mercoledì 31 ottobre 2012

Latte materno. Molte mamme non lo producono più

Latte materno. Molte mamme non lo producono più. Subito un’indagine epidemiologica del Ministero della Salute e dell’ISS È giusto premettere, prima di affrontare quanto segnalato allo “Sportello dei Diritti”, che non si è a conoscenza di dati ufficiali, ma proprio per tali motivi stante la delicatezza del tema è opportuno che qualcuno cominci ad indagare. E questo “qualcuno” sono le istituzioni, in particolare quelle deputate alla tutela della salute dei cittadini. Non sono solo voci di corridoio negli ospedali, tra i pediatri, ma sono le mamme, tante mamme a segnalare ciò che sino a qualche anno fa era un caso abbastanza raro: quello della mancata o della scarsa produzione di latte materno. L'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) raccomanda l'allattamento materno esclusivo per almeno i primi sei mesi di vita del bambino, mantenendo il latte materno come alimento principale fino al primo anno di vita pur introducendo gradualmente cibi complementari. Suggerisce inoltre di proseguire l'allattamento fino ai due anni e oltre, se il bambino si dimostra interessato e la mamma lo desidera. Mentre l’Unicef da anni raccomanda ai governi nazionali il dovere di informare le donne sui benefici dell'allattamento al seno. Non si tratta, qui, di censurare le campagne informative sull’allattamento al seno perché si è raggiunto, anche nel nostro Paese, un adeguato livello d’informazione circa l’importanza del latte materno per le sue irriproducibili capacità nutritive, idratanti, antibatteriche, antivirali, antibiotiche che ha determinato un’accresciuta consapevolezza tra le puerpere e i loro familiari. Fatto sta che sono numerose, le donne, che hanno segnalato quello che potrebbe essere considerato un preoccupante fenomeno. Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, a tal proposito evidenza che al momento non si conoscono i numeri, ma in alcuni reparti di ostetricia e ginecologia e pediatria, un notevole numero di neomamme ha accusato il problema che le ha costrette alla cosiddetta “aggiunta” o alla sostituzione completa con il latte artificiale. Allo stesso modo, non se ne comprendo le cause che potrebbero essere attribuite a fattori ambientali o alimentari. Per tali ragioni, pur non volendo destare alcun allarme in assenza di numeri e dati certi, lo “Sportello dei Diritti” si rivolge al Ministero della Sanità e all’Istituto Superiore di Sanità affinché avviino comunque un’indagine epidemiologica per verificare se quanto lamentato è un fenomeno reale e su larga scala e per appurarne le cause.

La regina della tavola mondiale. La pasta: oltre 13 miliardi i piatti cucinati nel mondo solo l’anno scorso

La regina della tavola mondiale. La pasta: oltre 13 miliardi i piatti cucinati nel mondo solo l’anno scorso Quasi due porzioni a testa ad ogni cittadino nel mondo nel corso del 2011. Sono tredici miliardi e 275 milioni i piatti cucinati in tutto il mondo con la pasta “made in Italy” solo per l’anno passato. Certo, se tutti potessero mangiarne almeno un piatto o anche un solo boccone. Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, rileva a tal proposito che la crisi globale e la contrazione dei redditi pro capite, non sembrano fermare il consumo della regina della tavola almeno secondo quanto sostenuto dall’Aidepi, l’associazione delle industrie del dolce e della pasta italiane a Città del Messico in occasione di un incontro sul tema “Pasta, cibo del futuro” per il “World Pasta Day”, che ha visto tutti assieme riuniti nei giorni scorsi gli Stati generali rappresentati dall’International Pasta Organization (IPO). Che sia il cibo del presente è certo perchè tutti gli indicatori segnano dati positivi, compreso quello dell’export che segna un +7,8% solo nei primi sette mesi dell’anno, con i mercati esteri che assorbono oltre il 53% della produzione nazionale. Mentre i consumi nazionali di pasta secca, si sono mantenuti stabili negli ultimi anni. Ma il posto da vera regina spetta alla pasta italiana che secondo l’Aidepi, la pasta italiana si è confermata per l’anno passato leader incontrastata nel mondo con una produzione di 3.300 milioni di tonnellate, seguita a distanza da Stati Uniti, Brasile e Russia. Per quanto riguarda le esportazioni italiane, l’Unione Europea è il mercato più importante, che segna però un aumento (7,1%) di poco inferiore rispetto a quello globale. Per quanto riguarda i singoli paesi UE che registrano dati di crescita superiori alla media, si segnalano il Regno Unito (+9,8%) a seguire la Germania (+ 8,4%) e poi la Francia (+ 7,4%). Mentre verso la Norvegia c’è un vero e proprio boom dell’esportazioni (+28,7%). Sempre restando in Europa, ma nell’area extra UE, particolarmente rilevante è l’aumento del commercio estero verso la Svizzera (+10,3%) e la Russia (+23,7%). Al primo posto però tra i paesi importatori al di fuori del Vecchio Continente vi sono gli Stati Uniti che nei primi sette mesi del 2012 evidenziano un aumento del 20,8%. Ma la crescita dell’export riguarda anche l’Asia con un +11,4% a livello globale con la Cina che fa la parte del leone avendo visto quasi raddoppiare l’importazione di pasta italiana nei primi 7 mesi dell’anno in corso. Anche l’India, costituisce un mercato interessante in prospettiva avendo importato il 13% in più di pasta nostrana.

martedì 30 ottobre 2012

Italia bacchettata dall'Ue sui sacchetti di plastica

Italia bacchettata dall'Ue sui sacchetti di plastica. La Direttiva Imballaggi europea vieta la vendita dei sacchetti. E’ il secondo richiamo di Bruxelles. E’ per l'Italia il secondo avvertimento da parte della Commissione Europea in merito all'adeguamento alla normativa che regolarizza l'uso dei sacchetti di plastica nell'Ue. Nella lettera di richiamo, sottolinea Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, viene ribadito come l'Italia non abbia notificato alla Commissione la messa al bando dei sacchetti non biodegradabili, come già indicato in una precedente lettera di messa in mora del luglio 2011. In aggiunta, l'Italia avrebbe violato la Direttiva Imballaggi per aver mantenuto, nel decreto convertito a marzo nella Legge 28/2012, il divieto alla vendita di sacchetti di plastica non biodegradabili. Secondo questa direttiva infatti, gli Stati membri ne devono autorizzare l'immissione se soddisfano i requisiti essenziali della direttiva Ue, e poiché tra questi requisiti non è prevista la biodegradabilità, il divieto italiano si scontrerebbe con la direttiva europea. In ogni caso, i sacchetti di plastica potranno essere commercializzati in Italia sino al 31 dicembre 2012, termine entro cui il governo dovrà emanare un decreto per regolamentare le buste monouso ecologiche, stabilito dalla commissione Ambiente della Camera in un emendamento al decreto sui rifiuti in Campania. Nello stesso è stata spostata al 31 dicembre 2013 la data in cui scatteranno le sanzioni contro chi contravviene a questi divieti. Fino a quel giorno dunque niente multe per chi viola la legge. Inoltre niente paura per i posti di lavoro della filiera: la commissione ha introdotto una misura per aiutare le industrie che producono i sacchetti di plastica. Sono state infatti previste «forme di promozione della riconversione degli impianti esistenti», con risorse da attingere dal cosiddetto Fondo Kyoto. Ricordiamo, per finire, come le buste di plastica sono pericolose per i pesci e per gli animali che cercherebbero di cibarsene.

Le spese folli in giro per l’Italia. Nella triste classifica degli sprechi vi è l’arredamento dei dirigenti degli Enti

Le spese folli in giro per l’Italia. Nella triste classifica degli sprechi vi è l’arredamento dei dirigenti degli Enti. L’ultima la scrivania modello “Quirinale” per il Presidente della Camera di Commercio di Lecce Nel Paese di Bengodi di boccaccesca memoria non si è mai badato a spese. E l’Italia e i suoi innumerevoli apparati, le sue amministrazioni, enti, nonostante la crisi, il suo debito pubblico tendente all’infinito, sembra continuare ad essere il Paese di Bengodi. Non per tutti, però, perché rimane ancora una classe di privilegiati arroccati all’interno di quegli apparati, amministrazioni, enti che sembra continuare a vivere in un paese che non c’è, distante mille anni luce da quello reale. Ed è così che mentre per una famiglia media italiana un salotto dura almeno dieci anni, dopo averlo acquistato quantomeno a rate, per chi siede nell’amministrazione pubblica o in enti parapubblici cambiare una poltrona, una scrivania o più in generale l’arredamento continua ad essere più semplice e comodo, specie se si fa con denari che non sono propri. Se è giusto che 605,00 euro per l’acquisto di una poltrona per un dirigente del Comune di Lecce di questi tempi sono sembrati troppi ai cittadini, appare scontato che la scrivania di marca Pineider modello “Quirinale” nonché un set da scrivania modello “porcelline de Paris, decor ex libris” per i quali è stata impegnata una spesa di euro 2.050,00 iva inclusa, provocano ancor più indignazione. Si tratta, dell’arredo, è proprio il caso di dirlo, presidenziale, della stanza del Presidente della Camera di Commercio, Industria e Artigianato di Lecce, a seguito di una determina dirigenziale che Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, ritiene utile segnalare perché non si ripeta più questo pugno nell’occhio a milioni di cittadini e d’imprese che si trovano in difficoltà anche perché un passo indietro, magari attraverso il semplice recupero di qualche arredo o l’acquisto di una scrivania meno pretenziosa, che poteva essere un gesto dignitoso e

Equitalia : nulle a partire dal 2000 in poi le cartelle esattoriali prive della sottoscrizione del responsabile del procedimento

