domenica 31 marzo 2013

Nel liquido e nell’aerosol delle sigarette elettroniche sono presenti particelle di metallo e di silicati ed anche nanoparticelle

Un articolo pubblicato su PlosOne.org una rivista edita dalla Public Library of Science che riprendere diversi studi giunge ad alcune conclusioni che dovrebbero incentivare le istituzioni europee, ma anche quelle dei singoli stati nazionali ad accelerare il percorso di regolamentazione della vendita delle sigarette elettroniche. A sostenerlo Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, che ancora una volta mette sotto la lente d’ingrandimento quella che è una vera e propria moda esplosa da qualche mese anche in Italia, ma che come abbiamo più volte detto, si diffonde a macchia d’olio nella più totale libertà di commercializzazione e pressoché senza regole. Almeno sino ad oggi e salvo l’emissione di quella normativa europea che ancora è in fase di istruzione mentre milioni di europei già ne fanno uso quotidiano senza conoscere le reali conseguenze e se vi siano potenziali pericoli per la salute. Ed allora, è per tali ragioni che riteniamo utile riportare, in sintesi, le puntigliose indagini effettuate da laboratori indipendenti su questi nuovi marchingegni dell’effimero piacere. I contenuti del cartomizzatore e l’aerosol sono stati analizzati mediante microscopia ottica ed elettronica, prove di citotossicità, microanalisi a raggi X, conteggio delle particelle e spettrometria di emissione ottica induttivamente accoppiato con plasma. Ed i risultati sono stati i seguenti. Il filamento, un filo di nichel-cromo, è stato accoppiato ad un filo di rame più spesso, rivestito di argento. Il rivestimento d'argento talvolta manca. Quattro collegamenti con saldatura a stagno connettono tra essi i fili e accoppiano il filo di rame/argento al tubo dell’aria e al boccaglio. Tutti i cartomizzatori hanno tracce di uso prima del confezionamento (macchie di bruciato sulle fibre e movimento elettroforetico del liquido nelle fibre). Le fibre in due cartomizzatori avevano depositi verdi che contenevano rame. La centrifugazione delle fibre ha prodotto pellet grandi contenenti stagno. Particelle di stagno e baffi di stagno sono stati identificati nel liquido della cartuccia e nelle fibre esterne. Il liquido del cartomizzatore con particelle di stagno è risultato citotossico nel test eseguito con fibroblasti polmonari umani. L’aerosol conteneva particelle > 1 micron, di stagno, argento, ferro, nichel, alluminio e silicato e nanoparticelle (<100 nm) di stagno, cromo e nichel. Le concentrazioni di nove su undici elementi nell’aerosol della sigaretta elettronica erano superiori o uguali alle concentrazioni corrispondenti nel fumo delle sigarette tradizionali. Molti degli elementi individuati nell’aerosol delle sigarette elettroniche sono noti causare malattie e pericolo per l’apparato respiratorio. Queste, quindi, in estrema sintesi le conclusioni: la presenza di particelle di metalli e di silicati nell’aerosol del cartomizzatore dimostra la necessità di un migliore controllo della qualità nella progettazione e nella fabbricazione delle sigarette elettroniche e ulteriori studi sull’impatto dell’aerosol delle sigarette elettroniche sulla salute degli utilizzatori (fumatori) e di coloro che respirano questo aerosol passivamente.

Allerta per un virus variante dell’influenza aviaria che sta preoccupando l’Asia

Allerta per un virus variante dell’influenza aviaria che sta preoccupando l’Asia. Il ceppo virale classificato H7N9 ha causato 2 morti in Cina In questi giorni questo virus sta generando preoccupazione in Asia. Secondo quanto riportato da alcuni media due persone sono morte a Shanghai in marzo dopo essersi ammalate di una variante dell'influenza aviaria che finora non era stata diagnosticata nell'uomo. Il ceppo virale classificato H7N9, contro il quale non esiste un vaccino e i medici non sanno ancora esattamente come trattare questa malattia, provoca febbre alta e tosse che degenerando provoca polmonite e, talvolta, insufficienza renale.. Oltre al 27enne e all'87enne che sono deceduti dopo essere stati infettati a fine febbraio un terzo individuo, una donna della provincia di Anhui, ha contratto la malattia e attualmente versa in condizioni definite critiche dai medici. L'ultimo caso, reso pubblico dalle autorità cinesi, lascia pensare che il contagio tra gli esseri umani è possibile. Il portavoce per l'OMS e l'agenzia sanitaria cinese hanno rassicurato che l'organizzazione mondiale segue con estrema attenzione i suoi progressi. Non è chiaro come le tre vittime siano state infettate. Probabilmente la causa dell’infezione è dovuta agli spostamenti quotidiani di milioni di persone e tonnellate di merci che hanno aumentato il rischio di diffusione di malattie che in determinati contesti rimangono isolate anche per migliaia di anni ma che possono essere fonte di vere e proprie pandemie se solo non vengono isolate per tempo. Secondo la commissione, tuttavia, il virus non sembra particolarmente contagioso. Per Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, anche se i sintomi richiamano alla mente la SARS coronavirus, è ancora troppo presto per confermare la vera dimensione del problema.

Italia scandalo tabella taglia risarcimento dei danni alla persona. Il Presidente Napolitano " non firmi il decreto"

Italia scandalo tabella taglia risarcimento dei danni alla persona. Sta per arrivare l’ultimo colpo di coda del governo Monti delle lobby. L’ennesimo favore ai poteri forti, in particolare delle assicurazioni, sta per essere perpetrato attraverso il Dpr che ridicolizza i valori del risarcimento delle vittime della strada e della malasanità che hanno subito lesioni gravi o gravissime. La nuova tabella “ammazza risarcimenti” è pronta. Napolitano non firmi, altrimenti sarà complice di uno scempio perché “la vita umana non è un affare corrente!” Basta davvero! È una vergogna da portare all’attenzione delle istituzioni europee cui ci rivolgiamo per intervenire sin da subito con un richiamo a quelle nazionali. Sta per arrivare entro la settimana prossima, infatti, secondo fonti accreditate, l’approvazione del decreto taglia risarcimenti per le vittime di incidenti stradali e della malasanità con una tabella medico-legale e una di valutazione monetaria per le lesioni gravi o gravissime che riduce gli importi risarcitori fino al 60%. Solo per fare un esempio un giovane di 35 anni che subisce un danno biologico del 50% (perdita totale dell’avambraccio o totale di una mano) è oggi risarcito, come previsto dalle tabelle applicate dal Tribunale di Milano e nella gran parte delle corti italiane, con un ammontare, che include anche il danno morale, da un minimo di € 363.659 fino ad € 454.000 (compresa la personalizzazione). Con le nuove tabelle tali valori rischiano di dimezzarsi! La nuova tabella si pone paradossalmente in antitesi con quella approvata dai vari organismi scientifici nel corso degli anni perché ha subìto un coefficiente di abbattimento assolutamente non previsto. Sorprendentemente ciò avviene proprio mentre il Tribunale di Milano ha aggiornato le proprie tabelle considerate sia dalla Cassazione che dal Parlamento (26 ottobre 2011- mozione Pisicchio 428 voti a favore e 6 contrari), come abbiamo più volte segnalato come “Sportello dei Diritti”, quale equo parametro di riferimento nazionale per il risarcimento del danno alla persona. Per Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, è l’ennesimo favore ai poteri forti, in particolare delle assicurazioni, che ridicolizza i valori del risarcimento delle vittime della strada e della malasanità che hanno subito lesioni gravi o gravissime. La nuova tabella “ammazza risarcimenti”, infatti, tutela le compagnie assicurative e danneggia le vittime già ferite dai danni subiti. L’appello dello “Sportello dei Diritti” che riprende quello già lanciato dalle Associazioni delle Vittime della Strada, nel silenzio assordante ed ancora una volta della generalità delle associazioni dei consumatori che siedono al tavolo del Ministero dello Sviluppo Economico incaricato unitamente al Ministero della salute di concerto al Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro della giustizia e con l’approvazione del consiglio dei Ministri, alla redazione della nuova tabella, è rivolto a Napolitano affinché non firmi il Decreto e lo rimandi al mittente per una riparametrazione in melius adeguata alle tabelle milanesi, anche perché tecnicamente il governo attuale non ha alcuna legittimazione se non per gli affari correnti, altrimenti il Presidente della Repubblica sarà complice di uno scempio perché “la vita umana non è un affare corrente!”

sabato 30 marzo 2013

Sprechi ed edifici in stato d’abbandono. Il “Lido Esercito” nella marina di San Cataldo di Lecce

Riceviamo da alcuni cittadini ed ovviamente segnaliamo ai media le fotografie che documentano in maniera inequivocabile gli sprechi, ma anche lo stato d’abbandono in cui versano edifici pubblici e non. Si affaccia su una delle baie più suggestive del Salento, anche per storia, quella del leggendario Porto Adriano, ove si ergono anch’essi in completo abbandono i resti del molo romano che penetra le acque del piccolo golfo in cui da tempo immemorabile i cittadini del capoluogo leccese sono soliti a fare il bagno anche per la modesta distanza dal centro cittadino. Si tratta di uno dei lidi più “antichi” e che in passato erano meglio gestiti perché affidati in amministrazione al corpo dell’Esercito Italiano tant’è che prende il nome proprio da quest’ultimo: il “Lido Esercito”. Sono almeno due anni che, non si sa se per trascuratezza, assenza di fondi o altro la struttura del Ministero della Difesa a pochi passi dal mare giace nel più completo abbandono e si sta riducendo ad un rudere, per com’è in balìa della salsedine del mare, dei venti e dei vandali. Anche quest’anno, spiega Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, si manifesta un pugno nell’occhio nei confronti dei cittadini che non possono usufruirne, in particolare i militari del locale distretto e le loro famiglie ma anche per tutti quei turisti che passeggiando sull’arenile o percorrendo il tratto di litoranea alle spalle della struttura balneare, che chiede giustizia ed un immediato intervento da parte del Ministero della Difesa o comunque del Comune di Vernole per sollecitare il ripristino dei luoghi ed assicurarne la possibile fruizione a partire da subito.

venerdì 29 marzo 2013

Ora legale 2013. Domenica 31 marzo si passa all'ora estiva. Attenzione alla strada

Ora legale 2013. Domenica 31 marzo si passa all'ora estiva. Attenzione alla strada il cambio d'orario influisce sull'aumento di incidenti stradali. Lo dice uno studio Domenica 31 marzo, alle 2 del mattino, lancette avanti di un’ora perché scatta l’ora legale. Ovviamente fino al 27 ottobre quando ritorneremo a quella solare. Non si tratta solo di un’ora di sonno in meno e la necessità di risparmiare globalmente energia ma, com’è noto, il cambio d’orario provoca una serie di conseguenze sui normali bioritmi che sono stati anche di oggetto di studio per alcune conseguenze negative non difficilmente percepibili: tra tutte, un aumento del rischio d’incidenti stradali . Alcune ricerche hanno stabilito che ad aumentare la frequenza dei sinistri sarebbero la maggiore possibilità di colpi di sonno cui sono soggette molte persone stressate o cronicamente stanche. Basti pensare che secondo l’Inselspital di Berna (l’Università ufficiale di medicina della capitale elevetica) che si rifà ad uno studio canadese, il giorno dopo il cambiamento di orario gli incidenti sulle strade aumentano di ben l'8%. A tali dati sono giunte anche analoghe statistiche americane ed un’indagine condotta dall'Ufficio svizzero per la prevenzione degli infortuni (UPI), che ha analizzato tutti i sinistri stradali fra il 1981 e il 2005 avvenuti la settimana dopo il passaggio all'ora estiva o invernale, arrivando a concludere che aumentano del 7% sia i sinistri, sia il numero dei feriti. La ricerca più completa in relazione agli effetti dell’ora legale sulla frequenza dei sinistri è stata però pubblicata il maggio dello scorso anno in Gran Bretagna. Secondo lo studio britannico, nelle quattro settimane dopo il cambio dell’ora i feriti aumentano del 19% fra gli automobilisti e del 43% fra i motociclisti. Sulla scorta di quanto sostengono tali ricerche, le cause di queste preoccupanti statistiche, rileva Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, stanno nel fatto che nella nostra società si tende a dormire troppo poco rispetto al necessario ed in tal senso anche un’ora in meno può comportare effetti evidenti sui nostri comportamenti. Peraltro, v’è da sottolineare che il nostro organismo ha bisogno di almeno un giorno per regolare l'orologio interno biologico. In tal senso i medici che si sono occupati della questione consigliano di andare a dormire un'ora prima del solito il sabato o, ancora meglio, di cominciare ad anticipare i tempi già una settimana prima.

