sabato 30 novembre 2013

Tecnologia e salute. Paraplegici possono guidare le loro sedie a rotelle con “piercing” alla lingua

Tecnologia e salute. Paraplegici possono guidare le loro sedie a rotelle con “piercing” alla lingua Un apparecchio inserito nella lingua potrebbe aiutare le persone paralizzate a guidare la carrozzella elettrica. Si tratta di un dispositivo sperimentale che consentirebbe alle persone in sedie a rotelle a guidare la loro semplicemente muovendo la loro lingua nella giusta direzione. Ai pazienti viene trafitta la lingua con un perno magnetico che assomiglia a un “piercing” e che agisce come un joystick, nella speranza di offrire loro maggiore mobilità e indipendenza. Ricercatori americani hanno riferito mercoledì scorso che 11 persone paralizzate dal collo in giù hanno rapidamente imparato ad utilizzare il dispositivo inserito nella lingua per pilotare le loro sedie a rotelle attraverso un percorso ad ostacoli pieno di colpi di scena, e di utilizzare un computer. "E 'davvero potente perché è così intuitivo," ha detto Jason DiSanto, trentanovenne, che è stato tra i primi pazienti che avevano subìto lesioni al midollo spinale a ottenere il suo piercing sulla lingua per la scienza e provare il sistema. "La prima volta che ho fatto, la gente pensava che guidavo così da anni" ha precisato. Il team di ricercatori di Atlanta e Chicago ha messo a punto il sistema Tongue Drive in competizione contro una delle tecnologie assistive più utilizzate chiamato sip-e-puff, che gli utenti operino utilizzando una cannuccia. Usando la lingua, i pazienti che operano con le loro sedie a rotelle vanno un po’ più veloci ma altrettanto accuratamente - e, in media, hanno eseguito circa tre volte meglio le simulazioni, ha detto il ricercatore Maysam Ghovanloo, direttore del Georgia Tech University bionica laboratorio che ha guidato il team di ricercatori Shepherd Center di Atlanta per le lesioni spinali, il Rehabilitation Institute of Chicago e Northwestern University. La ricerca, riportata sulla rivista Science Translational Medicine, è un primo passo che ha permesso l'uso del dispositivo solo all'interno dei laboratori. Sono necessari studi più ampi in condizioni reali prima che il dispositivo verrà messo in commercio. E comunque i ricercatori riconoscono che il piercing alla lingua può essere un turn-off per alcuni potenziali utenti. Ma il lavoro sta attirando l'attenzione di specialisti che ammettono che c'è un grande bisogno di tecnologie più assistive in modo da poter personalizzare la cura per i disabili gravi. "Per le persone che hanno capacità molto limitata di controllare una sedia a rotelle elettrica, non ci sono molte opzioni", ha affermato Brad Dicianno, uno specialista di riabilitazione presso l'University of Pittsburgh Medical Center, che non è stato coinvolto con la nuova ricerca. "C'è qualche promessa interessante attraverso il controllo della lingua". La maggior parte delle persone con lesioni del midollo spinale - o malattie neurologiche che sono paralizzate – sono ancora in grado di muovere la lingua. Come ha detto lo stesso Ghovanloo "è discreto, facile da usare e flessibile" né richiede particolare concentrazione. La lingua è quasi “instancabile”. L'attuale studio ha testato il dispositivo in 23 partecipanti normodotati e 11 volontari paralizzati. Alla fine di questa fase della ricerca tutti i volontari disabili hanno preferito il sistema della lingua per il loro dispositivo di assistenza regolare, ha detto il co-autore Joy Bruce, che è a capo del laboratorio lesioni del midollo spinale del Shepherd Center. Ma i pazienti che erano di età avanzata o preoccupati che un “peiercing” alla lingua non era accettabile per la loro professione hanno deciso di non partecipare. Ghovanloo prevede di aggiungere funzioni per consentire agli utenti di accendere la TV o le luci con un semplice movimento della lingua. Per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, forse si tratta dell’unico tipo di “piercing” davvero utile che costituisce una nuova speranza per milioni di persone del mondo che ci auguriamo presto possa essere definitivamente testato e reso fruibile.

44 cucchiaini di zucchero nella Coca Cola extralarge da cinema.

44 cucchiaini di zucchero nella Coca Cola extralarge da cinema. Dato confermato dall’”esecutivo” della bibita Un dirigente della Coca-Cola ha ammesso che una lattina di Coca Cola ha importi "inutili" di zucchero e che le "cose devono cambiare" per ridurre le porzioni. Il Presidente europeo della Coca-Cola ha ammesso che alcuni clienti "non capiscono" quanto zucchero è presente nella bevanda, specie nelle “confezioni” giganti come quelle da cinema. Parlando nel programma televisivo della BBC, Newsnight, James Quincey ha detto che Coca-Cola ha messo lo zucchero per compiacere i suoi clienti, secondo quanto riportato dal Daily Mail, il noto quotidiano britannico. L’ospite occasionale di Newsnight, Jeremy Paxman, ha messo alle strette Quincey circa le porzioni extra large Coca-Cola nei cinema, la più grande delle quali conterrebbe "una sconcertante" quantità di zucchero pari a 44 cucchiaini. Inviata da Mr Paxman cosa buona Coca-Cola ha fatto i suoi consumatori, il signor Quincey ha detto: "ha qualche zucchero in esso ... ha energia, ma è una necessità No, non è Ma milioni di persone godere come parte?. della loro dieta ". Quincey ha evidenziato che una lattina di Coca Cola normale conterrebbe 35g o sei cucchiaini di zucchero, simili in calorie ad "un cappuccino o un mezzo croissant". La Coca-Cola per bocca del suo manager ha comunicato di "lavorare sodo" per informare i clienti circa il contenuto di calorie e di zuccheri dei suoi prodotti, ma ha anche rilevato che i consumatori probabilmente non avrebbero idea di cosa stavano bevendo quando ne hanno ordinato una grande porzione al cinema. Ancora una volta, Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, evidenzia come anche le multinazionali delle bibite gassate e zuccherine, tra cui il colosso Coca Cola, di fatto ammettono che non sempre i consumatori sono sufficientemente informati in relazione al contenuto dei propri prodotti. Mentre è noto a tutti che un eccesso di zuccheri, specie se assunto con continuità può essere causa a lungo andare di numerose patologie, in particolar modo quando le esagerazioni incominciano già in giovane o giovanissima età. Alla luce di tale intervista, quindi, torna prepotentemente a galla la questione dell’imposizione di una tassa disincentivante al consumo, perlomeno eccessivo di tali tipi di bevande. Al Ministero della Salute l’ultima parola.

venerdì 29 novembre 2013

Troppo sesso (o troppo poco) accorcia vita.

