lui come “Sportello dei Diritti” affinché si faccia portavoce presso il governo di cui è autorevole esponente, per eliminare definitivamente questa vergogna giuridica e sociale determinata dal vuoto normativo, che ci allontana dal resto dei Paesi nei quali è già entrato in vigore uno specifico reato che non dovrebbe mancare in nessun ordinamento giuridico.

Lavoro e salute: la disoccupazione può aumentare il rischio di infarto.

Lavoro e salute: la disoccupazione può aumentare il rischio di infarto. Il pericolo di un attacco di cuore è più alto il giorno in cui si verifica la perdita del posto di lavoro, ce lo dice uno studio. Secondo uno studio canadese pubblicato lunedì sull’Internal Medicine la disoccupazione è messa in relazione con l’infarto nei lavoratori più anziani. La disoccupazione fa male tanto da danneggiare il cuore più che al portafoglio. La perdita del posto di lavoro è paragonata come una minaccia come il fumo, la pressione alta e le altre condizioni che fanno male al cuore. I ricercatori hanno analizzato i dati di più di 13.000 uomini e donne di età compresa tra 51-75 che hanno partecipano a un sondaggio riguardante la salute e la pensione in parte sponsorizzato dal National Institute on Aging. Dal 1992, i partecipanti sono stati intervistati ogni due anni circa la loro occupazione e lo stato di salute. La nuova analisi ha diversi valori. I dati mostrano i periodi di disoccupazione, ma non indicano se le persone sono state licenziate, se sono senza lavoro, se ha riguardato il passaggio da un posto di lavoro ad un altro, o se ha volontariamente hanno lasciato un lavoro. Secondo il ricercatore Matteo Dupre, della Duke University e autore principale dello studio, tutte queste situazioni sono considerate come "perdite di posti di lavoro", ma è probabile che maggiormente è a rischio di infarto il soggetto che ha timore di essere licenziato o i licenziati. Anche la Dr. Sarah Burgard, una ricercatrice dell'Università del Michigan, che ha studiato il rapporto tra la perdita dei posti di lavoro e la salute, consultata per un parere, ha concluso che sarebbe importante conoscere il motivo della disoccupazione. La Burgard ha dichiarato "Probabilmente ci sono differenze tra la conseguenza della perdita del posto di lavoro quando è volontaria o più o meno attesa" e quando si tratta di uno shock improvviso. L’editoriale del giornale, afferma che lo studio è costato decenni di ricerca per collegare la perdita del posti di lavoro con gli effetti sulla salute e che la ricerca ora dovrebbe concentrarsi a esaminare come e perché ciò accade. Le teorie sono diverse tra cui anche problemi congeniti dell’individuo. L'analisi è stata testata dal 1992 al 2010. All'inizio dello studio i partecipanti erano per lo più intorno ai 50 anni ed è stato chiesto la loro storia di lavoro e il loro stato di occupazione. Sono stati escluse le persone che avevano avuto attacchi di cuore prima dell'inizio dello studio. Quasi il 70 per cento ha subito almeno una perdita del posti di lavoro o ha vissuto l’esperienza del periodo della disoccupazione dopo aver lavorato in un posto di lavoro. Durante lo studio si sono verificati 1.061 attacchi cardiaci. Quelli con almeno una perdita del posto di lavoro sono stati il 22 per cento con più probabilità di avere un infarto rispetto a chi non ha mai perso un posto di lavoro. Quelli con almeno quattro posti di lavoro ha avuto un 60 per cento di rischio più elevato rispetto a quelli con nessuno. Non c’è differenza di rischio tra uomini e donne. Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” sia augura che la magistratura del lavoro tenga in debito conto gli esiti di questa ricerca ai fini della valutazione dei danni subiti a seguito di un licenziamento illegittimo. D’altra parte i dati in questione evidenziano come la riforma Fornero del lavoro nella parte in cui consente i licenziamenti per motivi economici sia un danno portatrice di sofferenze anche per la salute delle persone e deve essere urgentemente eliminata.