Frodi alimentari. Rischio champagne falso dopo che ladri hanno rubato migliaia di etichette e bottiglie in Francia

Una tra le migliori aziende produttrici di champagne francese ha manifestato il timore che il mercato sia invaso da migliaia di false bottiglie dopo che alcuni ladri hanno rubato 16.000 etichette, insieme a 3.700 bottiglie nella Francia orientale. A seguito di una ben pianificata operazione di una settimana fa, i malfattori hanno utilizzato sostanze deodoranti e detergenti per ripulire ogni traccia di dna prima di scappare via con 3.700 bottiglie e 16.000 etichette di champagne Jacques Selosse. Il primo champagne Jacques Selosse è andato in produzione nel 1949. L’azienda vinicola produce circa 57.000 bottiglie pregiate l'anno su 7,5 ettari di vigneto nei pressi di Reims. Un furto inusuale, spiega Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, che però sottolinea i rischi per i consumatori di mezzo mondo che potranno essere facilmente ingannati una volta che i possibili falsi venissero immessi sul mercato con grande danno per l’azienda produttrice, anche perché ovviamente non è semplice, se non attraverso una puntuale verifica della vendita a mezzo dei canali ufficiali, distinguere “dall’esterno” un prodotto imbottigliato e quindi prima che sia sorbito anche se lo stesso costituisce un’eccellenza.

giovedì 28 marzo 2013

Acanthamoeba pericolo invisibile: il batterio che rende ciechi e si trasmette con le lenti a contatto

Un pericolo occulto, nel vero senso della parola, la acanthamoeba, un batterio che si trova nel suolo e nell'acqua e può essere trasmesso anche dalle lenti a contatto negli occhi dell’uomo. Sono sempre di più, infatti, i pazienti colpiti da infezioni o complicazioni connesse all’utilizzo delle lenti a contatto, perché cresce il numero di persone che le utilizza al posto degli occhiali e quindi anche di quelle che non sempre ricorrono alla profilassi necessaria per evitare problemi alla vista. Il Daily Mail, il celebre quotidiano britannico, sulla sua edizione online in data odierna riporta la storia di Ashley che sarebbe stata colpita da un'infezione conseguente alla acanthamoeba, che potrebbe averla fatta diventare cieca. L’acanthamoeba, è un piccolo parassita unicellulare, che si può trovare nell’acqua di rubinetto, nella polvere, ma anche nel mare, nelle docce e nelle piscine. Si nutre, fra l’altro di batteri che si possono trovare sulle lenti a contatto sporche. Quando la lente viene posizionata sull'occhio, il parassita in questione riesce a risalire la cornea partendo dallo strato esterno del bulbo oculare e causando pericolose conseguenze, sino alla cecità se non curato tempestivamente. I sintomi dell'infezione comprendono pruriti agli occhi e lacrimazione, offuscamento della vista, sensibilità alla luce, gonfiore della palpebra superiore e forti dolori. Il trattamento comprende gocce per gli occhi, con pazienti trattati inizialmente ogni 20 minuti, giorno e notte e fino a tre settimane in ospedale. I casi più gravi sono soggetti a trapianti di cornea. È inutile dirlo, anche da profani, sottolinea Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, che per evitare questo tipo d’infezioni è strettamente necessario mantenere sempre pulite le lenti e sostituirle regolarmente, tanto che molti oculisti consigliano di cambiarle ogni giorno dopo ogni singolo uso. Troppo spesso, infatti, si sottovaluta la necessaria igiene di queste protesi in nome dell’esasperazione di un’estetica che è diventata moda.

mercoledì 27 marzo 2013

Introdurre il divieto di fumo nei veicoli

In alcune nazioni tra cui la Grecia è stato già fatto nel dicembre 2010, ma quella del divieto di fumo negli autoveicoli potrebbe essere una misura di civiltà e di sanità pubblica che potrebbe comportare un altro passo in avanti contro il consumo di tabacco e derivati. A sostenerlo è Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, da anni impegnato in campagne contro il fumo ed il tabagismo che sottolinea come in Francia proprio in data odierna il senatore socialista Yannick Vaugrenard ha annunciato che intende presentare nel parlamento francese una norma sul divieto di fumo nelle automobili alla presenza dei bambini. Alla luce del fatto che anche Irlanda, il Regno Unito e Germania hanno avviato iter legislativi in tal senso o comunque ci hanno pensato, Giovanni D'Agata si rivolge alle istituzioni e in particolare al parlamento o al prossimo governo affinché introducano questo divieto, magari inserendolo in una specifica norma del codice della strada, che fa seguito a quello introdotto nei luoghi pubblici che tanti benefici ha comportato all’intera collettività.

martedì 26 marzo 2013

Lavoratori stagionali extra UE. Da oggi si possono presentare le domande per il nulla osta

Lavoratori stagionali extra UE. Da oggi si possono presentare le domande per il nulla osta sul sito del Ministero dell’Interno a seguito della pubblicazione del Decreto flussi 2013 in Gazzetta Ufficiale Trentamila ingressi programmati fino al 31 dicembre. Procedura semplificata: il contratto di soggiorno ai fini della comunicazione A partire dalle 8 di stamattina è possibile inoltrare sul sito del Ministero dell’Interno le domande per il nulla osta per la chiamata di lavoratori stagionali extra UE. Tale procedura è resa possibile dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale 71/2013 del decreto flussi, ossia il provvedimento ministeriale che stabilisce «la programmazione transitoria dei flussi di ingresso nel territorio dello Stato per lavoratori non comunitari stagionali per l’anno 2013». Come già negli anni passati le istanze devono essere inviate per il tramite del sito del ministero dell’Interno, utilizzando la procedura che è reperibile all’indirizzo https://nullaostalavoro.interno.it/Ministero/index2.jsp Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, sottolinea che le domande possono essere trasmesse al Viminale fino al 31 dicembre prossimo. Il decreto, inoltre,ha stabilito le quote per paese di provenienza, prevedendo un massimo complessivo di 30 mila cittadini stranieri provenienti da paesi extraUE tutti per lavori subordinati stagionali. Di seguito i Paesi da dov’è possibile l’ingresso regolato dal decreto flussi: Albania, Algeria, Bosnia-Herzegovina, Croazia, Egitto, Repubblica delle Filippine, Gambia, Ghana, India, Kosovo, Repubblica ex Jugoslava di Macedonia, Marocco, Mauritius, Moldavia, Montenegro, Niger, Nigeria, Pakistan, Senegal, Serbia, Sri Lanka, Ucraina, Tunisia. Peraltro, è opportuno ricordare che nell’ambito della quota delle 30 mila unità, vi è una quota riservata a 5 mila lavoratori non comunitari che abbiano fatto ingresso in Italia per prestare lavoro subordinato stagionale per almeno due anni consecutivi e per i quali il datore di lavoro presenti richiesta di nulla osta pluriennale per lavoro subordinato stagionale. Proprio per la semplificazione della procedura, si ricorda che la sottoscrizione del contratto di soggiorno risulta essere valida ai fini della comunicazione obbligatoria.

lunedì 25 marzo 2013

Multe e autovelox. Annullato il verbale non immediatamente contestato elevato sulla strada priva di banchina o uscite dagli stalli di sosta

Multe e autovelox. Annullato il verbale non immediatamente contestato elevato sulla strada priva di banchina o uscite dagli stalli di sosta. Non è applicabile il decreto prefettizio che individua la via come arteria «a scorrimento» se è carente di anche uno solo dei requisiti previsti dal Codice della Strada Interessante sentenza del Giudice di Pace di Terni che ha annullato il verbale contestato in maniera differita a seguito di rilevazione a mezzo autovelox nel caso in cui la strada risulta carente di uno dei requisiti indicati dal Codice della Strada per la legittimità dei controlli remoti, e tra questi in particolare la banchina o le uscite dagli di sosta prescritti dall’articolo 2, comma 3, del suddetto decreto legislativo. Con la sentenza 1214/13, pubblicata il 20 febbraio 2013, il Giudice di Pace di Terni ha accolto il ricorso di un automobilista che era stato sanzionato su una del Alfonsine del capoluogo di provincia Umbro ed aveva ricevuto la contestazione successiva del verbale. Secondo il giudice onorario la multa elevata per superamento del limite di velocità sul tratto in questione dev’essere annullata perché la strada cittadina è carente delle caratteristiche tassativamente richieste dal codice della strada per evitare che il veicolo cui si dovrebbe contestare l’infrazione, sia fermato nell’immediatezza dalle forze di polizia stradale. In tal senso la legge vigente è assolutamente chiara: si può considerare «a scorrimento» soltanto la «strada a carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico, ciascuna con almeno due corsie di marcia, ed una eventuale corsia riservata ai mezzi pubblici, banchina pavimentata a destra e marciapiedi, con le eventuali intersezioni a raso semaforizzate». Ma la norma è anche più completa: «Per la sosta sono previste apposite aree o fasce laterali esterne alla carreggiata, entrambe con immissioni ed uscite concentrate». In tal senso l’articolo 4, comma 2, del d.l.121/02 non permette all’autorità prefettizia d’inserire nell’apposito elenco una strada che sia priva delle caratteristiche in questione secondo l’articolo 2 comma 3 del Codice della Strada. Proprio per tali ragioni, se il Prefetto nonostante l’assenza dei requisiti richiesti va oltre i limiti prefissati dalla norma del codice della strada, il giudice ordinario può disapplicarne, in via incidentale, l’atto o il provvedimento amministrativo. Nel caso di specie, peraltro, sono carenti due specifici requisiti. Ancora una volta, rileva Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, è il provvidenziale intervento dei giudici di Pace attraverso decisioni esemplari ad evidenziare come troppo spesso le P.A., spinte dalla necessità di recuperare quante più risorse è possibile, siano scarsamente attente alla legittimità della rilevazione delle infrazioni che per tali ragioni, come da tempo andiamo a sottolineare, sembrano più orientate al concetto di “far cassa” piuttosto che da primarie esigenze di sicurezza stradale che dovrebbero essere il faro guida delle amministrazioni anche locali.

domenica 24 marzo 2013

Danni alla persona. Per il danno non patrimoniale arrivano le tabelle del Tribunale di Milano 2013

Danni alla persona. Per il danno non patrimoniale arrivano le tabelle del Tribunale di Milano 2013. Aumento i parametri anche per i giorni d’inabilità assoluta: nell’ottica della “personalizzazione” il range passa da 91-136 euro a 96-144 euro. Cambiano in melius anche i valori minimo e massimo per risarcire la perdita dei prossimi congiunti Possiamo dire in anteprima che arriva finalmente il via libera alle tabelle 2013 del Tribunale di Milano per la determinazione del danno alla persona di natura “non patrimoniale”. Ne dà notizia Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, che ricorda come a seguito di autorevoli pronunce giurisprudenziali, a partire dalla sentenza 12408 del giugno 2011 della Corte di Cassazione, le stesse sono quelle genericamente utilizzate dai tribunali italiani per la liquidazione del danno “non patrimoniale”, mettendo peraltro non del tutto la parola “fine” ad una vera e propria Babilonia a causa delle diverse valutazioni, per non dire sperequazioni, da parte della miriade di corti delle varie province italiane che utilizzavano parametri assai diversi ed anche non costantemente aggiornati come se le persone valessero più a Milano piuttosto che a Siracusa. Con l’adeguamento delle nuove tabelle aumentano tutti i valori sia per quanto riguarda il valore monetario dei punti d’invalidità permanente che per quello dei giorni di inabilità assoluta che ora partono da un minimo di 96 euro, fino a 144 euro nell’ottica della “personalizzazione” del danno auspicata dalla stessa Suprema Corte. A tal proposito si ricorda che due anni fa il range era compreso tra 91 e 136 euro. L’approvazione dei parametri è stato effettuato, come in precedenza, dall’Osservatorio sulla Giustizia civile di Milano. In particolare, bisogna sottolineare che l’aggiornamento dei valori di liquidazione è stato effettuato in base agli indici Istat, sulla scorta di quanto accaduto gli anni scorsi. In virtù di tale ratio, gli importi, sono stati aumentati del 5,6 % sui valori ricavati dalle variazioni del costo della vita fra il 2011 e il 2013 e arrotondati a un euro nella tabella sui danni da lesione permanente e temporanea all’integrità psico-fisica e alla decina di euro nella tabella sui danni da perdita e grave lesione del rapporto parentale. Sul punto pubblichiamo in anteprima i parametri per il ristoro del danno da perdita del rapporto parentale in favore di: - ciascun genitore per la morte di un figlio: da 163.080 a 326.150 euro; - figlio per la morte di un genitore: da 163.080 a 326.150 euro; - coniuge (non separato) o del convivente sopravvissuto: da 163.080 a 326.150 euro; - fratello per la morte di un fratello: da 23.600 a 141.620 euro; - nonno per la morte di un nipote: da 23.600 a 141.620 euro. Come già precisato il range individuato dall’Osservatorio meneghino permette ai danneggiati, ma soprattutto all’operatore del diritto che dovrà applicare i parametri al caso concreto, di prendere in esame tutte le circostanze variabili di ogni fattispecie, e nel caso della perdita del “prossimo congiunto” partendo in primo luogo dalla qualità e dell’intensità della relazione affettiva che caratterizzava il rapporto parentale con la persona perduta; ma anche la sopravvivenza o meno di altri congiunti, il rapporto di convivenza o meno di questi ultimi, e la qualità e l’intensità della relazione affettiva residua. Alla luce di tale importante novità che adegua la quantificabilità dei danni al costo della vita attuale, lo “Sportello dei Diritti” si augura che i tribunali applichino le nuove tabelle su tutto il territorio nazionale per evitare le frequenti sperequazioni e diseguaglianze che, nonostante il valore estremamente persuasivo delle decisioni della Corte di Cassazione in tal senso, persistono a verificarsi nel Nostro Paese. Allo stesso modo, continua costante l’impegno dell’associazione affinché tali ingiustizie non si verifichino e per consentire il massimo ristoro possibile a tutti i danneggiati.