Troppo sesso (o troppo poco) accorcia vita. È quanto emerso da uno studio americano sui vermi e sui moscerini Troppo sesso (o troppo poco) accorcia la vita, almeno nei minuscoli animali da sempre studiati nei laboratori di genetica. Lo dimostrano due esperimenti pubblicati entrambi sulla rivista Science, che per la prima volta supporta un'ipotesi formulata da tempo ma finora mai dimostrata. Ciò che emerge in entrambi i casi, è l'esistenza di meccanismi genetici ancora poco esplorati, che hanno conseguenze dirette nella sessualità e quindi grande peso anche sulla selezione naturale e sull'evoluzione. La prima ricerca, condotta nell'Università californiana di Stanford, ha scoperto che nei vermi Caenorhabditis elegans, trasparenti e lunghi un millimetro, la presenza di molti maschi fa morire le femmine prima del tempo. Circondate da un grande numero di maschi (una situazione rarissima in condizioni naturali) le femmine di C. elegans cominciano a invecchiare prima del tempo, fino a morire precocemente. La colpa è di una tossina rilasciata dagli stessi maschi e che, secondo i ricercatori sarebbe il frutto di un 'trucco' della selezione naturale per impedire agli altri maschi di accoppiarsi e per conservare in questo modo una maggiore quantità di cibo per le prossime generazioni. Protagonisti della seconda ricerca, condotta dall'università del Michigan, sono stati maschi del moscerino della frutta (Drosophila melanogaster). In questo caso è emerso che quando i maschi percepiscono un eccesso di feromoni femminili, ma non hanno vicino nessuna femmina, cominciano rapidamente a deperire. L'insoddisfazione sembrerebbe innescare una serie di risposte a livello neurale che portano i moscerini a perdere peso e a invecchiare. Tutto, però, torna alla normalità se riescono ad accoppiarsi. In medio stat virtus come dicevano i latini? O è meglio, quindi, una vita casta o una d’eccessi? Per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, si tratta in ogni caso, di andare ad approfondire scientificamente e soprattutto sull’uomo, ciò che a seconda delle convenienze forse ci piace sentirci dire perché sino ad oggi nessuno ha potuto provare che il sesso, troppo o troppo poco, faccia male.

Brevettato uno specchio che impedisce punti ciechi.

Brevettato uno specchio che impedisce punti ciechi. Utile nel settore automobilistico e per la sicurezza stradale Sviluppare uno specchio che impedisce punti ciechi La creazione di Andrew Hick , professore e ricercatore presso la Drexel University, è una lente che amplia il campo di vista , distorcendo l'immagine riflessa in modo quasi impercettibile . Lo specchietto retrovisore che elimina il cosiddetto "punto cieco" che è spesso causa di incidenti e problemi per gli automobilisti sulle strade, è stato, quindi, già brevettato. Per spiegare questa operazione matematica basta prendere a paragone una palla da cristallo delle discoteche che andavano di moda negli anni ’70 e ‘80, dove ogni mini- specchio riflette l'immagine senza distorsioni. Hick, ha utilizzato un algoritmo per definire con precisione l'angolo della luce riflessa . L'inventore sostiene che l'algoritmo manipola la direzione di ogni faccia di questa "sfera metaforica" per ingrandire l'immagine senza distorsioni . "Immaginate che la superficie di questo vetro è fatta di tanti piccoli cristalli ruotati in diverse angolazioni , come una palla da discoteca ", ha affermato Hick , che prima di brevettare l'invenzione è stata annunciata sulla rivista Optics Letters . Tuttavia, l'implementazione di sistemi nel settore è fortemente condizionato dalle norme vigenti, e oltre gli utenti devono essere i marchi che prendono l'iniziativa di integrare questa tecnologia nelle loro linee di produzione. Se finora, nessuno ha compiuto questo passo, Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, si augura che almeno le case automobilistiche, prima dei governi che dovrebbero introdurre comunque l’obbligo di simili specchietti, si facciano avanti e utilizzino tale sistema che potrebbe far evitare molti sinistri stradali.

Lo scontrino letale.

Lo scontrino letale. Gli scontrini in carta termica non riciclabile, imposti dalla legge, in alcuni casi potrebbero contenere sostanze tossiche come il bisfenolo A dannosa per l’organismo. Pochi lo sanno eppure è una notizia che circola da anni, almeno dal 2010, ma che Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, ritiene utile riportare all’attenzione perché sino ad oggi non c’è stato alcun intervento né governativo a livello nazionale né in quello delle istituzioni europee anche quelle che vigilano sulla salute che di solito sono molto attente al rispetto del principio di “precauzione” che in passato anche in quello recente è stato utile per mettere un argine ai pericoli per la sicurezza della salute degli europei. Nella carta di scontrini fiscali, ma anche di quelli rilasciati dalle bilance elettroniche e dai pos per carte di credito, oltre alla carta per i fax e a quella di alcuni tipi di ricevute fiscali e dei biglietti aerei sono contenute sostanze chimiche La composizione di questi “oggetti” cartecei, entrati nella vita comune, non è quindi di sola e semplice cellulosa ma di un particolare tipo di carta termica che non è assolutamente riciclabile. Per riconoscerla è sufficiente guardarla con attenzione, perché è lucida o semilucida su un lato. Il motivo di tale caratteristica è dato dal fatto che la parte lucida è coperta da un colorante e da un agente di reazione che fa cambiare colore al foglio nei punti in cui viene riscaldato, imprimendo testi o numeri. È questa la ragione dell’utilizzo in questo tipo di dispositivi, come i registratori di cassa e alcune calcolatrici con rullo, che non utilizzano una stampante a inchiostro ma una testina termica: in poche parole l’”inchiostro” è già nella carta e compare se sottoposto a sollecitazioni. La peculiarità della composizione è quindi la causa della loro tendenza allo “scolorimento” col passare del tempo o se esposti al sole oppure a fonti omogenee di calore. Ma non è solo il problema della non riciclabilità a dover preoccupare e a doverci far riflettere sul fatto che non devono essere tenuti a contatto, se non per il tempo strettamente necessario, con la nostra pelle. Essi contengono infatti il Bisfenolo A (BpA), un interferente endocrino sulla cui pericolosità è intervenuto più volte lo “Sportello dei Diritti”. Tale tipo di sostanze artificiali e non che si legano ai recettori degli ormoni (per esempio quelli tiroidei). L’azione degli interferenti endocrini può essere anche difficile da individuare perché è molto lenta, dal momento che queste sostanze in genere si accumulano in dosi minime. Tra i molti e vari disturbi che sarebbero collegati al BpA- il quale si trova anche nei pesticidi- sarebbe anche documentata l’infertilità. Già nel 2010, il chimico dell’ambiente Tomas Oestberg dell’Istituto Jegrelius per la chimica verde che ha sede in Svezia, aveva lanciato l’allarme rivelando che la concentrazione di questo elemento negli scontrini fiscali, è pari all’1,5%: un migliaio di volte maggiore che nei biberon al policarbonato messi fuori legge in molti Stati, tanto da far denunciare che esistessero ragionevoli indizi che farebbero pensare a un contributo non irrilevante della carta termica nei valori riscontrati nell’uomo, pur ritenendosi in precedenza che la principale modalità di contaminazione avvenisse attraverso gli alimenti ed i contenitori. Inoltre, il BpA si scioglie e può depositarsi in loco. Se teniamo scontrini (o ricevute di altro tipo) a lungo nel portafogli o vaganti e accartocciati in pochette e bauletti, “infetteremo” le banconote e il contenuto della borsa. Per tale motivo è sconsigliato anche qualsiasi tipo di riuso creativo o artistico di questa categoria di carta. Se è bene ricordare che l’emissione di scontrino fiscale è un atto obbligatorio cui non si può rinunciare, d’altro canto è importante rilevare che in altre nazioni, come per l’appunto la Svezia alcune catene di distribuzione hanno sostituito da tempo la carta termica contenente BpA con una tipologia senza Bisfenolo, però più costosa: la soluzione è dunque possibile, ma, come spesso avviene, è quasi sempre preferita l’alternativa più economica. Perché in Italia non si fa lo stesso? Serve come al solito un intervento legislativo o è possibile che autonomamente i produttori di tale tipo di carta si adeguino e rendano meno pericoloso il commercio dal punto di vista della salute?

giovedì 28 novembre 2013

Allo studio in Francia case di riposo per gay e sieropositivi.