lunedì 19 novembre 2012

Anziani: colpa della crisi. 2,3 milioni a rischio malnutrizione

Anziani: colpa della crisi. 2,3 milioni a rischio malnutrizione. Spunta la dieta “scaccia – crisi” per i nostri nonni Non è un Paese per vecchi. Come in un film dei fratelli Coen, l’Italia, nazione che invecchia anno dopo anno come dimostrano le statistiche, sta diventando sempre più drammatica l’esistenza degli anziani colpiti gravemente dalla crisi: se sono 6 i milioni di anziani che stringono la cinghia per arrivare a fine mese, sono 2,3 milioni, per l’Istat, quelli sotto la soglia di povertà ed addirittura a rischio malnutrizione. Una cifra destinata a crescere secondo le proiezioni. I più colpiti, quelli soli, che sono sempre di più. Basti pensare che, sempre secondo l’Istat nel 2010 le famiglie italiane composte di soli anziani erano il 28,06% del totale, mentre nel 2007 erano il 27%. Ed allora, per migliorare o perlomeno per rendere un po’ più tranquilla l’esistenza di tanti nonni alcuni specialisti della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria hanno pensato di presentare in occasione del loro Congresso Nazionale, che si svolgerà a Milano dal 21 al 24 novembre, una dieta “scaccia – crisi” che farebbe risparmiare 600 euro all'anno senza far mancare i nutrienti più importanti. Perché - rileva Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” - se per tanti pensionati sono diventati un lusso persino il grana padano, le carni rosse ed il pesce e mancherebbero circa 300 calorie al giorno, in gran parte derivanti da proteine nobili che questi tipi di alimenti possono fornire, allora la soluzione per evitare la riduzione o addirittura il mancato assorbimento di preziosi nutrienti è quella di puntare su carni bianche come pollo e tacchino per le proteine, da alternare con uova e legumi come lenticchie, ceci e fagioli. Da non far mancare sulle tavole, per tenere sempre un occhio alla pancia ed uno alla spesa, sono frutta e verdura sempre di stagione, ma anche noci e frutta secca, latticini di produzione locale come ricotta, stracchino o mozzarella. Tali considerazioni sono frutto di uno studio su 60 anziani che hanno dimostrato come utilizzando una dieta di tale tipo è possibile conservare il corretto apporto di macro e micronutrienti risparmiando, in media, 50 euro al mese. Ai pazienti sottoposti alla ricerca in questione che è durata sei mesi è stato fornito un determinato schema alimentare, mentre preventivamente sono stati misurati parametri come pressione, colesterolo, trigliceridi, glicemia oltre a peso, altezza e indice di massa corporea. I dati raccolti hanno offerto risultati sorprendenti ed addirittura migliorativi rispetto alla condizione precedente alla “dieta sostenibile” specie per ciò che concerne l’apparato cardiovascolare degli anziani. Insomma, hanno voluto sottolineare gli esperti, si tratta nient’altro che della nostra dieta mediterranea “aggiornata ai tempi della crisi”.

domenica 18 novembre 2012

Attenti alle truffe: cosmetici all'acqua di Lourdes

Poi dicono gli italiani! Che i santuari fossero luogo di preghiera ma anche di commercio, non è cosa sconosciuta, ma che nel 2012 si possano vendere fantomatici prodotti “miracolosi” attraverso la rete millantandone la provenienza d’origine “doc” da luoghi di culto, è una novità per la quale tutti i fedeli dovrebbero prestare la massima attenzione per evitare di essere imbrogliati. Accade, infatti, che anche Lourdes (Hautes-Pyrénées), il più famoso santuario mariano al mondo sia stato preso di mira attraverso la vendita di prodotti cosmetici a base di “acqua di Lourdes” su siti internet. La notizia viene dalla Francia dove creme e saponi all’acqua “salvifica” della grotta dove accaddero le apparizioni di Maria, verrebbero venduti attraverso il web. Uno dei venditori, si sarebbe difeso dicendo che non crede nelle qualità miracolose dell’acqua ma in quelle “psicosomatiche” che gli avrebbero consentito di creare un business molto meno redditizio di quello realizzato dai venditori di souvenir che a migliaia si trovano nella località. La Chiesa locale e gli amministratori del luogo di pellegrinaggio, secondo quanto si apprende dal servizio stampa, hanno inviato una diffida a questi siti precisando che "lo sfruttamento commerciale dell'acqua della grotta, spesso definita come acqua di Lourdes, è strettamente proibito e contrario alla fede cattolica". Nonostante le numerose truffe perpetrate abusando della credulità popolare, Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” rileva come ancora oggi si continuino a verificare situazioni analoghe che fanno breccia in non pochi credenti che affidano le proprie speranze o nel caso in questione la cura del proprio corpo e dell’igiene personale nelle mani di soggetti senza scrupoli. D’ora in avanti, occhio anche alla rete.