Plastica trovata nelle uova di Pasqua: Nestlé ritira 'decine di migliaia' di leccornie al cioccolato dalla vendita

Ancora uno scandalo alimentare coinvolge l’Europa. Stavolta non è la carne di cavallo o di pecora non segnalate in etichetta a destar scalpore ma bensì la cioccolata. La notizia arriva dal Regno Unito dove la Nestlé ha ritirato 'decine di migliaia' di barrette di cioccolato e uova di Pasqua dalla vendita dopo che i consumatori si sono lamentati di aver trovato nei dolci della plastica appena una settimana prima di venerdì Santo. Kit Kat Chunky e uova al cioccolato sono state richiamate dalla vendita quest’ultimo venerdì. Sette persone nel Regno Unito si sono lamentate della ricerca plastica, aveva interrotto un stampo in Nestlé tramite un suo portavoce ha comunicato che nessuno si è ammalato in seguito ai pezzi in plastica ed il ritiro dal mercato è solo una misura precauzionale. E ' ha ammesso che 'decine di migliaia' di prodotti sono stati interessati che hanno rappresentato soltanto un piccolo numero del prodotto complessivo. Il cioccolato oggetto del ritiro è stato prodotto in Bulgaria. La cioccolata fondente e le barre alla nocciola con scadenza della data tra settembre e ottobre 2013, le barre di caramella con scadenza della data di giugno o luglio 2013 e le barre di burro di arachidi con scadenza della data tra il settembre 2013 e 2014 febbraio sono tutti soggetti a richiamo. I consumatori che hanno comprato i prodotti interessati sono pregati di non mangiarli e di restituirli alla Nestle che procederà al rimborso. L'azienda si è scusata anche con i suoi clienti ed in una dichiarazione ha detto: “ la sicurezza e la qualità dei nostri prodotti sono una priorità non negoziabile per l'azienda. Ci scusiamo sinceramente con i nostri consumatori per gli eventuali disagi causati da questo richiamo volontario.” Barrette e uova vendute in Germania, Austria, Singapore, Malta, Svizzera, Filippine e Canada sono state ritirate. Ecco l’elenco dei prodotti richiamati: • Kit Kat chunky peanut butter 48 g barrette con scadenza delle date da settembre 2013 a febbraio 2014 • Kit Kat chunky nocciola g 48 bar con scadenza delle date date da settembre 2013 a ottobre 2013 • Kit Kat chunky choc fudge bar 48 g con scadenza delle date date da settembre 2013-ottobre 2013 • Kit Kat chunky caramello (48 g) con scadenza delle date date da giugno 2013-luglio 2013 • Kit Kat chunky hazlenut multipack con scadenza delle date date da settembre 2013 a dicembre 2013 • Uovo gigantesco insieme a Kit Kat chunky con scadenza delle date della data di luglio 2013 In riferimento alla notizie provenienti dall’Inghilterra, comunica Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, sino ad oggi il Ministero della Salute non ha precisato se i prodotti in questione sono esclusi dalla commercializzazione sul mercato italiano.

“Pegasus”autovelox dal cielo. Le multe per velocità contestate dall’elicottero

Il controllo della velocità del traffico ora arriva anche dal cielo e per la prima volta al mondo, arrivano le multe aeree per eccesso di velocità. La Dirección General de Trafico, equivalente alla nostra Polizia Stradale, ha presentato giovedì un nuovo sistema radar, Pegasus, installato in uno dei dei suoi 19 elicotteri in grado di misurare con "estrema precisione" la velocità fino a 360 chilometri all'ora. Inoltre la sofisticata apparecchiatura dopo aver individuato gli automobilisti che corrono troppo, permetterà di trasferire in tempo reale le foto al Centro Statale Elaborazione Denunce Automatizzate, il quale a sua volta spedirà la multa a casa dell'automobilista. La prima di questo tipo di rilevazione coincide con l’esodo di Pasqua. Il radar, operando da una quota di volo di 1000 piedi (300 metri) e fino ad una distanza di un chilometro in linea retta, ha due telecamere installate sul pattino dell'elicottero.Il produttore del sistema, unico al mondo, è canadese, ma "l'idea, lo slancio, la leadership del progetto, la progettazione dell'algoritmo di controllo e la velocità di registrazione e certificazione finale sono spagnole.La nuova arma è stata sviluppata in "più di sei anni di lavoro" e testata e omologata dal Centro spagnolo di metrologia, un'agenzia del Ministero dell'Industria, Energia e Turismo. Il suo costo è simile a un radar fisso ma a differenza di questi, si controlla solo un punto specifico in mezzo alla strada, in grado di monitorare centinaia di kilometri in un volo in solo due ore. L'obiettivo è soprattutto ispezionare le strade secondarie, dove succedono il 78% degli incidenti mortali. In Spagna se l'automobilista supera la velocità permessa di 60 km in città ed 80 km nelle strade extraurbane, l'infrazione da multa diventa reato contro la sicurezza e fa scattare l'arresto. Per Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, la misura è colma: l’automobilista non può continuamente venire penalizzato a suon di balzelli. Questo nuova apparecchiatura è uno strumento che sa di prelievo ingiustificato ai danni dei conducenti, che vengono già criminalizzati e tartassati in tutti i modi possibili.

sabato 23 marzo 2013

Indonesia. Proposta di legge shock. Sesso fuorilegge per i non sposati

Indonesia. Proposta di legge shock. Sesso fuorilegge per i non sposati. Minacciato il carcere per i trasgressori. Una revisione del codice penale indonesiano renderebbe illegale per le coppie che vivono insieme per fare sesso Mentre nella gran parte del mondo cosiddetto “occidentalizzato” si continua a discutere di coppie di fatto, matrimoni omosessuali e parità tra figli anche se nati al di fuori dei matrimoni dall’altra parte del pianeta c’è chi prova introdurre norme che vietano completamente il sesso al di fuori del matrimonio paventando addirittura sanzioni penali per chi viola questa prescrizione. È corretto precisare, rileva Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, che non ci è mai piaciuto ingerirci nelle vicende che riguardano le religioni o gli ordinamenti sovrani degli altri Paesi, ma quando si tratta di diritti umani che hanno valore universale, allora è opportuno segnalare i pericoli che scelte politiche vetuste per non dire obbrobriose possono comportare per i cittadini residenti in quegli stati. Purtroppo, è notizia fresca di questi giorni che in Indonesia le persone non sposate sorprese a fare sesso rischierebbero fino a cinque anni di carcere secondo una nuova proposta di legge. La norma contenuta in una proposta di revisione del codice penale renderebbe addirittura illegale anche per le coppie che vivono insieme fare sesso, con una potenziale condanna fino a un anno di carcere. A confermarlo sarebbe il direttore generale del Ministero indonesiano della giustizia, Wahiduddin Adams, che ha confermato la proposta di sanzioni per chi fa sesso prima del matrimonio. Ed i single verrebbero trattati ancora più duramente con una pena prevista fino a cinque anni di carcere. Per la verità, secondo lo stesso rappresentante, le modifiche proposte rifletterebbero le norme e le prassi prevalenti nella società indonesiana. Secondo quanto è dato apprendere, la proposta, almeno apparentemente avrebbe il sostegno di altri membri del Parlamento indonesiano.

Ricerca shock dalla Svizzera. Inquinamento su strade come fumo passivo

Ricerca shock dalla Svizzera. Inquinamento su strade come fumo passivo. Il 14 % dei casi di asma cronica dei bambini potrebbe essere evitata se non si esponessero al traffico L’inquinamento urbano è una piaga per la salute, specie dei più piccoli che dev’essere combattuto in tutti i modi possibili per i costi sociali che comporta. A preoccupare ulteriormente Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, è anche una recentissima ricerca dell'Istituto svizzero di salute tropicale e pubblica (Swiss TPH) di Basilea pubblicata sull'European Respiratory Journal ha rivelato che fino al 14% dei casi di asma cronica tra i bambini potrebbero essere evitati se i piccoli non fossero esposti all'inquinamento di strade a forte traffico. Un fenomeno, quello del traffico motorizzato che può essere paragonato al fumo passivo che secondo i dati dll'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), è causa, infatti, di una percentuale compresa tra il 4% e il 18% dei casi di asma tra i bambini. L’indagine scientifica in questione è la prima che ha quantificato il numero di casi di asma cronica che potrebbero essere evitati se i bambini potessero respirare aria non inquinata anche perché sino ad oggi le conseguenze dell’inalazione prolungata di gas di scarico erano associate solo ai casi di asma acuta. L’equipe scientifica ha analizzato i dati provenienti da dieci grosse città europee (Barcellona, Bilbao, Bruxelles, Granada, Lubiana, Roma, Siviglia, Stoccolma, Valencia e Vienna). Una strada è considerata a forte traffico se vi circolano più di 10'000 vetture al giorno. Questo studio che è evidentemente estendibile nel resto del pianeta e quindi all’Italia, è un ulteriore monito nei confronti delle istituzioni e quindi dei Nostri amministratori dai Comuni sino alle massime autorità europee affinché si adoperino per adottare con urgenza e senza alcun differimento tutte le misure necessarie per ridurre l’inquinamento nelle proprie città, come la chiusura al traffico dei centri urbani e l’incentivazione di mezzi di locomozione pubblici o alternativi, anche perché è sufficientemente provato che lo smog dovuto al traffico urbano è causa diretta o indiretta di centinaia di migliaia di morti all’anno e di costi sociali incalcolabili per il nostro sistema di Welfare.

venerdì 22 marzo 2013

Bundesbank: italiani più ricchi dei tedeschi. Almeno a guardare i patrimoni

Non ci avremmo scommesso neanche un centesimo, ma uno studio della Bundesbank la Banca centrale tedesca, ci smentisce categoricamente: gli italiani sono più ricchi dei tedeschi almeno rispetto ai patrimoni. Uno studio della Banca centrale teutonica che ha preso in considerazione 3.600 famiglie tra settembre 2010 e luglio 2011, è inequivocabile in tali senso. Il patrimonio medio netto degli italiani è più del triplo di quello dei tedeschi e si attesta rispettivamente a 163.900 euro per famiglia a fronte dei “miseri” 51.400 euro per quelle della solida e ricca Germania. Meglio degli italiani in questa speciale graduatoria si collocano gli spagnoli con 178.300 euro mentre i a 113.500 dei francesi. I motivi che spiegano questa vera e propria sorpresa, specie se si confrontano i dati dei redditi pro capite stanno nel fatto, sempre secondo la Bundesbank, che la media tedesca è appesantita dall'est del Paese, dove i redditi sono ancora molto più bassi che all'ovest, nonostante siano trascorsi oltre 22 anni dalla riunificazione. Un’altra differenza tra tedeschi e italiani che incide sui patrimoni sarebbe l'abitudine di vivere in affitto, piuttosto che comprare casa. Per la verità la Banca tedesca non ha compreso nelle analisi dei patrimoni dei tedeschi alcune voci, come i fondi accantonati per le pensioni integrative. Per Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, se questi dati sorprendono perché c’è una percezione diffusa a considerare più solida l’economia tedesca, dovrebbero farci riflettere sulla circostanza che il Nostro Paese in fondo è uno Stato ricco sul quale però da anni latitano politiche efficaci per lo sviluppo e per il lavoro.