Allo studio in Francia case di riposo per gay e sieropositivi. La misura potrebbe essere sperimentata come reazione all'omofobia Contro l'omofobia servono case di riposo apposite per omosessuali e sieropositivi: è una delle proposte delle associazioni gay di Francia presentata oggi alla ministra degli Anziani, Michele Delaunay, per migliorare il trattamento e l'autonomia di queste persone. "Potremmo sperimentarle - ha detto la ministra -. Questa misura sarà discussa". E ha aggiunto: "Il governo farà tutto il possibile per accompagnare la vecchiaia delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e sieropositive che sono numerose, hanno bisogno di cure specifiche e a volte sono stigmatizzate". Nel rapporto si evidenzia come attualmente nelle case di riposo esistano forme di discriminazione contro gli omosessuali. Il rapporto commissionato dal governo al 'Groupe Sos' che gestisce i servizi e le case di cura per gli anziani, all'associazione 'Aides lui' e all'associazione gay 'Sos Homophobie', contiene 23 proposte per migliorare le condizioni di invecchiamento di questa comunità. Le misure verranno discusse nell'ambito della futura legge d'orientamento e programmazione "per adattare la società alla vecchiaia" voluta dal premier Jean-Marc Ayrault. È giusto, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” pensare ad iniziative del genere anche in Italia o tali idee possono risultare ulteriormente discriminatorie in quanto si potrebbe correre il rischio di creare dei nuovi ghetti? Una risposta difficile da fornire perché se da una parte il pericolo di un isolamento in vere e proprie comunità separate appare concreto, dall’altra la condizione di discriminazione di lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e sieropositive risulta essere accentuata quando a tale situazione si aggiungono anche le inevitabili debolezze della vecchiaia.

Scoperto in Africa occidentale un nuovo ceppo aggressivo dell’HIV che porta a un più rapido sviluppo dell’AIDS

Scoperto in Africa occidentale un nuovo ceppo aggressivo dell’HIV che porta a un più rapido sviluppo dell’AIDS Ricercatori svedesi hanno scoperto un nuovo e più aggressivo ceppo dell’HIV in Africa occidentale che causa una progressione significativamente più veloce verso l'AIDS Il nuovo ceppo del virus che causa l'AIDS, chiamato A3/02, è una fusione dei due più comuni ceppi di HIV in Guinea-Bissau. È stato finora trovato solo in Africa occidentale. "Gli individui che sono infettati con la nuova forma ricombinante sviluppano l'AIDS entro cinque anni, ed è circa da due a due anni e mezzo più veloce di uno dei (ceppi) originari" ha dichiarato la dottoressa Angelica Palm, uno degli scienziati responsabili dello studio dell'Università di Lund sulla base di un lungo periodo di follow-up delle persone sieropositive in Guinea-Bissau. Ceppi virali ricombinanti si originano quando una persona è infettata da due ceppi diversi, che combinano il DNA per creare un nuovo modulo. "Ci sono stati alcuni studi che indicano che ogni volta che c'è un cosiddetto ricombinante, sembra essere più aggressivo rispetto ai ceppi parentali", come riferito nello studio in questione pubblicato sul Journal of Infectious Diseases che Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, ritiene opportuno poter diffondere in ragione della costante attività dell’associazione anche in difesa dei malati di AIDS e per la costante opera preventiva per la quale riteniamo non debba mai essere abbassata la guardia. Il ceppo in questione è stato scoperto dal team svedese in Guinea-Bissau nel 2011. Secondo i ricercatori, la velocità con cui l’A3/02 porta le persone ad ammalarsi di AIDS non influisce sull'efficacia dei farmaci sugli individui infetti. "La buona notizia è che, per quanto ne sappiamo i farmaci che sono oggi disponibili sono ugualmente funzionanti su tutti i diversi sottotipi di varianti". Lo studio avverte che tali ricombinanti si possono diffondere velocemente, soprattutto nelle regioni con alti livelli di immigrazione, come l'Europa o gli Stati Uniti. "È altamente probabile che ci siano un gran numero di ricombinanti di cui sappiamo poco o nulla in circolazione", ha detto Patrik Medstrand, professore di virologia clinica presso l'Università di Lund. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, circa 35,3 milioni di persone nel mondo vivono con l'HIV, che distrugge il sistema immunitario e ha causato oltre 25 milioni di morti di AIDS da quando emerse nei primi anni 1980, I trattamenti esistenti aiutano le persone infette a vivere più a lungo e a condurre una vita più sana ritardando e sottomettendo i sintomi, ma non curano l'AIDS. Molte persone povere che vivono in comunità non hanno accesso ai farmaci vitali, e non esiste ancora un vaccino la cui efficacia sia stata definitivamente testata.

mercoledì 27 novembre 2013

Infezioni di HIV aumentano dell’8% in tutta Europa rispetto al 2011

Secondo i nuovi dati pubblicati ieri 27 novembre dall'ECDC (Centro Europeo per il controllo e la prevenzione delle malattie) e dall’ufficio regionale dell’OMS per l'Europa, e che Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, ritiene opportuno comunicare nella costante attività volta alla tutela degli ammalati della “peste del secondo millennio” anche in un’ottica di prevenzione, sono stati segnalati più di 31 000 nuovi casi d’infezione da HIV nella regione europea nel 2012, 10.000 (8%) in più che nel 2011. Di queste nuove infezioni da HIV, i paesi dell'Unione europea e dello spazio economico europeo (UE/SEE) rappresentano più di 29 000 nuove infezioni da HIV. In tutta l'UE/SEE, l’HIV continua ad essere concentrata in gruppi di popolazione ad alto rischio per l'infezione. Analogamente a questi ultimi anni, la più alta percentuale di diagnosi di HIV è stata segnalata negli uomini che fanno sesso con uomini (MSM) (40,4%), seguita dalla trasmissione eterosessuale (33,8%) tra cui casi provenienti dai paesi dell'Africa sub-sahariana. Per il 18,7% dei casi, la modalità di trasmissione era sconosciuta. Il direttore dell'ECDC Marc Sprenger ha sottolineato che i dati in questione “dimostrano che quasi in una persona su due (49%) dei pazienti risultati positivi all'HIV nell'UE/SEE –– viene diagnosticata in ritardo rispetto al corso della loro infezione – il che significa che hanno bisogno di terapia antiretrovirale subito, perché il loro sistema immunitario sta già iniziando a precipitare". "Questo dimostra che abbiamo bisogno di rendere il test più efficace e più disponibile in tutta Europa per assicurare diagnosi precoce, cura e trattamento di HIV". In più, quasi un terzo (32%) delle persone con una diagnosi di HIV nell'UE/SEE non hanno segnalato un CD4 di globuli al momento della diagnosi, il che rende impossibile classificare se necessitano del trattamento. Ciò suggerisce persistenti problemi di accesso e diffusione del test per l’HIV e consultori in molti paesi. Anche questo significa che un numero considerevole di persone in Europa necessita di una terapia antiretrovirale ma non la ricevono – o perché essi non gli è stata ancora diagnosticata l’HIV o perché non sono stati collegati al follow-up e alle cure cliniche. Il test d’orientamento dell’ECDC per l'HIV aiuta i paesi nei loro sforzi per identificare le infezioni da HIV sin dall'inizio: esso fornisce informazioni chiave sul perché, dove, come e quando effettuare il test per l'HIV. Inoltre, mira a migliorare le esistenti strategie nazionali degli Stati membri contro l’HIV al fine di adottare un approccio strategico, basato sull'evidenza di sviluppare e implementare efficaci procedure di prova per l’HIV. Nel 2012, 4.313 diagnosi di AIDS sono state segnalate in 29 paesi UE/SEE, determinando un tasso di 0,8 casi ogni 100 000 abitanti. Questo conferma il costante declino nei casi di AIDS del 48% nell’UE/SEE. Dall'inizio dell'epidemia dell'HIV alla fine del 2012, era stato diagnosticato un totale cumulativo di 334 299 individui portatori di AIDS in UE/SEE.

