giovedì 31 maggio 2012

Bollette luce: rincari record in dieci anni.


Bollette luce: rincari record in dieci anni. Colpa delle fonti fossili. Più rinnovabili e risparmio nelle famiglie e nelle aziende
Ce ne siamo già accorti tutti: i costi per l’energia elettrica mese dopo mese sono diventati sempre più insostenibili per le famiglie italiane. La conferma viene dall’ultimo dossier di Legambiente secondo cui negli ultimi dieci anni vi sono stati aumenti pari a circa 177 euro.
La colpa principale dei rincari è certamente dovuta alla pressoché totale dipendenza della nazione dalle fonti fossili le cui materie prime hanno registrato aumenti da record mentre sulla bilancia delle fonti di approvvigionamento energetico quelle rinnovabili pesano solo per il 13%.
D’altronde essendo un Paese che non possiede giacimenti rilevanti di gas, petrolio e carbone, siamo costretti ad importarne ben il 97% della domanda.
L’aumento dei costi d’importazione di fonti fossili e della loro trasformazione in energia elettrica è significativamente rappresentato in bolletta con un passaggio da 106,06 euro a 293,96 che segna quindi un + 187,36 euro a famiglia, e quindi una percentuale di rincaro pari al 177,2%.
Notevolmente inferiore l’aumento dei costi relativi alle fonti pulite con una spesa annua in bolletta legata a quest’ultime pari a 67 euro, ossia il 13,1% del totale pagato mediamente dalle famiglie italiane che si assesta a 515 euro.
Le ricette per tagliare i costi delle bollette sono sia di natura strutturale come ha tenuto a precisare la stessa associazione ambientalista che aggiunge Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” di natura personale o familiare.
Ma venendo alle prime, lo Stato si deve impegnare in una seria politica di sviluppo delle vere rinnovabili. Una scelta definitiva e chiara che veda sostituire gradualmente le fossili con energia prodotta dal sole, vento, acqua e geotermia, permetterebbe di abbattere radicalmente l’importazione e la produzione delle prime. Legambiente ha parlato anche di biomasse, ma lo “Sportello dei Diritti” dissente da questa prospettiva perché si tratta di fonti che comunque producono delle combustioni inquinanti per l’ambiente e poi non sono delle vere e proprie rinnovabili.
Un altro step di sistema è quello di eliminare alcune voci che contribuiscono a determinare il costo globale delle fatture: tra di esse una serie di oneri che siamo costretti a pagare tra gli oneri generali di sistema per la messa in sicurezza dei siti nucleari, per i regimi tariffari speciali alle Ferrovie, ma anche tutti i sussidi legati alle fonti assimiliate e quindi inceneritori e raffinerie.
Un altro importantissimo passaggio che tarda ad arrivare è quello di garantire una seria concorrenza nel mercato elettrico.
Ma è nelle case e nelle aziende che dovrebbe attuarsi un piano di risparmio energetico contro gli sprechi. Forme d’incentivazione generalizzate al risparmio potrebbero essere costituite da premi che si ritrovano in bolletta in caso di abbattimento dei consumi.

mercoledì 30 maggio 2012

Internet ed ebay: rischia 200 euro di multa chi compra falsi online


Dopo aver sequestrato, la scorsa settimana, oltre 25'000 capi contraffatti tra giubbotti e giacche da uomo e da donna, scarpe sportive di note marche come Nike, Refrigiwear, Moncler, Williamswilson, Woolrich, Guess, la Guardia di finanza ha individuato anche diverse persone che hanno acquistato la merce su internet attraverso il sito eBay.
Sono infatti esattamente 222 le persone sparse in tutta Italia multate per aver comperato capi di abbigliamento contraffatti, messi in vendita online tra il 2008 e il 2010. A queste è stato contestato il fatto di aver “acquistato merce che, per la loro qualità, la condizione di chi le offre o per l’entità del prezzo, inducano a ritenere che siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà industriale”.
La maggior parte degli acquirenti ha proceduto immediatamente a saldare la multa di 200 euro, pari al doppio della sanzione minima prevista dalla legge, per una somma complessiva già incassata dallo Stato pari a circa 30’000 euro.
Indagato e arrestato, durante un’inchiesta precedente, anche il venditore non professionale che ha posto in vendita grandi quantità di capi di abbigliamento e di calzature griffati di varie marche, il tutto senza disporre di una partita IVA e senza alcun riferimento all’esistenza di un’attività commerciale, di una sede o di un recapito telefonico. Condizioni che non potevano non ingenerare, in un acquirente in buona fede, il dubbio circa la legittimità della merce offerta.
Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” ricorda ai consumatori che chi acquista online capi di abbigliamento contraffatti, rischia di essere punito con multe oscillanti dai 100 ai 7.000 euro. Chi invece si è rifiuta di pagare entro i termini fissati rischia anche una condanna penale.

Cina: un quarto delle aziende europee pensa di spostare i propri investimenti ad altri Paesi in via di sviluppo


Quasi un quarto delle aziende europee presenti in Cina, sta valutando la possibilità di trasferire la produzione in altri paesi per via delle pressioni crescenti legate all'aumento del costo del lavoro e al peggioramento normativo.
È quanto è emerso dall'indagine della Camera di commercio europea a Pechino sulla "Business Confidence" condotta a febbraio e dallo studio Roland Berger. Il 22% dei 557 intervistati ha espresso la possibilità di trasferire i propri investimenti in altre economie in via di sviluppo, come quelle in Sud-Est Asiatico e in Sud America anche se il paese asiatico resta un fondamentale polo d'attrazione.
Non ci troviamo più di fronte alla Cina umiliata e sottomessa della seconda metà dell'800, la stessa che "permetteva" alle potenze straniere di fare il bello ed il cattivo tempo nel Paese di Mezzo tramite l'installazione di banche e società d'affari su interi quartieri cinesi.
D'altronde, come ha spiegato in un'intervista a Bloomberg , Eswar Prasad, economista della Brookings Institution ed ex capo dipartimento per la Cina del Fondo monetario internazionale, "il rallentamento della Cina può avere ripercussioni per il resto del mondo, ma soprattutto la crisi dell'Europa sta incidendo sulla Cina".
Ma per Davide Cucino, presidente della Camera di Commercio dell'Unione Europea a Pechino, non è detto "che la diminuzione degli investimenti diretti dall'Europa sia completamente legato alla crisi" dell'Eurozona. Nel 2011 il salario medio dei lavoratori cinesi urbani impiegati in "aziende non private", è cresciuto in media dell'8,5%, mentre quello dei dipendenti di aziende private è aumentato del 12,3%. soprattutto all'altissimo turn-over del personale cinese che difficilmente si lega ad un'azienda, visto che è pronto a lasciarla per un aumento di 10 euro.
Ci sono circa 1500 aziende italiane in Cina, di cui addirittura più di mille (l'80%) nella sola circoscrizione consolare di Shanghai, comprendente però pure le province dello Zhejiang, Anhui e Jiangsu.
Secondo Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” pesano non solo le condizioni normative ma anche elementi legati alla situazione ambientale come la discriminazione a vantaggio delle società cinesi.

martedì 29 maggio 2012

Nulle le multe dei divieti di sosta con le sole riprese televisive.


Nulle le multe dei divieti di sosta con le sole riprese televisive. Lo chiarisce il Ministero dei Trasporti con il parere n. 2291 del 3 maggio 2012
Per giustificare la mancata contestazione immediata dei divieti di sosta, occorre che la pattuglia dei vigili urbani verifichi personalmente anche la mancanza del trasgressore e del proprietario del veicolo in prossimità del mezzo. Alcuni comuni per ovviare a tale lacuna, hanno adottato da qualche tempo un geniale sistema seriale per accertare i divieti di sosta e di fermata. La pattuglia della polizia municipale viene infatti dotata di una telecamera portatile in grado di immortalare i trasgressori con un semplice passaggio in una strada trafficata. In ufficio vengono ricercati i dati dei trasgressori e le multe vengono spedite per posta evidenziando la causa di mancata contestazione contenuta nell'art. 201/1-bis, lett d) del codice della strada, ovvero la mancanza di qualunque persona a bordo del mezzo. Ma secondo il Ministero dei trasporti questa pratica, molto funzionale per fare cassa, non è rispettosa della norma. Infatti con il parere n. 2291 del 3 maggio 2012 che Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” riporta, il Ministero ha chiarito mettendole al bando che le sole riprese televisive per accertare i divieti di sosta non bastano. Il codice stradale infatti ammette la notifica postale anche del semplice verbale per divieto di sosta, ma solo in assenza del trasgressore e del proprietario del veicolo. Questa condizione non è verificabile da una semplice registrazione video. In pratica solo la presenza degli agenti sul posto permette di accertare se effettivamente il veicolo sia senza conducente o senza intestatario della carta di circolazione. Da ora non bastano le sole telecamere per accertare le violazioni della sosta in modalità seriale. Da ora in poi gli operatori della polizia municipale saranno obbligati a verificare, veicolo per veicolo, l'assenza del trasgressore.