Riclassificazione degli estimi catastali: arriva il salasso per le famiglie

Riclassificazione degli estimi catastali: arriva il salasso per le famiglie. Notificati da un’agenzia privata a cura del Comune di Lecce i primi avvisi di accertamento dell’ICI con le differenze da pagare a partire dal 2007. Lo “Sportello dei Diritti” chiede le dimissioni del Sindaco Perrone perché con l’avvio del procedimento come unico comune capoluogo d’Italia getterà sul lastrico le famiglie leccesi. Dalla settimana altra “class action” dello Sportello dei Diritti. Come un fulmine non proprio a ciel sereno per la crisi che affligge il Paese arriva prima del previsto il preannunciato salasso a carico delle famiglie leccesi. In data odierna, infatti, sono stati notificati dal Comune di Lecce a cura di un’agenzia di spedizione privata, i primi avvisi di accertamento dell’ICI con le differenze da pagare a partire dal 2007 e sino ad oggi che scaturisce dal procedimento avviato dall’Agenzia del Territorio su input dell’amministrazione comunale leccese che era finito anche sulla ribalta delle cronache nazionali. Si tratta di una vera e propria mannaia tirata sulle teste delle famiglie leccesi per la quale Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, chiede le dimissioni del Sindaco Perrone perché è il responsabile politico-amministrativo dell’unico comune capoluogo in Italia che ha avviato il procedimento di rilassamento degli estimi catastali che getterà sul lastrico le famiglie leccesi già duramente provate dalla crisi. Quello del Comune di Lecce, infatti, per Giovanni D’Agata è una scelta politica assolutamente gravosa per la collettività in un momento di crisi latente che poteva essere evitata. Peraltro, è di tutta evidenza che l’Ufficio Tributi del Comune avrebbe potuto attendere gli esiti dei ricorsi al T.A.R. di Lecce proposti dalla stessa amministrazione comunale prima di notificare gli avvisi di accertamento per il recupero delle somme arretrate che in alcuni casi potrebbero arrivare a migliaia di euro per proprietario, a meno che lo stesso governo cittadino non abbia la preveggenza di considerare inutili le cause innanzi alla corte amministrativa prevedendone gli esiti. Per tali ragioni, inoltre, dalla prossima settimana lo “Sportello dei Diritti”, verificherà l’esperibilità di un’altra “class action” tributaria a tutela dei contribuenti salentini ed in ogni caso proseguirà con i ricorsi avverso quest’iniqua procedura che toglie a chi è “colpevole” di possedere una casa o un’immobile per sanare le casse comunali svuotate da politiche dissennate che durano da decenni e che segnano l’ennesimo fallimento di un’intera classe politica che ha governato la città di Lecce.

giovedì 21 marzo 2013

Ora la pausa caffè può costare cara al dipendente pubblico

Con la riforma Brunetta il pubblico impiego si prepara a vivere una nuova era. Le novità arrivate con il D.lgs. n. 150/2009 che detta la nuova disciplina dei procedimenti disciplinari, iniziano a diventare scelte concrete nella gestione delle risorse umane di tutti i giorni. Tra queste la nuova disciplina prevede il licenziamento senza preavviso per il dipendente pubblico che si assenta per prendere il caffè al bar. Eppure per Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, la pausa caffè è un momento molto importante nella giornata di un lavoratore, serve per ricaricare le batterie, nata appunto come break per il caffè, ma in realtà è un concetto un pò più ampio un momento che ci fa svagare e che ci rende anche più produttive a lavoro. Sono della stessa opinione i giudici della Cassazione che con la sentenza 4509/2012 avevano precisato che non solo la pausa caffè durante le ore di lavoro è consentita, ma è anche utile perché aiuta a recuperare le energie e dunque a migliorare le prestazioni a lavoro, purchè però sia di pochi minuti. Dello stesso avviso sono i ricercatori della New York University. Tutto ciò è stato provato scientificamente da una ricerca, secondo la quale il break darebbe al cervello il giusto ‘stacco’ per far riposare i circuiti cerebrali, aiutandoli a riordinare e a conservare le informazioni appena stoccate. I cambiamenti da promuovere non sono questi ma altri, che toccano anche alla politica, intervenendo per esempio sulla burocrazia, sulle infrastrutture, sulla semplificazione.

Multe ingiuste: risarcito all'automobilista anche il danno patrimoniale

Risarcito dei danni patrimoniali e non, l’automobilista che ha subito la contestazione di multe ingiuste dagli ausiliari del traffico perché è in possesso dell’abbonamento alle strisce blu Il giudice di pace di Reggio Emilia liquida in via equitativa i danni da stress e perdita di tempo per i verbali illegittimi elevate I comuni e le municipalizzate alla ricerca esasperata di liquidità per rimpinguare le casse esauste e che multano a raffica i cittadini, dovranno stare attenti se il principio applicato in una sentenza del Giudice di Pace di Reggio Emilia dovesse essere applicato genericamente. Con la sentenza 152/13 il giudice onorario ha riconosciuto un risarcimento di 500 euro a seguito dell’accoglimento di un ricorso da parte di un cittadino multato dieci volte per aver sostato sugli spazi dedicati alla sosta a pagamento asseritamente senza titolo. Risarciti in via equitativa sia i danni patrimoniali che non patrimoniali all’automobilista cui sono stati notificati dieci verbali, ritenuti illegittimi perché il proprietario del veicolo è risultato titolare di un regolare abbonamento mensile sottoscritto con la società di gestione dei parcheggi cittadini. Nella fattispecie, infatti, il ricorrente aveva ricevuto la notifica delle multe in questione elevate in pochi mesi nonostante avesse sottoscritto un abbonamento con il consorzio che amministra la sosta a pagamento. Nonostante ciò gli ausiliari del traffico dipendenti della società consortile avevano proceduto ad elevare i verbali. Nel motivare la decisione il giudice ha rilevato che le parti in causa hanno concluso un contratto per il parcheggio di autovettura in area pubblica non custodita: il tipo negoziale attuato e la relativa disciplina devono essere individuati nella locazione di uno spazio e, dunque, il locatore ha l’obbligo di garantire il pacifico godimento durante la locazione, impedendo molestie o turbative. Circostanza che, nel caso di specie evidentemente non è accaduta giacché gli ausiliari hanno elevato comunque , i verbali illegittimi. La conseguenza, sottolinea Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, è la liquidazione del risarcimento per l’ansia ingiustamente subìta e per il tempo trascorso al comando della Municipale o alla sede operativa della municipalizzata che gestisce i parcheggi per farsi annullare i verbali, nonché la condanna alle spese di giudizio per la stessa società consortile.

mercoledì 20 marzo 2013

50.000 italiani emigrati vanno a rinforzare le fila dei 4 milioni e 200mila già residenti all'estero

50.000 italiani emigrati vanno a rinforzare le fila dei 4 milioni e 200mila già residenti all'estero. Si emigra per cercare un posto di lavoro. La maggioranza rimane in Europa L’assenza di qualsiasi prospettiva d’uscita da una crisi che attanaglia sempre più il Nostro Paese aggravata anche dall’incertezza di veder nascere un governo, stanti i risultati usciti dalle urne ci costringe a lanciare un ennesimo grido d’allarme. Perché dopo i Paesi più a rischio dell’UE come Grecia, Portogallo, Spagna e la piccola isola di Cipro abbiamo il dovere di denunciare come preannunciato in alcuni nostri interventi negli scorsi mesi, ma adesso con dati ufficiali alla mano, il riavvio dopo anni dei flussi migratori da parte di Nostri connazionali verso l’estero alla ricerca di un posto di lavoro. Perché se ci sono almeno tre milioni di disoccupati, molti sono costretti a fare le valigie ed un biglietto di sola andata oltre confine perché per molti appare davvero come l’ultima spiaggia. Come detto l’avevamo percepito ed avevamo diffuso i primi dati ma il XVIII rapporto Ismu (Fondazione che si occupa di Iniziative e Studi sulla Multietnicità) parla chiaro: solo l’anno appena trascorso sono emigrati all’estero ben 50mila italiani che vanno a rinforzare le fila dei 4 milioni e 200mila gli italiani che già risiedono fuori dai confini nazionali con una crescita, quindi, del 9% rispetto all'anno precedente. La differenza principale con i flussi migratori dei decenni passati sta nelle categorie di Nostri concittadini che scelgono di emigrare: se prima erano padri di famiglia alla ricerca di un lavoro da manovale o da operaio oggi la tendenza riguarda soprattutto i giovani e qualificati, la gran parte laureati. La maggioranza, sceglie di restare in Europa in particolare cerca fortuna in Francia, Germania, ma anche Inghilterra e Svizzera. Di fronte a dati come questi, rileva Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, non si può più restare inermi. È ora di dire basta all’assenza di politiche del lavoro in questo Paese ed al silenzio che avvolge il tragico tema della disoccupazione

martedì 19 marzo 2013

In crescita il pericoloso fenomeno delle iniezioni cosmetiche illegali

Qualche tempo fa avevamo già parlato del diffondersi del fenomeno della chirurgia estetica a basso costo, una pericolosissima prassi che in Italia come in tutto il mondo continua a mietere vittime che pur di cercare di avere un corpo « perfetto» spendendo cifre ben al di sotto di quelle che si pagano ai centri di chirurgia estetica autorizzati, sono disponibili a farsi iniettare anche sostanze tossiche o cancerogene. Dal Canada sino al Vecchio Continente viene segnalato l’uso di iniezioni illegali a base di prodotti rischiosi per la salute. A Toronto la locale polizia ha dovuto emettere un comunicato dopo che alcuni cittadini sono stati ricoverati in ospedale dopo aver ricevuto un'iniezione di una sostanza venduta come PMMA (polimetilmetacrilato). Vi è da precisare che questo tipo di procedure, non vengono quasi mai esercitato in cliniche ma quasi sempre in ambienti clandestini e privi delle più basilari regole igenico-sanitarie, ed anche per tali ragioni sono molto pericolose e possono portare a complicanze a lungo termine, e in alcuni casi, anche la morte. La cosa che preoccupa, rileva Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, è che tali prassi si stiano diffondendo a macchia d’olio a livello globale e che poco si stia facendo per contrastare queste vere e proprie truffe “letali”. Molto spesso, le iniezioni, infatti, avvengono a casa della vittime o in una camera d'albergo e gli autori di quello che appare come un vero e proprio reato a danno della salute pubblica richiede il pagamento in contanti per non lasciare traccia.

Nuovo scandalo alimentare in Francia: dopo Hhorsegate scoperte 57 tonnellate di carne di montone di origine britannica nei magazzini di un'azienda francese

Nuovo scandalo alimentare in Francia: dopo Hhorsegate scoperte 57 tonnellate di carne di montone di origine britannica nei magazzini di un'azienda francese. L’importazione è vietata in Europa in seguito alla malattia della mucca pazza e dello scrapie Per i consumatori ancora problemi: dopo lo scandalo della carne di cavallo e già arrivato quello della carne di pecora. La scoperta è stata fatta dagli ispettori sanitari francesi ancora una volta nei magazzini della Spanghero, azienda del sud della Francia. Trovate 57 tonnellate di carne di montone di origine britannica, la cui importazione è vietata in Europa per la tecnica di macellazione autorizzata per il pollame, ma non per bovini, ovini e caprini. La preparazione infatti è a rischio in seguito alla malattia della mucca pazza e dello scrapie. Il prodotto congelato doveva servire alla fabbricazione di morgue, una specie di pasta viscosa, che secondo la regolamentazione europea non può essere definita carne e che viene ottenuta passando in speciali apparecchiature le carcasse degli animali. La società in questione era stata autorizzata a riprendere la produzione dopo la storia della carne di cavallo finita nelle lasagne alla bolognese della Findus e di altri marchi. Ma proprio lo scorso mese, gli ispettori sanitari hanno scoperto nei suoi magazzini 57 tonnellate di carne di montone di origine britannica, la cui importazione è di fatto vietata in Europa in seguito alla malattia della mucca pazza e dello scrapie. La carne è stata fornita dalla Draap Trading, che appartiene al trader olandese Jan Fasen, già incriminato nello scandalo della carne di cavallo. La partita portava la dicitura di "carne senza nervi di agnello". Una definizione, secondo il ministero dell'Agricoltura, che occultava la tecnica con cui era prodotta, illegale in Europa. Tutti i prodotti fabbricati con quella carne di montone sono stati richiamati a titolo preventivo. Secondo Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, ancora una volta in Europa si stanno verificando gravi episodi di violazione delle norme igienico sanitarie. In particolare per l’ennesima volta il commercio di carne è nell’occhio del ciclone nonostante i ripetuti sequestri su tutto il vecchio continente. Ciò fa intuire che si tratta solo della punta di un iceberg per l’enorme mole di animali e di carne da macello che transitano in Europa che richiedono un innalzamento dei livelli di guardia delle autorità sanitarie per evitare la commercializzazione di prodotti che rappresentano delle vere e proprie frodi alimentari oppure rappresentano dei rischi per la salute dei consumatori.

lunedì 18 marzo 2013

Emergenza buche stradali a Lecce. Dopo ogni pioggia è sempre più in ginocchio la città

Il maltempo progressivamente ce lo stiamo lasciando alle spalle, ma i segni delle pessime giornate che abbiamo vissuto la città li porterà a lungo. La pioggia battente di questi giorni scorsi, infatti, ha nuovamente sconvolto lo stato di molte strade urbane, aprendo buche dappertutto, alcune profonde più di mezzo metro con gravi pericoli per la sicurezza stradale e quindi dei cittadini. In questi giorni sono pervenute diverse segnalazioni di cittadini e di automobilisti stanchi ed esasperati che si lamentano in tal senso. A rischio sono non solo le auto per i guasti meccanici dagli ammortizzatori danneggiati alle convergenze da rifare, ma i pedoni, sulle cui gambe spesso schizzano impazziti sassi e detriti presi in corsa dagli stessi automobilisti sul manto stradale ormai sgretolato. Purtroppo gli interventi tampone più o meno recenti sono serviti a poco, e laddove le pezze hanno retto le buche si sono aperte altrove costringendo gli automobilisti a fare delle vere e proprie gimcane. E così, complessivamente, lo stato delle strade peggiora sempre più. Secondo Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, il degrado stradale è dovuto semplicemente perchè nel passato si sono fatti troppi lavori non a regola d'arte utilizzando un materiale che sembra scadente. Ora le strade sono diventate l'emergenza delle emergenze e per tali ragioni rivolgiamo un appello all’amministrazione comunale perchè effettui urgenti interventi per la sistemazione del manto stradale.