Equitalia : nulle a partire dal 2000 in poi le cartelle esattoriali prive della sottoscrizione del responsabile del procedimento. L'atto deve contenere sia la sottoscrizione del responsabile sia la qualifica e il nominativo di chi ha notificato Le cartelle esattoriali prive della sottoscrizione del responsabile del procedimento, sono nulle a partire dal 2000 in poi. Lo ha stabilito la sentenza n. 3339/2012 del Giudice di Pace di Lecce, Avv. Giuseppe Paparella, che, ha accolto il ricorso di un cittadino assistito dall'avvocato Rosanna Cafaro al quale era stata notificata una cartella esattoriale priva della sottoscrizione del responsabile del procedimento e del nome e della qualifica del notificatore. Secondo il magistrato onorario la causa della nullità, è insita nello Statuto del contribuente in controtendenza a numerose decisioni della Suprema corte che attribuisce la nullità della cartella non dallo Statuto ma dall'espressa previsione legislativa del 2008. L’Avv. Paparella diversamente dai Giudici della Suprema Corte, ha seguito l'orientamento e le decisioni espresse delle corti tributarie che hanno censurato il comportamento di Equitalia quando non segue con correttezza le procedure d’esazione. Anche per la stessa Corte costituzionale, secondo cui «dopo l'emanazione della Legge 212/2000 (Statuto del Contribuente) in merito alla nullità delle cartelle esattoriali prive di sottoscrizione da parte del responsabile del procedimento si erano già pronunciate le seguenti Commissioni Tributarie: C.T.R. Veneto Sezoine VIII Sentenza n. 56 depositata il 08.11.2006; C.T.P. Padova Sezione I Sentenza n. 253 depositata il 22.11.2006; C.T.P. Padova Sezione II Sentenza n. 25 depositata il 22.03.2002». È questo, sostanzialmente il principio di diritto cui deve attenersi la società esattrice per poter procedere. Tale indirizzo è stato successivamente confermato con l'ordinanza n. 377 del 09.11.2007 della Corte Costituzionale, che ha stabilito la nullità della cartella di pagamento priva di sottoscrizione da parte del responsabile del procedimento, ritenendo quest'ultima un adempimento indispensabile, in quanto ha lo scopo di assicurare la trasparenza dell'attività amministrativa, la piena informazione del cittadino (per un eventuale azione nei confronti del responsabile del procedimento) nonché la garanzia del diritto alla difesa, tutelando in tale modo il buon andamento e l'imparzialità della Pubblica Amministrazione, sanciti dall'art. 97 primo comma della Costituzione, ponendo con queste argomentazioni definitivamente termine ad ogni dubbio in proposito. Per Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, l’importante decisione, costituisce un prezioso precedente per quanti vorranno ricorrere a questo tipo di sanzioni amministrative che in effetti non denotano una particolare trasparenza nella loro emissione.

lunedì 29 ottobre 2012

Furti di rame. Il caso delle marine leccesi di San Cataldo e Frigole portato innanzi all'AGCOM

Le comunicazioni d’intere aree d’Italia isolate dai furti di rame. Il caso delle marine leccesi di San Cataldo e Frigole. Basta cittadini di seria A e di serie B Da mesi lo “Sportello dei Diritti” ha avviato una campagna nazionale per evidenziare i pericoli per la collettività connessi all’escalation di furti per ottenere metalli quali rame, bronzo e ferro. Dopo aver indicato una serie di ricette per cercare di arginare il fenomeno, è il caso di dirlo, non è arrivato ancora alcun segnale ed anzi continuano ad arrivarci segnalazioni da tutta Italia in merito all’isolamento nelle comunicazioni, ma anche per la corrente elettrica, di intere zone più o meno grandi del Paese. Da evidenziare ed emblematico è il caso delle marine leccesi di San Cataldo e Frigole dove da mesi è svanita la rete telefonica e quella Adsl con conseguenti gravissimi disagi per un notevole numero di nuclei familiari residenti nella fascia costiera del comune capoluogo della provincia di Lecce. La colpa, secondo gli addetti lavori, sarebbe nei furti dei cavi di rame d’intere linee aeree che non verrebbero sostituite dalla Telecom, almeno a detta dei diversi operatori di telefonia, per i notevoli costi non contraccambiati da altrettanti benefici economici per il gestore della rete che, si ricordi non è più monopolista da anni e quindi non avrebbe un interesse prioritario ad investire, poiché le zone non sarebbero ad alta densità di popolazione. Insomma, Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, sottolinea che ancora una volta anche nel caso esemplare delle due frazioni di Lecce, viene a dimostrarsi il notevole digital divide che affligge l’Italia nell’era delle telecomunicazioni e che amplifica le differenze tra cittadini di Serie A e di Serie B sol perché si è residenti in un punto piuttosto che in un altro di un comune Una situazione che non si può più tollerare per la quale non basta prendere carta e penna e scrivere a Telecom, solo per segnalare quello che appare così come un semplice disservizio ma che nasconde problemi di natura politico-amministrativa più complessi, come ha fatto il sindaco della città di Lecce, Perrone, certamente pressato da centinaia di cittadini costretti a subire i disagi connessi. È anche in questo che si può misurare come un’amministrazione comunale guardi al futuro e cerchi di risolvere il problema della connessione verso il mondo dei suoi concittadini, per esempio attraverso la realizzazione in collaborazione con società che si occupano di questo, di reti a banda larga a copertura delle aree più disagiate utilizzando le infrastrutture esistenti quali i tralicci per la ripetizione del segnale televisivo e della telefonia cellulare con tecnologie wireless diverse da quelle della rete mobile (come richiesto dal sindaco). Ma se un governo cittadino pensa che una lettera possa risolvere un problema che quasi certamente si ripeterà sinché le linee rimarranno aeree e continueranno i furti di rame, riteniamo che nel caso di specie l’iniziativa del sindaco sia stata solo strumentale e mediatica anche perché per come rilevato anche dall’AGCOM (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni) tutte le “eventuali problematiche riguardanti le infrastrutture di telecomunicazioni (pali, antenne, cavi, etc.) sia su suolo pubblico che privato sono di competenza (art. 86 del D.Lgs. 295/2003) degli organi locali di gestione del territorio (Regioni, Province, Comuni)”.

Condannato il capoufficio che spia la posta elettronica dei dipendenti

Condannato il capoufficio che spia la posta elettronica dei dipendenti. Non può essere violato il domicilio informatico dei subordinati costituito dalla casella email qualsiasi ne sia il contenuto Il capoufficio spione che legge abusivamente la posta elettronica dei propri subordinati può essere condannato penalmente. Secondo la Corte di Cassazione penale anche gli account sono tutelati dalla protezione del cosiddetto «domicilio informatico» indipendentemente dalla natura dei dati contenuti nella casella di posta elettronica. La sentenza 42021 del 26 ottobre 2012, resa dalla quinta sezione penale della Suprema Corte - che Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” porta all’attenzione per censurare una prassi che continua a perpetuarsi in Italia, quella del controllo illegittimo dei dipendenti da parte dei datori – ha, infatti, ritenuto inammissibile il ricorso presentato dal responsabile di un ufficio condannato dalla Corte d’appello di Roma a quasi un anno di reclusione per essersi introdotto abusivamente nel server di posta elettronica della società violando l’accesso a caselle postali e-mail di alcuni dipendenti dell’ufficio. La quinta sezione penale ha quindi confermato la sentenza di condanna per il reato di cui all’articolo 615 ter del codice penale, nei confronti del superiore riconosciuto titolare di conoscenze da tecnico informatico, rilevando che «l’articolo 615 ter del Cp, introdotto a seguito della legge 23 dicembre 1993, n. 547, il legislatore ha assicurato la protezione del “domicilio informatico” quale spazio ideale (ma anche fisico in cui sono contenuti i dati informatici) di pertinenza della persona, a esso estendendo la tutela della riservatezza della sfera individuale, quale bene anche costituzionalmente protetto. Tuttavia l’articolo 615 ter Cp non si limita a tutelare solamente i contenuti personalissimi dei dati raccolti nei sistemi informatici protetti, ma offre una tutela più ampia che si concreta nello “jus excludendi alios”, quale che sia il contenuto dei dati racchiusi in esso, purché attinente alla sfera di pensiero o all’attività, lavorativa o non, dell’utente; con la conseguenza che la tutela della legge si estende anche agli aspetti economico-patrimoniali dei dati, sia che titolare dello “jus excludendi” sia persona fisica, persona giuridica, privata o pubblica, o altro ente». Per dirla in altre parole l’introduzione abusiva nella posta elettronica altrui e l’uso illecito del relativo account è un reato riconosciuto dall’ordinamento penalmente punibile. Nel caso in questione nel dichiarare inammissibile il ricorso, gli ermellini hanno confermato la condanna a quasi un anno di carcere ed un’ammenda di mille euro.

domenica 28 ottobre 2012

Nuovo stop ad Equitalia dalla Cassazione

Nuovo stop ad Equitalia dalla Cassazione Il fermo amministrativo è illegittimo se non è stata notificata la cartella di pagamento Sono molteplici le decisioni delle corti tributarie ma anche della Cassazione che hanno censurato il comportamento di Equitalia quando non segue con correttezza le procedure d’esazione. L’ennesima pronuncia, la n. 18380 del 26 ottobre 2012 emessa dalla sezione tributaria della Suprema Corte, nel rigettare il ricorso avverso due precedenti pronunce favorevoli nei confronti di un contribuente da parte della commissione tributaria provinciale di Milano e di quella regionale della Lombardia, ha bacchettato nuovamente l’agente per la riscossione. Nei due precedenti delle corti di merito era stato rilevato che il fermo amministrativo, non poteva essere iscritto (ed è quindi da ritenersi illegittimo), perché non preceduto dalla notifica della cartella di pagamento al contribuente che costituisce il titolo per poter procedere anche per l’adozione di qualsiasi provvedimento cautelare. È questo, sostanzialmente il principio di diritto cui deve attenersi la società esattrice per poter procedere con l’imposizione delle cosiddette ganasce fiscali. A sostenerlo è Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, che rileva come in moltissimi casi sul territorio nazionale tale assunto non sia sempre rispettato ed anzi sono molteplici le segnalazioni di provvedimenti, a dir poco illegittimi, di tal tipo. Nel caso di specie, i giudici del Palazzaccio nel rigettare il ricorso di Equitalia avverso la decisione della Ctr della Lombardia hanno precisato che «nel concreto, il quesito di diritto formulato dalla ricorrente Equitalia si limita a postulare che il preavviso di fermo sia comunque legittimo, seppure non preceduto dalla notifica della cartella di pagamento, mentre non tiene conto del fatto che il nucleo logico della decisione impugnata consiste nel rilievo che l'omessa dimostrazione dell'avvenuta notifica delle cartelle implica l'accertamento della decadenza dal diritto alla riscossione, con implicita conseguenza della insussistenza di qualsivoglia titolo per l'adozione di provvedimenti di genere cautelare».