Tatuaggi. Presto vietati colori in Francia?

Tatuaggi. Presto vietati colori in Francia? L'Agenzia per il farmaco francese (MSNA) vuole vietare ben 59 coloranti "per motivi di sicurezza". Ed in Italia? Più volte lo “Sportello dei Diritti” è intervenuto sui problemi connessi a quella che è una moda che non conosce fine né confini. In tale ottica Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, segnala quanto sta accadendo in Francia dove l'Agenzia per il farmaco transalpina (MSNA) aveva invitato l’Assemblea nazionale a prendere provvedimenti "per ragioni di sicurezza" in merito a 59 coloranti utilizzati negli inchiostri tatuaggio. E così è stato emanato un decreto nel marzo scorso che a partire dal 1 ° gennaio 2014 ne vieterà l’utilizzo da parte dei tatuatori professionali che ovviamente hanno chiesto un’audizione in data odierna innanzi all'Assemblea Nazionale per tentare la "revisione" del provvedimento da parte del del Dipartimento della Salute. Secondo l’MSNA l’omologa dell’AIFA, l' effetto stimato non è "sufficiente in questa fase per garantire la loro innocuità dei dati". I prodotti per tatuaggi hanno uno status speciale che non li fa rientrare nella categoria dei cosmetici. Sono considerati "procedure invasive e di lunga durata", regolati da una normativa specifica . Per Giovanni D’Agata non si comprende come mai analoghi provvedimenti non siano stati presi in Italia e nel resto d’Europa almeno a scopo precauzionale per verificare effettivamente la pericolosità dei colori per i tatuaggi. Alla luce del dibattito avviato in Francia e dei rischi paventati, sarebbe utile che analoghe iniziative siano prese sia dalle istituzioni europee che da quelle nazionali anche perché non è raro un turismo infraeuropeo da parte di giovani, anche minorenni che con la scusa di una vacanza si fanno tatuare il corpo.

martedì 26 novembre 2013

Un terzo dei bambini mangia davanti a uno schermo

Un terzo dei bambini mangia davanti a uno schermo In uno studio condotto dall'Unione francese dei produttori degli alimenti per l'infanzia (CCFJS), che comprende i produttori industriali di cibo per bambini (latte per neonati, omogeneizzati, ecc.), come Nestlé o Blédina, il 15% dei neonati da quindici giorni a tre mesi incomincia a mangiare davanti ad un televisore o un altro schermo! La ricerca, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, è stata pubblicata martedì 26 novembre, e riporta una tendenza a dir poco preoccupante che ci è stata segnalata anche in Italia ma che fino ad oggi non aveva ricevuto rilevanza scientifica. Quasi un terzo dei bambini sotto i tre anni di età mangia davanti ad un video, abitudine che li fa assorbire più sostanze nutritive, secondo lo studio di un'organizzazione professionale che ha rilevato anche la riduzione dei pasti completi nella prima età. Lo studio è stato condotto mediante un sondaggio che ha riguardato ben 1.188 madri di bambini di età compresa tra 15 giorni e 3 anni che rappresentano solo una parte della popolazione francese mentre i genitori "a rischio povertà" sono stati esclusi dal sondaggio. In particolare, risulta che "il 15% dei neonati da quindici giorni a tre mesi mangiare davanti ad una distrazione", vale a dire un televisore o altro display. Questo fenomeno aumenta con l'età e, in totale, il 29% dei bambini da 0 a 3 anni mangiano davanti uno schermo. "Oltre alla modifica del pasto amichevole, così importante a questa età, il tavolo televisivo ha implicazioni dal punto di vista alimentare", ha affermato il pediatra Alain Bocquet, responsabile nutrizione dell’associazione dei pediatri AFPA, a seguito di questo studio. Un bambino che mangia davanti alla TV consuma di più perché ha ingoiato meccanicamente senza assaporare un pasto senza rendersi conto delle rimozioni, ha sostenuto lo specialista, citato dal CCFJS. Uno studio parallelo ha rilevato un calo dell'età in cui vengono effettuati i primi "pasti completi". E 'ormai una media di 10 mesi, due mesi più tardi in riferimento al 2005 ad un precedente studio analogo del CCFJS. L'introduzione dei primi pasti nei piatti avviene anche "relativamente tardi" a 12 mesi in media. Il CCFJS indica anche che è stato notato con questo studio un alimento di "rottura" a 12 mesi, circa il tempo del raggiungimento della facoltà di camminare. Il bambino è ormai considerato un "mini-adulto" e si comincia a dare lo stesso cibo come se fosse già grande. Prima di questa età, lo studio rileva che il 46% delle madri allatta il proprio bambino quando è tra i 15 giorni e 3 mesi. Quindi la percentuale di donne che allattano scende al 16% per quelli i cui figli sono tra gli 8 ei 11 mesi. La percentuale di donne che allattano rimane ben al di sotto di quello mostrato dai paesi nordici, ma il divario si sta restringendo, dice lo studio. I bambini che sono stati allattati al seno "sembrano" essere anche meno inclini a "néophobies food" - termine utilizzato per indicare il rifiuto di nuovi alimenti - e accettano più facilmente carne, pesce, uova e frutta. "La ricerca scientifica suggerisce che i bambini che sono stati allattati al seno avranno più facilmente familiarità con gusti diversi a seconda della varietà di alimenti consumati dalla madre durante la gravidanza e l'allattamento", ha detto il dottor Bocquet. Quest'ultimo, sempre citato da CCFJS, si rammarica inoltre che "quasi la metà delle mamme non danno importanza al fatto di quando il bambino rifiuta un alimento, allora è ormai ben dimostrato che essa deve perseverare nel proporre il cibo.