La Corte Costituzionale dice si all’indennità di accompagnamento anche ai cittadini extracomunitari senza carta di soggiorno

La Corte Costituzionale dice si all’indennità di accompagnamento anche ai cittadini extracomunitari senza carta di soggiorno Incostituzionale una norma della finanziaria 2001 che la negava. Ok anche alla pensione di inabilità Con una sentenza destinata a far scalpore la Corte costituzionale ha stabilito che l'indennità di accompagnamento e la pensione di inabilità ai cittadini non comunitari può essere concessa anche a chi non è titolare della carta di soggiorno purché gli stessi siano legalmente soggiornanti in Italia. La sentenza n. 40 del 15 marzo 2013, ha infatti dichiarato l'illegittimità costituzionale di un comma dell'articolo 80 della legge 388/2000 (legge finanziaria del 2001). Secondo i giudici della Consulta che hanno esaminato la fattispecie, in ragione delle gravi condizioni di salute di portatori di handicap fortemente invalidanti, sono coinvolti una serie di valori di essenziale risalto - quali, in particolare, la salvaguardia della salute, le esigenze di solidarietà rispetto a condizioni di elevato disagio sociale, i doveri di assistenza per le famiglie. Il ricorso al giudice a quo che a sua volta aveva presentato questione di legittimità costituzionale innanzi alla Consulta, era stato presentato dai genitori di un minore i quali avevano subìto il rigetto da parte dell’Inps della richiesta d'indennità di accompagnamento. Nella motivazione adottata dai giudici costituzionale è stato rilevato che è priva di giustificazione la previsione di un regime restrittivo, che poggia su principi di ordine temporale o economico, nei confronti di cittadini extracomunitari, legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato da tempo apprezzabile ed in modo non episodico. Com’è è noto, l'articolo ritenuto incostituzionale prevedeva che indennità di accompagnamento e pensione di inabilità possano essere concessi solo in presenza di determinate condizioni di reddito, alloggio e con un permesso di soggiorno valido da almeno 5 anni. Proprio per tali ragioni, sostiene la Corte, la norma si rivela fortemente restrittiva anche rispetto alla generale previsione dettata in materia di prestazioni sociali ed assistenziali in favore dei cittadini extracomunitari dall'art. 41 del decreto legislativo n. 286 del 1998, il quale, al contrario stabilisce che gli stranieri titolari della carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno, nonché i minori iscritti nella loro carta o nel loro permesso di soggiorno, sono equiparati ai cittadini italiani ai fini della fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale. Alla luce di questa straordinaria sentenza di civiltà, Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, dichiara che l’associazione è pronta a coadiuvare e sostenere con i suoi esperti e collaboratori, tutti i cittadini extraUE e le famiglie che si trovano nelle condizioni per chiedere l’indennità di accompagnamento e la pensione d’inabilità, indipendentemente dal possesso della carta di soggiorno, purché però soggiornanti legalmente in Italia, ovverosia con regolare permesso.

domenica 17 marzo 2013

In aumento il consumo in Italia delle “Cheap White” ovvero sigarette fabbricate legittimamente a basso costo

Sigarette e tabacco. Non solo il classico “contrabbando”, con la crisi incrementa in Italia anche il traffico delle “Cheap White” ovvero sigarette fabbricate legittimamente a basso costo. Allerta per la salute a causa degli elevati livelli di catrame, nicotina e monossido di carbonio, oltre alla presenza di altri elementi estranei al prodotto Un altro triste primato, giacché in questi ultimi anni l’Italia è abituata ad occupare le code di molte classifiche a livello europeo anche per chi si occupa di tutela della salute, è quello del consumo di “bionde”. Il Nostro Paese, infatti, costituisce il mercato più importante per il consumo di sigarette a livello europeo. Nella speciale graduatoria al Belpaese seguono Germania, Spagna, Polonia e Francia. Questi primi cinque Paesi UE detengono il 60% dell’intero volume d’affari derivanti dalla vendita di sigarette. Venendo al dettaglio del caso “Italia” per comprendere quale sia il mercato nazionale è sufficiente prendere una parte dei dati presentati da JTI (Japan Tobacco International) a seguito di una serie d’incontri organizzati sul territorio con gli operatori Assotabaccai. I primi 50 prodotti venduti generano il 79% del volume totale delle vendite, mentre il grosso di queste viene realizzata da 36mila tabaccherie su un totale di circa 56mila. Per non parlare del dato che deriva dalla vendita illecita di sigarette che con la crisi economica ha ripreso a volare con prospettive che paiono ricordare quelle di fine anni ’80 - inizio anni ’90, quando il contrabbando aveva raggiunto i massimi livelli. Per quanto è dato sapere, le stime del 2012 parlavano di cifre già importanti derivanti dai traffici illeciti di “bionde” con una fetta pari al 6,4% del mercato italiano e perdite erariali per circa 875 milioni di euro. L’incremento del fenomeno del contrabbando avviene attraverso flussi provenienti sia via mare a mezzo container dalla Cina e dalla Grecia, che via terra dalla Repubblica di Moldova, dalla Polonia e dall'Ucraina. L’Italia che con enormi sforzi anche in termini di vite umane perse era riuscita a vincere la guerra ai contrabbandieri ed era diventata soprattutto quale luogo solo di transito del traffico di sigarette, oggi ritorna ad essere destinazione finale e terra di consumo. Sono i numerosi sequestri sul territorio nazionale a confermarcelo e i dati che la Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale hanno rilevato. La maggior parte dei sequestri(70%) in Italia avverrebbero prevalentemente lungo la dorsale adriatica in particolare ad Ancona, Bari e Brindisi, con le Marche ed in particolare la Puglia che insieme raggiungono il 60 % del totale dei sequestri effettuati dalla Guardia di Finanza. A parere di Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, se è vero che il fumo ed il tabagismo sono piaghe sociali che dovrebbero essere debellate per i costi umani e sociali che portano ogni anno nonostante le campagne a caratura non solo europea che tendono a disincentivarli, va sottolineato che l’uso di sigarette di contrabbando costituisce un pericolo ancor maggiore per la salute pubblica. Dev’essere sottolineato, infatti, che oltre al “classico” contrabbando ed ai derivati del tabacco contraffatti, sta prendendo piede in Italia il traffico delle “cheap white”, ossia delle sigarette fabbricate legittimamente a basso costo e con marchi registrati nel Paese d’origine e “redirezionate” verso il mercato europeo. Queste “bionde” pur non essendo commercializzabili all’interno dell’Unione Europea in quanto non conformi ai parametri minimi previsti dalla normativa comunitaria sono oggettivamente ancora più dannose per la salute a causa degli elevati livelli di catrame, nicotina e monossido di carbonio, oltre alla presenza di altri elementi pericolosi. Per contrastare la vendita di questi prodotti nel novembre 2012 è stato raggiunto un accordo per iniziative comuni dalla Convenzione per il controllo del tabacco dell’Organizzazione Mondiale della sanità (OMS) che conta 176 Paesi: tra le misure decise c’è l’obbligo per gli stati membri di costringere i produttori ad iniziative per aumentare la tracciabilità dei pacchetti. È ovvio che in una situazione di crisi simile nel quale i fumatori, anche meno incalliti sono costretti ad indirizzarsi verso questi tipi di prodotti per trovare un po’ di risparmio, è lo Stato che deve tenere alto il livello di guardia per proseguire con quell’operazione di contrasto al contrabbando ed al traffico illecito di sigarette che porta benefici non solo all’erario, ma soprattutto alla salute dei cittadini.

sabato 16 marzo 2013

Actos. Farmaco ritirato in Francia dal 2011 ma ancora venduto in Italia

Actos. Farmaco ritirato in Francia dal 2011 ma ancora venduto in Italia. L’Aifa (agenzia del farmaco italiana) elimini ogni dubbio L’ Actos è un farmaco antidiabetico il cui principio attivo è il Pioglitazone. Il pioglitazone agisce attivando recettori cellulari presenti nelle cellule adipose, epatiche e muscolari. L’assunzione di questa molecola consente un considerevole miglioramento della sensibilità di tali tessuti all’azione dell’insulina che come è noto è l’ormone secreto dal pancreas che ha funzione di abbassare il livello di glucosio. In tal senso l’azione del pioglitazone è di ottimizzare l’utilizzo di glucosio da parte dei tessuti menzionati. Per tali ragioni l’Actos viene utilizzato per curare il diabete mellito di tipo 2 noto anche come diabete non insulinodipendente. In tal senso, coloro che soffrono di tale malattia hanno o cellule del pancreas che secernono o quantità insufficiente di ormone insulinico o, anche se questo è in quantità adeguata, il corpo non riesce ad utilizzarlo in maniera efficiente. L’autorizzazione alla commercializzazione dell’Actos era stata rilasciata dall’agenzia Europea del Farmaco (EMA - European Medicines Agency) e recepita dall'AIFA (agenzia del farmaco italiana) nel lontano ottobre del 2000. Già all’epoca e quindi in fase di rilascio dell’autorizzazione furono indicati alcuni possibili effetti collaterali che dovevano essere indicati nei foglietti indicativi del farmaco. Rischi che dovevano essere comunque sottoposti a futura revisione, tant’è che sette anni dopo, nel 2007, l’ EMA utilizzando i dati raccolti negli anni sottoponeva i farmaci antidiabetici appartenenti alla categoria dei tiazolidinedioni, in particolare il rosiglitazone (commercializzato come Avandia) ed il pioglitazone (commercializzato come Actos), a revisione benefici/rischi e stabiliva che i benefici di entrambi superavano ancora i rischi ma foglietti illustrativi e medico curante dovevano chiaramente indicare il rischio di: • possibili fratture ossee per le donne; • possibile patologia cardiaca ischemica e quindi al limite anche infarto per entrambi i sessi. Tutto questo si andava ad aggiungere ai già accertati effetti collaterali e precisamente: • aumento di peso; • capogiri e vertigini; • insonnia; • disturbi della vista; • infezioni recidivanti delle alte vie respiratorie; • aumento della probabilità di gravidanze nelle donne affette da ovaio policistico. L’ultima revisione però non ha eliminato i dubbi riguardo all' Actos. Tant’è che nei primi di giugno del 2011 l’Agenzia francese del farmaco ha ritirato i farmaci con pioglitazone perché ha ritenuto che aumentassero il rischio di contrarre cancro alla vescica. L’omologa agenzia tedesca ha subito dopo raccomandato ai medici di non prescrivere il farmaco prima di nuovi chiarimenti. Nonostante ciò, l’EMA ha allora avviato una nuova revisione ed ha concluso che i benefici del farmaco continuano a superare i rischi ma dovranno essere adottate una serie di misure per ridurre i possibili rischi di cancro alla vescica. Alla luce di tali osservazioni, Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, si rivolge all’AIFA, chiedendo se non sia il caso di prendere le stesse misure dell’agenzia del farmaco tedesca, ossia di raccomandare una sospensione delle prescrizioni in attesa che siano presi i provvedimenti richiesti dall’EMA circa una verifica più puntuale dei rischi di cancro alla vescica, se non si vuole vietarne la commercializzazione come quella francese.