Pericolo sms alla guida: una follia? Italiani schiavi del telefonino alla guida, c’è chi invia messaggi o telefona mentre pilota la motocicletta


Pericolo sms alla guida: una follia? Italiani schiavi del telefonino alla guida, c’è chi invia messaggi o telefona mentre pilota la motocicletta
E' lampante che scrivere un sms o telefonare mentre si è alla guida può essere davvero fatale per sè e per gli altri. Figuriamoci quando si monta una motocicletta. Una “prassi” che si sta facendo sempre più pericolosa a causa della brutta abitudine da parte dei guidatori di leggere o inviare gli SMS in arrivo, con un occhio alla strada ed uno allo schermo del telefono anche quando si è in moto. Non solo si ha una mano impegnata o tutte e due, ma si è costretti a distogliere lo sguardo dalla strada per brevissimi ma ripetuti intervalli di tempo, quanto basta per distrarsi e creare incidenti pericolosi, anche mortali. E’ proprio in questa nuova “moda” che gli italiani si guadagnano il premio di “maggiori indisciplinati”.
Evidenziando questa nuova pericolosa tendenza del guidatore di oggi, è necessario dirlo come l'uso del telefono cellulare mentre si guida fa correre gli stessi rischi di quando ci si mette alla guida sotto l'effetto di droghe e alcool. Bisogna fare quacosa! Il rischio è legato alla distrazione e alla superficialità di molte persone. In Italia l'uso del telefono alla guida è vietato dalla legge ed è punito dal codice della strada con una multa e con la sottrazione di punti dalla patente. Ma, evidentemente, ciò non è sufficiente, non riusciamo a separarci dal cellulare nemmeno alla guida della nostra motocicletta.
Secondo Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” basterebbe semplicemente un po’ di buonsenso, come usare auricolari o accostare il motoveicolo lungo la strada e rispondere con la massima tranquillità. Meglio fare aspettare chi ci chiama al telefono che mettere a rischio la nostra vita e quella degli altri.

lunedì 28 maggio 2012

Sicurezza stradale: colpi di sonno alla guida. Ne soffrono 1,6 milioni di italiani e bere un caffè non serve a nulla


Sicurezza stradale: colpi di sonno alla guida. Ne soffrono 1,6 milioni di italiani e bere un caffè non serve a nulla. Addormentarsi al volante è la prima causa di incidenti stradali in Italia e la tazzina di caffé non basta. L'unica soluzione quando si avvertono i sintomi è fare un sonnellino di almeno 30 minuti. Cassazione, il “colpo di sonno” consente la sosta sulla corsia d’emergenza.
Quante volte ci siamo messi alla guida stanchi, credendo che una sgranchita di gambe, una tazzina di caffè, l’autoradio accesa al massimo ed il finestrino aperto potessero essere la soluzione per non subire il classico “colpo di sonno”? Quanti hanno creduto che quelli descritti fossero efficaci rimedi e poi hanno rischiato di lasciarci le penne o le hanno lasciate perché credevano di poter vincere la sonnolenza ed affrontare la guida?
In effetti come sottolinea Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, l’unica soluzione per ridurre i rischi del “colpo di sonno” è una vera e propria pennichella di almeno 30 minuti a detta degli esperti in materia che hanno rilevato anche la stretta correlazione tra obesità e rischio d’incidenti stradali.
Si pensi, infatti, che la sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (Osas) strettamente connessa con il soprappeso e patologie collegate, risulterebbe essere la prima causa medica di incidenti stradali, dato che ha come sintomo caratteristico la sonnolenza, causa o concausa di circa il 20% degli incidenti che avvengono sulle nostre strade.
Secondo i dati rilevati dagli esperti sarebbero impressionanti le cifre non solo dei soggetti affetti da tale patologia che secondo stime riguarderebbe 1.600.000 di nostri connazionali, ma soprattutto dei costi sociali socio-sanitari da incidenti stradali attribuiti a soggetti con Osas sarebbero pari a 828.014.400 di euro annui.
Sfatati i falsi miti sui rimedi, è la giurisprudenza che ci viene incontro con una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 19170 del 18 maggio, che ha inquadrato la stanchezza, riferibile nel caso di specie a quella situazione che precede il pericoloso “colpo di sonno”, nel concetto di “malessere” che giustifica la sosta sulla corsia di emergenza ai sensi dell’articolo 157 Codice della strada, comma 1, lett. d).
In particolare, gli ermellini hanno rilevato che nella fattispecie non si doveva procedere per omicidio colposo perché “il fatto non sussiste”, nei confronti di un automobilista che a causa della stanchezza si era accostato in autostrada nella piazzola di sosta, divenendo così l’ostacolo contro cui era andata a sbattere un’autovettura in seguito all’esplosione di un pneumatico.
Secondo i giudici del Palazzaccio, infatti, “il termine malessere non può esaurirsi nella nozione di infermità incidente sulla capacità intellettiva e volitiva del soggetto come prevista dall’articolo 88 del Codice penale, o nell’ipotesi di caso fortuito di cui all’articolo 45 Codice penale, bensì nel lato concetto di disagio e finanche di incoercibile esigenza fisica anche transitoria che non consente di proseguire la guida con il dovuto livello di attenzione, e quindi in esso deve necessariamente ricomprendersi la stanchezza e il torpore che sono premonitori di un colpo di sonno ed impongono al soggetto di interrompere la guida”.
Per tali ragioni, nel caso di specie, la Suprema Corte ha ritenuto come unica causa diretta del grave sinistro lo scoppio dello pneumatico per cattiva manutenzione o carico eccessivo.
D’altro canto, evidenzia il giudice di legittimità, “manca del tutto la cd “concretizzazione del rischio” in relazione a quelle che sono le finalità della corsia di emergenza posto che la stessa non ha la funzione di garantire l’incolumità di quanti possano sbandare ed invaderla, bensì quella di consentire a mezzi di Polizia e/o di soccorso di raggiungere al più presto, senza intralcio, il luogo dove è necessario portarsi per emergenza determinata da incidente o da altra grave necessità”.

sabato 26 maggio 2012

Brutale aggressione della polizia di Amsterdam su un turista italiano


Brutale aggressione della polizia di Amsterdam su un turista italiano. Il nostro concittadino aveva osato di andare in bicicletta nella direzione sbagliata.
A quanto pare una ragione sufficiente per le autorità olandesi per strigliarlo un po ' ed arrestarlo...
Per i giornali, locali e nazionali, non fa notizia l'aggressione brutale di un nostro connazionale, da parte della polizia olandese reo di avere sbagliato senso di marcia passeggiando in bicicletta.
Sul grave fatto interviene Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” che riporta all’attenzione delle cronache e del Ministero degli Esteri e affinchè intervenga per verificare la situazione e tutelare i diritti del nostro connazionale. Il video è visionabile sul sito dello sportello dei diritti (www.sportellodeidiritti.org).

Farmaci illegali importati dalla Cina e dall’Albania: un illecito e pericoloso business in forte aumento. Maxisequestri in tutta Italia.


Farmaci illegali importati dalla Cina e dall’Albania: un illecito e pericoloso business in forte aumento. Maxisequestri in tutta Italia.
Tutti farmaci per i quali è rigorosamente obbligatoria la prescrizione medica. Fiale contenenti sostanze liquide per il trattamento terapeutico intensivo di importanti patologie di natura cardiaca, neurologica, renale, epatica e virale sequestrate in queste ultime ore dalla Finanza alla dogana di alcuni aeroporti, trasportati senza né prescrizioni né autorizzazioni all'importazione. Secondo gli agenti i prodotti acquistati in Cina e nell’est europa dovevano essere consegnati, come lasciano ragionevolmente ipotizzare le indagini tuttora in corso, a medici senza scrupoli, verosimilmente di etnia asiatica, che li avrebbero somministrati ai loro pazienti in cambio di lauti compensi. L’ultima operazione è stata effettuata dai funzionari dell’Ufficio delle dogane di Bari. Durante i normali controlli finalizzati alla repressione di traffici illeciti nell’aeroporto di Bari- Palese hanno scoperto, in collaborazione con i militari della Guardia di Finanza, tre tentativi di illecita introduzione di farmaci privi della necessaria registrazione del Ministero della Salute.
In due casi i farmaci, confezionati in blister, flaconi e bustine, per un peso complessivo di 3,7 chilogrammi, erano nascosti nei bagagli di due cittadine cinesi, residenti in Italia, provenienti dalla Cina rispettivamente via Monaco e via Roma/Fiumicino. Nel terzo, invece, il sequestro di farmaci ha riguardato un cittadino italiano proveniente da Tirana. I trasgressori sono stati denunciati alla Procura della Repubblica del Tribunale di Bari.
Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” esprime grande preoccupazione, evidenziando come tra i principi attivi contenuti nei farmaci sequestrati spiccano l'adrenalina, il raceanisodamine cloridrato, il ribavirine ed il citicoline. Sostanze che avrebbero potuto causare gravissime patologie fino a diventare letali.

Verbale annullato se la società appaltatrice che fornisce il photored al Comune è solo licenziatario e non produttore


Verbale annullato se la società appaltatrice che fornisce il photored al Comune è solo licenziatario e non produttore
Per il Giudice di Pace di Fasano, il cessionario non può utilizzare l’originaria approvazione, né possono essere prodotte ai fini processuali le immagini ingrandite della targa
La battaglia a colpi di notizie e sentenze tra lo “Sportello dei Diritti” e le amministrazioni comunali che pensano di “far cassa” tartassando i cittadini di multe e verbali a raffica utilizzando strumenti di rilevazione elettronica delle infrazioni quali photored e autovelox e così via, non conosce alcuna tregua.
A tal proposito Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” segnala la recentissima sentenza del Giudice di Pace di Fasano (Br) la numero 284/12 che pone alcuni importanti paletti sulle procedura utilizzata.
Secondo il giudice onorario, infatti, dev’essere annullato il verbale nel caso in cui la società appaltatrice del servizio del rilevatore a infrarossi installato sull’intersezione dotata di semafori non è il produttore dell’apparecchio, ma un mero licenziatario del sistema tecnologico e, in quanto cessionario dell’originaria approvazione ministeriale, non può legittimamente utilizzare la concessione del Ministero dei Trasporti né i diritti connessi: non sono previste deroghe a favore dei licenziatari.
Nel caso di specie il giudice ha accolto il ricorso inoltrato ai sensi dell’articolo 204 bis del Codice della Strada per come modificato dagli articoli 5, 6, e 7 d.lgs. 150/11 avverso il verbale di contestazione redatto dalla polizia municipale e previo annullamento della sanzione ivi contenuta ha condannato l’amministrazione comunale al pagamento delle spese di lite.
È noto da anni, ormai, che ai fini della regolarità dell’utilizzo di strumenti tipo photored per punire i trasgressori è necessaria l’omologazione e l’autorizzazione ministeriale.
Lo stesso giudice ha precisato che a tal proposito è da ritenersi illegittimo l’impiego da parte della società cessionaria dell’originaria approvazione ministeriale e dei diritti connessi relativi all’apparecchio a nome della società cedente, perché l’utilizzo sarebbe fondato su un atto autorizzativo della cessione illegittimo tanto da farne conseguire la nullità dell’intero procedimento di accertamento in automatico delle violazioni.
Peraltro, nella fattispecie, l’amministrazione non riesce a costituirsi in giudizio tempestivamente, mentre, anche in considerazione di giurisprudenza di legittimità che abbiamo più volte evidenziato, gli strumenti in questione, devono essere gestiti direttamente dalla polizia municipale.
In ultimo, a sancire il colpo finale ai tentativi del comune di difendersi in giudizio viene rilevato che le fotografie prodotte non hanno alcuna valenza probatoria. Da una parte le immagini panoramiche dell’intersezione non consentono di individuare con certezza la targa del veicolo sanzionato, dall’altra l’ingrandimento della parte posteriore dell’auto non è prevista dal decreto di approvazione né da alcuna norma in materia.

giovedì 24 maggio 2012

Contrassegno europeo per la sosta di invalidi: da domani via libera al permesso europeo per la sosta di invalidi.