sabato 17 novembre 2012

I comuni non devono fare i condoni. Le conseguenze per i cittadini e per le casse dei comuni sarebbero devastanti

I comuni non devono fare i condoni. Le conseguenze per i cittadini e per le casse dei comuni sarebbero devastanti. Su questa scia, la scelta del comune di Lecce. Le ragioni (di legge e giurisprudenziali) spiegate dagli avvocati Villani e Francesca Giorgia Romana Sannicandro L’articolo 13 della Legge n. 289 del 27 dicembre 2002, ha previsto in maniera inequivocabile che a far data dall’entrata in vigore di tale norma, i comuni e gli altri enti locali non possano effettuare condoni. Nonostante ciò e nonostante la declaratoria di illegittimità da parte di numerose sentenze della Corte di Cassazione non da ultima l’importante sentenza n. 12679 del 30.05.2012, alcuni comuni tra cui quello di Lecce si ostinano a perseverare nella proposizione di condoni frutto di una cultura politica da prima repubblica, con l’intento di recuperare quanto più possibile, ma con la concreta possibilità, per non dire certezza, di conseguenze devastanti per i cittadini – contribuenti e per le casse comunali. Intanto perché è lecito chiedersi quanti contribuenti ne farebbero uso, poiché correrebbero il rischio di aderire ad un condono giuridicamente illegittimo, con il conseguente aggravio di spese successive (sanzioni e interessi). Ed inoltre, l’ente locale andrebbe a sballare completamente i loro bilanci prevedendo la riscossione di somme mai certe e sicuramente improbabili. Venendo ai casi più recenti, il parere rilasciato al comune di Lecce da parte del Ministero delle Finanze, peraltro, palesemente erroneo, in quanto parere, non può rappresentare una parola definitiva sulla bontà della scelta politica e quindi amministrativa effettuata. Dispiace solo, sottolinea Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, che l’arroganza degli amministratori leccesi sia tale da sentirsi così forti sino a trincerarsi dietro la debolissima valenza ai fini giustiziali di un semplice parere avente carattere amministrativo ed interno. Per esplicare ulteriormente le ragioni che ci spingono a criticare ampiamente le procedure di tal tipo, segnaliamo di seguito l’inedito articolo a firma degli avvocati Villani Francesca Giorgia Romana Sannicandro che chiarisce in maniera puntuale perché i comuni non possono fare i condoni fiscali. Lecce, 17 novembre 2012 Giovanni D’Agata I Comuni non devono fare i condoni fiscali A) Normativa Ai sensi dell’art. 13 della Legge n. 289 del 27 dicembre 2002, è previsto che “con riferimento ai tributi propri, le regioni, le province e i comuni possono stabilire, con le forme previste dalla legislazione vigente per l’adozione dei propri atti destinati a disciplinare i tributi stessi, la riduzione dell’ammontare delle imposte e tasse loro dovute, nonché l’esclusione o la riduzione dei relativi interessi e sanzioni, per le ipotesi in cui, entro un termine appositamente fissato da ciascun ente, non inferiore a sessanta giorni dalla data di pubblicazione dell’atto, i contribuenti adempiano ad obblighi tributari precedentemente in tutto o in parte non adempiuti.” Accade che erroneamente molti comuni hanno ritenuto di applicare la suddetta norma “sine die” deliberando dei condoni fiscali per le materie di loro competenza per i periodi d’imposta successivi al 2002. La norma è molto chiara nel ritenere applicabili tali condoni relativamente ad obblighi tributari “precedentemente non adempiuti”; questo significa che tali condoni non sono da ritenersi attuabili a partire dal 2002 in poi, data in cui entra in vigore la Legge de quo. B) Giurisprudenza Anche la Cassazione, con una serie di sentenze (n. 12679, n. 12675, n. 12677, n. 12678, n. 12679, n. 12688 tutte del 2012), ha dichiarato l’illegittimità di tali condoni in violazione dell’art. 13 cit., in particolar modo relativamente al termine in esso contenuto che non può riferirsi ad annualità successive al 2002. In particolare, la sentenza n. 12679 del 20.07.2012 (Presidente Dott. Marco Pivetti, Cons. Dott. Michele D’Alonzo udienza del 30.05.2012) - relativa alla legittimità di una delibera consiliare in tema di imposta sulla pubblicità con la quale era stato approvato il - ha chiarito che “la possibilità per il contribuente di conseguire la sospensione del giudizio in corso è ancorata, dall’art. 13 della L. 289/2002, alla concomitante presenza di due specifici presupposti: a) che si tratti di obblighi tributari precedenti l’entrata in vigore della legge in questione; b) che alla data di entrata in vigore della predetta legge, la procedura di accertamento o i procedimenti contenziosi in sede giurisdizionale fossero già stati instaurati. (…) Se ne deve necessariamente inferire l’illegittimità del condono poiché adottato in violazione dell’art. 13 della l. 289/2002, che delimitava temporalmente – mediante il visto riferimento agli obblighi non adempiuti dal contribuente prima dell’entrata in vigore di detta legge – il potere dei Comuni di stabilire condoni sui tributi propri, potere non esercitabile, dunque, sine die dall’amministrazione comunale.” Con riferimento ai principi costituzionali di cui agli artt. 3 (uguaglianza di trattamento dei debitori tributari diversi da quelli locali), 23 (riserva di legge in materia di prestazioni obbligatorie) e 119 co.2 (coordinamento della finanza pubblica locale con quella nazionale), gli Ermellini specificano che “l’esercizio di un potere in materia tributaria, da parte dell’ente locale, una volta che sia spirato il