Tumori: il business del mercato dei medicinali

Tumori: il business del mercato dei medicinali. L’Organizzazione mondiale della sanità prevede che i decessi da cancro nel mondo passeranno da 7,6 milioni nel 2008 a 13,2 milioni nel 2030. Nonostante la scienza vada avanti, seppur a rilento, nel mondo e nel Nostro Paese si continua a morire di tumore. Peraltro, in Italia, alcune statistiche su base europea confermerebbero che alcuni tumori sono più frequenti rispetto alla media del resto dei paesi del Vecchio Continente. Ecco perché, secondo le previsioni degli economisti, il mercato dei farmaci antitumorali dovrebbe diventare nel prossimo futuro la gallina dalle uova d’oro dell’industria farmaceutica. A far la parte del leone tutt’ora e probabilmente nei prossimi anni saranno i colossi svizzeri, in particolare Roche e Novartis. Le cifre che gli analisti dell’istituto IMS Health del Connecticut, hanno previsto sono da capogiro: il mercato legato ai medicinali contro il cancro crescerà fino a 75 miliardi di dollari nel 2015. Facendo un raffronto con il 2009 quando la “fetta” era di 54 miliardi, la crescita sarà quasi del 40%. È ovvio che l’obiettivo proprietario per gli operatori del settore è quello di scoprire una cura per una patologia che secondo alcune statistiche arriverà a colpire una persona su tre nel corso della vita. È altrettanto vero che ad affrontare la stessa sfida da una parte vi sono le organizzazioni senza scopo di lucro e dall’altra le multinazionali farmaceutiche che a differenza delle prime possono spendere circa trenta volte di più per la ricerca. Per fare un esempio, la Roche, che più di cinquant’anni fa ha sintetizzato la sua prima molecola contro il cancro, commercializza i tre più importanti farmaci contro i tumori (cinque nella ‘top ten’) e controlla circa un terzo del mercato mondiale. Il settore oncologico rappresenta più della metà del volume d’affari della multinazionale con sede a Basilea. Solo lo scorso anno, quest’azienda ha investito la stratosferica somma di 8,5 miliardi di franchi nella ricerca e sviluppo, che corrisponde al 19% delle sue vendite. Riuscire ad immettere sul mercato un nuovo farmaco è un processo lungo e costoso, che può durare fino a trent’anni. Ed addirittura negli ultimi tempi l’iter è diventato ancora più complicato per le restrizioni in tema di sperimentazioni e di applicazioni sull’uomo. Se un quarto del mercato è costituito dai trattamenti tradizionali, come la radio e chemioterapia, la nuova frontiera è quella di raggiungere trattamenti più individualizzati, più efficaci e con minori effetti collaterali, poiché basati sulla comprensione della biologia tumorale. D’altro canto, queste nuove terapie mirate, stanno rivoluzionando il mercato, anche perché sono più costosi da sviluppare, ma nello stesso tempo permettono di migliorare i trattamenti. La storia anche recente c’insegna che non sempre le scoperte hanno il risultato sperato. In questo senso l’esempio del Glivec è illuminante. Quando è stato approvato nel 2001, il “Time” gli aveva addirittura dedicato una sua copertina. All’epoca, quindi, si era pensato che questo farmaco mirato sviluppato dalla Novartis (quarto medicinale contro il cancro più venduto al mondo) potesse rappresentare il miracolo tanto sperato contro i tumori. A distanza di dieci anni le aspettative si sono un po’ affievolite. Inoltre, rispetto a qualche anno or sono, l’industria farmaceutica ha maggiori difficoltà a realizzare e commercializzare i farmaci cosiddetti ‘blockbuster’, ossia quelli che sviluppano un fatturato di almeno un miliardo di dollari l’anno. Le ragioni sono diverse ed eterogenee secondo l’IMS Health: scadenza dei brevetti, esigenze maggiori delle autorità di regolazione, riluttanza da parte dei poteri pubblici a pagare farmaci molto costosi. In questo momento storico, la via prescelta dalle multinazionali è di scoprire nuovi farmaci o acquistare brevetti particolarmente promettenti, che possono sfociare in medicinali che abbiano le caratteristiche che abbiamo illustrato anche in termini d’innovazione rispetto al passato. Anche perché, a causa delle naturali regole del mercato, chi sviluppa farmaci non ha nessun interesse ad avere prodotti senza brevetto. È ovvio che le industrie farmaceutiche fanno un calcolo di mera convenienza in quanto non è raro il caso che le ricerche non possono essere ammortizzate, poiché il mercato è troppo ristretto o il brevetto sia sul punto di scadere. Un po’ come accade sulle terapie per le malattie “rare” per le quali le case farmaceutiche fanno il semplicistico ed egoistico calcolo del “gioco che non vale la candela”. Ecco perché, rileva Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, in questa difficile lotta contro la “peste” del terzo millennio dovrebbero essere i governi ad intervenire con investimenti massivi nella ricerca che sopperiscano alle gravi carenze che le dure regole del mercato determinano quando si tratta comunque di salute dei cittadini.

venerdì 15 marzo 2013

Pesticidi killer delle api: l’UE non ne vieta l’uso. Vincono le lobbies del settore

Oggi a Bruxelles i 27 Stati membri dell'Unione europea, in seguito alle forti pressioni esercitate dalle lobbies del settore, hanno respinto la proposta della Commissione di vietare, l'utilizzo di pesticidi letali per la sopravvivenza delle api. Ciò nonostante via sia una mole enorme di prove a sostegno dell’impatto negativo sulla salute delle api di questi fitosanitari, Al termine di due giorni di discussioni sulla sospensione dell'utilizzo di tre antiparassitari, della famiglia dei neonicotinoidi, sospettati di rappresentare un rischio elevato per la salute e la vita degli insetti produttori di miele, nessuna maggioranza qualificata è stata raggiunta. Si sono schierati a favore del bando 13 membri guidati da Italia, Francia, Spagna, Polonia, Olanda, 9 hanno detto "no" e cinque si sono astenuti. Eppure il recente parere pubblicato dall’Efsa aveva concluso che le sostanze clothianidin, thiamethoxan e imidacloprid potessero rappresentare un rischio per le api. La proposta della Commissione se approvata, avrebbe imposto restrizioni all’utilizzo di questi fitosanitari su colza, mais, girasole e, in Europa meridionale sul cotone. Mentre oggi l’Authority europea ha ritenuto che l’utilizzo di questi neonicotinoidi su colture non attraenti per le api da miele possa essere considerato accettabile. Ma le lobbies del settore criticano fortemente la valutazione dell’ Efsa. Secondo Sygenta il parere dell’Authority sarebbe “affrettato” e sarebbe sbagliata la stima della quantità di api esposte a questi fitosanitari: questo comporterebbe un calcolo del rischio sbagliato. Inoltre, nonostante Efsa abbia dichiarato di aver tenuto conto delle prove sul campo la multinazionale nega che questo sia effettivamente avvenuto. Per Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, le api sono patrimonio di tutti, agricoltori, consumatori e cittadini, e si sono trasformate in uno strumento per interpretare diversamente il mondo che ci circonda. E così, oltre a dare un apporto economico quali impollinatori, di produttori di alimenti e di agenti della conservazione ambientale, sono diventate un simbolo della cultura della non violenza. L’ape è diventata un soggetto politico, un simbolo di resistenza e di affrancamento dalle prevaricazioni. Rispettare le api vuol dunque dire rispettare l’ambiente, quindi tutti gli insetti e le altre forme di vita animali e vegetali. Per queste ragioni diventa importante agire con consapevolezza, quindi anche scegliere se e come effettuare un trattamento chimico, assumendosi le responsabilità derivanti dalle eventuali conseguenze sull’ambiente e sulle altre forme di vita.

Sicurezza alimentare: allerta per Aflatossina rinvenuta in confezioni di riso crudo rosso

Sicurezza alimentare: allerta per Aflatossina rinvenuta in confezioni di riso crudo rosso vendute dall'azienda Kamal Trading srl di Olten Rimbalza dalla Svizzera una notizia che dovrebbe invitare all’attenzione le nostre autorità sanitarie nazionali. Nell'ambito di controlli di routine, in due confezioni di riso crudo rosso è stata rinvenuta dell'aflatossina B1, appartenente alla famiglia delle micotossine che può aumentare il rischio d'insorgenza del cancro al fegato. L'Ufficio federale della sanità pubblica svizzera (UFSP), che non può escludere un pericolo per la salute, raccomanda di non consumare questo tipo di riso. Ne sono interessati due prodotti, che sono stati immediatamente ritirati dal mercato e ne è stata immediatamente vietata la vendita. Le confezioni contaminate, scoperte nel canton Soletta, sono già state ritirate dal mercato. I due prodotti interessati sono i seguenti: •Kamal Product Roter roher Reis, confezione da 1 kg; data minima di conservabilità: 31 dicembre 2014 •Kamal Product Roter roher Reis, confezione da 5 kg; data minima di conservabilità: 31 dicembre 2015 Il riso crudo rosso è stato commercializzato dall'azienda Kamal Trading srl (Unterführungsstrasse 40, 4600 Olten). Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, raccomanda pertanto ai consumatori anche italiani di prestare attenzione all’allerta alimentare in questione. L'aflatossina è altamente tossica e può causare gravi danni alla salute di persone e animali. Tali tossine non vengono distrutte con la cottura.

"Biosteel": fibre artificiali di seta di ragno sono state prodotte in laboratorio per la prima volta al mondo

La prima fibra al mondo di seta artificiale, che è fabbricata interamente con proteine di seta di ragno, è stata prodotta biotecnologicamente dall’azienda AMSilk dell’Università Tecnica di Monaco. La fibra è del tutto paragonabile alla seta di ragno naturale in particolare per quanto riguarda alla sua resistenza alla trazione. La AMSilk la definisce perciò "Biosteel". I prototipi della fibra prodotta sono lisci e morbidi, piacevoli alla pelle e lucenti come seta. Sono di colore bianco e possono essere tinti con le tecniche di colorazione standard. Le applicazioni per la tela di ragno saranno molteplici. Saranno impiegate per tessuti ad elevata prestazione, articoli sportivi, ma anche in altri settori del mercato quali, oggetti di uso quotidiano come bende, guanti e cappotti. ed in particolare in medicina per produrre fili chirurgici, tessuti e bendaggi medicali. Inoltre la seta prodotta dal ragno è un conduttore organico che potrebbe aprire anche nuovi orizzonti nel campo del fotovoltaico. Le tele del ragno si sono rivelate dei conduttori di calore migliori del silicio, dell’alluminio e del ferro puro! La seta del ragno è un ottimo conduttore di calore, funziona 1000 volte meglio della seta prodotta dal baco e 800 volte meglio rispetto a tutti gli altri tessuti organici. Si potrebbe pensare di sviluppare un nuovo tessuto adatto al calore. Le fibre ‘Biosteel’ della AMSilk vengono fabbricate per mezzo di un metodo di filatura scalabile grazie alle invenzioni di Thomas Scheibel, che ha sviluppato la produzione biotecnologica di proteine di seta di ragno, presso l’Università Tecnica di Monaco di Baviera. Attualmente è docente di Biomateriali presso l'Università di Bayreuth. Per Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, la scoperta rivoluzionerà il pensiero convenzionale e chi crede che questa è un invenzione futile si sbaglia di grosso. Fino a oggi il mondo era fermo al concetto che vede i materiali biologici come pessimi conduttori termici.

giovedì 14 marzo 2013

RCAuto: gli accordi tra compagnie d'assicurazioni e carrozzerie convenzionate sono anticoncorrenziali