Allarme abusivismo delle professioni sanitarie

Allarme abusivismo delle professioni sanitarie. Falsi infermieri impiegati anche nelle sale operatorie da Nord a Sud della penisola. Un rischio per il cittadino ed un danno calcolato per il Servizio Sanitario Nazionale di svariati milioni di euro. L’arte di arrangiarsi, si sa, è una caratteristica tipica di noi italiani quasi sempre innocua per la collettività. Ma quella di coloro che per tirare a campare si fregiano di titoli che non posseggono o che fingono di essere professionisti di un determinato settore ed invece non lo sono, può essere anche un pericolo per la società. Specie quando si tratta della salute degli altri. Non si tratta solo di falsi dentisti o falsi medici, che certamente fanno più notizia quando vengono sorpresi con le mani nella marmellata, ma la classifica speciale dei falsi professionisti vede al primo posto coloro che si spacciano per infermieri. Basti pensare che nell’arco del biennio 2010-2011 i carabinieri dei Nas su 2.783 segnalazioni all’Autorità giudiziaria per esercizio abusivo delle professioni, quelle relative alla categoria dei falsi ‘infermieri’, sono state oltre un terzo per un totale di ben 1.023 soggetti denunciati. Tanti o meglio tantissime, perché la gran parte sono donne che cercano di contribuire al bilancio familiare mettendo però a repentaglio la salute dei pazienti. Si fingono infermieri, pur non possedendo le fondamentali conoscenze mediche necessarie per svolgere mansioni così delicate perché vanno ad incidere sulla vita stessa delle persone sottoposte alle loro cure e che spesso le vede coinvolte anche all’interno delle sale operatorie. I rischi sono quindi a carico non solo dei singoli cittadini ma anche del servizio sanitario costretto a pagare i danni conseguenti all’impreparazione di questi soggetti. Si sono registrate nel passato recente indagini che hanno visto alcuni di questi veri e propri truffatori, essere promossi a caposala pur non possedendo alcun titolo, o peggio avendolo “acquistato” sul mercato illegale. Un’inchiesta coordinata dalla procura di Cosenza, aveva denunciato una organizzazione criminale che falsificava i titoli di studio che rivendeva per importi variabili tra gli 8 e i 10mila euro garantendo, fra l’altro, stage truffa per insegnare le informazioni basilari tra cui la misurazione della pressione arteriosa, dei medicamenti e dei prelievi di sangue. La difficoltà ad individuare con certezza questi “professionisti” tra migliaia d’infermieri regolari e diplomati, impone la massima attenzione nella selezione del personale da parte delle ASL e delle autorità ospedaliere sia pubbliche che private sulle quali vigono stringenti obblighi di controllo a tutela dei pazienti. Ma non sempre le autorità sanitarie hanno dimostrato particolare intuito nell’individuare i falsi “infermieri” ed i numeri elencati la dicono tutta. Per tali ragioni, Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, invita tutti coloro che abbiano dubbi, ad eseguire controlli consultando l’albo sul sito (http://www.ipasvi.it/chi-siamo/ricerca-albo.htm) del Collegio Professionale IPASVI (acronimo di Infermieri Professionali, Assistenti Sanitari e Vigilatrici di Infanzia), oppure segnalando il nominativo al Collegio Professionale della propria città o al nucleo dei Carabinieri del Nas.

Tumori: svolta nella chirurgia del seno

Svolta nella chirurgia del seno. Scienziati australiani sono riusciti a far ricrescere il tessuto del seno in una donna che aveva il cancro. Una bella conquista in campo medico quella di un equipe di chirurghi australiani dell'Istituto di ricerca O'Brien di Melbourne che secondo quanto è stato comunicato agli organi di stampa di quel paese sono riusciti a far ricrescere il tessuto del seno su una donna che avevano subìto un intervento chirurgico a causa di un cancro. L’esperimento ha coinvolto cinque donne cui era stata asportata la mammella attraverso l’impianto di una camera acrilica a forma di seno. Gli scienziati hanno, quindi, reindirizzato i vasi sanguigni nello spazio collegato con le cellule di grasso del paziente ed in una di esse si è rigenerato il tessuto sino a riempire la sagoma artificiale. Secondo quanto è dato apprendere l’esperimento è riuscito su una paziente, la signora Tanya Downs, che aveva solo 36 anni, quando cinque anni fa le venne diagnosticato un cancro al seno e le era stata praticata una mastectomia. Il tessuto del suo seno è stato coltivato con successo dalle proprie cellule di grasso. La speranza è quella che un giorno il seno si possa autogenerare dopo una mastectomia con la conseguenza che potrebbe diventare un'alternativa alla protesi al silicone. L’esperimento, per quanto comunicato dal team australiano specializzato nell’ingegneria dei tessuti, verrà presto allargato ad una platea più ampia di pazienti per comprendere compiutamente il processo di rigenerazione del tessuto. Secondo Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, l’importante scoperta potrebbe essere un meraviglioso passo avanti per tutte le donne che a seguito dell’asportazione del seno subiscono dei veri e propri drammi psichici che vanno a ledere l’essenza stessa della propria femminilità.

sabato 27 ottobre 2012

Pericolo droghe. Un comune antidolorifico, l’ossicodone usato come droga

Pericolo droghe. Un comune antidolorifico, l’ossicodone usato come droga. L’allarme dall’Australia e dagli Stati Uniti. Dall’Australia e dagli Stati Uniti arriva un’allarme sull’abuso di un farmaco utilizzato come una sorta di droga che starebbe mietendo un numero record di vittime a seguito di overdose. L’ossicodone è, infatti, un antidolorifico noto anche come “Oxycontin” che viene utilizzato dai pazienti che soffrono di dolori cronici anche se la gran parte delle vittime sono persone di metta età. Il farmaco era utilizzato specificamente pe r i pazienti oncologici, ma diversi anni fa ha cominciato ad essere regolarmente prescritto a chiun que soffriva di dolore cronico e l’uso è aumentato vertiginosamente e quai fuori controllo. Mentre i tassi di prescrizione di morfina sono crollati, l’ossicodone ha segnato una crescita del 152% in sei anni. La droga è comunemente preparata mediante lo schiacciamento di pasticche la cui polvere v iene iniettata in vena. Intorno alla vendita di questo farmaco si è creato un fiorente mercato nero che è anche un business lucrativo. Basti pensare che da una compressa di 80 grammi di ossicodone può essere venduta in strada per 50 dollari, mentre una scatola intera a di $1.400, mentre fiorisce su internet il mercato illegale transazionale che consente l’acquisto anche di questi tipi di farmaci oppiacei senza alcuna prescrizione medica. Gli esperti sono convinti che gli utilizzatori non hanno ancora compreso la potenza e la dannosità del farmaco. Secondo studi, l’ossicodone è una volta e mezzo più forte dell’eroina, riduce la respirazione rendendolo potenzialmente mortale e gli effetti sono più potenti di altri sedativi come l’alcool ed il Valium. Il farmaco sarebbe, infatti, dietro l’impressionante escalation di overdosi accidentali negli Stati Uniti. Basti pensare che quando il celebre attore Heath Ledger fu trovato morto in un appartamento di New York, il suo corpo conteneva un cocktail di farmaci tra cui ossicodone, Valium e Xanax. Non si conoscono le cifre in Italia visto che già nel 2009 il pericolo della diffusione di antidolorifici che vengono utilizzati per finalità diverse da quelle per cui vengono prescritte ai malati cronici è stato oggetto di attenzione anche mediante interrogazioni parlamentari al precedente governo che non ci risulta abbia dato nessuna risposta in tal senso, ma Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, ricorda ancora una volta che in rete risulta ancora semplice acquistare questi farmaci, mentre nei forum i giovani continuano a scambiarsi informazioni con tanto di testimonianze sul cosiddetto “ sballo “ con tutti i consigli utili per l’acquisto. Ed allora, riteniamo utile che il Ministero della salute avvii un’inchiesta urgente per verificare se l’uso di antidolorifici oppiacei sia sotto controllo prima che l’emergenza segnala in altri Paesi possa riguardare anche il nostro.

Gravidanza, salute e giustizia: risarcita una figlia del farmaco "Distilbène"

Gravidanza, salute e giustizia: risarcita una figlia del farmaco "Distilbène" Le società farmaceutiche UCB Pharma e Novartis pagheranno un totale di € 213.000 ad una vittima del farmaco. La Corte d'Appello di Parigi ha condannato venerdì le società farmaceutiche UCB Pharma e Novartis a risarcire una ragazza colpita da cancro perche' la madre aveva assunto del "Distilbène" quando era in gravidanza. Quest'ormone di sintesi, il Dietilstilbestrolo (DES ) è un difenolo con proprietà sintetica estrogenica potente, prescritto a milioni di donne al mondo tra il 1940 e il 1977 mentre tra il 1964 e il 1975 è stato il più raccomandato per prevenire aborti spontanei. Sintetizzato nel Regno Unito nel 1938, è stato commercializzato come farmaco in questo paese sotto il nome di Stilbestrol-Borne, e poi in altri paesi sotto il nome di Stilboestrol Distilbène. Nel 1971 , negli Stati Uniti , l' FDA mette finalmente fine all’embargo e vieta la prescrizione di questo farmaco nelle donne in gravidanza. Il Distilbène è stato quindi vietato per le donne in gravidanza, nel 1975 in Belgio, nel 1976 nel Canada, nel 1977 in Francia , Germania , Austria e Olanda nel 1978, in Italia nel 1981 e nel 1983 in Ungheria . Ma il danno orami era fatto, e una generazione di bambini esposti al DES in utero è nata tra il 1940 e il 1980. L'età fertile per questi bambini è in gran parte tra il 1975 e il 2015: problemi genitali e problemi di sterilità causati a questi figli adulti rappresentano un vero e proprio problema di sanità pubblica , Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, evidenzia che il Distilbène, che non è mai stato prescritto a donne in gravidanza dal 1983, attualmente continua a essere comandato a pazienti con metastasi del cancro alla prostata in cui ha dimostrato la sua efficacia.

giovedì 25 ottobre 2012

Sempre la crisi: mattone è tempo di saldi. Calano anche i prezzi delle case

Sempre la crisi: calano anche i prezzi delle case Ogni settore, come in un domino, è stato colpito dalla crisi. Tutti gli indicatori economici, infatti, a catena, riportano dati negativi che lo Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, ritiene utile evidenziare anche per rilevare come le ricette attuate dall’attuale esecutivo siano assolutamente non all’altezza affidata ad un governo tecnico supportato da una grande maggioranza parlamentare, mentre il paese langue e non vede un’uscita dal tunnel. Un’ulteriore conferma di quanto sostiene lo “Sportello dei Diritti” viene da un settore in cui hanno sempre ripiegato gli italiani nei momenti di maggiore difficoltà: il mattone. Sono i dati Istat - che per la prima volta pubblica l'indice dei prezzi delle abitazioni, con riferimento alle case acquistate dalle famiglie sia a fini abitativi sia per investimento - ad essere inequivocabili in tal senso. Numeri, che dipingono di tinte fosche un quadro già oscuro per la nostra economia che ha visto nel passato, anche recente, nella casa di proprietà un rifugio sicuro non solo per la propria vita familiare ma anche per i propri investimenti. Secondo l'Istituto nazionale di statistica, infatti, nel secondo trimestre di quest'anno l'indice dei prezzi delle abitazioni acquistate dalle famiglie segna un - 0,4% in termini congiunturali e addirittura un - 1,7% su base annua. Su questo calo tendenziale a pesare è soprattutto il ribasso segnato dalle case già esistenti (-3,6%), non sufficientemente compensato dalle nuove che risultano in rialzo (+2,8%). Sono questi dati a dimostrare, come hanno più volte evidenziato gli addetti lavori, che per il mattone è tempo di "saldi" che avvengono contemporaneamente a un crollo delle compravendite e dell’attivazione di mutui. Seppur riportando dati al momento non definitivi, l’ente nazionale ha pubblicato anche una breve serie storica (con inizio dal 2010) che dimostra come si tratti del calo più sostanzioso su base annua, il secondo consecutivo (-0,2% nel primo trimestre del 2012 e -1,7% nel secondo). Ciò evidenzia che, salvo miracoli, c'è in atto un'accelerazione della discesa dei prezzi. Ma venendo ai dettagli, il costo delle abitazioni esistenti, che costituiscono anche la tipologia numericamente più rilevante, a livello congiunturale hanno subito una flessione dello 0,8%, mentre i prezzi di quelli delle case di nuova realizzazione sono aumentati dello 0,5%, quasi certamente in conseguenza dell’aumento dei costi della manodopera e dei materiali. Osservando il dato aggregato relativo al primo semestre dell'anno in corso, la tendenza non è diversa: in maniera complessiva viene registrato un calo del 0,9% su base annua mentre risulta un -2,7% per le case già esistenti e del +3,1% per quelle di prima mano.