Contrassegno europeo per la sosta di invalidi: da domani via libera al permesso europeo per la sosta di invalidi. Importanti le modifiche dell'art. 381 del regolamento di esecuzione e attuazione del codice della strada.
Dopo 12 anni anche in Italia sarà possibile adottare il Contrassegno Unificato Disabili Europeo per la circolazione e la sosta dei veicoli previsto dalla Raccomandazione del Consiglio europeo del 4 giugno 1998. E’ infatti in arrivo il via libera all'adozione in Italia del contrassegno uniforme europeo per la sosta dei veicoli al servizio di invalidi. La novità è contenuta in uno schema di decreto del Presidente della Repubblica all'esame del Consiglio dei ministri nella seduta del 25 maggio 2012. Importanti le modifiche dell'art. 381 del regolamento di esecuzione e attuazione del codice della strada.
Con l’adozione del Contrassegno Unificato Disabili Europeo (Cude), dichiara Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” la persona disabile può circolare e veder riconosciuti i suoi diritti non solo se viaggia in auto per l’Europa, ma anche se circola o sosta in latri Comuni italiani. Ad oggi, infatti, il rilascio del Contrassegno è demandato ai Comuni di residenza e ognuno ha le sue regole: tante erano state, anche presso la nostra redazione, segnalazioni di persone disabili multate, benché munite di contrassegno, in Zone a traffico limitato o in parcheggi riservati di altre città.

Ticket sanitari: esenti i disoccupati a basso reddito e i loro familiari


Una buona notizia per i cittadini. Dopo le durissime critiche la Commissione Lavoro del Senato ha dato il via libera all'emendamento per reinserire l'esenzione dai ticket per i disoccupati a basso reddito e per i loro familiari. L’iniziativa, inserita nel Ddl di riforma del mercato del lavoro,era stata definita un “refuso” dal Ministero, che aveva poi presentato un emendamento per cancellare la proposta.
Ieri notte è stato così approvato l’emendamento che sopprime la norma, contenuta nel ddl lavoro, che appunto escludeva i disoccupati dalle esenzioni. Oggi, sempre in Commissione, è stato approvato un altro emendamento sulla stessa linea.
Per Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” dopo le critiche delle settimane scorse il governo fa dietrofront e conferma l’esenzione dai ticket sanitari per i disoccupati a basso reddito e i loro familiari. L’augurio che l’iter parlamentare confermi l’emendamento in questione che certamente ha fini solidaristici che riteniamo imprescindibili.

mercoledì 23 maggio 2012

Tiroide: in arrivo multe a punti vendita e ristoranti senza sale iodato


Il ministero della Salute, è da anni impegnato per realizzare un’efficace iodoprofilassi, quale importante misura preventiva di sanità pubblica.
In tale contesto lo iodio assume un importante elemento la cui assunzione è indispensabile nella dieta quotidiana. Tuttavia, in molti Paesi del mondo, tra cui l’Italia, lo iodio è presente in quantità così esigue nel suolo, nelle acque e negli alimenti, che il fabbisogno minimo giornaliero necessario per una normale attività tiroidea non può essere soddisfatto.
Per promuovere una corretta alimentazione, il Ministero della Salute ha avviato una serie di azioni per rilanciare il concetto di iodoprofilassi.
Attualmente è in corso un intervento di modifica della legge n. 55 del 2005 (in materia di prevenzione del gozzo endemico e di altre patologie da carenza iodica) che ad oggi non prevede sanzioni agli obblighi previsti; in particolare sono state inserite sanzioni (da euro 1.000,00 a euro 10.000,00) in caso di mancata disponibilità di sale iodato nei punti vendita; mancata disponibilità di sale iodato nell’ambito della ristorazione pubblica, quali bar e ristoranti e di quella collettiva, quali mense e comunità; mancata esposizione della locandina informativa negli esercizi di vendita in prossimità degli espositori.
Preoccupanti i dati statistici. In Italia soffrono di problemi della tiroide oltre 6 milioni di italiani. Più del 10% della popolazione si ammala di gozzo Colpita anche la popolazione giovanile residente in alcune aree del Paese dove il gozzo può superare la prevalenza del 20%”. Ci sono quasi 30 mila ricoveri ordinari con diagnosi di gozzo semplice, cioè quasi 50 ricoveri ogni 100 mila abitanti, con un impatto economico stimato in oltre 150 milioni di euro all’anno.
Per Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” rimane centrale il ruolo della iodoprofilassi esteso a tutta la popolazione sia maschile che femminile e del supplemento di iodio in gravidanza e durante l’allattamento così come lo screening precoce delle malattie tiroidee in donne sia in gravidanza sia che ne stiano programmando una. Infatti le donne in determinati momenti fisiologici, quali la gravidanza e l’allattamento sono particolarmente esposte ad una carenza nutrizionale di iodio con ripercussioni negative sulla salute e qualità di vita..

Alcool: i giovani bevono il doppio rispetto alle precedenti statistiche


L’alcol è una piaga sociale che riguarda sempre più le fasce sociali più giovani in Europa. Nessuno può dire il contrario se si legge il recente report “Alcohol in Europe” che indica come il consumo e l’abuso di alcol fra i ragazzi costituisca un fenomeno preoccupante e in forte crescita sia a livello internazionale che nazionale.
Lo studio supportato dal Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica (FNS) e pubblicato in data odierna, arriva a sottolineare che in base ai dati rilevati i giovani consumano il doppio di alcol di quanto si riteneva finora. Non solo il sabato sera quando scorrono fiumi di alcol e si arriva ad ingerire anche due litri di birra tra i giovani di sesso maschile.
L’equipe di Losanna per le Dipendenze in Svizzera guidata dallo psicologo Emmanuel Kuntsche ha verificato per il tramite di un sondaggio telefonico, il comportamento di 183 romandi (86 uomini e 97 donne) di età compresa tra i 19 e i 26 anni.
In particolare, i giovani dopo aver risposto ad una serie di quesiti relativi al consumo di alcolici nei trenta giorni precedenti, sono stati in seguito monitorati per cinque settimane, nei giorni compresi tra giovedì e sabato, indicando ogni ora le quantità di alcol consumato da inizio serata, alla mezzanotte e sino alla mattina seguente.
Ed i risultati sono sorprendenti: la disparità tra le indicazioni fornite via cellulare e quelle riportate nel formulario hanno evidenziato un consumo doppio delle prime rispetto a quelle dichiarate nel questionario.
Nel complesso, relativamente alle 1441 serate monitorate, il consumo medio era di quasi tre bicchieri a persona per sera (un bicchiere corrisponde a 2,5 dl di birra, 1 dl di vino o 0,25 dl di acquavite). I ragazzi di sesso maschile hanno bevuto in media cinque bicchieri il giovedì, sette il venerdì e otto il sabato, con valori massimi di ben 28 bicchieri in una serata. Di poco inferiori le quantità rilevabili per le donne che hanno consumato mediamente 4,5, 5 e 5,5 bicchieri per sera, con un massimo di 25. Le differenze quantitative tra i diversi giorni della settimana sono sempre emerse a tarda ora: mentre il consumo diminuiva nel corso della serata di giovedì, restava costante di venerdì e aumentava marcatamente di sabato.
Venendo alle abitudini dei ragazzi che ormai sono consuetudini a livello europeo e non esentano i giovani italiani lo studio evidenzia che questi bevono spesso già prima di uscire: acquistano alcol al supermercato e lo consumano in forma privata o in luoghi pubblici prima di recarsi in discoteca o in club, dove le bibite sono ovviamente più costose.
Ciò che fa credere che questa ricerca sia più realistica di tante effettuate sino ad oggi per Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” è che gli studi precedenti erano fondati quasi esclusivamente su dati retrospettivi, e quindi con tutta probabilità sottostimati. La verifica puntuale ed il monitoraggio delle abitudini in tempo reale ha valutato come si evolve il consumo di alcol nel corso della serata e quali erano i "modelli" dominanti.
Chiaramente il report ha evidenziato anche gli aspetti psico sociologici del consumo di alcol tra i giovani riportando all’attenzione ciò che molti, anche i profani comprendono. Ossia che la gran parte dei ragazzi “sfrutta” in maniera mirata gli effetti psicoattivi dell'alcol, "per sconnettersi e sfuggire allo stress e alla quotidianità o per avere dei brividi e diventare euforici".
Poiché da anni lo“Sportello dei Diritti” conduce una battaglia contro l’abuso dell’alcol specie tra i giovani, causa di tragedie quotidiane e di costi sociali impressionanti, non può non condividere le conclusioni cui è giunta la ricerca elvetica in merito alle possibili soluzioni da adottare.
È chiaro ed urgente, infatti, che occorrono misure preventive di natura strutturale in aggiunta a quelle esistenti come il divieto di vendita ai minorenni già in vigore.
Tra queste la riduzione degli orari di apertura dei negozi che vendono alcolici o un aumento dei prezzi con la maggiorazione della tassazione sugli stessi e la destinazione dei proventi per fini sociali, per l’educazione e prevenzione proprio contro l’abuso dell’alcol.