RCAuto. Tutela dei danneggiati-assicurati. Gli accordi sui prezzi per la riparazione di veicoli assicurati conclusi tra le società di assicurazioni e le officine di riparazione hanno un oggetto anticoncorrenziale e sono dunque vietati qualora siano, per loro propria natura, dannosi al buon funzionamento del gioco normale della concorrenza Tale dannosità deve essere valutata in rapporto ai due mercati coinvolti, quello delle assicurazioni automobilistiche e quello della riparazione di veicoli Sentenza nella causa C-32/11 Allianz Hungária Biztosító Zrt e a. / Gazdasági Versenyhivatal Brutta batosta europea per tutte le compagnie assicurative che dopo aver cercato da diversi anni di tutelare le proprie casse avendo convinto anche diversi governi tra cui quello italiano sulla bontà del risarcimento in forma specifica che avrebbe obbligato gli assicurati – danneggiati a rivolgersi ad autoriparatori fiduciari delle compagnie stesse pena il pagamento di penali a carico di chi ha subìto un danno alla propria auto che si era rivolto al proprio carrozziere di fiducia, si vedono di fatto bloccate dalla Corte di Giustizia Europea tutte le procedure avviate in tal senso per la loro palese natura anticoncorrenziale. Ad evidenziarlo è Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, che sottolinea come queste procedure, unitamente al famigerato “indennizzo diretto” attuato in Italia, stanno arrecando un danno sia agli assicurati che nella doppia veste anche di danneggiati non si sono visti diminuire i premi assicurativi col rischio peraltro di non ricevere le prestazioni professionali richieste come quelle che si otterrebbero normalmente da parte del proprio carrozziere di fiducia, ma anche un’intera categoria professionale composta da migliaia di lavoratori, quale quella dei liquidatori o ispettori sinistri che dir si voglia, che in virtù di tali misure non solo vengono ridimensionati ma rischiano il posto di lavoro. Venendo alla sentenza, la questione ci può far comprendere quali rischi possa portare al mercato, ma anche ai consumatori, se pratiche del genere venissero attuate integralmente in Italia come si era tentato di fare nei mesi scorsi. È chiaro, però che alla luce della decisione europea da oggi il governo o il legislatore, ma anche la stessa Ania che raggruppa tutte le compagnie di assicurazioni operanti nel Nostro Paese, ci dovranno pensare più di una volta prima di introdurre generalmente tali prassi. Gli assicuratori ungheresi – in particolare la Allianz Hungária e la Generali-Providencia – concordano una volta all’anno con i concessionari automobilistici, o con l'associazione nazionale che li rappresenta, le condizioni e le tariffe applicabili alle prestazioni di riparazione che l’assicuratore deve fornire in caso di sinistro ai veicoli assicurati. Pertanto, in caso di sinistro, le officine dei concessionari possono procedere direttamente alle riparazioni in base alle condizioni e alle tariffe suddette. I concessionari sono quindi legati agli assicuratori sotto un duplice aspetto: in caso di sinistro, essi riparano per conto degli assicuratori i veicoli assicurati ed intervengono come intermediari a favore degli assicuratori medesimi offrendo assicurazioni automobilistiche ai propri clienti in occasione della vendita o della riparazione di veicoli. Gli accordi tra gli assicuratori e i concessionari prevedono che questi ultimi percepiscano per la riparazione una tariffa maggiorata in funzione del numero e della percentuale di contratti di assicurazione commercializzati per l'assicuratore interessato. Ritenendo che gli accordi in questione avessero per oggetto una restrizione della concorrenza sul mercato dei contratti di assicurazione del ramo automobilistico e su quello dei servizi di riparazione degli autoveicoli, l'autorità ungherese garante della concorrenza ha vietato la prosecuzione del comportamento anticoncorrenziale e ha inflitto delle ammende alle società interessate. Il Legfelsőbb Bírósága (Corte di cassazione, Ungheria), investito dalla controversia in sede di impugnazione, chiede alla Corte di giustizia se detti accordi abbiano per oggetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza. Nella sua sentenza odierna, la Corte ricorda anzitutto che gli accordi aventi un oggetto siffatto, vale a dire quelli che per loro stessa natura sono dannosi al buon funzionamento del gioco normale della concorrenza, sono vietati senza che sia necessario esaminare i loro effetti sulla concorrenza. Successivamente, la Corte constata che gli accordi esaminati mettono in collegamento due attività in via di principio indipendenti:il servizio di riparazione di veicoli e la mediazione di contratti di assicurazione del ramo automobilistico. La Corte sottolinea che, sebbene l’istituzione di un simile collegamento non significhi automaticamente che gli accordi hanno per oggetto una restrizione della concorrenza, essa può nondimeno costituire un elemento importante per valutare se tali accordi siano per loro natura dannosi al buon funzionamento del gioco normale della concorrenza. La Corte rileva che, pur trattandosi nella specie di accordi verticali – ossia conclusi tra imprese non concorrenti – il loro oggetto può nondimeno consistere in una restrizione della concorrenza. La Corte precisa altresì che, nel caso di specie, l'oggetto degli accordi incriminati dev'essere valutato in rapporto ai due mercati coinvolti. Pertanto, spetta al giudice ungherese verificare, da un lato, se gli accordi verticali controversi rivelino, alla luce del contesto economico e giuridico nel quale si collocano, un grado di dannosità per la concorrenza sul mercato delle assicurazioni automobilistiche sufficiente per constatare che il loro oggetto consiste in una restrizione della concorrenza. Ciò potrebbe verificarsi in particolare nel caso in cui il ruolo assegnato dal diritto nazionale ai concessionari, operanti come intermediari o broker assicurativi, esiga la loro indipendenza rispetto alle società di assicurazione. Del pari, l'obiettivo anticoncorrenziale degli accordi sarebbe dimostrato ove fosse probabile che, a seguito della loro conclusione, la concorrenza sul mercato delle assicurazioni automobilistiche sarà soppressa o gravemente indebolita. Dall'altro lato, al fine di valutare l'oggetto degli accordi controversi in rapporto al mercato dei servizi di riparazione dei veicoli, il giudice ungherese dovrà tener conto del fatto che essi sono stati conclusi sulla base dei «prezzi consigliati», stabiliti da decisioni dell'associazione nazionale dei concessionari automobilistici. Nell’ipotesi in cui il giudice constati che tali decisioni avevano per oggetto una restrizione della concorrenza mediante l’uniformazione delle tariffe orarie di riparazione e che, tramite gli accordi verticali, le società assicurative hanno volontariamente ratificato le decisioni dell'associazione dei concessionari – ciò che può presumersi nel caso in cui esse abbiano concluso un accordo direttamente con l'associazione – l’illegittimità delle decisioni di cui sopra vizierebbe anche gli accordi tra le assicurazioni e le officine.

Allerta alimentare: primo caso di tubercolosi bovina da mezzo secolo in Svizzera

Rimbalza dalla Svizzera una notizia che dovrebbe invitare all’attenzione le nostre autorità sanitarie nazionali. È stato accertato nel canton Friburgo, per la prima volta da circa cinquant'anni, un caso di tubercolosi bovina. A seguito di tanto le autorità locali hanno sottoposto a sequestro l'intera mandria interessata e emesso un divieto di fornitura del latte. A detta delle autorità cantonali che hanno rivelato la scoperta, si tratta, in particolare, di una mucca nata il 31 gennaio 2002 nella regione dello Gibloux che presentava i sintomi e le lesioni tipiche della malattia al momento della macellazione lo scorso 4 marzo. Il povero bovino non produceva più latte da oltre un mese. Ovviamente la carcassa è stata posta sotto sequestro. Ed a seguito delle analisi del laboratorio nazionale di riferimento è stato confermato il sospetto che si trattava di tubercolosi bovina. È quindi scattata la procedura che prevede le analisi epidemiologiche; e così ogni capo della mandria è sottoposto ad accurati esami. Le preoccupazioni delle autorità sanitarie che hanno sottolineato come siano state prese tutte le misure dettate dal caso, sono state determinate dal fatto che la tubercolosi bovina può essere trasmessa all'uomo, sia attraverso il consumo di latte crudo e prodotti non pastorizzati oppure attraverso il contatto diretto con un animale che abbia subito il contagio. Ad ogni modo, l'Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) ha fatto sapere di aver sottoposto ad analisi dei rischi i formaggi prodotti con il latte proveniente dallo stesso allevamento ed ha appurato che è stato utilizzato solo per la trasformazione in prodotti trattati termicamente. In virtù delle metodologie adottate e alla durata della maturazione i formaggi sono considerati sicuri. Venendo allo specifico, vi è da precisare che nei bovini adulti il periodo di incubazione della malattia può durare diversi mesi, mentre la fonte del contagio può essere un altro animale o l'uomo. In Svizzera non erano più stati registrati casi di tubercolosi bovina addirittura dagli anni Sessanta. Mentre in Francia, Germania e Austria si è rilevato un aumento dei casi negli animali da allevamento ma anche in quelli selvatici, in particolare nei cervi e nei tassi. Alla luce della diffusione di questa pericolosa malattia, anche in connessione con i rischi di contagio animale – prodotti derivati – uomo, Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, invita le Autorità Sanitarie italiane a vigilare sui prodotti provenienti da oltre frontiera in particolare sulle carni, sul latte e i rispettivi derivati affinché, in virtù del sacrosanto principio di precauzione si eviti che i consumatori entrino in contatto con prodotti contaminati dal temibile batterio causa del particolare tipo di tubercolosi in questione.

mercoledì 13 marzo 2013

Class action tributaria avverso il riclassamento degli immobili a Lecce

“Class action” tributaria avverso il rilassamento degli immobili a Lecce. Ricorso collettivo il strumento di difesa utile ed efficace. Strumentalizzazioni inutili per speculare Non comprendiamo assolutamente i tentativi di demolire un’opera meritoria per tutti i contribuenti che hanno deciso di opporsi agli accertamenti illegittimi notificati dall’Agenzia del Territorio ai cittadini leccesi proprietari d’immobili attraverso i ricorsi collettivi avviati dallo “Sportello dei Diritti”, se non per strumentalizzare al fine di speculare sugli stessi contribuenti che dovrebbero essere costretti ad esperire ricorsi individuali con un aggravio di costi, nonostante la legislazione ed un’importante e recente sentenza della Corte di Cassazione ne consenta la procedibilità. Così Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”. In tal senso, riportiamo il contributo dell’avvocato tributarista Maurizio Villani che corrobora la convinzione secondo cui la cosiddetta “class action” già avviata può essere lo strumento utile ed efficace per far annullare gli atti di accertamento dell’Agenzia del Territorio. Di seguito il commento dell’avvocato Villani: “Le faccio presente che la Corte di Cassazione – Sez. Tributaria –, con l’importante sentenza n. 4490 del 23 ottobre 2012, depositata in cancelleria il 22 febbraio 2013, che invio in allegato, ha precisato che anche nel processo tributario è ammesso il ricorso collettivo sia per le questioni di diritto che per le questioni di merito. Pertanto, non è assolutamente vero che il ricorso collettivo in materia tributaria <<è una difesa monca>> in quanto limitata solo alle questioni di diritto e non anche a quelle di merito, come riportato nell’articolo di oggi su Lecce Prima. Infatti, la stessa Corte di Cassazione consente la possibilità di un unico ricorso collettivo che possa affrontare anche le questioni di merito tanto è vero che sul punto i giudici di legittimità così si pronunciano: “Né, infine, appaiono ostative alla soluzione adottata le eventuali circostanze fattuali che potrebbero, parzialmente, diversificare le posizioni dei singoli ricorrenti, soccorrendo in tal caso, e nella ricorrenza dei presupposti di legge, la separazione delle cause espressamente prevista dal II comma dell’art. 103 c.p.c.”. Infatti, l’art. 103, I comma, prevede che più parti possono agire o essere convenute nello stesso processo, quando tra le cause che si propongono esiste connessione per l’oggetto o per il titolo dal quale dipendono oppure quando la decisione dipende, totalmente o parzialmente dalla risoluzione di identiche questioni. Quindi, alla luce di quanto previsto dalla citata sentenza della Corte di Cassazione, che ripetesi consente nel processo tributario il ricorso collettivo ai sensi dell’art. 103 del codice di procedura civile, nonché alla luce di quanto prevede la suddetta disposizione processuale, si possono verificare le seguenti situazioni: 1) Il giudice tributario può accogliere il ricorso collettivo se ritiene valide le eccezioni di diritto sollevate dalle parti ricorrenti; 2) oppure, il giudice tributario può accogliere parzialmente la risoluzione di identiche questioni di diritto e di fatto; 3) oppure, il giudice tributario, se non ritiene di accogliere totalmente o parzialmente le identiche questioni di diritto e di fatto, può sempre nella motivazione accogliere le particolari questioni di merito riguardanti specifici fatti di determinati ricorrenti, che hanno fatto sempre riferimento ai presupposti giuridici oggettivamente connessi. In definitiva, nella particolare controversia riguardante le contestazioni agli avvisi di accertamento degli estimi catastali, i recuperi fatti dall’Agenzia del Territorio di Lecce si basano esclusivamente su un’unica questione di diritto “art. 1, comma 335, della Legge n. 311/2004” e di un’unica questione di fatto, le cosiddette microzone 1 e 2, tanto è vero che i recuperi fiscali non fanno assolutamente riferimento a specifiche situazioni catastali, in quanto l’Agenzia del Territorio non ha operato alcun specifico sopralluogo. Di conseguenza, ci troviamo nella classica ipotesi di cause aventi connessione sia per l’oggetto (riclassamento parziale di tutte le microzome 1 e 2 della città di Lecce) sia per il titolo dal quale dipendono (avvisi di accertamento dell’Agenzia del Territorio di Lecce spediti con 70.000 raccomandate ed aventi tutti la stessa motivazione, tanto è vero che sono stati scritti in modo standardizzato) e, pertanto, ci troviamo nella classica ipotesi di litisconsorzio facoltativo che si può far valere mediante il cosiddetto ricorso collettivo. Se poi il contribuente vuole aggiungere particolari questioni di merito per meglio supportare le tesi difensive del totale annullamento degli avvisi in contestazione, lo può fare benissimo e ciò non gli viene impedito assolutamente né dalla legge né dalla suddetta sentenza della Corte di Cassazione. Per concludere, nella particolare situazione che si è venuta a creare a Lecce, è consigliabile sempre il cosiddetto ricorso collettivo sia perché è consentito dalla legge e dalla Corte di Cassazione sia perché si risparmiano notevolmente le spese legali (mentre è sempre dovuto per ogni atto distinto il pagamento di € 120,00 per il contributo unificato tributario) senza che ciò possa compromettere le tesi difensive sia per quanto riguarda il diritto sia per quanto riguarda il merito, soprattutto perché sono in contestazione atti generici standardizzati che non hanno alcun riferimento specifico a questioni di merito dei singoli immobili siti nella città di Lecce. Cordiali saluti. Avv. Maurizio Villani” Avvocato Maurizio Villani Patrocinante in Cassazione Studio Legale Tributario Via Cavour, 56 Lecce Telefono e fax: 0832 – 247510 www.studiotributariovillani.it avvocato@studiotributariovillani.it