Lingua Inglese, gli italiani nella media nella classifica mondiale

Lingua Inglese, gli italiani nella media nella classifica mondiale. I risultati di uno studio riguardano il ruolo della lingua inglese nella nostra società oggi. I 54 Paesi e regioni presenti nell’indice di quest’anno mostrano una grande diversità di competenze nel mondo. Oggi l’inglese è uno strumento essenziale per comunicare a livello internazionale. In un mondo in cui l’integrazione globale è ormai la norma, tale strumento diventa necessario a sempre più persone e in situazioni sempre più diversificate. Grazie all’inglese imprenditori, dirigenti, ricercatori,dipendenti pubblici, ma anche insegnanti, programmatori,segretari, studenti, hanno accesso a risorse ed opportunità che sono irraggiungibili per quanti non conoscono questa lingua. Dopo l’alfabetizzazione, nessun’altra competenza ha rappresentato un potenziale tanto determinante per il rendimento professionale e il miglioramento delle possibilità di guadagno di così tante persone. L’impatto dell’inglese sull’economia globale è innegabile. Chi parla meglio l'inglese? Al quesito ha risposto l'organizzazione "Education First" (EF), che ha pubblicato recentemente uno studio effettuato a livello mondiale. La EF Education First è stata fondata nel 1965 con lo scopo di abbattere le barriere linguistiche, culturali e geografiche. Con 400 scuole e filiali in 55 paesi, la Education First si occupa di insegnamento delle lingue, i viaggi di formazione, la formazione accademica e programmi di scambio culturale. Sono stati 54 i paesi e le regioni presi in considerazione dall'organizzazione, che ha valutato le capacità di esprimersi e comprendere la lingua inglese di 1,7 milioni di persone sulla base dell'indice della "Education First English Proficiency". Al vertice della classifica dei più bravi parlanti di lingua inglese al di fuori del Regno Unito e di quei paesi dove la lingua ufficiale è la lingua di Shakespeare sono Svezia, Danimarca, Paesi Bassi, Finlandia e Norvegia che hanno un alto livello di copmetenza. A livello europeo, l’Italia si ritrova tra i paesi del livello medio della classifica e al 24° posto nella classifica mondiale su 54 paesi. A livello nazionale la classifica è n Friuli-Venezia Giulia 59.19 Buon livello di competenza n Lombardia 57.38 Livello medio di competenza n Lazio 56.03 Livello medio di competenza n Veneto 56.01 Livello medio di competenza n Piemonte 55.97 Livello medio di competenza n Liguria 55.75 Livello medio di competenza n Emilia-Romagna 55.61 Livello medio di competenza n Marche 55.04 Livello medio di competenza n Trentino-Alto Adige/Süditrol 54.22 Livello medio di competenza n Toscana 53.24 Basso livello di competenza n Umbria 52.82 Basso livello di competenza n Campania 52.43 Basso livello di competenza n Abruzzo 52.12 Basso livello di competenza n Puglia 51.39 Basso livello di competenza n Sicilia 50.65 Basso livello di competenza n Sardegna 49.72 Basso livello di competenza n Calabria 47.88 Livello molto basso di competenza Cittá EF EPI Livello n Milano 58.60 Buon livello di competenza n Roma 57.44 Livello medio di competenza n Torino 55.70 Livello medio di competenza n Napoli 55.62 Livello medio di competenza. I dati riguardanti l’Italia dimostrano, inoltre, che le italiane se la cavano meglio degli uomini e che questo risultato è in tendenza rispetto all'andamento mondiale dello studio. Per Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, nonostante si stiano dedicando tempo, risorse ed energie all’insegnamento della lingua inglese, non si ha una vera e propria misura del beneficio apportato alla società intera da questi investimenti. Ad aggravare queste aspettative obsolete, la scuola italiana soffre per la mancanza, nel settore pubblico, di docenti di inglese davvero qualificati. Solo attraverso la pianificazione di programmi nazionali di formazione e aggiornamento dei docenti, la riforma dei sistemi scolastici e in alcuni casi un cambio generale di mentalità si può raggiungere davvero una migliore competenza dell’inglese.

Mobbing: nessuno ne parla più ma le pressioni e gli abusi sul posto di lavoro sono in progressiva diffusione

Mobbing: nessuno ne parla più ma le pressioni e gli abusi sul posto di lavoro sono in progressiva diffusione. Una piaga strisciante in preoccupante crescita a causa della crisi economica che nei luoghi di lavoro acuisce il drammatico precetto del “mors tua, vita mea” L’associazione “Sportello dei Diritti”sulla scia dell’esperienza personale del fondatore Giovanni D’Agata, da anni svolge campagne informative ed assiste sul campo e nelle aule di giustizia le vittime dello strisciante fenomeno delle molestie morali e psico-fisiche sui luoghi di lavoro che da tempo è noto con il termine anglosassone “mobbing”. Negli anni precedenti al picco della crisi economica avevamo rilevato un aumento lento ma costante delle richieste di aiuto di lavoratrici e lavoratori in ogni settore del mercato del lavoro, sia pubblico o privato, anche perché molti di questi che si ritenevano colpiti da azioni e comportamenti discriminatori e vessatori protratti nel tempo, avevano iniziato ad informarsi sulla rete e soprattutto attraverso il passaparola e siti più o meno specializzati prendendo progressivamente cognizione che era finito il tempo del silenzio nel quale erano sovente costretti a ripiegare prima che i giuslavoristi elaborassero concettualmente e giuridicamente la materia e che quindi era possibile ottenere delle tutele che in molti casi hanno portato a risultati positivi sia in termini preventivi che per mezzo di alcune importanti decisioni avvenute nelle aule di giustizia del nostro Paese. Ma è con l’avvento della crisi economica e del grave momento che sta coinvolgendo drammaticamente il mercato del lavoro, con la disoccupazione che sta raggiungendo livelli record, che stiamo registrando quotidianamente grida di dolore che provengono da ogni parte d’Italia e che chiedono solo giustizia e tutele. La colpa di tutto ciò è l’inevitabile aumento della precarietà e di quella che è una costante incertezza nel mondo del lavoro, non certo agevolate in primo luogo dalla modifica della regolamentazione dei contratti collettivi e soprattutto dalla recente e sciagurata riforma “Fornero” dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori che sulla scorta di un vantato e perseverato aumento della flessibilità fa acuire gravemente e drammaticamente il precetto “mors tua, vita mea” già presente in alcuni luoghi di lavoro, ma che sta diventando una pericolosa costante che in prospettiva porterà un aumento dei costi sociali per il diffondersi a macchia d’olio del “mobbing”. Ciò anche perché in Italia, sia il legislatore che questo ed il precedente governo, mentre hanno eliminato e hanno in mente di continuare ad eliminare tutele a protezione del diritto al lavoro, non pensano, a differenza di quanto già fatto in altri paesi Europei, ad una compiuta legislazione che sintetizzi ed elabori normativamente un fenomeno sociale di drammatiche proporzioni che potesse compensare i gravi scompensi determinati proprio dalla riduzione di quelle tutele che vengono progressivamente erose. Sembra uno scenario apocalittico, quello appena descritto, ma è quanto sta accadendo nel nostro Paese se non s’interviene immediatamente. Al contempo lo “Sportello dei Diritti” continuerà a coadiuvare ed assistere tutti i lavoratori e le lavoratrici che si ritengono vessati sul luogo di lavoro continuando ad invitare a segnalare le loro situazioni.

Elogio della “Chia“: l’ integratore della natura prezioso nella pratica sportiva o in gravidanza, durante l’allattamento e la crescita dei bambini