martedì 22 maggio 2012

Istat ed assistenza ospedaliera: al Sud insoddisfatto l’80-90% dei ricoverati


Istat ed assistenza ospedaliera: al Sud insoddisfatto l’80-90% dei ricoverati. Le donne, più colpite da malattie e discriminazioni.
Gli indicatori: appropriatezza, efficacia, soddisfazione dei servizi ospedalieri. Maglia nera la Campania e la Sicilia. Al top Piemonte, Valle D’Aosta, P.A. di Trento, Veneto, Emilia Romagna e Toscana. Ecco il Rapporto Istat 2012 sulla situazione del Paese.
Uno scenario duplefax quello descritto dalla XX edizione del Rapporto Annuale Istat 2012 sulla situazione del Paese, che Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”riporta.
Per la sanità rileva, ad esempio, come sui 111 miliardi di euro spesi nel 2010 dal Ssn, con una media pro capite a livello nazionale do 1.833 euro, vi sia una variabilità regionale nei consumi che raggiunge scarti fino a 500 euro: la P.A. di Bolzano spende mediamente 2.191 euro per ogni residente, la Sicilia 1.690.
I principali squilibri tra regioni si osservano, in particolare, per i servizi preposti alla presa in carico di pazienti cronici e alla gestione della post acuzie, in larga misura rivolti agli anziani e ai disabili.
L’assistenza domiciliare integrata (Adi), seppure sia andanta fortemente aumentando nel tempo, è ancora al di sotto dei bisogni, soprattutto al Sud. Ad eccezione di Abruzzo e Basilicata, tutte le regioni meridionali presentano valori al di sotto del target: in particolare, in Puglia e Sicilia gli anziani trattati in Adi sono circa la metà rispetto all’obiettivo fissato.
Eppure il “Patto della salute 2010-2012” aveva stabilito, come parametri di riferimento, una quota pari al 5% delle risorse complessive da destinare all’assistenza collettiva in ambiente di vita e di lavoro, una pari al 51% all’assistenza distrettuale e il restante 44% per l’assistenza ospedaliera. Rispetto a questa ripartizione delle risorse, solo Piemonte, Emilia-Romagna e Toscana presentano una distribuzione della spesa sanitaria molto prossima ai parametri di riferimento, mentre per le altre regioni le risorse risultano ancora troppo spostate verso l’assistenza ospedaliera (soprattutto Lazio, Abruzzo e Sicilia) a discapito delle attività di promozione della salute e dell’assistenza distrettuale.
Gli indicatori utilizzati nella valutazione della qualità da parte degli esperti dell’Istat sono stati: appropriatezza, efficacia, soddisfazione dei servizi ospedalieri. E le discrepanze tra Nord e Sud emergono con altrettanta chiarezza: dall’analisi congiunta dei tre indicatori sintetici emerge che Piemonte, Valle d’Aosta, P.A. di Trento, Veneto, Emilia-Romagna e Toscana sono le unità territoriali che presentano elevati livelli di qualità in tutte le dimensioni. All’opposto si collocano Campania e Sicilia, con bassi livelli di qualità in tutte le dimensioni. Le restanti regioni presentano un quadro più variegato come la Lombardia e la Basilicata, con elevati livelli di qualità per due delle tre dimensioni considerate, la provincia autonoma di Bolzano, il Friuli-Venezia Giulia, la Liguria, l’Umbria e le Marche con alti livelli di qualità in una sola delle tre dimensioni. In generale, le regioni del Sud presentano livelli qualitativi dei servizi sanitari inferiori al resto del Paese, con bassi livelli di appropriatezza e di soddisfazione dei servizi ospedalieri e livelli medio bassi di efficacia dei sistemi sanitari regionali.
In particolare, in relazione alla soddisfazione per i servizi ospedalieri (assistenza medica, assistenza infermieristica, servizi igienici) rilevata tra coloro che hanno subito almeno un ricovero nei tre mesi precedenti l’intervista, dal Rapporto Istat emerge che nel 2011 il 39% delle persone hanno dichiarato di essere molto soddisfatte sia per l’assistenza medica che per l’assistenza infermieristica, mentre la soddisfazione per i servizi igienici è pari al 3%.
Per tutte e tre questi aspetti si rileva una spiccata variabilità regionale: in tutte le regioni del Nord (con l’eccezione della Liguria) la soddisfazione è più elevata della media, al Centro solo l’Umbria presenta valori di soddisfazione più elevati della media per tutti e tre gli aspetti, mentre al Sud l’insoddisfazione per i servizi ospedalieri è molto diffusa e in alcune regioni riguarda l’80-90% delle persone che hanno subito un ricovero.
“Analizzando congiuntamente gli indicatori di soddisfazione a i dati relativi alla mobilità ospedaliera interregionale, appare evidente come – rileva l’Istat -, sebbene una quota di tale mobilità sia attribuibile alla vicinanza geografica di strutture situate in una regione diversa da quella di residenza, lo spostamento sia generalmente determinato da una carenza di offerta di servizi ospedalieri, o meglio di una offerta adeguata al bisogno di salute del paziente”.
Nel 2010 le dimissioni in regime ordinario di pazienti ricoverati in una regione diversa da quella di residenza sono state 555 mila (il 7,7%), mentre per il solo day hospital le dimissioni sono state oltre 226 mila, il 7,5% del totale.
La buona notizia è che comunque lì aspettativa di vita continua ad aumentare, soprattutto per la ridotta mortalità nelle fasce di età più avanzata e, in particolare, per malattie del sistema circolatorio e per tumori maligni, che ancora oggi costituiscono comunque oltre il 70% di tutti i decessi.
L’aumento della speranza di vita è andato di pari passo con importanti guadagni anche in termini di qualità della sopravvivenza: negli anni più recenti, ad un incremento della speranza di vita si associa infatti anche un aumento degli anni vissuti in buona salute. Anche se con qualche differenza tra uomini e donna. Nell’arco di 16 anni (1994-2010), infatti, la speranza di vita in buona salute a 65 anni è cresciuta do 2,4 anni per gli uomini e 2,2 per le donne.
Il vantaggio delle donne, così come per la sopravvivenza, si va progressivamente riducendo in quanto la maggiore longevità non è accompagnata da un miglioramento di pari entità della qualità della sopravvivenza. Le donne, infatti, sono affette più frequentemente e più precocemente rispetto agli uomini da malattie meno letali, come per esempio l’artrite, l’artrosi, l’osteoporosi, ma con un decorso che può degenerare in situazioni sicuramente più invalidanti.
Le donne risultano inoltre svantaggiate anche sul piano professionale, economico e domestico. In Italia la divisione dei ruoli di genere all’interno della coppia, infatti, è ancora tradizionale: l’uomo continua in moltissimi casi ad avere il ruolo di breadwinner e il lavoro domestico e di cura pesa soprattutto sulle donne, indipendentemente dalla loro condizione occupazionale. I dati dell’ultima Indagine Eu Silc, riportati dal Rapporto Istat, indicano che nei due terzi delle coppie in cui la donna ha tra i 25 e i 54 anni il suo contributo economico è nullo o inferiore al 40% del reddito della coppia. Inoltre, anche se non è trascurabile la percentuale di quante guadagnano redditi non distanti da quelli del partner, le donne che hanno una retribuzione più elevata sono una decisa minoranza: il 24,5% delle donne, infatti, percepisce un reddito compreso tra il 40 e il 59% di quello della coppia, il 6,2% un reddito compreso tra il 60 e il 99% e solo nel 2,2 per cento dei casi la donna è l’unica percettrice di reddito.
Guardando anche alla divisione dei carichi di lavoro domestico e di cura, in quasi un terzo delle coppie le donne non contribuiscono al reddito familiare e si fanno carico della totalità o quasi del lavoro domestico e di cura; quando c’è una qualche divisione con il partner, è la donna a farsene prevalentemente carico, mentre sono rarissimi i casi nei quali prevale un equilibrio. L’indice che misura l’asimmetria nella distribuzione delle ore allocate ai lavori domestici e di cura è sempre elevato, anche nei casi in cui la donna è l’unica percettrice di reddito (64%) e arriva ad un massimo dell’84% quando la donna non percepisce redditi.
Peraltro, molti studi hanno mostrato un’associazione statisticamente significativa tra fattori socio-economici (istruzione, reddito, condizione occupazionale, classe sociale) e condizioni di salute misurate sia in termini di prevalenza di patologie sia in termini di mortalità. Il risultato che emerge è che lo svantaggio sociale si associa a rischi più elevati di cattiva salute e di mortalità. Lo svantaggio più rilevante si osserva tra le donne con livello di istruzione più basso, le quali hanno un rischio di mortalità circa doppio rispetto alle donne della stessa età con titolo di studio più elevato. Fra gli uomini con bassa istruzione di età compresa tra 25 e 64 anni, il rischio di morire è dell’80% più elevato rispetto ai più istruiti. Infine, tra le persone anziane, le differenze nei rischi di mortalità non sono in generale significative: solo per gli uomini si osserva un’associazione significativa della mortalità con una istruzione media o bassa, con un incremento del 30% nel rischio di morte rispetto ai più istruiti.
Per quanto riguarda gli interventi e i servizi sociali a livello comunale, infine, nel 2009 la spesa è stata a 7,2 miliardi di euro (lo 0,46% del Pil nazionale), in aumento del 5,1% rispetto al 2008. Tuttavia nel Mezzogiorno la spesa sociale è diminuita dell’1,5%, mentre cresce del 6% nel Nord-est, del 4,2% nel Nord-ovest e del cinque al Centro.