termine, previsto dalla legge statale autorizzativa, entro il quale tale potestà poteva essere esercitata, comporta la carenza del potere medesimo e la conseguente disapplicazione, da parte del giudice ordinario, dell’atto assunto in violazione della norma attributiva della potestà esercitata nonostante il decorso del termine suindicato. Nel caso concreto, poiché l’art. 13 della l. 289/2002 concedeva all’amministrazione comunale la potestà di adottare il solo, specifico, condono ivi previsto, temporalmente delimitato attraverso i riferimenti suesposti, l’adozione di un ulteriore condono a distanza di ben sette anni dalla normativa primaria succitata, determina l’illegittimità del condono medesimo per carenza di potere, che va dichiarata da questa Corte, anche ai sensi dell’art. 363 c.p.c..” In tutte le pronunce citate è stato riaffermato che l’art. 13 cit. attribuiva agli enti locali una “potestà oggettivamente limitata” all’attuazione dello specifico condono ivi previsto, rendendo quindi illegittimi i condoni “a catena” dei comuni. In realtà, già prima di queste pronunce di legittimità, la Corte dei Conti – Sezione Regionale di controllo per la Puglia – con la deliberazione n. 4/PAR72010 del 13 gennaio 2010 rispondendo ad un preciso parere del Sindaco del Comune di San Donaci (Brindisi) – ha precisato che il condono dell’art. 13 della legge n. 289/2002 è applicabile soltanto con riferimento ai periodi d’imposta antecedenti al 01.01.2003, non potendosi introdurre una fattispecie di condono per un arco temporale indefinito, come confermato dalle pronunce della Cassazione. Lo stesso principio è stato ribadito dalle Sezioni Riunite della Corte dei Conti della Regione Siciliana con le deliberazioni n. 6/2007 del 13.12.2006 e n. 28/2008 del 04.06.2008 nelle quali è ribadito che la norma di cui all’art. 13 cit. dev’essere oggetto di “stretta interpretazione, considerato che l’istituzione di meccanismi di definizione agevolata relativamente ad obblighi tributari rimasti totalmente o parzialmente inadempiuti da parte dei contribuenti ha indubbiamente natura di evento eccezionale nell’ambito dell’ordinamento giuridico. Ad avviso della sezione, la definizione agevolata dei tributi propri delle Regioni e degli Enti locali può avvenire soltanto con riferimento a periodi d’imposta antecedenti all’1.1.2003, data di entrata in vigore della L. n. 289/2002, non potendosi introdurre una fattispecie di condono per un arco temporale indefinito.” ( SS.RR. Sicilia n. 6/2007). C) L’interpretazione del Ministero delle Finanze. A seguito del parere richiesto dal Comune di Lecce, il Ministero delle Finanze – nel riportarsi ad una precedente nota – n. 2195/2004 – , ha reso un parere – n. 23873 del 20.10.2012 – con il quale, pur richiamando le sentenze citate, ha ritenuto di consentire il condono basandosi su due pronunce della Corte di Cassazione (n. 13463 e 13464 del 09.05.2012, depositate il 27.07.2012) che non hanno affrontato il problema come prospettato dalla norma, ma hanno analizzato la fattispecie sulla base di mere irregolarità procedurali. Infatti nella nota del Ministero leggiamo che “sul punto non si è formato un orientamento giurisprudenziale consolidato e, pertanto, (il Ministero) non ritiene opportuno mutare il precedente parere espresso in varie note, tra le quali la n. 2195/2004. (…) Occorre, infine, sottolineare che l’avviso espresso da questa direzione non può essere considerato come preclusivo di eventuali contestazioni o impugnative di un regolamento in materia di condono, la cui emanazione è comunque rimessa al prudente apprezzamento di codesto ente.” Appare evidente come, nella nota del Ministero, vi sia una presa di coscienza sia della giurisprudenza prevalente in materia richiamata nella nota de quo (Corte di Cassazione e Corte dei Conti), sia del fatto la propria interpretazione non precluderebbe comunque l’eventualità di una impugnativa dei relativi regolamenti. Importante notare che il Ministero nel richiamare le due sentenze della Cassazione n. 13463 e 13464 del 09.05.2012, depositate il 27.07.2012, le connota di una veste nuova rispetto alle precedenti sentenze (di cui alla lett. B) come se le stesse sconfesserebbero la tesi ormai prevalente e dominante in materia. È invece importante scoprire che le due sentenze – in base alle quali secondo il Ministero sarebbero attuabili i condoni comunali con riferimento all’art. 13 – non prendono assolutamente posizione sull’argomento. Le sentenze della Corte di Cassazione n. 13463 e 13464 del 2012 La sentenza n. 13463 del 03.05.2012, depositata il 27.07.2012, (Presidente Dott. M. Pivetti e Cons. Dott. M. D’Alonzo – udienza del 03.05.2012) si riferisce ad un altro condono che riguarda i manifesti politici ( art. 1 comma 480 della L. 30.12.2004 n. 311 – legge finanziaria 2005); peraltro, la Corte conclude : “nel caso di specie, il mero deposito della quietanza di pagamento, in assenza di qualsiasi ulteriore elemento di riscontro dell’esito positivo dell’attività di controllo svolta dall’ente impositore, non fornisce ex se la dimostrazione del fatto determinante la cessazione della materia del contendere e cioè dell’intervenuta definizione del rapporto tributario, con la conseguenza che il motivo di ricorso dev’essere dichiarato infondato”. In sostanza, si comprende come la questione trattata, oltre che riguardare appunto un condono diverso da quello di cui all’art. 13 cit., è relativa a questioni procedurali (carenza di interesse) e pertanto non può fare da spartiacque nel caso de quo. La