Stranieri in Italia. L'indennità di accompagnamento spetta anche all'immigrato sprovvisto di carta di soggiorno

Stranieri in Italia. L'indennità di accompagnamento spetta anche all'immigrato sprovvisto di carta di soggiorno La negazione del beneficio discrimina lo straniero violando il limite del rispetto dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali Anche l’immigrato extracomunitario senza carta di soggiorno ha diritto all'indennità di accompagnamento. A sottolineare l’importante decisione giurisprudenziale è Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” nel riportare l’ordinanza 26380 pubblicata il 26 novembre 2013 dalla Corte di cassazione che, ha rigettato il ricorso dell'Inps contro una sentenza della Corte d'appello dell'Aquila che aveva riconosciuto il diritto alla pensione di inabilità e dell'indennità di accompagnamento ad uno straniero senza il permesso di soggiorno di lungo periodo. A nulla vale l’opposizione dell’Inps che senza prendere atto del precedente intervento della Corte Costituzionale si ostinava in non rari casi a negare il beneficio in casi analoghi, probabilmente per tentare un effetto dissuasivo per evitare che migliaia di cittadini stranieri si presentassero a patronati e medici di base per chiedere di ottenere il beneficio in questione pur in assenza di una carta di soggiorno che oggi, si ricorda è stata sostituita col permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo. Sulla scia di quanto detto e confermando gli assunti dei giudici dell’appello, quelli della sesta sezione civile della Suprema Corte, hanno ricordato che «è costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., l'art. 80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, nella parte in cui subordina al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato dell'assegno mensile di invalidità di cui all'art. 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118». «Il suddetto assegno - attribuibile ai soli invalidi civili nei confronti dei quali sia riconosciuta una riduzione della capacità lavorativa di misura elevata ed erogabile in quanto il soggetto invalido non presti alcuna attività lavorativa e versi nelle disagiate condizioni reddituali stabilite dalla legge per il riconoscimento della pensione di inabilità - costituisce una provvidenza destinata non già ad integrare il minor reddito dipendente dalle condizioni soggettive, ma a fornire alla persona un minimo di sostentamento, atto ad assicurarne la sopravvivenza». Peraltro, gli ermellini rilevano che, secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, «in tema di provvidenza destinata a far fronte al sostentamento della persona, qualsiasi discrimine tra cittadini e stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato, fondato su requisiti diversi dalle condizioni soggettive, finirebbe per risultare in contrasto con il principio di non discriminazione sancito dall'art. 14 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Pertanto, la norma in questione, che interviene direttamente e restrittivamente sui presupposti di legittimazione al conseguimento delle provvidenze assistenziali, viola il limite del rispetto dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali imposto dall'evocato parametro costituzionale, poiché discrimina irragionevolmente gli stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato nel godimento di diritti fondamentali della persona riconosciuti ai cittadini». La conclusione è che anche per la Cassazione, «il cittadino straniero, anche se titolare del solo permesso di soggiorno, ha il diritto di vedersi attribuire l'indennità di accompagnamento, la pensione d'inabilità e l'assegno d'invalidità, ove ne ricorrano le condizioni previste dalla legge, essendo stata espunta, per effetto delle pronunce della Corte costituzionale n. 306 del 2008, n. 11 del 2009 e n. 187 del 2010, l'ulteriore condizione costituita dalla necessità della carta di soggiorno, in quanto, se è consentito al legislatore nazionale subordinare l'erogazione di prestazioni assistenziali alla circostanza che il titolo di legittimazione dello straniero al soggiorno nello Stato ne dimostri il carattere non episodico e di non breve durata, quando tali requisiti non siano in discussione, sono costituzionalmente illegittime, perché ingiustificatamente discriminatorie, le norme che impongono nei soli confronti dei cittadini extra Europei particolari limitazioni al godimento di diritti fondamentali della persona, riconosciuti ai cittadini italiani»

Autovelox occultati. Spetta al Comune provare l’”avvistabilità” dello strumento di rilevazione della velocità anche se il verbale attesta la presenza di un agente vicino all’apparecchiatura

Autovelox occultati. Spetta al Comune provare l’”avvistabilità” dello strumento di rilevazione della velocità anche se il verbale attesta la presenza di un agente vicino all’apparecchiatura Una nuova importante decisione sulla questione della scarsa trasparenza degli enti in materia di rilevazione elettronica delle infrazioni al Codice della Strada sulla quale da anni anche lo “Sportello dei Diritti”, si batte, soprattutto per la non rara volontà delle amministrazioni pubbliche, specie quelle degli enti locali di utilizzare lo strumento del verbale in serie per “far cassa” piuttosto che precipue esigenze di sicurezza stradale. In tal senso, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, appare significativo riportare la sentenza 287/13 del giudice di pace di Vasto, avvocato Alessandra Notaro, che è intervenuta sulla delicata materia degli autovelox occultati arrivando alla conclusione che se l’automobilista ricorre al verbale elevato a seguito di rilevazione dell’eccesso di velocità con strumenti elettronici per contestare la visibilità dello strumento, il Comune ha l’onere della prova contraria. Se l’ente non va oltre le affermazioni contenute nel verbale, vale a dire l’attestazione che nei pressi dell’apparecchio di rilevamento si trovasse comunque l’agente accertatore, il ricorrente evita il pagamento della somma e il taglio dei punti-patente se l’amministrazione. Nel caso di specie è stata annullata la multa elevata sulla Statale a mezzo della famigerata apparecchiatura “Velomatic 512”. Ricorda il magistrato onorario, che con la riforma introdotta dal dl 117/07, il legislatore ha introdotto il principio secondo cui deve essere ben visibile la postazione che rileva in modo automatico la velocità dei veicoli per dare concreta attuazione ad altro principio che deve ispirare l’azione della P.A., ossia quello della trasparenza: ogni utente della strada ha dunque diritto ad avere conoscenza immediata dell’accertamento eseguito. Per il giudicante se il conducente sanzionato eccepisce la circostanza che l’apparecchio sarebbe stato nascosto ai veicoli in corsa, incombe per il Comune l’onere della prova contraria. Non è sufficiente sostenere di aver rispettato le disposizioni di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b) del Dl 117/07, in virtù delle quali dev’essere esposto almeno un cartello che segnala il rilevamento elettronico, né che l’agente accertatore fosse posizionato nelle immediatezze dell’apparecchiatura; tali affermazioni, sostiene il giudicante, non possono essere ritenute assistite da fede privilegiata, per quanto provengano da pubblico ufficiale, perché «il concetto di visibilità della postazione è legato alla percezione sensoriale dell’operatore e non è un dato oggettivo e inconfutabile». Morale della favola: il Comune non riesce a dimostrare il requisito della visibilità.

lunedì 25 novembre 2013

Problemi nel pollice e dolori cervicali a causa degli smartphone.