I comuni spendono in media per i servizi sociali 116 euro pro capite, con un minimo di 26 euro in Calabria e un massimo di 295 euro nella P.A. di Trento. Si amplia il divario rispetto al 2008, quando i rispettivi valori erano 30 e 280 euro pro capite.
Per ogni disabile i comuni spendono in media 2.700 euro all’anno, ma per i disabili residenti nel Sud la cifra è di circa otto volte inferiore a quella del Nord-est (667 euro l’anno contro 5.438). Per l’assistenza agli anziani la spesa media dei comuni italiani è di 117 euro l’anno per ciascun residente over 65, con un minimo di 52 euro pro capite al Sud (sette euro pro capite in meno rispetto al 2008) e un massimo di 164 euro al Nord-est.
Resta bassa l’offerta di nidi pubblici, con notevoli differenze nella diffusione territoriale: i comuni in cui è presente il servizio sono il 78 per cento al Nord-est (83% in Friuli-Venezia Giulia e in Emilia-Romagna), circa il 48% e il 53% rispettivamente al Centro e al Nord-ovest, mentre nel Sud e nelle Isole solo il 21% e il 29% dei comuni ha offerto il servizio sotto forma di strutture comunali o sovvenzionate.

lunedì 21 maggio 2012

Fisco e terremoto in Emilia: Sportello dei Diritti, esentare da Imu edifici colpiti.


Fisco e terremoto in Emilia: Sportello dei Diritti, esentare da Imu edifici colpiti. Il governo provveda anche ad una moratoria fiscale per tasse e tributi
Il governo provveda con decreto all’esenzione dal pagamento dell’Imu per i cittadini proprietari degli edifici colpiti dal terremoto in Emilia.
A chiederlo è Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” che ritiene utile che l’esecutivo intervenga anche per una moratoria fiscale generalizzata per tasse e tributi per cittadini ed imprese delle zone colpite dal sisma sulla falsariga di quanto già accaduto all’Aquila.
Si tratta di un imprescindibile atto di solidarietà nazionale che potrà portare un minimo di sollievo alla popolazione così duramente colpite da un evento catastrofico di spaventose proporzioni.

domenica 20 maggio 2012

Diplomi e lauree taroccate: in Italia i controlli ci sono? Subito una anagrafe on line di diplomi e lauree


Non è una novità che riguarda solo cittadini con ruoli pubblici, ma un fatto globale quello di millantare titoli di studio che molto valgono quanto aria fritta o non ci sono proprio.
Dopo il caso della laurea albanese del “trota”, Renzo Bossi (che non definiamo “fantomatica” per rispetto della magistratura inquirente) e di altri fieri esponenti “padani” che ha fatto sollevare più di un punto interrogativo, in Italia e non solo viene da chiedersi quanti millantatori ci siano in giro e come fare a smascherare l’esistenza o la validità di un titolo.
I precedenti, nel mondo sono, peraltro, tanti a partire da quello recentissimo di altri politici europei come il caso del presidente ungherese Pal Schmitt o quello del ministro tedesco zu Guttenberg.
Nel mondo finanziario, ultimo episodio è quello del Ceo di Yahoo!, ossia del “dott.” Scott Thompson.
Solo che nel resto del mondo essere presi con le mani del sacco significa come minimo “dimissioni sicure”, tant’è che l’amministratore delegato di Yahoo non ha esitato minimamente quando nel suo curriculum è stata pizzicata una falsa laurea in informatica. Mentre nel Belpaese, solitamente, non si arriva a cotanta dignità né pare che le soluzioni per verificare la correttezza dei curricula di ogni singolo personaggio appaiono di insormontabile difficoltà.
Per Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, un primo e semplice passo per una maggiore trasparenza potrebbe consistere nel realizzare una vera e propria anagrafe on line di lauree e diplomi, ma ci aggiungeremmo anche di master, a cura del MIUR (Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca) al fine di rendere immediatamente intelligibile agli occhi del pubblico, l’effettivo conseguimento di titoli validi sul territorio nazionale nei confronti di qualsiasi cittadino che ne dichiari il possesso.

Batterie ad enzimi: un mondo di sostenibilità è possibile!


Un mondo che dipenda dalle fonti fossili non dobbiamo né ce lo possiamo permettere. Pertanto tutte le nuove scoperte che favoriscano l’abbandono dei derivati dal petrolio e del carbone hanno ampio diritto ad essere diffuse e conosciute nella maniera più efficace possibile affinché il processo di ricerca nel settore delle energie alternative continui a fare i passi meritati per una definitiva sostituzione nel tempo più breve possibile con fonti pulite.
Per tali ragioni, uno studio prodotto dall'Università Concordia, “Journal of The American Chemical Society” appare assai interessante, se si pensa che è alla portata della scienza e della tecnica la realizzazione di batterie a lunga durata, biocompatibili e che sfruttano forme di energia alternativa.
La ricerca in questione pare abbia reso possibile l’estensione della durata delle batterie grazie a speciali enzimi che possono mantenere la carica per intervalli di tempo che variano da alcuni secondi fino ad alcune ore.
L’indagine condotta dall’equipe guidata dal professore László Kálmán, insieme ai suoi colleghi del dipartimento di fisica, ha studiato tale tipo di enzimi, scoperti in alcuni batteri, poiché utili per immagazzinare l'energia solare. Il meccanismo verificato appare relativamente semplice: la luce causa una separazione di carica all'interno dell'enzima, facendo in modo da identificare una sezione carica negativamente che si oppone ad una con carica di segno positivo.
Tali osservazioni pare abbiano acceso una speranza: rendere queste batterie “ecologiche” a lunga durata, così favorendo una serie di processi virtuosi a livello energetico e ambientale.
Il docente ha, infatti, rilevato che l'immagazzinamento del potenziale elettrico (ossia della differenza tra carica positiva e negativa), è uno degli aspetti sulle quali l’equipe scientifica si sta concentrando con maggiore attenzione, tanto da far sperare di riuscire a garantire che la separazione di carica possa durare più a lungo nel tempo.
Sostanzialmente, il procedimento si rifà alla fotosintesi, che è un tipo di processo chimico tanto antico ma anche più evoluto di conversione dell'energia.
La ragione per cui Kálmán e i suoi colleghi stanno approfondendo soluzioni presenti in natura è dovuto alla circostanza che le risorse a cui fanno riferimento sono presenti in enormi quantità, se non sono addirittura inesauribili. Stiamo parlando di risorse come la luce solare, l'anidride carbonica e l'acqua. Quello che i ricercatori stanno facendo è cercare di utilizzare energia naturale per suggerire che la strada della sostenibilità si coniuga perfettamente con l'idea di accumulo dell'energia.
Una delle possibili applicazioni in tempi non eccessivamente lunghi dovrebbe essere il settore medicale, con particolare riferimento alla possibilità di realizzare batterie biocompatibili, che tra i tanti usi potrebbero essere utilizzati per il monitoraggio delle funzioni fisiologiche del paziente nei controlli post-operatori senza comportare problemi di rigetto. Queste batterie, infatti, potrebbero portare notevoli miglioramenti nella tecnica, visto che non conterrebbero assolutamente alcun tipo di sostanza metallica tossica.
Tali sorprendenti utilizzi, che apparterranno ad un futuro non lontano, a Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, fanno ritenere che le batterie ad enzimi possano costituire il futuro dell’energia rispettosa dell’ambiente e della salute umana.

venerdì 18 maggio 2012

Lavoro, cala l'occupazione dal 2007 di un milione di lavoratori mentre aumentano i lavoratori stranieri


Che la disoccupazione fosse una piaga sociale che peggiora mese dopo mese è un fatto noto. Ma sono le statistiche sulla coesione sociale pubblicate dal ministero del Lavoro sulla base dei dati Istat, che ci danno le conferme e ci fanno capire come cambia il mercato del lavoro in Italia e come siano urgenti misure strutturali per porvi un argine. Dal 2007, infatti, si è registrato un calo di un milione di lavoratori italiani, ma un aumento di 750.000 stranieri. Il saldo negativo è chiaro: nel quadrienno 2007 - 2011 l'occupazione in Italia è scesa di circa 250.000 unità.
Ciò che è evidente è che la presenza di lavoratori stranieri attenua la riduzione generale dimostrando ancora una volta che gli immigrati sono una risorsa importante per il Paese. A sostenere questa tesi è Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”.
I numeri ancora una volta parlano chiaro: gli occupati sono passati da 23.222.000 nel 2007 a 22.967.000 nel 2011 con un calo di 255.000 unità (-1,09%). Ma tale drastica riduzione è frutto di una contrazione consistente per i lavoratori con cittadinanza italiana che sono passati da 21.719.000 del 2007 ai 20.716.000 del 2011 e quindi oltre un milione in meno (pari al 4,61%).
Un calo così risultato rilevante è in parte compensato da lavoratori con cittadinanza straniera che sono passati dai 1.502.000 del 2007 a 2.251.000 nel 2011 segnando così un aumento di 749.000 unità (+49,8%).
Taluni osservatori hanno ben rilevato che tali dati sono anche dovuti agli interventi susseguitisi per la regolarizzazione dei lavoratori sommersi, soprattutto badanti e colf ed aggiungiamo anche ai decreti flussi.
Per quanto riguarda gli aspetti di genere vi è da sottolineare che per quanto riguarda gli stranieri sono le donne a fare la parte del leone con un aumento da 579.000 unità del periodo ante crisi a 960.000 (+65,8%) dell’anno scorso. Meno marcato l’incremento occupazionale degli uomini stranieri nello stesso periodo è passata da 924.000 unità a 1.292.000 (+39,8%).
Analogamente anche i maschi italiani subiscono la più marcata riduzione occupazionale con una diminuzione pari a oltre 800.000 unità in meno (-6,13%) se si pensa che si è passati da 13.133.000 occupati nel 2007 a 12.327.000. La riduzione del numero di donne occupate si è rivelata meno rilevante con un passaggio da 8.586.000 unità a 8.389.000 unità per un totale di circa 200.000 unità in meno (-2,29%).
Per quanto riguarda le aree geografiche del Paese, i dati evidenziano ciò che ci si aspettava: il maggior aumento della disoccupazione si è verificato al Sud con una riduzione da 6.345.000 del 2007 a 5.922.000 nel 2011 (423.000 posti con un -6,66%). Più contenuto il calo al Nord ed al centro dove si è avuta un calo rispettivamente pari a 409.000 (-3,72%) posti in meno da 10.974.000 di occupati a 10.565.000 e 173.000 unità (da 4.401.000 a 4.228.000 unità. con un -3,93%).
L’aumento di lavoratori stranieri nel Mezzogiorno ha caratteri straordinari se si pensa che si è passati da 171.000 unità a 293.000 con una percentuale del 71,3% in più e poi a seguire il Centro con un +55,3% (da 385.000 a 598.000) ed infine il Nord con un aumento da 947.000 unità a 1.360.000 pari a +43,6%.