sentenza n. 13464 del 09.05.2012, depositata il 27.07.2012, (Presidente Dott. M. D’Alonzo udienza del 09.05.2012), parimenti non prende nessuna posizione rispetto al condono ex art. 13 cit, pur citandolo nella sentenza. Il caso analizzato nella sentenza riguarda l’imposta di pubblicità per l’anno 1998 relativamente agli impianti utilizzati da una contribuente nel territorio municipale romano. Anche in questo caso, la querelle è relativa ad un vizio procedurale, in quanto come si evince dalla sentenza “la parte che ha presentato l’istanza di definizione, al termine della durata della sospensione e nella ipotesi in cui si sia perfezionata la definizione agevolata, è tenuta a presentare l’atto di rinuncia alla prosecuzione del giudizio debitamente sottoscritto dalla controparte per accettazione con compensazione delle spese di giudizio. La documentazione, da ultimo, versata in atti dalle società non rispetta le modalità di presentazione di nuovi documenti dinanzi a questa Corte. (…) Del deposito di nuovi documenti, però, deve essere dato avviso all’altra parte mediante notifica del relativo elenco al fine di garantire il contraddittorio (…) invece nella fattispecie non v’è stata notifica dell’elenco né presenza del difensore del Comune in udienza; dunque la produzione della contribuente è inutilizzabile.” In sostanza, la mancanza di conoscibilità dei documenti prodotti ha determinato la totale assenza relativa all’interpretazione della Corte sul problema che si analizza nel presente documento. Ma vi è di più! Come si può facilmente evincere, vi è una sostanziale corrispondenza dei soggetti facenti parte la Corte di Cassazione delle sentenze citate dal Ministero (ed utilizzate per legittimare i condoni comunali, senza solide basi giurisprudenziali e normative) e di quelle della giurisprudenza prevalente che effettivamente pronunciandosi sulla validità del termine stabilito dalla norma di cui all’art. 13, ne hanno previsto l’inapplicabilità per le annualità successive al 2002. Infatti, la sentenza n. 13463 vede come presidente il Dott. Pivetti e tra i Consiglieri il Dott. D’Alonzo (udienza del 03.05.2012); la sentenza n. 13464 vede come Presidente il Dott. D’Alonzo con udienza successiva alla precedente pronuncia, del 09.05.2012; allo stesso tempo, nella importantissima sentenza n. 12679 (con udienza del 30.05.2012) vi sono come Presidente il Dott. Pivetti e tra i Consiglieri il Dott. D’Alonzo!!! Questo sta a significare che nelle sentenze citate dal Ministero – quelle in base alle quali dovrebbero ritenersi legittimi i condoni comunali – (n. 13463 e 13464 in cui l’argomento non è proprio trattato - ), l’art. 13 non era stato minimamente preso in considerazione , tanto vero che i due Presidenti Dott. Pivetti e Dott. D’Alonzo lo hanno, per la prima volta, affrontato e deciso correttamente con la sentenza n. 12679/2012. Questo dimostra anche l’errore grossolano contenuto nel parere rilasciato dal Ministero, su richiesta del Comune di Lecce, con la nota n. 23873 del 20.10.2012. Infatti, il Ministero conclude il suo parere cosciente che la sua tesi non risulta in alcun modo sostenibile, oltre che sostenuta da nessuna pronuncia, facendo presente che “i regolamenti dei comuni possono essere contestati ed impugnati, ed (il Ministero) invita il Comune di Lecce ad un prudente apprezzamento di questo ente.” D) La recente sentenza n. 15251 del 12.07.2012 della Corte di Cassazione. Alcuni, in materia di condono, citano la sentenza n. 15251 del 12.07.2012, che non procede a nessuna determinazione sull’argomento, in quanto l’oggetto di questa pronuncia riguarda la carenza di interesse del contribuente a proporre ricorso per Cassazione ex art. 100 c.p.c.. Anche qui, la Corte non procede ad alcuna disamina circa il condono di cui all’art. 13 della L. n. 289/2002, lasciando intatto lo spirito guida perseguito dalle sentenze di cui alla lettera B). E) Conclusioni In conclusione, alla luce della importante sentenza n. 12679 del 30.05.2012 pronunciata dalla Corte di Cassazione, dei principi contenuti nelle citate delibere della Corte dei Conti – precedenti rispetto alle sentenze di legittimità – , alla corretta interpretazione della norma di cui all’art. 13 della L. n. 289/2002 contenuta nelle argomentazioni giuridicamente svolte dai Presidenti e dai Consiglieri della Corte di Cassazione, è importante che i Comuni non facciano alcun tipo di condono comunale ai sensi dell’art. 13 citato, in quanto le conseguenze si rivelerebbero disastrose. Infatti, stante la giurisprudenza di legittimità che sottolinea l’illegittimità di questi condoni per il limite temporale contenuto nella norma attuatrice, pochi contribuenti ne farebbero uso, correndo il rischio di aderire ad un condono giuridicamente illegittimo con il conseguente aggravio di spese successive (sanzioni e interessi). Inoltre, i Comuni andrebbero a sballare completamente i loro bilanci prevedendo la riscossione di somme mai certe e sicuramente improbabili. Infine, e di non minor importanza, i giudici tributari non possono sospendere i giudizi in corso e devono assolutamente attenersi all’interpretazione di diritto vigente della Corte di Cassazione, come individuata dalla sentenza n. 12679 citata, facendo così venir meno la definizione agevolata delle liti pendenti. Lecce, 13.11.2012 Avv. Maurizio Villani Avv. Francesca Giorgia Romana Sannicandro AVV. MAURIZIO VILLANI Avvocato Tributarista in Lecce Patrocinante in Cassazione www.studiotributariovillani.it - e-mail avvocato@studiotributariovillani.it