Elogio della “Chia“: l’ integratore della natura prezioso nella pratica sportiva o in gravidanza, durante l’allattamento e la crescita dei bambini. Utilizzati frequentemente i semi di Chia abbassano i livelli di pressione del sangue Direttamente dalla natura arrivano alcune risposte alla domanda di salute che spesso vengono confortate anche dagli studi della medicina. Esistono, infatti, piante che utilizzate nelle cucine o nelle tradizioni mediche di alcuni paesi anche da migliaia di anni, possono apportare benefici sufficientemente conclamati anche a livello della ricerca scientifica. Questa volta, Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti, vuol parlare dei benefici ed usi di una pianta, utilizzata come medicina, la “Chia “. La Salvia hispanica, comunemente conosciuta come Chia, è una pianta appartenente alla famiglia della menta (Lamiaceae), nativa del centro-sud del Messico e Guatemala. La tradizione locale, attesta che questa pianta veniva già coltivata in epoca pre-Colombiana dalle civiltà Azteche. Si tramanda che, essa fosse così pregiata da essere versata come tributo dalla popolazione ai regnanti di turno. Le sue proprietà benefiche, sono dunque note da tempo, difatti la parola "Chia" in Azteco assume il significato di "Forza". E' tuttora utilizzata in Messico e Guatemala, sotto forma di semi (a volte macinati), come fonte di nutrimento e in bevande nutrizionali. Il seme è un ingrediente tipico della cucina Azteca e Messicana, in compagnia di mais e fagioli, tanto da essere considerato l'alimento preferito dei guerrieri Aztechi da cui traevano la forza e il coraggio per vincere le loro battaglie. Ai semi di tale pianta sono sempre state attribuite virtù benefiche e curative in grado di ridurre le infiammazioni, alleviare gli stati generali di dolore e disinfettare le ferite. La chia è un alimento consigliato in situazioni di affaticamento fisico o aumentato fabbisogno energetico (come nella pratica sportiva o in gravidanza, durante l’allattamento e la crescita dei bambini) per le sue notevoli qualità benefiche. Secondo recenti indagini scientifiche, confermate dalla scienza medica ufficiale, infatti, indicano che i semi di chia, una volta ingeriti, sviluppino nell’intestino una specie di gel in grado di ritardare l'assorbimento delle principali fonti caloriche (zuccheri e grassi), migliorando la risposta glicemica e favorendo il controllo del peso corporeo, dei trigliceridi e colesterolo. Gli studi nascono dall’osservazione empirica sulla bassissima incidenza di tumori nei paesi del Sud America che sostengono che il consumo regolare di semi di chia, sia in grado di ritardare le patologie dell’invecchiamento e persino alcune forme tumorali. Dal punto di vista nutrizionale questi semi sono un'ottima fonte di fibre, vitamine, antiossidanti e grassi essenziali omega 3. Le proprietà fondamentali dei Semi di Chia sono: OMEGA 3 8 volte più Omega 3 rispetto al Salmone! I semi di Chia sono la più pregiata e ricca fonte naturale di OMEGA3 del regno vegetale, essi sono ricchissimi di grassi OMEGA3 ed OMEGA6 (RAPPORTO 3:1) altamente assimilabili ed hanno un contenuto in olio del 30% (di cui il 64% è costituito da OMEGA3). Ogni 100g di prodotto continene circa 20g di OMEGA3!!! Tutte queste caratteristiche rendono i SEMI DI CHIA LA PIU' ECONOMICA FONTE DI OMEGA 3 AL MONDO!! OTTIMO SOSTITUTO DELL' OLIO DI PESCE: maggior concentrazione, più economico, nessun odore/sapore sgradevole VITAMINE E SALI MINERALI 7 volte più Vitamina C rispetto alle Arance 5 volte più Calcio rispetto al Latte 3 volte più Ferro rispetto agli Spinaci 2 volte più Potassio rispetto alle Banane 15 volte più Magnesio rispetto ai Broccoli I semi di chia hanno un altissimo contenuto di Vitamine e Sali minerali, pertanto costituiscono un OTTIMO INTEGRATORE NATURALE!! La chia, come tutti i semi, può essere macinata e utilizzata per i prodotti della panificazione (pane, biscotti e torte), per preparare bevande energetiche e fortificanti, o utilizzata come ingrediente di "rinforzo" in alimenti tradizionali come yogurt, latte e derivati, carni e pesce. Si è inoltre constatato che utilizzati frequentemente i semi di Chia abbassano i livelli di pressione del sangue. E se la scienza conferma,e l'Unione Europea ha approvato nel 2009 la commercializzazione dei Semi di Chia per scopi umani, non possiamo che elogiarne le proprietà e consigliare di aggiungere i semi di Chia anche nella dieta degli italiani.

Malattie mentali, le case farmaceutiche hanno abbandonato la ricerca

Nuovi farmaci psichiatrici bassa priorità per le aziende farmaceutiche. Enorme bisogno insoddisfatto di farmaci migliori per le persone affette da depressione Le malattie mentali passano in secondo piano per ciò che concerne la ricerca per lo sviluppo di farmaci del settore, anche se la depressione costituisce una delle principali cause di disabilità. Tale dura e cruda realtà è stata definitivamente resa pubblica sulla rivista specializzata Science Translational Medicine. Alcuni autorevoli autori, infatti, sostengono che la scoperta di farmaci per il trattamento di disturbi psichiatrici come l'autismo, la schizofrenia, il disturbo bipolare e la depressione sono arrivati ad un punto morto. Il dottor Thomas Insel, direttore del National Institute of Mental Health ha sostenuto che gli antipsicotici e gli antidepressivi pur costituendo negli ultimi decenni tra le fonti più redditizie di alcune industrie farmaceutiche ha anche precisato che ciò non vuol dire che siano sempre efficaci. La ragione del loro exploit è dipesa anche dal fatto che si potevano vendere e potevano essere immessi sul mercato. Negli ultimi cinque anni, infatti, più di 20 – 30 tipi diversi di antipsicotici antidepressivi sono stati commercializzati con oltre 25 miliardi di dollari d’incassi solo negli Stati Uniti e solo nel. Questo tipo di farmaci ha sottolineato Steven Hyman della Harvard University di Cambridge in Massachusetts sono spesso derivanti da scoperte fortuite come quella degli effetti del litio nel 1949, che ha consentito la stabilizzazione dello stato d'animo. La ragione principale per cui le case farmaceutiche non investono più in un settore che presenta un straordinario fabbisogno terapeutico e che costituisce un mercati in espansione sta nella difficoltà a scoprire farmaci innovativi che possano illuminare un percorso molto arduo in un terreno scientifico assai difficile anche perché in cervello non è così accessibile come gli altri organi per essere studiato. Ciò ha comportato che gli unici progressi stiano avvenendo nel settore della psicoterapia cognitiva e nei trattamenti psichiatrici, ma, nonostante le opportunità di un mercato in crescita, le principali aziende farmaceutiche hanno recentemente annunciato tagli sostanziali o l'interruzione completa dei loro sforzi per scoprire nuovi farmaci che curino i disturbi psichiatrici. Per esempio, non esistono farmaci che s’indirizzino verso i sintomi principali dell’autismo come i deficit sociali ed i disturbi del linguaggio. Tali deficit spesso rispondono bene ai trattamenti comportamentali intensivi, il che suggerisce che c'è anche un potenziale per un approccio di natura farmacologica. Gli antidepressivi oggi disponibili sono modestamente efficaci dopo sei settimane di trattamento in studi clinici randomizzati - un tempo lungo per aspettare un disturbo con un elevato carico, ha aggiunto. Dall’indagine pubblicata sulla rivista americana è emerso che gli psichiatri hanno lamentato il bisogno di nuovi farmaci il cui sviluppo è sostanzialmente stato bloccato dalle case farmaceutiche anche quelle più importanti per la difficoltà del settore e per i notevoli costi che tale tipo di ricerca scientifica chiede. Per sopperire a tale grave deficit scientifico è intervenuto in America il governo federale che per esempio sta contribuendo a finanziare la ricerca con un investimento di 5 milioni di dollari per creare una rete nazionale per la ricerca e gli interventi sulla depressione. Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, si augura che anche il Nostro Paese, in barba alle case farmaceutiche, nonostante le difficoltà derivanti dalla crisi, riprenda a finanziare interventi in tale settore delicato della tutela della salute per riaccendere le speranze di milioni di ammalati di malattie connesse alla mente.

martedì 23 ottobre 2012

Monster Energy nel mirino delle autorità statunitensi

Monster Energy nel mirino delle autorità statunitensi. Dopo la Francia cinque casi sospetti di morte segnalati negli Stati Uniti Le bevande energetiche Monster Energy prodotte in California sono sospettate dalla Food and Drug Administration di avere causato la morte di molti consumatori americani. Le Autorità degli Stati Uniti hanno annunciato di avere aperto una indagine per determinare se il consumo della bevanda ha causato effetti colaterali e ha ucciso almeno cinque persone tra il 2009 e il 2012. Secondo molti esperti di salute, l'alto contenuto di caffeina di queste bevande possono causare problemi di cuore.. Venerdì scorso, la famiglia di una ragazza di 14 anni morta nel 2011, ha intentato una causa contro la società produttrice della Monster Energy. L'autopsia ha rivelato che la ragazza era morta a causa di una aritmia cardiaca causata da intossicazione da caffeina. Aveva consumato in 24 ore due lattine di un prodotto della Monster Energy. Queste bevande contengono un totale di 480 milligrammi di caffeina, l'equivalente di tre tazze di caffè. La Monster Energy si è difesa sottolineando che non ci sono prove che questi prodotti sono dannosi per la salute. Tuttavia, il prezzo delle azioni della società è sceso del 14% nella Borsa di New York durante la sessione di Lunedi. Negli Stati Uniti, le normative limitano a 71 milligrammi per 355 millilitri contenenti contenuto di caffeina di bevande analcoliche. Tuttavia, questa limitazione non si applica alle bevande energetiche, che sono considerati integratori alimentari. In Canada, il contenuto di caffeina di bevande energetiche è limitata a 180 milligrammi per contenitore. Esse sono prodotte da Monster Energy, Red Bull, Rockstar e Full Throttle. Il mese scorso, i senatori Dick Durbin dell'Illinois e Richard Blumenthal del Connecticut hanno inviato una lettera alla Food and Drug Administration, chiedendogli di indagare sull'effetto di queste bevande sui bambini e gli adolescenti. Secondo molti analisti, queste indagini possono spingere le autorità a introdurre un'età minima per il consumo di questi prodotti. Può anche essere richiesto una descrizione più completa delle informazioni nutrizionali sulla confezione del prodotto. Tuttavia, le bevande energetiche hanno il vento in poppa. Nel 2011, le vendite sono cresciute del 17% negli Stati Uniti. La Monster Energy monopolizza il 39% del volume di bevande energetiche vendute negli Stati Uniti. Chiaramente non contengono nessun prodotto miracoloso. Sono composte principalmente di zucchero, di sostanze stimolanti come la caffeina, taurina e glucuronolattone. La rinnovata energia che percepisce il consumatore deriva principalmente dallo zucchero e dalla caffeina che compongono le bevande. Essi contengono 8 grammi di caffeina per dose. Tuttavia, come è noto la caffeina è uno stimolante che consumato in dosi elevate, può essere dannoso. L'aminoacido taurina naturalmente presente nel corpo, è uno degli ingredienti che solitamente compone tutte le bevande in commercio con un contenuto dieci volte più concentrato proprio in quelle più famose. Ed i suoi effetti sul corpo e la salute umana sono ancora sconosciuti. Anche il glucuronolattone, un'altra molecola presente nel corpo umano, è molto concentrato in queste lattine. Stando ad alcuni studi tale sostanza avrebbe una stretta connessione con il funzionamento dei reni. Vi è da specificare, inoltre, che al momento attuale, gli effetti a lungo termine di questa miscela contenuta nella stessa bevanda rimangono sconosciuti. Per quanto riguarda gli effetti collaterali ad oggi non è dato sapere granché se non che l'Agenzia per la sicurezza alimentare francese ha comunicato mercoledì scorso di aver ricevuto la segnalazione di due casi di morte per infarto in connessione con il consumo di bevande energetiche e che quindi al momento le indagini sarebbero in corso. Istituito nel 2008, il monitoraggio di queste bevande ha identificato 24 casi di effetti collaterali segnalati, per tredici dei quali ci sarebbe "un possibile o probabile nesso di causalità", ha sottolineato l'agenzia della sicurezza alimentare. Sono stati segnalati effetti al cuore (disturbo del ritmo: tachicardia), neurologici (crisi di epilessia, tremore, vertigini) e psichiatrici (ansia, agitazione, confusione). Inoltre, "tre casi di ictus e due casi di arresto cardiaco, tra cui un mortale - sono stati segnalati per cui il legame con il consumo di energia bevanda potrebbe non essere chiaramente stabilito". Vi è da segnalare che ormai, da tempo, tali bevande vengono miscelate da giovani e meno giovani con gli alcolici per fare degli esplosivi cocktail anche per ridurre la percezione dei sintomi associati all'alcol, seppur non riducendone minimamente gli effetti negativi. In altri termini, il consumatore è alticcio o ubriaco, ma è non ne avverte i sintomi e per lui mettersi alla guida non è un problema. Con le conseguenze del caso in termini di tragedie determinate dall’abuso congiunto di alcol e bevande energetiche. Alla luce di quanto è stato riportato in Francia e in America, Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” si chiede se non sia opportuno avviare una ricerca analoga anche in Italia e se nel frattempo non costituisca una dimostrazione di prudenza per le autorità demandate di limitare il consumo di tali bevande perlomeno ai maggiorenni in attesa di conoscere tutti gli effetti diretti ed indiretti.