giovedì 17 maggio 2012

Droga: italiani al primo posto in Europa per consumo di cannabis nell’ultimo anno


Il trend dell’Italia dal 2001 al 2008 è quello che ha segnato il massimo incremento in Europa, dal 9,2% al 20,3%, ovvero un aumento dei consumatori di cannabis dell’11,1% in meno di dieci anni.
Ancora una volta l’Italia nelle posizioni d’avanguardia nelle graduatorie negative a livello internazionale. Un’altra conferma in tal senso viene dall’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (EMCDDA) che ha preso in esame la popolazione compresa nella fascia che va dai 15 ai 64 anni. Pensate che nella speciale classifica abbiamo la medaglia d’oro in Europa per consumo di cannabis nell’ultimo anno(14,3%); siamo al secondo posto (6,9%), dopo la Spagna (7,6%) per uso della canapa nell’ultimo mese; mentre il 32%, quindi circa un terzo della popolazione ha consumato cannabis almeno una volta nella vita piazzandoci così al terzo posto dopo la Danimarca (32,5%) e la Spagna (32,1%).
Tutte cifre che nelle singole classifiche (+7,6%, +3,3%, +8,8%) ci pongono ben al di sopra delle rispettive medie europee, un primato che condividiamo solo con la Spagna.
Altissimo anche il consumo di droghe pesanti. Si pensi che l’Italia è puntualmente al terzo posto per utilizzo nell’ultimo mese (0,7% della popolazione analizzata; +0,2 rispetto alla media europea) di cocaina, nella fascia 15-64, nell’ultimo anno (2,1%; +0,9%) e nella classifica di chi ha provato la polvere bianca almeno una volta (7%; +2,7%).
Meno utilizzate le droghe sintetiche quali anfetamine ed ecstasy con percentuali al di sotto della media europea: gli italiani tra i 15 e i 64 anni che hanno fatto uso di queste sostanze nell’ultimo mese sono lo 0,3%; quelli che le hanno usate nell’ultimo anno sono l’1,1%; quelli che le hanno provate almeno una volta nella vita sono il 6,2%..
La cosa che fa più preoccupare è il trend negativo vissuto dall’Italia dal 2001 al 2008 che ha segnato aumenti da capogiro, dal 9,2% al 20,3%, che segnano il massimo incremento a livello europeo, ovvero un aumento dei consumatori di cannabis dell’11,1% in meno di dieci anni.
Preoccupante anche il numero dei giovani e giovanissimi italiani (15-34) che hanno fatto uso di cocaina nell’ultimo anno, dal 1990 al 2010 se si guarda alla media europea, è preoccupante: dal 2001 al 2005 i consumatori di polvere bianca sono cresciuti dell’1,5% mentre solo dal 2005 al 2008 c’è stato un leggero trend inverso con un decremento dello 0,3%.
Secondo Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, alla luce di numeri così alti, sul consumo di cannabis e cocaina non è semplice ipotizzare soluzioni rapide ed efficaci che riducano in maniera drastica i consumi di sostanze stupefacenti.
A tal proposito è interessante il rapporto 2011 della Commissione globale per le politiche sulla droga, di cui fanno parte Kofi Annan e numerosi ex capi di Stato, che ha esortato i governi a prendere in considerazione la via della legalizzazione delle droghe leggere al fine di colpire efficacemente la criminalità organizzata e costituire un’ingente fonte di liquidità per le casse dello Stato. Addirittura una ricerca dell’Università La Sapienza di Roma da parte del prof. Marco Rossi ha calcolato che con provvedimenti di tal tipo si potrebbero recuperare 5,5 miliardi di euro all’anno rivenienti dalla tassazione sulla vendita della sola cannabis.
Per i proibizionisti, ovviamente la liberalizzazione è da ripudiare per una serie di motivazioni anche condivisibili tra cui il rischio di un aumento ancor più marcato dell’uso di droghe. In tal senso però sono scarsi i dati scientifici a supporto dell’una o dell’altra tesi. Per la verità il Portogallo a partire dal 2001 ha legalizzato il consumo delle droghe ed in particolare di quelle leggere con la conseguenza accertata di un drastico calo nell’utilizzo proprio della cannabis.

mercoledì 16 maggio 2012

Eccesso di velocità: nulla la multa per l’infrazione rilevata a mezzo autovelox sulla superstrada dalla Polizia Municipale


Eccesso di velocità: nulla la multa per l’infrazione rilevata a mezzo autovelox sulla superstrada dalla Polizia Municipale che non riesce a provare la potestà sul tratto di strada indicato nel verbale
Lo “Sportello dei Diritti” conduce una campagna da anni contro gli strumenti di rilevazione delle infrazioni utilizzati solo per “far cassa” dalle amministrazioni comunali e non per le finalità di sicurezza cui dovrebbero essere demandati.
Una battaglia che tra alti e bassi dimostra però che molto spesso sono i comuni ad essere in difetto perché non applicano alla lettera leggi e regolamenti causando spesso abnormità e sanzioni illegittime che alcune volte hanno rasentato il ridicolo, con automobilisti sanzionati da due diversi comandi di polizia municipale alla stessa data, ora e luogo per errori probabilmente determinati dalla società appaltatrice del servizio autovelox, o tra gli altri il famigerato Fiat “Doblò”, “sorpreso” ad oltre la velocità del suono. Ma da raccontarne di episodi altrettanto risibili ce ne sono centinaia e centinaia.
Questa volta Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, segnala un’importante sentenza del Giudice di Pace di Camerino, la n. 842/12 della sezione civile, che ha bacchettato una prassi in voga tra molte amministrazioni comunali: quella di rilevare le infrazioni anche sulle strade che non sono sotto la loro competenza ma che ricadono nell’agro del comune.
Secondo il Giudice onorario, infatti, i vigili urbani non avendo competenza su tutto il territorio nazionale come gli agenti della polizia di Stato, non risultano essere legittimati a svolgere il servizio di polizia stradale sulle strade extraurbane principali, che risultano equiparate alle autostrade. E ciò anche se il tratto di strada su cui viene rilevata la violazione del codice della strada ricade entro il “feudo” di competenza del Comune cui appartengono gli agenti della polizia municipale che ha provveduto all’accertamento.
Al contempo, per evitare l’annullamento del verbale, l’ente avrebbe dovuto provare la propria potestà giuridica nel tratto in questione.
Il giudice di pace ha, quindi, accolto le doglianze presentate nel ricorso ed ha annullato il verbale elevato per la violazione dell’articolo 142 comma 8 del codice della strada.
Nel caso di specie, se è pur vero, che la velocità rilevata di 110 chilometri l’ora contro i 90 consentiti, è anche fondamentale che la stessa fosse stata accertata su una superstrada che è gestita dall’Anas anche se il tratto in cui transita l’automobilista all’atto della condotta multata rientra nel territorio del Comune cui appartiene la polizia locale che eleva la contravvenzione.
Lo stesso giudice di merito ha rilevato che nel caso in questione trattasi di una zona extraurbana ed ha osservato in punto di diritto riportandosi alla giurisprudenza di legittimità che i vigili urbani hanno competenza sul territorio del Comune ex articolo 65/1986 ma non sulle autostrade e, dunque, neanche sulle strade extraurbane principali che in base agli articoli 175 e 176 Cds risultano equipollenti alle prime (Cassazione 23813/09).
È persuasiva, per Giovanni D’Agata, la considerazione secondo cui l’amministrazione locale che non è né ente proprietario né gestore della superstrada non soltanto non ha titolo per svolgervi servizio di polizia stradale, né installare strumenti di rilevazione elettronica o segnaletica.