Problemi nel pollice e dolori cervicali a causa degli smartphone. Conversazioni prolungate possono causare lesioni della mano e raggiungere anche il polso Gli smartphone facilitano la vita permettendo di rispondere alle email e rispondere ai messaggi istantaneamente, ma possono anche causare nuove malattie come dolore cervicale e problemi al pollice. Se n’è parlato sui media spagnoli dove chirurghi specializzati in ortopedia ed in particolare specialisti in microchirurgia della mano, hanno spiegato che l'uso di telefoni cellulari per mantenere lunghe conversazioni possono causare lesioni alle mani, soprattutto sul primo dito, per il fatto che risulta essere il più usato per questi dispositivi. Tali strumenti potrebbero provocare anche problemi alla schiena, soprattutto nella regione cervicale, a causa della posizione adottata durante l’utilizzo prolungato del telefono cellulare. Peraltro, le lesioni ai tendini, specialmente gli estensori del pollice, possono produrre dolore nel dito con irradiazione al polso. Uno specialista il dottor Galvan di Tenerife ha riferito che i problemi "all'inizio sono occasionali e coincidono con l'uso del telefono, ma poi è possibile diventino cronici e causare dolore nei momenti in cui non li stiamo utilizzando". Il dolore può verificarsi soprattutto anche in corrispondenza della base del pollice, che si gonfia a causa della posizione che adotta il pollice digitando sullo smartphone. Un'altra conseguenza molto frequente e correlate alla patologia precedente è la compressione sul medio nervo del polso, la cosiddetta sindrome del "tunnel carpale", una lesione la cui incidenza è aumentata nei giovani dovuta ad un uso eccessivo della mano nella vita attiva mediante l'uso del mouse computer e nei momenti di svago, con l'uso di telefoni cellulari. Per il momento, per lo più si tratta di infortuni che possono essere curate con la riduzione di tali attività, con stecche protettive, farmaci anti-infiammatori e fisioterapia. Tuttavia, il chirurgo ortopedico avverte che quando queste lesioni diventano croniche possono portare a problemi degenerativi del pollice e anche sui polsi. Secondo lo specialista, gli smartphone, avendo una piccola tastiera, non sono predisposti a inviare messaggi lunghi e costantemente, mentre un uso prolungato e frequente può causare problemi soprattutto al pollice. Ci sono soggetti che hanno subito lesioni usando il dispositivo mezz'ora al giorno e ci sono coloro che lo usano più tempo senza avere alcuna conseguenza a causa dell'elasticità delle articolazioni. Condizione che è il principale determinante per soffrire di alcune malattie. L'uso improprio del cellulare genera i primi processi infiammatori che possono diventare degenerativi nella mano e anche causare derive per problemi cervicali, perché una cattiva posizione della colonna produce contratture muscolari. Il consiglio che emerge da quanto apparso su alcuni media spagnoli, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, è quello di non utilizzare il telefono come un computer. Il problema è che chiedere di utilizzare lo smartphone solo per inviare messaggi in forma semplice e di non lavorare come se fosse un pc è un suggerimento pressoché impossibile da seguire per le potenzialità sempre maggiori riservate a questi dispositivi. La soluzione potrebbero essere i tablet che sono studiati per funzionare con tutte le dita della mano, così consentendo, almeno a detta degli specialisti, dieci volte meno sforzo che se si usasse uno smartphone.

Stalking. Sì al maxirisarcimento in sede civile per danno morale alla vittima

Stalking. Sì al maxirisarcimento in sede civile per danno morale alla vittima. È sufficiente l’astratta configurabilità del reato. Il turbamento psichico deve ritenersi sussistente in via presuntiva per il grave fatto illecito patito dimostrato con i testimoni e liquidabile equitativamente Proprio ieri 25 novembre si è celebrata la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne e per ricordare che tale data non debba essere solo un giorno del calendario ma anche un monito per tutti coloro che attentano ai diritti delle donne Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” segnala un’importante decisione del tribunale civile di Roma che è stata pubblicata proprio nei giorni scorsi. La rilevanza della sentenza 23351/13, pubblicata lo scorso 21 novembre dal giudice Corrado Cartoni della dodicesima sezione del tribunale capitolino è data dal fatto che in sede civile è stato riconosciuto un maxirisarcimento per il danno morale subito da una donna perseguitata dall’ex compagno dopo l’interruzione del rapporto sentimentale. Per il togato, è infatti sufficiente l’astratta configurabilità del reato di stalking per consentire la liquidazione equitativa del pregiudizio, laddove il turbamento psichico della vittima deve ritenersi sussistente in via presuntiva per il grave illecito patito. Nel caso di specie la ragazza è stata risarcita con 10 mila euro oltre interessi e rivalutazione per i danni morali patiti a causa della condotta dell’ex fidanzato che non si era rassegnato alla fine del rapporto ed aveva assunto gli atteggiamenti tipici dello stalker: una lunga e continua serie di telefonate e sms, ora quasi supplicanti (con addirittura un’offerta di denaro), ma più spesso minacciosi e offensivi e comunque petulanti. Sino all’ultimo episodio in cui l’uomo perde la testa e si presenta senza citofonare alla porta della ex e tarda ad allontanarsi dal condominio anche quando gli viene detto che diversamente la donna avrebbe fatto intervenire la polizia. A testimoniare gli episodi sono sia la coinquilina della donna che un’altra persona che riferisce di aver letto il contenuto “terroristico” degli sms. Ed il tribunale non ha potuto che ritenere decisive le testimonianze per accertare incidentalmente la sussistenza del reato di stalking per quanto rileva ai fini della responsabilità civile, laddove bastano solo due episodi a configurare il reato ex articolo 612 bis del Codice Penale. Rilevata l’astratta configurabilità del reato, è stato riconosciuto “il danno morale inteso quale turbamento psichico transitorio e soggettivo conseguente al reato, da ritenersi sussistente in via presuntiva alla luce del grave fatto illecito subito, gravità rappresentata dalla violenza psichica di cui l’attrice è stata vittima, peraltro ad opera dell’ex compagno, con inevitabile maggiore sofferenza, trattandosi della fine di un rapporto sentimentale”.

L’Asl deve risarcire l’anziano caduto dalla barella del pronto soccorso.