Italiani indisciplinati alla guida anche oltrefrontiera

Italiani indisciplinati alla guida anche oltrefrontiera. Secondo le statistiche svizzere i nostri concittadini automobilisti vengono multati ogni 4 minuti. Una media di quasi 330 al giorno, per 100 / 120 mila all’anno Siamo un popolo d’indisciplinati alla guida. Lo evidenziano sia le statistiche italiane che dimostrano come non diminuisca il numero dei verbali per infrazioni al codice della Strada anche per effetto dei sistemi di rilevazioni elettronici che hanno reso più agevole il compito delle polizie stradali ma utilizzati anche per “far cassa”, ma anche i dati che provengono dai Paesi d’oltre confine sui quali transitano i nostri veicoli. Secondo una statistica pubblicata sul quotidiano "Il Giorno" di Como e riportata sulla stampa elvetica, gli automobilisti italiani in Svizzera verrebbero multati in media ogni 4 minuti. Una cifra sorprendente rileva Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, che è calcolabile in base al numero complessivo di sanzioni al codice della strada elvetico elevate nel corso dell’anno che oscillano tra le 100 e 120mila, ossia quasi 330 al giorno. Per tali ragioni e per cercare di recuperare i proventi delle infrazioni elevate dalle forze di polizia stradale svizzere si è dovuta creare un’apposita interfaccia tra le motorizzazione dei due Paesi per consentire la notifica dei verbali ai proprietari dei veicoli in caso di impossibilità di contestazione immediata dell’infrazione. La gran parte dei nostri concittadini beccati a violare il codice stradale elvetico, circa il 70 % paga appena giunge la multa a casa, il resto paga quasi sempre in seconda battuta o in ritardo per una ragione pratica: in Svizzera non si scherza e chi non salda la multa rischia l’arresto.

martedì 12 marzo 2013

Aumentano il numero delle donne in carcere

Aumentano il numero delle donne in carcere. Un Rapporto dell’Unione europea denuncia che le donne nelle carceri stanno aumentando più degli uomini. Lo “Sportello dei Diritti” impegnato a tutelare le detenute Sempre più donne si danno al crimine. Non è solo una percezione di come cambia in peius la società ma è un fenomeno studiato che purtroppo cresce giorno dopo giorno e impone di rivedere il sistema carcerario già inadeguato ai numeri che è costretto a sopportare. Se è vero, infatti, che si è arrivati ad una parità formale nei diritti e l’uguaglianza è stata raggiunta in molti settori della vita quotidiana, è anche vero che le donne si avvicinano agli uomini anche in quelli negativi. Le statistiche parlano chiaro: dal 2011, l'aumento del numero di donne che sono detenute a livello globale è aumentato di decine di volte più velocemente di quello degli uomini, secondo i dati nazionali così come è aumentato il livello della gravità dei reati che hanno commesso. Mentre il numero di autori di reati di sesso maschile sono rimasti stabili sostanzialmente stabili negli ultimi dieci anni, i dati più recenti dimostrano un aumento del 15 per cento per il "gentil sesso". Ciò quasi a denotare che anche l'aggressività nelle donne è aumentata costantemente negli ultimi 10 anni. I ricercatori sono d'accordo, sostenendo che il comportamento violento da parte delle donne è in aumento e non mostra segni di rallentamento. Anche un rapporto delle Nazioni Unite rivela che il tasso di crescita del numero di donne che entrano in carcere è superiore a quello degli uomini. Ciò nonostante la ridotta percentuale del 4,9% sulla totalità dei detenuti rappresentata dal gentil sesso. A dire il vero, in relazione alle 100mila donne che sarebbero detenute attualmente nelle carceri europee, il rapporto cambia da paese a paese. Solo per fare gli esempi estremi, si passa da Malta dove le detenute sono appena una decina, alla Spagna dove arrivano al numero di 5.000 rappresentando l’8,8% del totale della popolazione carceraria. L’Italia, invece, si pone in linea con la media europea con una percentuale di detenute pari a circa il 4,7% del totale, che è anche, più o meno lo stesso dato che viene confermato anche su scala mondiale dalle Nazioni Unite. A livello mondiale le cose quindi non cambiano con le donne che comunque costituiscono una porzione molto piccola della popolazione carceraria, che varia generalmente dal 2 al 9%. Solo 12 sistemi penitenziari superano questa soglia nel resto del pianeta, mentre una statistica del Regional Office of Europe ha individuato nell’Azerbaijan la quota meno elevata (1,5%). Ciò non vuol dire che il fenomeno sia sotto controllo. Ed, infatti, la tendenza di cui parlavamo conferma una crescita dappertutto. Per tornare all’Europa basta verificare come in Inghilterra e in Galles il numero delle donne che per varie ragioni sono finite in istituti di detenzione è aumentato negli ultimi dieci anni della sorprendente percentuale del 200%, a fronte di una crescita del numero degli uomini pari al 50%. L’Unione Europea, ha anche precisato che la maggior parte delle donne detenute scontano pene brevi, legate al possesso di stupefacenti. A ciò consegue un permanente ricambio della popolazione carceraria che ovviamente aggrava la già complessa situazione dei sistemi penitenziari. Altro problema rilevato dall’UE riguarda il fatto che il numero di detenute in attesa di giudizio è equivalente se non addirittura superiore a quelle che scontano una pena definitiva. Ciò comporta ulteriori questioni circa la gestione perché le donne in attesa di giudizio hanno opportunità ridotte di accedere ai programmi lavorativi, di mantenere contatti con le famiglie e anche con gli altri detenuti. Tante, tantissime sono anche madri. Le statistiche conosciute in Europa sono sconvolgenti se si pensa che ci sono circa 10.000 bambini al di sotto dei due anni che hanno una madre in carcere. Mentre sono centinaia di migliaia i bambini di età superiore ed i ragazzi fino alla maggiore età che devono fare i conti con una mamma detenuta. In tal senso l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2003 ha approvato una risoluzione che invita “governi, autorità internazionali, istituzioni a tutela dei diritti umani e organizzazioni non-governative a impegnarsi per aumentare l’attenzione verso lo stato detentivo delle donne, compresi i figli di donne in prigione, in modo da identificare i problemi principali e impegnarsi a risolverli”. Questo perché lo sviluppo psicosociale dei figli corre pericoli di gran lunga maggiori quando è la madre a finire in carcere piuttosto che il padre. Uno studio inglese del 2008 ha rilevato che quando le madri sono detenute, nell’80% dei casi i padri non si prendono cura dei loro figli. Anche alla luce di tali dati, ormai quasi tutti gli stati europei consentono alle madri di tenere con sé i figli piccoli scontano la loro pena. Permangono anche in tal caso divergenze fra le varie normative nazionali che passano da un limite minimo di zero a uno massimo di sei anni per la permanenza dei bambini negli istituti. Solo in Norvegia non è consentito ammettere bambini nelle carceri mentre la media nel resto d’Europa è di tre anni. Un altro dato che dovrebbe far riflettere è quello dell’età delle detenute. Negli ultimi anni, infatti, è possibile evidenziare una costante crescita delle ragazze che finiscono negli istituti correzionali per minori. Un esempio lampante in tal senso sono gli Stati Uniti, dove le giovani rappresentano ormai il 25% della popolazione dei riformatori. Questi dati in prospettiva dovrebbe far preoccupare ancora di più. Le donne più anziane, ossia quelle che superano i 50 anni di età sono una categoria che richiede trattamenti particolari in ragione a problemi legati principalmente alla salute. Molte, sono peraltro le straniere che costituiscono a livello europeo oltre il 30% delle donne rinchiuse negli istituti. La maggior parte hanno commesso crimini che riguardano la droga oltre a quelle detenute per ragioni concernenti il loro status illegale nel paese dove vivono. Purtroppo, le detenute hanno molti più problemi di salute rispetto agli uomini. Molte di loro in genere arrivano in carcere in condizioni già complicate legate alla vita in povertà, all’uso di droghe, alla violenza familiare, a violenze sessuali e gravidanze giovanili. Nello specifico, le donne dipendenti da sostanze stupefacenti mostrano in proporzione maggiore degli uomini problemi come tubercolosi, epatite, anemia, ipertensione, diabete e obesità.Anche le malattie mentali sono molto diffuse negli istituti penitenziari femminili, e riguardano l’80% delle detenute. I due terzi, ad esempio, mostrano disordini legati a stress post-traumatico. Ma sono tante le problematiche connesse alla detenzione delle donne ed all’aumento del fenomeno che per Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, richiedono una revisione profonda dei sistemi carcerari a partire da quello nostrano che serva non solo per porre un limite a quella che appare come una vera e propria emergenza ma anche per gestire un problema in crescita ed adeguarsi a necessarie esigenze di civiltà, umanità e tutela dei diritti. Se è vero, infatti, che di fronte a tale grave situazione le istituzioni europee hanno dato input a politiche per arginare il fenomeno e migliorare le condizioni delle donne in carcere è altrettanto vero che il processo di adeguamento dell’Italia procede a rilento. Tra gli obiettivi fissati dall’UE ed ancora non del tutto realizzati nel nostro Paese vi è da segnalare in primo luogo la richiesta di ricorrere il più possibile alle misure alternative, soprattutto per le donne incinte e per quelle che hanno figli piccoli. In secondo, di assicurare un servizio sanitario efficiente e capace di rispondere ad ogni tipo di esigenza. Ed in ultimo di considerare come primario l’interesse del bambino quando questo è coinvolto nella detenzione della madre. In quest’ottica, come “Sportello dei Diritti”, siamo impegnati a tutelare tutte le donne a partire dalle madri ed i loro bambini che subiscono trattamenti degradanti e non corrispondenti ai dettami delle linee guida europee all’interno delle carceri italiane.

domenica 10 marzo 2013

Pelle umana creata in laboratorio dai ricercatori del Kinderspital

Pelle umana creata in laboratorio dai ricercatori del Kinderspital. Il prodotto sarà impiegato per curare i bambini ustionati Balzo in avanti sulla ricerca della pelle artificiale per trapianti o test dei cosmetici e prodotti chimici.Presso il Kinderspital di Zurigo i ricercatori sono in grado di produrre pelle umana in laboratorio. Le cellule sono prelevate dalla cute umana e vengono quindi isolate per fare scattare la loro moltiplicazione. Così si creano nuovi tessuti. La coltivazione durerà sei settimane. La pelle artificiale sarà impiegata in trapianti o test dei cosmetici e prodotti chimici e per grandi ferite, come ad esempio ustioni. Lo ha reso noto ieri l'Università di Zurigo sul suo giornale online "UZH News". In estate sarà impiegata per curare i primi bambini ustionati. Finora, per le bruciature i medici utilizzavano soprattutto pelle prelevata dalla testa dei pazienti. Questa presenta però uno strato sottocutaneo (ipoderma) molto sottile che rende difficile il trapianto. La pelle prodotta in laboratorio offre diversi vantaggi. Sviluppata a partire da un frammento prelevato dal paziente, essa è composta di epidermide, derma e ipoderma e include pure cellule staminali, vasi sanguigni e cromatofori, ossia cellule contenenti pigmento. Quest'estate saranno trapiantati i primi campioni, di superficie massima di 20 centimetri per dieci, su 20 pazienti. In seguito saranno curati 40 giovani a Berlino e 40 ad Amsterdam. Presto anche altri tessuti come la cartilagine saranno prodotti artificialmente. Tale novità, sottolinea Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, schiude una nuova era in cui la pelle umana può diventare un prodotto industriale.