martedì 15 maggio 2012

Il defibrillatore? Spesso troppo lontano


Un defibrillatore a portata di mano nei luoghi pubblici può salvare la vita. Lo sostiene da tempo Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”. La conferma viene anche da una ricerca della Perelman School of Medicine dell'Università della Pennsylvania che ha esaminato il posizionamento di più di 2300 defibrillatori semiautomatici esterni extraospedalieri e che è stato presentato in anteprima l’11 maggio a Chicago nel corso del meeting annuale della Society for Academic Emergency Medicine.
È noto, ormai anche ai profani che almeno potenzialmente i defibrillatori semiautomatici esterni (DAE o AED) sono strumenti salvavita, ma dallo studio in questione, è emerso che purtroppo non risultano essere a portata di mano nella maggior parte dei casi di arresto cardiaco avvenuto in luoghi pubblici. Infatti, nonostante i programmi di formazione sulla rianimazione cardiopolmonare (CPR) e la diffusione sul territorio dei defibrillatori, i tassi di sopravvivenza per arresto cardiaco risultano essere sotto la soglia del 10 per cento in molte aree dei uno stato all’avanguardia come gli Stati Uniti.
L’arresto cardiaco, come dice la parola stessa si verifica quando un ritmo cardiaco anomalo fa sì che il cuore smetta di battere. I defibrillatori sono apparati elettronici che utilizzano scariche elettriche al fine di ristabilire le normali pulsazioni del cuore.
Gli studiosi dell’Università della Pennsylvania (USA) hanno incrociato i dati tra il posizionamento geografico di quasi 3.500 arresti cardiaci e quello di più di 2.300 defibrillatori semiautomatici esterni in tutta la contea di Filadelfia. Gli apparati sono stati localizzati più frequentemente in scuole e campus universitari (30 per cento), in edifici per uffici (22 per cento) e in edifici residenziali (4 per cento).
La ricerca ha potuto così rilevare che solo il 7 per cento degli arresti cardiaci è accaduto all’interno di un raggio di 200 metri di distanza dal defibrillatore, che è a circa due minuti di andata e ritorno a piedi dal sito dell’emergenza. Il 10 per cento degli arresti cardiaci si è verificato entro 400 metri e il 21 per cento entro 600 metri (a circa 6 minuti a piedi).
Ciò che è sorprendente è che le probabilità di sopravvivenza per le vittime di arresto cardiaco scendono di circa il 10 per cento per ogni minuto trascorso senza rianimazione e defibrillazione. Infatti, i pazienti sottoposti a defibrillazione trascorsi sei minuti o più dall’arresto cardiaco hanno un tasso di sopravvivenza molto basso.
Per tali ragioni, la campagna dello “Sportello dei Diritti” per rendere obbligatoria la presenza di defibrillatori semiautomatici esterni in tutti gli edifici aperti al pubblico trova un’ulteriore conferma dallo studio che rileva come gli stessi debbano essere posizionati nella maniera più strategica possibile all’interno delle comunità.

lunedì 14 maggio 2012

In vendita lo spray che ti ubriaca in pochi secondi


In vendita lo spray che ti ubriaca in pochi secondi. Gli effetti svanirebbero completamente in breve tempo, dato che in pochi minuti apparentemente non ci sono neppure più tracce rilevate dall’etilometro.
Il prodotto, è stato presentato mercoledì scorso a Parigi: ogni spruzzata dello spray contiene 0,075 ml di alcol, cioè mille volte meno di un normale drink, e farebbe un effetto equivalente a quello di un cocktail martini.
Si chiama "Wahh Quantum Sensations" e nasce dall'idea di un inventore, ma con il design alla moda creato direttamente da Philippe Stark, in vendita a 20 euro e contenente una ventina di spruzzi.
La sua forma è quella di un inalatore per l’asma, un tubetto di alluminio grande come un rossetto. Il perché di tale invenzione è facile da capire, permette di ubriacarsi con pochi spruzzi senza spendere un capitale per drink o cocktail in discoteca.
Spiega Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, Wahh’ è un’alternativa che ti offre la sensazione di ebrezza senza avere postumi di quando si è ubriachi. I suoi effetti sarebbero istantanei ma relativamente brevi, durano solo pochi secondi, dato che in pochi minuti apparentemente non ci sono neppure più tracce rilevate dall’etilometro.

domenica 13 maggio 2012

Equitalia e beni all'asta, le case profanate da troppi speculatori


Equitalia e beni all'asta, le case profanate da troppi speculatori: molti lucrano sulla disperazione dei debitori un business miliardario per boss e faccendieri. Solo nel 2010, sono state messe all’asta per pignoramenti circa 150.000 abitazioni. Sempre di più le persone che non riescono a pagare i mutui e che vengono sfrattate. Lo Sportello dei Diritti denuncia un sistema che sta ormai condannando all’emarginazione sociale migliaia di famiglie
Solo nel 2010 sarebbero più di 150 mila le case vendute all’incanto per un giro di affari di circa 10 miliardi. I proprietari vittime della disoccupazione, della bolla immobiliare e di prestiti bancari irresponsabili, migliaia di famiglie sono costrette ad abbandonare le proprie abitazioni. Di queste il 10 per cento transita per le aste giudiziarie: un business ricco e in costante crescita. Un sintomo della crisi che colpisce l’Italia, ma anche di un sistema da riformare.
Spesso e volentieri i proprietari che devono vendere per risanare debiti rientrano in possesso degli immobili persi. O capita ancora che i nuovi debbano pagare pesanti tangenti per concludere bene l’affare. C'è chi promette ai debitori, in cambio di soldi, di non partecipare alle aste giudiziarie sulle case pignorate. Talvolta riesce a raggirare i tanti disperati in procinto di perdere i propri beni. Li aspettano nei corridoi del palazzo di giustizia, li braccano fuori dal tribunale, anche in strada, oppure li seguono sino a casa. I cacciatori dei disperati con la casa all'asta le provano tutte per contattare le loro potenziali vittime. L'andazzo delle minacce e delle lusinghe e dei raggiri ai danni dei debitori coinvolge consulenti spesso senza scrupoli che offrono servizi relativi alle aste spesso agendo ai limiti delle regole, talvolta ne pilotano il risultato e fanno man bassa di occasioni a prezzi stracciati.
Insomma i senza tetto stanno invadendo l’Italia, a macchia d’olio pur non essendo né mendicanti né tossicodipendenti né immigrati clandestini. Hanno perso il lavoro, la casa, i mobili, le illusioni e le speranze. Ma in compenso si portano appresso un debito che rimarrà sulle loro spalle per il resto della vita.
Per quanto possa sembrare paradossale, perdere la casa non è la cosa peggiore. Il peggio arriva dopo quando non potranno riscuotere uno stipendio, stipulare un contratto telefonico, comprare una macchina o pagare un affitto senza essere pignorato.
Ci vuole dunque una massiccia offensiva su chi specula sulla disperazione di quanti non sono riusciti a pagare le rate del mutuo oppure stanno per perdere la loro azienda.
A sottolinearlo è Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, che denuncia una situazione di totale impunità, e chiede che sia fatta luce sulle formule di contrattazione ipotecaria, che secondo l’associazione in alcuni casi rappresentano una vera e propria truffa.
E' un fatto che la macchina da guerra messa in campo per combattere evasione ed elusione anziché essere al servizio dei cittadini si trasforma spesso nel loro peggiore incubo. Angherie che di mese in mese hanno provocato, non da oggi, un'escalation di collera, amplificata dalle ennesime ingiustizie. Mentre gli esattori si accaniscono sui piccoli, colpevoli magari di non aver ricevuto la notifica di una multa, i grandi evasori, a quanto si legge sui giornali, continuano a restare impuniti.

sabato 12 maggio 2012

Alla guida senza patente si rischia fino a 7000 € di multa e il fermo amministrativo dell’auto


Guai grossi chi viene sorpreso alla guida nonostante il ritiro della patente. Rischia una multa di oltre 7000 €, la revoca e il fermo amministrativo, questo anche in assenza di un provvedimento del Prefetto se l’automobilista non ha chiesto la restituzione del titolo di guida.
Ad evidenziarlo è Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, a seguito della lettura della sentenza numero 7032 del 9 maggio 2012. Protagonista della vicenda un automobilista al quale era stata ritirata la patente perché trovato in stato di ebbrezza. La suprema Corte ha accolto la sentenza del Tribunale di Catania che aveva respinto il ricorso contro il verbale che accertava la violazione dell’articolo 218 Cds per guida nonostante l’avvenuta sospensione della patente. Nello statuito gli ermellini, hanno distinto tra ritiro e sospensione della patente, sottolineando la disposizione secondo cui l’agente accertatore rilascia permesso provvisorio limitatamente al periodo necessario per condurre il veicolo nel luogo di custodia indicato dall’interessato, concludendo che, ove vi fossero stati i presupposti il ricorrente avrebbe potuto chiedere la restituzione ma non guidare senza patente.
Oltremodo i giudici di legittimità della sesta sezione civile, osservando che è stato contestato il provvedimento sanzionatorio ex articolo 218 Cds per avere il trasgressore circolato senza patente durante il periodo di ritiro della stessa, in vista del provvedimento di sospensione, hanno ritenuto legittima la notifica dopo l’accertamento della nuova trasgressione.
Sulla scorta di tali argomentazioni, Giovanni D’Agata rileva con l’occasione che, laddove è stata ritirata la patente, il trasgressore può richiedere la restituzione, se entro quindici giorni non vi è l’emissione del provvedimento prefettizio. Ma, se la richiesta non è stata fatta e l’automobilista è stato sorpreso a guidare, scatta la sanzione secondo l’articolo 218 del Codice della strada.

Truvada: trattamento preventivo contro l'AIDS?


Truvada: trattamento preventivo contro l'AIDS? Gli esperti americani hanno consigliato la commercializzazione di questo trattamento controverso nonostante le preoccupazioni espresse da alcune associazioni.