Sicurezza stradale: 4000 farmaci possono compromettere la capacità di guida

Sicurezza stradale: 4000 farmaci possono compromettere la capacità di guida. L’UE si attivi per obbligare le società farmaceutiche ad indicare sulle etichette i rischi del farmaco sulla sua compatibilità con la guida «Può influenzare la reattività, la capacità di guida e la capacità di usare strumenti o macchinari.» Su questa frase, ci si imbatte facilmente nelle avvertenze delle scatole dei farmaci che vengono venduti insieme ad un foglietto illustrativo, anche detto bugiardino, in cui si trovano tutte le informazioni relative al farmaco acquistato; uno spazio è dedicato agli effetti indesiderati che l'assunzione del farmaco può avere sul paziente, condizionando le normali e comuni attività svolte durante la giornata. Ogni anno nel mondo, secondo i dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, circa 1.500.000 persone perdono la vita in incidenti stradali, nella maggior parte dei casi dovuti ad errori di comportamento da parte dei guidatori, a eccessiva velocità, colpi di sonno, alcol e sostanze stupefacenti. All'origine di questi episodi di distrazione c'è un'alterazione dello stato psicofisico. Tuttavia, anche l'assunzione di alcuni farmaci può influire sulla corretta conduzione di un veicolo. Molti farmaci possono infatti interferire negativamente con le funzioni motorie e cerebrali, come accade per i medicinali legati alla cura di ansia e depressione, allergie e orticaria, artrosi, cefalea, emicrania, epilessia, nausea, ipertensione, insonnia e malattie autoimmuni. La lista dei farmaci che possono compromettere la capacità di guida è vastissima (circa 4000) e comprende dunque ansiolitici, antidepressivi e antipsicotici, anticonvulsivanti e antistaminici, anticinetosici, antinfiammatori, antipertensivi, insulina e miorilassanti. Sonnolenza, vertigini, visione offuscata, confusione, disturbi visivi sono gli effetti che alcuni farmaci possono avere sulla capacità di guida. Ma l'influenza dell'assunzione di medicinali sulla capacità e l'attenzione del guidatore è spesso sottovalutata o poco conosciuta. Il periodo più critico di una terapia è la fase iniziale, quando non è ancora chiaro come reagirà il nostro organismo ai farmaci, se compariranno effetti indesiderati e di che intensità saranno. Nei primi giorni di trattamento sarebbe bene evitare di mettersi al volante. Se non è possibile, usare molta prudenza, cercando di evitare viaggi prolungati senza soste o in condizioni di traffico difficili. Infatti molti farmaci possono recare disturbo alla concentrazione e alla capacità di prestare attenzione. Come accade per l'alcool, anche molti farmaci, soprattutto quelli che agiscono a livello del Sistema Nervoso Centrale, possono interferire negativamente con le funzioni che sovrintendono alla guida, una delle più comuni, ma più complesse, serie di attività psicomotorie compiute dall'uomo. Considerando che milioni di automobilisti percorrono ogni giorno strade e autostrade, e che presumibilmente fra di essi sono molti quelli che assumono farmaci, ci si rende subito conto delle dimensioni del problema e di quanto sia importante la consapevolezza del rischio che si corre per adottare i comportamenti più idonei a prevenirlo. Il problema delle interferenze dei farmaci con la capacità di guida è, tuttavia, piuttosto complesso. Le sostanze che potenzialmente possono compromettere la guida (diminuendo il livello di concentrazione, provocando sonnolenza e vertigini), sono numerose ma in molti casi è difficile stabilire con precisione la portata dell'interferenza e sono possibili solo fondate supposizioni. Infatti, secondo le statistiche ufficiali, le vittime causate dal consumo di alcool sono quattro volte superiori rispetto a quelle imputabili all'uso di medicamenti. Tuttavia si ritiene che ciò sia dovuto al fatto che risulta decisamente più problematico accertare il consumo di farmaci. Le cifre pubblicate sono sicuramente sottostimate. Gli esperti sottolineano, inoltre, come ai fini della circolazione stradale si rivelino problematici soprattutto sonniferi e tranquillanti, quali ad esempio Valium o Rohypol o similari, che sono regolarmente assunti da circa il 10% della popolazione italiana. Per Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, è necessario che l’UE, che ha competenza in materia, obblighi di inserire nell'etichettatura delle confezioni dei farmaci che causano sonnolenza un pittogramma specifico che richiami l'attenzione sui rischi del medicinale e sulla sua mancata compatibilità con la guida. È comunque una buona regola evitare qualsiasi farmaco prima di mettersi alla guida che non va mai associato all'alcol o ad altre sostanze psicoattive: se proprio non si può fare a meno, si raccomanda di leggere con attenzione le avvertenze prima di mettersi al volante.

Emergenza furti: nel mirino dei ladri i pali e le lanterne artistici in ghisa dell'illuminazione pubblica

Lo “Sportello dei Diritti” aveva denunciato qualche giorno or sono i pericoli connessi alle nuove fonti di approviggionamento dei ladri di materie prime che si sono messi a rubare quantità industriali di ferro e ghisa che pur avendo costi ancora non eccessivi, entrano ai primissimi posti della graduatoria dei metalli più rubati anche perché l’oggetto dei furti, riguarda prodotti rivendibili nel mercato illegale dei cosiddetti ferrivecchi. Ma dopo aver segnalato che le strade, e sono tante in Italia divenute pericolose groviere a causa dell’asportazione di tombini, griglie di ferro degli scoli dell'acqua piovana e coperchi in ferro o ghisa delle società dei pubblici servizi, i predoni hanno superato sé stessi arrivando a rubare i portalampade dei pali artistici in ghisa dell'illuminazione pubblica. Nella fotografia che pubblichiamo dopo una segnalazione da parte di alcuni cittadini è evidente come sia stato letteralmente sradicato dal palo la lanterna in ghisa che faceva bellavista sul lungomare di San Cataldo, la marina della città di Lecce. L'allarme del presidente dello “Sportello dei Diritti” Giovanni D'Agata, è rivolto alle pubbliche amministrazioni affinché adottino tutti gli strumenti possibili di vigilanza anche perché questi furti non solo colpiscono il decoro e l’arredo urbano ma contribuiscono a rendere meno sicure le strade perché riducono o addirittura azzerano la pubblica illuminazione. Ma un invito all’attenzione è rivolto anche alle mano leste, che spesso sono improvvisate perché spinte dal bisogno, che rischiano di rimanere folgorate a seguito di queste delittuose azioni.

Diritti passeggeri aerei: voli in ritardo tre ore o più dopo l’orario di arrivo? Sì al risarcimento tra EUR 250 e EUR 600

Diritti passeggeri aerei: voli in ritardo tre ore o più dopo l’orario di arrivo? Sì al risarcimento tra EUR 250 e EUR 600 Nella sentenza del 22/10/2012 nelle cause riunite C-581/10 Nelson e a. / Deutsche Lufthansa AG e C-629/10 TUI Travel e a. Civil Aviation Authority, la Corte di giustizia Europea conferma l’interpretazione del diritto dell’Unione già fornita nella sentenza Sturgeon. Essa rammenta che, in virtù del principio della parità di trattamento, la situazione dei passeggeri di voli ritardati deve essere considerata paragonabile, per quanto riguarda l’applicazione del diritto ad una compensazione pecuniaria, a quella dei passeggeri di voli cancellati «all’ultimo momento», poiché tali passeggeri subiscono un disagio simile, vale a dire una perdita di tempo. Quando i passeggeri raggiungono la loro destinazione finale tre ore o più dopo l’orario di arrivo originariamente previsto, possono chiedere alla compagnia aerea una compensazione forfettaria, salvo che il ritardo non sia dovuto a circostanze eccezionali Il diritto dell’Unione 1 prevede che, in caso di cancellazione del loro volo, i passeggeri possano ricevere una compensazione forfettaria di importo compreso tra EUR 250 e EUR 600. Nella sentenza Sturgeon 2 la Corte di giustizia ha considerato che i passeggeri di voli ritardati possono essere assimilati ai passeggeri di voli cancellati per quanto riguarda il loro diritto ad una compensazione pecuniaria. La Corte ha così dichiarato che se essi raggiungono la loro destinazione finale tre ore o più dopo l’orario di arrivo originariamente previsto, possono chiedere alla compagnia aerea una compensazione forfettaria, salvo che il ritardo non sia dovuto a circostanze eccezionali. Ciò premesso, il legislatore dell’Unione, adottando tale normativa, intendeva bilanciare gli interessi dei passeggeri del traffico aereo e quelli dei vettori aerei. Pertanto, un siffatto ritardo non dà diritto ad una compensazione pecuniaria a favore dei passeggeri se il vettore aereo è in grado di dimostrare che il ritardo prolungato è dovuto a circostanze eccezionali che non si sarebbero potute evitare anche se fossero state adottate tutte le misure del caso, ossia circostanze che sfuggono all’effettivo controllo del vettore aereo. La Corte rileva altresì che l’obbligo di compensazione pecuniaria a favore dei passeggeri di voli ritardati è compatibile con la Convenzione di Montreal 3. La Corte constata, in proposito, che la perdita di tempo inerente a un ritardo del volo costituisce un disagio non disciplinato dalla Convenzione di Montreal. Di conseguenza, l’obbligo di corrispondere una compensazione pecuniaria ai passeggeri di voli ritardati si colloca al di fuori dell’ambito di applicazione di tale convenzione ed è complementare al regime del risarcimento dei danni previsto da quest’ultima. La Corte ritiene poi che il suddetto obbligo sia altresì compatibile con il principio della certezza del diritto, in base al quale i passeggeri e i vettori aerei devono conoscere con esattezza la portata rispettiva dei loro diritti e obblighi. La Corte precisa inoltre che tale obbligo è conforme al principio di proporzionalità, in base al quale gli atti delle istituzioni dell’Unione non devono superare i limiti di quanto idoneo e necessario al conseguimento degli obiettivi legittimi perseguiti dalla normativa di cui trattasi, e gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti. La Corte constata, al riguardo, che l’obbligo di compensazione pecuniaria non riguarda tutti i ritardi, ma solo i ritardi prolungati. Peraltro, le compagnie aeree non sono tenute al versamento di una compensazione pecuniaria qualora siano in grado di dimostrare che la cancellazione del volo o il ritardo prolungato sono dovuti a circostanze eccezionali. Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, evidenzia con l’occasione che il risarcimento del "danno supplementare" dovrà essere richiesto con le giuste modalità e secondo i principi prescritti dalla norma e riconosciuti dalla giurisprudenza. Non bisogna infatti confondere la compensazione pecuniaria prevista nel Reg. (ce) 261/05 esclusivamente nei casi di negato imbarco e cancellazione del volo, con il risarcimento del danno previsto anche in caso di ritardo aereo, ma esclusivamente da parte della Convenzione di Montreal. Inoltre è importante rilevare che qualora il volo faccia parte di un pacchetto viaggio (contratto che comprende il viaggio, l´alloggio e altri servizi), seppur le disposizioni normative sul trasporto aereo (convenzione di Montreal – Reg.ce 261/05) sono pienamente valide, vi sono ulteriori norme, più´ specifiche, contenute nel Codice del Consumo. In questi casi e´ bene valutare, a seconda del problema riscontrato, la giusta controparte a cui rivolgersi (vettore aereo o tour operator) per le eventuali contestazioni.