Fondo comune d’investimento “Europa Immobiliare n. 1”: class action dello “Sportello dei Diritti” contro Poste Italiane

Class action dello “Sportello dei Diritti” contro Poste Italiane per la proposta di risparmio del Fondo comune d’investimento “Europa Immobiliare n. 1” Ignari pensionati ingannati e truffati dai promotori di Poste Italiane? C’è chi ha investito tutti i propri risparmi per acquistare quote di un fondo comune di investimento di tipo chiuso ad alto rischio denominato “Europa Immobiliare n. 1” convinti di stipulare polizze a fini previdenziali con promessa di capitale superprotetto e che avrebbero dovuto fruttare fino al 7% annuo di interessi. Il promotore di Poste Italiane, carpita la loro fiducia, avrebbe fatto firmare in bianco i moduli e contratti. La prima denuncia è pervenuta da Modica (RG) allo “Sportello dei Diritti”. Lo staff guidato dall’avv. Francesco Toto già noto per aver avviato i giudizi a tutela dei piccoli azionisti Alitalia, ha già introdotto le prime azioni a difesa dei diritti fondamentali degli anziani clienti di Poste Italiane considerando più che fondata la domanda di indennizzo per danni patrimoniali e non patrimoniali. A tal proposito, Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, rileva che si profila un’altra causa collettiva a difesa del diritto al risparmio, al patrimonio ed al diritto di non essere vittime di false informazioni da parte di enti autorizzati dallo Stato ad esercitare attività di intermediazione mobiliare. Prossima udienza a Marzo 2013 presso il Tribunale di Modica.