L’Asl deve risarcire l’anziano caduto dalla barella del pronto soccorso. Il personale ospedaliero che lascia il paziente dopo il ricovero senza protezione è negligenza. Spetta all’azienda dimostrare il rispetto delle regole della diligenza nella prestazione È una situazione drammatica ma anche tipica dei pronto soccorsi nostrani quella di lasciare anziani ammalati per ore sulle lettighe nelle stanze o nei corridoi, spesso a causa del sovraffollamento e delle difficili situazioni in cui versa il Sistema Sanitario Nazionale. Sovente ricorda Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, associazione impegnata anche nella tutela dei malati e nella difesa contro le responsabilità professionale dei sanitari, è quindi, la giurisprudenza a bacchettare i comportamenti negligenti delle aziende sanitarie che in non rari casi sono state costrette a rispondere dei danni causati in caso di tali tipi di omissioni. Da segnalare sul punto la sentenza della Corte di cassazione 26358, pubblicata il 25 novembre che ha stabilito la risarcibilità dei danni subiti dall’anziano ricoverato che era caduto dalla barella senza sbarre, ritenuta la sussistenza del nesso causale tra il fatto e l’evento dannoso in ragione del fatto che il personale sanitario aveva sottovalutato una situazione di pericolo e di rischio il quale, anzi, ha realizzato la negligenza e l’imperizia che violano gli obblighi contrattuali. E non solo: è a carico dell’obbligato (sanitario o struttura) la prova che la prestazione sia stata eseguita in modo diligente e che l’evento dannoso sia stato determinato da un evento imprevisto e imprevedibile. Nella fattispecie la terza sezione civile della Suprema Corte ha accolto il ricorso degli eredi di un’ottantenne che, la notte in cui era stata ricoverata in ospedale, era caduta dalla barella priva di protezioni. Bocciata, quindi, la sentenza della Corte d’appello di Torino con rinvio alla stessa corte in diversa composizione, che aveva rigettato la richiesta di risarcimento dei danni, quantificati in 198 milioni di lire oltre le somme dovute per le spese della retta mensile della casa di riposo. Secondo gli ermellini, i giudici dell’appello hanno sbagliato il giudizio perché, pur risultando dagli atti di causa che tra il momento del ricovero e quello dell’ingresso in reparto si fosse prodotta la frattura del femore dell’anziana paziente, difettava però la prova, il cui onere spettava alla parte danneggiata, vertendosi in materia di responsabilità extracontrattuale, dello svolgimento del fatto, della colpa del personale, nonché del nesso causale tra il fatto e l’evento dannoso. Mentre risultava che l’anziana era stata lasciata in balia di sé stessa e su una barella senza le dovute protezioni pertanto il personale aveva sottovalutato una situazione di pericolo e di rischio che, anzi, ha configurato negligenza e imperizia che violano gli obblighi contrattuali. In tal senso i giudici di piazza Cavour hanno rilevato che «la responsabilità sia del medico che dell’ente ospedaliero per inesatto adempimento della prestazione ha natura contrattuale, con la conseguenza che trovano applicazione il regime proprio di questo tipo di responsabilità quanto alla ripartizione dell’onere della prova. E invero, se compete al danneggiato fornire la prova del contratto (o del "contatto") e della insorgenza della situazione patologica e del relativo nesso di causalità con l’azione o l’omissione dei sanitari, resta a carico dell’obbligato - sia esso il sanitario o la struttura – la prova che la prestazione sia stata eseguita in modo diligente e che l’evento dannoso sia stato determinato da un evento imprevisto e imprevedibile».

Immigrazione e discriminazioni. Il Servizio Civile aperto agli stranieri

Immigrazione e discriminazioni. Il Tribunale di Milano ordina la riapertura del bando sul Servizio Civile per permettere la partecipazione degli stranieri. L'Ufficio nazionale per il servizio civile presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri dovranno riaprire il termine per ulteriori 10 giorni per l'accesso al bando a partire dalla comunicazione dell' ordinanza Il Tribunale di Milano, lancia un monito: gli immigrati non sono cittadini di serie B. L’ordinanza n. 14219/2013 della sez. lavoro, pubblicata in data 19 novembre ha, infatti, accolto uno dei motivi di ricorso presentato da un gruppo di ragazzi e ragazze stranieri contro il bando per accesso al Servizio Civile che prevedeva il requisito della cittadinanza italiana. Per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” vale la pena diffondere per la notevole valenza persuasiva in termini di tutela dei diritti umani anche all’interno del Nostro Paese. Il termine “cittadino”, si legge nell’ordinanza del giudice del lavoro del Tribunale di Milano, va costituzionalmente interpretato e si riferisce a colui che appartiene stabilmente alla comunità italiana. Il giudici di merito ritiene fondata la solidarietà sociale prevista dall'art. 2 della nostra Costituzione che deve essere aperta anche a coloro che appartengono alla comunità in modo stabile e che desiderano concorrere al progresso materiale della società e all'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Sottolinea il Giudice che “ Il Servizio Civile è un'attività da svolgersi su base esclusivamente volontaria finalizzata a scopi ulteriori rispetto alla difesa della Patria, venuti meno i presupposti della sua equiparazione come prestazione sostitutiva svolta dagli obiettori di coscienza da quando non risulta piu' obbligatorio il servizio militare. Per questo le persone che possono partecipare al bando perseguendo principi di solidarietà e cooperazione a livello nazionale e internazionale non possono essere i soli cittadini italiani. Il giudice ha ordinato all'Ufficio nazionale per il servizio civile presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri di riaprire il termine per ulteriori 10 giorni per l'accesso al bando a partire dalla comunicazione dell' ordinanza che avviene oggi. Nell'attesa di questa riapertura ufficiale, Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, invita i giovani stranieri interessati a partecipare ai progetti a presentare sin da oggi le proprie candidature, seguendo le istruzioni che trovate sui siti specializzati .

domenica 24 novembre 2013

'knockout game' un gioco violento in cui l’obiettivo è colpire a sorpresa passanti che non sospettano nulla per fargli perdere i sensi con un colpo solo.

'knockout game' un gioco violento in cui l’obiettivo è colpire a sorpresa passanti che non sospettano nulla per fargli perdere i sensi con un colpo solo. In Usa è allarme Schiaffeggiate, aggredite o molestate. Almeno due persone morte per attacchi simili dall'inizio dell'anno. Registrata escalation di violenza negli ultimi mesi, la polizia intensifica i controlli Il bullismo ed il vandalismo non hanno confini e si diffondono in tutto il globo anche sulla scia della rete che attraverso immagini nude e crude favorisce l’emulazione di comportamenti leciti ma anche illeciti o di pura violenza. L’ultima moda in tema di violenza gratuita arriva dagli USA in particolare dagli stati di New York, Washington e New Jersey sono impegnate in indagini per capire se recenti attacchi su pedoni facciano parte di un gioco violento noto come ‘knockout game’, in cui l’obiettivo è colpire a sorpresa passanti che non sospettano nulla per fargli perdere i sensi con un colpo solo. Le autorità e gli psicologi spiegano che si tratta un concetto noto da decine di anni e che di solito riguarda adolescenti desiderosi di impressionare i loro amici. Almeno due persone sono morte a seguito di simili attacchi dall’inizio dell’anno e negli ultimi mesi la polizia ha registrato un aumento di aggressioni che sembrano connesse al gioco. La polizia di New York ha dispiegato un numero maggiore di agenti nelle zone in cui si sono verificate le ultime sette aggressioni che potrebbero essere legate al ‘knockout game’. Alcune delle vittime, ha riferito il commissario di polizia Raymond Kelly, vengono schiaffeggiate, mentre altre sono gravemente aggredite o molestate. Una delle persone prese di mira a New York, una donna di 78 anni, stava passeggiando nel suo quartiere mentre è stata colpita alla testa ed è caduta a terra. A Washington una 32enne è stata circondata da adolescenti in bici, uno dei quali l’ha colpita in faccia. A Jersey City, infine, un uomo di 46 anni colpito a sorpresa è morto dopo avere sbattuto con la testa contro una recinzione di ferro. Per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, questi eventi o se non restano casi isolati, fenomeni, che somigliano a casi analoghi avvenuti nel Nostro Paese, pongono seri interrogativi sulla questione della libertà di internet: un diritto cui nessuno può farci rinunciare perché divenuto un principio cardine delle libertà fondamentali al pari della libertà personale, ma che per quanto riguarda i giovani deve essere senz’altro contemperato dalla vigilanza attiva di genitori ed educatori cui spetta il difficile compito di insegnare l’importanza del rispetto della dignità della propria esistenza e quindi parimenti di quella degli altri.