lunedì 22 ottobre 2012

Listeria: scatta l'allerta in Europa e nel mondo. Sequestrata a scopo precauzionale in tutta Italia la ricotta prodotta dalle Fattorie Chiarappa di Conversano

Listeria: scatta l'allerta in Europa e nel mondo. Sequestrata a scopo precauzionale in tutta Italia la ricotta prodotta dalle Fattorie Chiarappa di Conversano. E’ accusata di avere provocato la morte di tre persone negli USA. L’Fda (Food and Drug Administration) ha predisposto il ritiro di una partita di ricotta salata italiana contaminata da Listeria monocytogenes che ha causato la morte di tre persone mentre undici sono state ricoverate negli ospedali Usa a causa. A lanciare l’allarme alcuni giorni fa è stato il Cdc (Centers for Disease Control and Prevention) americano, che dopo mesi di ricerche ha focalizzato i sospetti della contaminazione su “Frescolina” una ricotta importata prodotta dall’azienda pugliese Fattorie Chiarappa. Anche livello europeo è scattato l'allerta essendo la ricotta venduta in 11 Stati: Belgio, Francia, Germania, Grecia, Olanda e Romania. Nel mondo la ricotta era distribuita oltre che negli Stati Uniti anche in: Australia, Giappone, Canada, Egitto Mexico. La ricotta è prodotta dalle “Fattorie Chiarappa” nello stabilimento in Conversano (BA) e i prodoti sequestrati sono: ricotta frescolina toscanella, ricotta torretta marte, ricotta frescolina marte arrostita, ricotta marzotica marte tipo greca, ricotta marzotica marte. Il ritiro dal mercato si è reso necessario a scopo precauzionale in quanto, non sono state riscontrare le garanzie sanitarie richieste dalla normativa in materia di igiene. La listeriosi è una malattia infettiva, trasmessa in genere con gli alimenti, che si manifesta sporadicamente in forma conclamata, particolarmente pericolosa per le persone immunodepresse, malati di cancro, diabete, Aids, le persone anziane, i neonati e le donne in gravidanza. Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, invita i cittadini a non consumare la ricotta acquistata e conservata in frigorifero e a buttare via le eventuali rimanenze.

In Giappone è in arrivo dal 1° novembre l'innovativo traduttore per cellulare in tempo reale

In Giappone è in arrivo dal 1° novembre l'innovativo traduttore per cellulare in tempo reale. Un traduttore cosi innovativo che secondo le aspettative è considerato il traduttore definitivo. NTT Docomo, la rete mobile più grande del paese, convertirà inizialmente la lingua giapponese in inglese, mandarino e coreano a cui seguiranno altre lingue. In questo modo si potrebbe aiutare anche il turismo La NTT Docomo, la rete mobile più grande del Giappone, ha presentato all'inizio di questo mese all'esposizione combinata mostra di tecnologie avanzate (Ceatec) in Giappone la sua Hanashite Hon'yaku app per dispositivi Android che prevede di lanciare già dal 1° novembre. Esso fornisce agli utenti una traduttozione vocale istantanea e le modalità di funzionamento non sono solo vocali, ma può anche essere utilizzata la modalità scritta. In pratica, il cellulare lavora come un interprete professionista, analizzando “pacchetti” di frasi e ascoltando l’interlocutore fino a quando non comprende il significato dell’intero discorso, provvedendo poi a tradurlo nella lingua voluta. Per questa applicazione verrà aggiunta a fine novembre la lingua francese, tedesca, indonesiana, italiana, portoghese, spagnola e thailandese, aumentando il numero di lingue non giapponese sino ad un numero di 10. Traduzioni rapide e precise sono possibili con qualsiasi smartphone, indipendentemente dalle specifiche del dispositivo. NTT Docomo dovrà presto affrontare la concorrenza della francese Alcatel-Lucent che sta sviluppando un prodotto concorrente che può gestire la lingua giapponese e una dozzina di altre lingue tra cui l’ inglese, il francese e l’arabo. Inoltre il servizio è progettato per funzionare su qualsiasi telefono di rete fissa. Anche Alcatel-Lucent utilizza una tecnologia brevettata per catturare la voce dell'utente e migliorarla prima di applicare il software di riconoscimento vocale. I dati, quindi, sono gestiti prima durante la conversazione attraverso un software di traduzione simultanea attraverso un sintetizzatore vocale. La società ha garantito che tutto ciò potrebbe essere fatto in meno di un secondo. Attualmente si possono fare conversazioni con una persona, ma vogliamo consentire conferenze con 10 persone e quattro lingue diverse e il sistema sarebbe in grado di fornire traduzioni in tutte le lingue necessarie. Inoltre è stato testato un progetto chiamato MyVoice che può avere una voce sintetica che suona come la vera e propria. Per Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, la nuova tecnologia offre uno strumento pratico per tutti, sia per chi non ha dimestichezza con le lingue, sia per chi già conosce i rudimenti di una lingua ma ha necessità di sapere in istantaneamente come si pronuncia o si scrivere una determinata parola. Finalmente, sarà possibile parlare al telefono con un interlocutore straniero e capirsi al volo, grazie ad un traduttore istantaneo.Immaginate quando eravate all'estero e non sapevate come chiedere determinate informazioni perchè vi mancava di sapere una parola, un termine, e cosi via.

Diritti, uguaglianza tra figli legittimi, figli naturali e figli adottivi

Diritti, uguaglianza tra figli legittimi, figli naturali e figli adottivi. Entro la fine dell’anno nel nuovo diritto di famiglia in Italia nessuna differenza Manca poco, pochissimo alla fine di questa legislatura che non verrà ricordata nella nostra storia come un momento qualificante per la valorizzazione e l’amplificazione della sfera normativa dei diritti civili. Ma il parlamento potrebbe smentirsi entro dicembre mettendo la parola fine su quella che come “Sportello dei Diritti”, riteniamo retaggio di una cultura feudale ossia la mancata parificazione sul piano giuridico del concetto di “figlio”. Il disegno di legge in questione è in corso di discussione da circa tre anni nelle aule parlamentari e dovrebbe raccogliere, almeno per ciò che sinora è stato l’iter, il sostegno di tutte le forze politiche attualmente presenti. Il nocciolo intorno cui si basa la nuova normativa è quello che “i figli sono figli e basta”. Senza alcuna distinzione che attualmente permane a partire dal codice civile, tra “figli legittimi”, “figli naturali” e “figli adottivi”. Seppur modificata nel tempo questa parte della disciplina del diritto di famiglia, sono rimaste ancora delle diversità legislative tra un figlio che nasce fuori del matrimonio, meno tutelato, da quello nato in costanza di matrimonio. All’interno della nuova legge assume particolare rilevanza il concetto di “parentela” che “è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite, sia nel caso in cui la filiazione sia all’interno del matrimonio, sia nel caso in cui è avvenuto al di fuori di esso, sia nel caso in cui il figlio è adottivo”. Il legislatore non sta facendo altro che prendere atto che la società è mutata radicalmente comprendendo forme assai variegate e che l’unico modo per superare disuguaglianze che non hanno più ragion d’essere è quello del riconoscimento in capo ad ogni figlio dei medesimi diritti. Per tali ragioni, i figli, nati fuori del matrimonio potranno essere riconosciuti da entrambi i genitori “anche se già uniti in matrimonio con un’altra persona all’epoca del concepimento”. Ma v’è di più: il riconoscimento potrà avvenire anche separatamente, con ciò consentendo la possibilità che l’altro coniuge non effettui il riconoscimento. Si tratta, quindi, di una piccola rivoluzione del diritto di famiglia che avrà riflessi anche sulle restanti norme. La nuova legge non riguarderà solo il riconoscimento e l’uguaglianza dello status di parentela. Ogni figlio, infatti, ossia anche quelli che con la legislazione vigente venivano identificati come “naturali”, avranno diritto al vincolo di parentela non solo con i genitori, ma anche con tutti gli altri parenti. Per tali ragioni, un figlio nato al di fuori del matrimonio sarà non solo figlio a pieno titolo giuridico, ma anche fratello (o sorella) anche in questo caso a pieno titolo degli altri figli, come pure sarà nipote, cognato, o qualsiasi altro grado di parentela che hanno i figli nati nel corso del matrimonio con il resto della famiglia. Così come, poiché il figlio entrerà a far parte di tutta la famiglia, anche i genitori del padre e della madre dovranno considerarsi “nonni” in ogni caso. Tra gli altri effetti delle modifiche in corso d’opera riguarderanno i figli sopravvissuti. In caso di morte dei genitori del figlio minore (prima illegittimo, cioè nato al di fuori del matrimonio), sino ad oggi, questi veniva affidato in adozione. In conseguenza della novella legislativa sarà affidato ai nonni o, in assenza e in alternativa, ad altri parenti. Ovviamente questi riconoscimenti produrranno effetti anche in tema di successioni. Prima i figli illegittimi non potevano essere considerati eredi se non solo a seguito di testamento. Con la riforma verranno parificati agli altri figli e potranno entrare nella successione dei genitori o di uno dei due, ma anche, se questi sono nel frattempo deceduti, in quella dei nonni e di altri eventuali parenti. Altra importante conseguenza riguarda l’educazione ed il mantenimento dei figli nati fuori del matrimonio o da genitori non sposati, i quali avranno diritto, al pari di quelli nati nel matrimonio, di essere mantenuti, educati, istruiti e assistiti moralmente dai genitori, nel rispetto delle loro capacità, delle loro inclinazioni naturali e delle loro aspirazioni. Hanno anche diritto a mantenere “rapporti significativi” con i parenti. Per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, occorre un ultimo sforzo da parte del parlamento affinché questa miniriforma una normativa di civiltà, almeno questa, in una legislatura che non ha brillato per il riconoscimento giuridico di situazioni già presenti nella società né tantomeno per avanguardia sociale, sia portata a definitivo compimento per restituire una dignità non solo giuridica ai figli che non sono nati nel matrimonio.