Il suo nome: Truvada. Gli esperti della FDA (Federal droug administration) si sono pronunciati a favore della commercializzazione del primo trattamento preventivo contro l’Aids messo a punto dal laboratorio statunitense Gilead Sciences. E questo nonostante le preoccupazioni espresse da alcune associazioni.
Il Truvada è una combinazione di due anti-retrovirali ed è già prescritto con successo a soggetti infettati da virus HIV responsabile dell’Aids umano. Studi clinici hanno dimostrato che la sua efficacia preventiva è stata evidenziata dai risultati di una sperimentazione clinica svolta da luglio 2007 a dicembre 2009 in sei Paesi fra i quali il Brasile,il Sudafrica e gli Stati Uniti. La sperimentazione è stata principalmente finanziata dagli Istituti nazionali americani della salute (NIH). Grazie ai testi clinici si è potuto constatare che il Truvada ha ridotto del 44% il rischio di infezione negli uomini omosessuali che utilizzavano un profilattico. Un secondo studio ha dimostrato come il Truvada avesse diminuito il rischio di infezione fino al 75% nelle coppie eterosessuali in cui uno dei due partner era già sieropositivo.
Gli esperti lo raccomandano per il trattamento per gli uomini omosessuali sieronegativi, per le coppie eterosessuali in cui uno dei partner è sieropositivo e, parzialmente, anche per “gli altri individui che rischiano di essere infettati a causa della loro attività sessuale”.
In ogni caso, il parere del Comitato di esperti ancora deve essere considerato dalle autorità di regolamentazione di US food and drug agenzia. Se seguire, il Truvada diventerà il primo trattamento preventivo contro l'HIV negli Stati Uniti, un paese dove 1,2 milioni di persone sono sieropositive. Si noti la stessa come il costo di Truvada ruota intorno ai 10.000 euro all'anno.
Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, avverte che diversi ricercatori hanno chiesto nuovi dati sull'efficacia del Truvada prima della commercializzazione. Temono che un soggetto sieropositivo prendendo il Truvada è meno vigile sul rischio di trasmissione del virus e che per esempio sistematicamente non faccia uso del preservativo per ogni rapporto sessuale. Infatti gli esperti della facoltà di medicina dell'Università di Cincinnati temono che l'avere a disposizione la pillola che teoricamente diminuisce i rischi di contagio con il virus Hiv induca comportamenti ad alto rischio nella popolazione gay e degli eterosessuali. Sarebbe una catastrofe nell'ambito della prevenzione dell'Aids in America.

venerdì 11 maggio 2012

Cognomi imbarazzanti: dal 9 luglio è più facile cambiare cognome o aggiungerne un altro


Cognomi imbarazzanti: dal 9 luglio è più facile cambiare cognome o aggiungerne un altro, basta il decreto del prefetto. Anche l’immigrato divenuto cittadino italiano potrà avere un doppio cognome volendo mantenere il nome con cui e’ conosciuto al di fuori
Stop ai patronimici imbarazzanti tipo Chiappa, Maiale, Coscia o addirittura Puzzettolina...... certamente, per chi è costretto a portarli potevano essere un peso insostenibile. Ma a cambiare un cognome strano, mettendo fine ad un imbarazzo, fonte di vergogna, che spesso si trascina da una generazione all'altra, adottandone uno più «portabile», non è poi così difficile. Dal 9 luglio basterà una domanda circostanziata, spiegando i motivi della volontà di cambiare, indirizzata al prefetto che potrà rispondere con il decreto di concessione. In pratica, si potra’ chiedere di unire al cognome del padre quello della madre, ma si potra’ anche chiedere di aggiungere il cognome del marito ai propri figli da parte della donna che, rimasta vedova o divorziata, si e’ risposata. Ed altra novita’, potra’ fare istanza anche chi e’ divenuto cittadino italiano e vuole pero’ che venga mantenuto il nome con cui e’ conosciuto al di fuori. Infatti, entrerà in vigore il Dpr 54/12 che semplifica la procedurà.
Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, informa che chiunque ne abbia interesse può fare opposizione alla domanda entro il termine di trenta giorni dalla data dell’ultima affissione oppure dalla data dell’ultima notificazione alle persone interessate. L’impugnazione si propone con atto notificato al rappresentante del Governo nella Provincia.

giovedì 10 maggio 2012

La disperazione dilaga in Italia: dopo i suicidi, reni in vendita per pagare i debiti


La disperazione dilaga in Italia: dopo i suicidi, reni in vendita per pagare i debiti. E’ una 55enne toscana, madre di due figli l'autrice dell'inserzione choc che confessa di avere 65.000 euro di debiti con l’agenzia di recupero crediti Equitalia.
Il dramma della disperazione non si riversa solo nell’infinita serie di suicidi che negli ultimi mesi sta riempiendo le cronache dei giornali italiani. C’è addirittura chi arriva a mettere in vendita il proprio rene per non annegare tra i debiti. E una 55enne toscana, separata e madre di due figli di cui uno piccolo l'autrice dell'inserzione che confessa di avere 65.000 euro di debiti con l’agenzia di recupero crediti Equitalia.
Secondo Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti il tragico baratto dettato dalla precaria situazione finanziaria della donna è un dramma che deve scuotere le coscienze. La popolazione vessata dalla povertà si trova ora costretta a pensare di vendere i propri reni per fronteggiare i debiti, questo è il triste scenario in cui versa l’Italia.

mercoledì 9 maggio 2012

Equitalia: nulla l’ipoteca iscritta sugli immobili del contribuente da parte del concessionario della riscossione


Equitalia: nulla l’ipoteca iscritta sugli immobili del contribuente da parte del concessionario della riscossione per il recupero di crediti per l’importo inferiore alla somma di 8 mila euro. Duro colpo ad Equitalia da parte del Giudice di Pace di Roma. Condannata a cancellare a sue spese l'ipoteca iscritta sugli immobili del contribuente.
Nuova condanna per l’agente della riscossione: “ Deve essere dichiarata nulla, con la conseguenza dell’obbligo di cancellazione entro sessanta giorni, l’ipoteca iscritta sugli immobili del contribuente da parte del concessionario della riscossione per il recupero di crediti con ammontare inferiore alla somma di 8 mila euro, dovendosi infatti ritenere che, seppure l’articolo 76 del Dpr 602/73 non preveda alcun limite di valore per l’iscrizione di ipoteca, che l’ipoteca, in quanto atto preordinato e strumentale all’espropriazione immobiliare, soggiace allo stesso limite stabilito per quest’ultima, nel senso che non può essere iscritta se il debito del contribuente è inferiore a 8 mila euro “.
Ad evidenziarlo è Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, a seguito della lettura della sentenza numero 5191/12, pubblicata dalla terza sezione civile del Giudice di Pace di Roma. Entro sessanta giorni Equitalia Gerit dovrà cancellare a sue spese le ipoteche iscritte sugli immobili del contribuente moroso, perseguitato da ben dodici cartelle esattoriali. Superfluo, per l’agente della riscossione, eccepire che il tetto non varrebbe per l’ipoteca che, invece, in quanto atto preordinato e strumentale all’espropriazione immobiliare, risulta soggetto allo stesso limite previsto per quest’ultima. Sulla scorta di tali argomentazioni il Giudice di Pace ha dichiarato nulla l’iscrizione disposta per il recupero di poco più di 5 mila euro, mentre è fissato a 8 mila il limite minimo di cui all’articolo 77 condannando Equitalia a pagare le spese di lite.

Strisce blu: necessaria la presenza di parcheggi liberi nelle "Immediate vicinanze" dei parcheggi a pagamento


Strisce blu: necessaria la presenza di parcheggi liberi nelle "Immediate vicinanze" dei parcheggi a pagamento
In un inedito parere con la circolare il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti prot. n° 1712 del 30.03.2012 ribadisce la necessità della presenza di parcheggi liberi in prossimità delle strisce blu e chiarisce il concetto di "Immediate vicinanze".
Per Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, la circolare in questione ribadisce il principio sancito dall’art. 7 comma 8 del Cds che recita chiaramente “qualora il comune assuma l'esercizio diretto del parcheggio con custodia o lo dia in concessione ovvero disponga l'installazione dei dispositivi di controllo di durata della sosta…,…, su parte della stessa area o su altra parte nelle “ Immediate Vicinanze, deve riservare una adeguata area destinata a parcheggio rispettivamente senza custodia o senza dispositivi di controllo di durata della sosta” .
Pertanto le delibere comunali che violino questa importante norma, sono da considerarsi illegittime, con il susseguente annullamento dei verbali elevati in conseguenza di esse.
E’ possibile verificare che gran parte dei comuni di maggiori dimensioni abbiano violato questa disposizione creando intere aree destinate alla sosta a pagamento con tariffazione a tempo, senza destinare alla libera sosta aree contigue, ledendo pertanto il diritto degli utenti della strada di posteggiare in quest’ultime.
La situazione venutasi a creare in questi comuni ha determinato un notevole aumento dei ricorsi avverso le sanzioni amministrative conseguenti alla violazione della sosta regolamentata, ed il sottoscritto riceve quotidianamente decine di reclami in tal senso.
Pertanto si ribadisce l’invito ai comuni che non si attengono alle prescrizioni del Codice della Strada e alla interpretazione data dalle Sezioni Unite della Cassazione, di modificare immediatamente le delibere illegittime al fine di evitare l’”esplosione” di un contenzioso che alla luce di questa circolare aumenterà prevedibilmente in maniera esponenziale.

martedì 8 maggio 2012

Alimentazione: stop alla” Low Carb”. L’Efsa lancia l’allarme attenzione alle diete iperproteiche


L’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) segnala il rischio di un eccesso proteico, soprattutto dalla carne. Sono in molti con l’arrivo della bella stagione, a voler perdere qualche chilo di troppo. Il metodo oggi più utilizzato è qualche settimana di dieta a basso tenore di carboidrati (low carb) con nel piatto solo proteine e qualche verdura, ma si deve fare attenzione.
Le proteine ingerite quotidianamente infatti sono in media 67-114 per gli uomini e 59-102 g per le donne. Il valore di riferimento giornaliero dovrebbe invece essere pari a 0,83 grammi per chilo di peso corporeo, inteso come peso forma e per un soggetto sedentario (che equivale per un uomo di 70 kg a 58,1 g di proteine, mentre per la donna di 55 kg al valore di 45,6 g). Atleti e persone attive hanno invece un fabbisogno in proteine aumentato a seconda della tipologia di attività svolta (da 1,3 g fino ad arrivare a superare i 2 g per chilo in caso di attività sportive particolarmente intense).
Per Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, oltrepassare di molto queste percentuali nutrizionali significa mettere a rischio il benessere fisico. Infatti, le proteine animali sono responsabili dell’incremento di alcune patologie come la calcolosi urinaria, gotta, osteoporosi, ipertensione, aterosclerosi e perfino di numerose forme tumorali. La scelta ottimale è la loro alternanza tra animali come pesce, carne e derivati e vegetali come i legumi, ricordando sempre che la proteina più digeribile e completa è quella dell’uovo.
Pertanto per una dieta equilibrata per ridurre le calorie; l'ideale sono alimenti magri e ricchi di fibre come i cereali minori ed i legumi in abbinamento ad una adeguata attività fisica che aumenta il metabolismo corporeo e rimodella il fisico.