giovedì 15 novembre 2012

Economia: in recessione gli Stati dell'Europa Meridionale

Economia: in recessione gli Stati dell'Europa Meridionale. In Francia e Germania il PIL sale, in Italia e Spagna in calo per il secondo trimestre di fila Frena la Germania, stupisce la Francia male l’ Italia e la Spagna. Non se la passa meglio il Portogallo (-0,8%), mentre non sono disponibili cifre per Grecia e Irlanda. Nel giro di quattro anni e per la seconda volta, la zona euro è ufficialmente entrata in recessione facendo segnare una flessione del prodotto interno lordo per il secondo trimestre consecutivo. Da luglio a settembre il calo è stato dello 0,1%, contro lo 0,2% in meno registrato da aprile a fine giugno. Torna invece in positivo (+0,1%) il dato per l'insieme dei 27 membri dell'Unione Europea. Mentre dato sorprendente è il pil della Francia che è cresciuto dello 0,2% nel terzo trimestre rispetto ai tre mesi precedenti, dopo -0,1% nel secondo trimestre e una crescita nulla nel primo. Lo comunica l'istituto di statistica francese Insee aggiungendo che il dato acquisito per il 2012 è di un progresso dello 0,2%. Il dato è migliore delle stime che davano una stagnazione anche nel terzo trimestre. Secondo quanto comunica l'istituto di statistica tedesco il pil della Germania se è pure salito dello 0,2% resta stazionario nel terzo trimestre rispetto al secondo,. Il dato è in linea con le aspettative degli analisti. La crescita dell'economia segna però un rallentamento rispetto al +0,5% del primo trimestre 2012 e allo 0,3% del secondo. In Italia il pil è invece diminuito dello 0,2%; si tratta del quinto consecutivo in cui si registra un calo congiunturale del Pil. Tuttavia il calo di luglio-settembre è inferiore a quello dei trimestri precedenti (-0,8% nel primo e 0,7% nel secondo). Anche la Spagna resta invece in recessione nel terzo trimestre del per il quinto trimestre consecutivo, con un calo del pil dello 0,3% rispetto ai tre mesi precedenti, quando aveva già segnato un arretramento dello 0,4%. Per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” nel confronto su base annua, la zona euro ha perso lo 0,6% del suo PIL, l'Italia il 2,4% (comunque meno di quanto prevedessero gli analisti) e la Spagna l'1,6%. La loro situazione sta iniziando a contagiare anche gli Stati più solidi, tanto che frenano fra gli altri Austria (-0,1%) e Olanda (-1,1%). A titolo di paragone, la Germania risulta ancora in crescita dello 0,9%.