domenica 21 ottobre 2012

Badanti: raddoppiano il numero degli italiani, sia uomini che donne, al servizio degli anziani

Badanti: raddoppiano il numero degli italiani, sia uomini che donne, al servizio degli anziani. In controtendenza il lavoro domestico una volta monopolio delle lavoratrici immigrate Con l’allungamento della vita media e l’aumento considerevole del numero degli ultraottantenni che continua a crescere nei prossimi decenni esso rappresenterà circa il 7% della popolazione italiana, il mestiere di badante sta diventando una tra i più diffusi in Italia. I dati sul numero di persone che svolgono questa attività, sono altissimi: un milione e cinquecentomila persone in tutt’Italia ma con le percentuali più elevate che ci dicono che la gran parte risiede prevalentemente al centro – nord. Una cifra raddoppiata negli ultimi anni mentre le statistiche dicono che su 1000 operatori, quasi 200 sono italiani con una percentuale di questi ultimi destinata a crescere a sfavore di quella degli stranieri. Con drammatica certezza, la conseguenza di tutto ciò è determinata dalla crisi che ci sta spingendo a cercare di tamponare le difficoltà economiche proponendoci per questo tipo di lavori. Da molti sono ritenuti come una sorta umiliazione, un fallimento, ma la grave crisi del reddito e l’assenza di lavoro li fanno considerare come l’ultima spiaggia per salvare la propria famiglia. La gran parte sono donne più anziane delle loro colleghe straniere, sposate, separate o vedove con età superiore ai 40 anni, o con il marito in cassa integrazione, casalinghe, pensionate o disoccupate ma anche uomini, giovani o cinquantenni in cerca di lavoro che non lo hanno mai avuto o che lo hanno perso in questo periodo di crisi economica. Allo stesso tempo, però gli italiani spesso si prestano per mansioni diverse rispetto alle straniere che sono solo donne, con servizi più leggeri e più brevi, spesso inerenti alla compagnia piuttosto che all’assistenza totale. Mentre le straniere, sottolinea Rosalba Bove D’Agata, responsabile del settore immigrazione dello “Sportello dei Diritti” nonché dell’Area Dipartimentale Nazionale “Immigrazione e Integrazione” di Italia dei Valori, sono vincolate alla ricerca di un alloggio e di un lavoro quali precondizioni imposte dalla famigerata legge Bossi-Fini per il rilascio del permesso di soggiorno, che le spinge a cercar lavoro nelle case di anziani non-autosufficienti perché quest’occupazione risolve loro questo tipo di doppio problema. Le italiane generalmente prestano servizi di cura e manutenzione della casa e non considerano il loro un vero lavoro ma piuttosto un ripiego, che abbandonano appena possono. C’è poi il caso delle giovani, spesso studentesse, che per diverse ragioni svolgono lavoro in qualità di baby sitter o di compagnia agli anziani. Di solito le persone che decidono di cercare una badante a tempo pieno si trovano con l’acqua alla gola, con parenti anziani che non sono più in grado di stare da soli, bisognosi di assistenza continua. La richiesta verte quindi su persone disponibili notte e giorno e questo è il profilo delle lavoratrici straniere. I servizi offerti vanno dall'assistenza alla persona, che comprende le attività di igiene personale, aiuto per alzarsi dal letto, lavarsi, vestirsi e di preparazione e somministrazione dei pasti. Anche le pratiche di carattere parasanitario, come la somministrazione di farmaci o la valutazione di sintomi che rendono opportuno a far intervenire o meno il medico. Inoltre l'assistenza domestica, che comprende la pulizia ed igiene dell'alloggio e degli arredi, il riordino del letto e della stanza, il cambio della biancheria, il bucato e la stiratura. L'assistenza nelle relazioni con l'esterno per anziani autosufficienti, che consiste in un supporto pratico al di fuori del proprio domicilio come la gestione della spesa, il disbrigo di eventuali pratiche amministrative e di piccole commissioni, l'accompagnamento in ospedale o alle visite mediche, sostegno al mantenimento della vita di relazione. L'offerta di manodopera a basso costo ha permesso a molte famiglie italiane di trasformarsi in datori di lavoro, avvalendosi di un aiuto, che prima non avrebbero mai immaginato di potersi permettere. Le collaboratrici straniere guadagnano, infatti, in media il 20% in meno delle colleghe italiane. Ora l'arrivo sul mercato delle assistenti familiari italiane spiazza le famiglie, abituate da anni a rivolgersi solo alle straniere. Per Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, sono questi i dati sorprendenti che la crisi economica fa emergere: delle vere e proprie inversioni di tendenza nel mercato del lavoro. Gli italiani tornano a fare lavori che avevano assunto una tipizzazione in quanto pressoché esclusivi dei migranti, mestieri nei quali, fino a poco tempo fa, avrebbero fatto fatica addirittura ad immaginarsi.

Bond Cirio e Parmalat. Banche bastonate dalla Cassazione: “risarciscano i clienti”.

Bond Cirio e Parmalat. Banche bastonate dalla Cassazione: “risarciscano i clienti”. Gli investimenti erano operazione a rischio. Coinvolti più di 500.000 investitori italiani tra cui migliaia di pensionati, artigiani, operai e dipendenti per una cifra di circa 15 miliardo di euro Investire nei Bond Parmalat e Cirio era rischioso e le banche dovevano informare i propri clienti anche quando ancora non si parlava di default. Lo ha deciso la Corte di Cassazione con la decisione n. 18038/2012 che ha dato ragione ai risparmiatori. La sentenza, ha affrontato il problema della valutazione, da parte delle banche, della propensione al rischio, di chi fa investimenti sottolineando che la propensione a rischio, anche se non è stata rivelata dal cliente, può essere desunta dal suo profilo. Nella parte motiva della sentenza la Corte spiega, tra le altre cose, introducendo tra le righe una regola fondamentale valida pro futuro: “ in ogni caso la banca è tenuta a dare le necessarie informazioni sui rischi legati agli investimenti “. Secondo la Cassazione le banche non possono giustificarsi per il solo fatto che non fosse chiaro il rischio di default delle due società e neppure possono addurre a discolpa il fatto che titoli fossero regolarmente venduti anche da altri istituti che li consideravano convenienti. Se poi si considera che i bond Cirio e Parmalat non avevano un rating ufficiale, il loro livello di rischio era immediatamente precedente a quello speculativo. Ricordiamo che i casi Cirio e Parmalat insieme a quelli dei Bond Argentina hanno coinvolto più di 500.000 investitori italiani tra cui migliaia di pensionati, artigiani, operai e dipendenti, per una cifra di circa 15 miliardo di euro. Soddisfazione è espressa da Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, che finalmente avverte efficacemente la vicinanza delle Istituzioni nei confronti dei risparmiatori traditi.. Inoltre si vuole informare che è ancora possibile esercitare azione legale nei confronti delle banche per ottenere la restituzione delle somme corrisposte per l'acquisto delle obbligazioni che riguardano Cirio, Parmalat, Argentina e Giacomelli.

Pneumatici veicoli: etichettatura europea dal 1° novembre sarà obbligatoria

Pneumatici veicoli: etichettatura europea dal 1° novembre sarà obbligatoria. Lo scopo è far capire al consumatore le caratteristiche del pneumatico in modo che esso possa valutare autonomamente al momento dell'acquisto, che modello è per lui più indicato, sia a livello di affidabilità che di prestazioni. A partire dal novembre 2012, l'Unione europea, riconoscendo l'importanza di equipaggiare le autovetture con pneumatici di buona qualità, ha introdotto l'obbligo di informare i consumatori sulle caratteristiche dei prodotti in commercio. I consumatori avranno così la possibilità di informarsi su diverse caratteristiche dei pneumatici quali, ad esempio, la sicurezza in caso di frenata su carreggiata bagnata, la resistenza al rotolamento e il rumore generato. Questi tre criteri costituiscono un primo importante punto di riferimento per una corretta scelta del prodotto. Per poter effettuare una valutazione completa è tuttavia indispensabile testare tutte le caratteristiche dei pneumatici. Questa normativa è in sostanza un'autocertificazione dove il costruttore dichiara le specifiche del suo prodotto, ovviamente in caso di verifica il costruttore sarà tenuto a comunicare i dati di test per cui ha dichiarato quelle specifiche. Oltremodo l'etichetta per i pneumatici, che offre una valutazione globale del prodotto, corrisponde all'etichetta energia per le automobili, gli elettrodomestici e le lampade, già conosciuta a livello italiano e europeo, che suddivide gli apparecchi e i veicoli in categorie di efficienza energetica da A a G. Il regolamento stabilisce anche la grafica dell'etichetta (vedi illustrazione a destra). La categoria di appartenenza rispetto al consumo di carburante viene determinata sulla base del coefficiente di resistenza al rotolamento (CR) secondo una scala compresa tra "A" a "G". Anche la categoria di appartenenza rispetto all'aderenza sul bagnato (G) è individuata secondo una scala che va da "A" fino a "G". La categoria di appartenenza rispetto alla rumorosità esterna di rotolamento (N), infine, è attribuita conformemente ai valori limite (LV) stabiliti nell'allegato II del regolamento (CE) n. 661/2009 in base a una scala a tre livelli. I metodi di misurazione dei parametri sono disciplinati dettagliatamente nel regolamento n. 117 della Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite (UN/ECE). Per Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, certamente un grande vantaggio per i consumatori che non peserà sul costo finale dei pneumatici al momento dell'acquisto da parte di un cliente finale. Infatti i costi saranno completamente a carico delle case produttrici. Inoltre per evitare contraffazioni è consigliato controllare sullo scontrino fiscale o fattura che i dati riportati siano identici a quello esposti sull'etichetta.