Nessun ritorno a TARSU o TIA, per il 2013 è dovuta la TARES

Nessun ritorno a TARSU o TIA, per il 2013 è dovuta la TARES I cambiamenti continui in materia d’imposte e tasse comunali sui rifiuti e l’assenza di decisivi chiarimenti da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze sta creando non pochi problemi non solo tra gli enti interessati, in particolare i comuni, ma soprattutto tra i contribuenti costretti a dimenarsi tra una serie di sigle, di modifiche e di normative che stanno creando non poche incertezze e che probabilmente saranno causa di innumerevoli contenziosi innanzi alle commissioni tributarie di tutto il Paese. In una selva di norme e oscillazioni, lo “Sportello dei Diritti”, associazione da sempre vicina ai problemi quotidiani dei cittadini e dei contribuenti ritiene doveroso riportare una serie di chiarimenti proprio perché si assiste anche ad un vero e proprio silenzio del Ministero dell’Economia e delle Finanze che attraverso una risoluzione illustrativa avrebbe potuto fornire definitivamente le necessarie delucidazioni sulla questione. In tal senso, Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, pubblica sul proprio sito un interessante articolo degli avvocati tributaristi Maurizio Villani e Paola Rizzelli che oltrechè rivolgersi ai contribuenti è anche un invito a quei Comuni che hanno mantenuto il regime TARSU o TIA anche per il 2013, affinché si adoperino per gli opportuni aggiustamenti entro i tempi utili, considerato l’enorme contenzioso che i contribuenti potrebbero attivare. Lecce, 25 novembre 2013 Giovanni D’Agata Nessun ritorno a TARSU o TIA, per il 2013 è dovuta la TARES L’equivoco sul ripristino dei precedenti prelievi in materia di rifiuti, quali la TARSU o la TIA, nonostante, a decorrere dal 1° gennaio 2013, a norma dell’art. 14 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, sia stato istituito in tutti i comuni del territorio nazionale il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), nasce dall’art. 5, comma 4-quater, del D.L. 102/2013, convertito con modifiche dalla L. 124/2013. Difatti, ai sensi e per gli effetti del suddetto c. 4-quater dell’art. 5 del D.L. cit., <>. Conseguentemente, a fronte di tale dettato normativo e, nella specie, della formulazione di quest’ultimo periodo, alcuni Comuni hanno ritenuto che la succitata norma abbia ripristinato i precedenti prelievi in materia di rifiuti. In ragione di ciò, quindi, gli stessi, anziché deliberare per l’anno 2013 la TARES, di cui all’art. 14 del D.L. 201/2011, convertito con modificazioni dalla L. n. 214/2011, hanno deliberato di continuare ad applicare anche per l’anno 2013 la TARSU o la TIA. Tuttavia, ad una differente soluzione induce la risposta scritta del 13 novembre 2013, data dalla Commissione Finanze della Camera, ad un quesito posto dall’On. Paglia sulla possibilità di consentire agli utenti che sono anche soggetti passivi Iva di esercitare il diritto alla detrazione dell'imposta pagata sulla Tial o la Tia2, considerato che, in fase di conversione in legge del decreto-legge n. 102 del 2013, il Parlamento ha introdotto all'articolo 5 (Disposizioni in materia di TARES), il comma 4-quater, al fine di consentire ai comuni di continuare ad applicare il regime del tributo (Tarsu) o della tariffa (Tia 1 o Tia 2) relativi alla gestione dei rifiuti urbani utilizzati nel 2012, derogando così al comma 46 dell'articolo 14, del decreto-legge n. 201 del 2011, che prevedeva l'abrogazione, a decorrere dal 1o gennaio 2013, dei vigenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani, e quindi di mantenere sostanzialmente in essere per il 2013 il sistema di pagamento del servizio rifiuti già in vigore per il 2012. Nel rispondere al quesito, infatti, il Dipartimento si è trovato a dover risolvere la questione preliminare inerente al ripristino della TARSU o TIA, evidenziando che “l'ipotesi interpretativa secondo la quale l'articolo 5, comma 4-quater, del decreto-legge n. 102/2013 consenta effettivamente ai comuni di continuare ad applicare, anche per il 2013, il prelievo relativo alla gestione dei rifiuti urbani già utilizzato nel 2012 (TARSU, TIA1 o TIA2) in luogo della TARES, comporta notevoli criticità che meritano le seguenti riflessioni. ... Dalla lettura del primo periodo del citato comma 4-quater, sembrerebbe emergere che la deroga a quanto stabilito nel comma 46, dell'articolo 14, del decreto-legge n. 201 del 2011 – il quale ha statuito, a decorrere dal 1o gennaio 2013, la soppressione di tutti i vigenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani, sia di natura patrimoniale, sia di natura tributaria, non possa assumere la portata di ripristinare, sic et simpliciter, i regimi di prelievo sui rifiuti espressamente abrogati, poiché la norma derogatoria consente ai comuni di determinare i costi del servizio e le relative tariffe sulla base dei criteri previsti e applicati nel 2012 con riferimento al regime di prelievo in vigore in tale anno”; mentre, “La norma in questione, nel prevedere che «nel caso in cui il comune continui ad applicare, per l'anno 2013, la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) in vigore nell'anno 2012, la copertura della percentuale dei costi eventualmente non coperti dal gettito del tributo è assicurata attraverso il ricorso a risorse diverse dai proventi della tassa, derivanti dalla fiscalità generale del comune stesso», potrebbe avere soltanto la finalità di disciplinare la particolare ipotesi in cui nell'anno 2012 i comuni fossero stati in regime di TARSU, precisando che in tale ipotesi si può fare ricorso solo a proventi derivanti dalla fiscalità generale del comune. … Il Dipartimento ritiene, quindi, che la deroga relativa al comma 46 del menzionato articolo 14 del decreto-legge n. 201 del 2011 debba ritenersi limitata in ogni caso all'aspetto relativo ai costi.”. Il Dipartimento precisa, infine, che ove si ritenesse, invece, che “con la norma si sia effettivamente voluto ripristinare i precedenti prelievi in materia di rifiuti, potrebbero sorgere problemi, non solo in ordine all'applicazione dell'IVA sulla TIA, ma anche sulla riscossione della cosiddetta maggiorazione standard di cui al comma 13 dell'articolo 14 del decreto-legge n. 201 del 2011, nonostante che lo stesso comma 4-quater disponga che «sono fatti comunque salvi la maggiorazione prevista dal citato articolo 14, comma 13, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, nonché la predisposizione e l'invio ai contribuenti del relativo modello di pagamento». Infatti, l'articolo 10, comma 2, lettera c) del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito con modificazioni dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, stabilisce che «la maggiorazione standard pari a 0,30 euro per metro quadrato è riservata allo Stato ed è versata in unica soluzione unitamente all'ultima rata del tributo, secondo le disposizioni di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, nonché utilizzando apposito bollettino di conto corrente postale di cui al comma 35 dell'articolo 14 del decreto-legge n. 201 del 2011», che è appunto quello previsto per la TARES.”. Ebbene, a questo punto, in ragione di quanto ampiamente esposto e nel silenzio di una risoluzione illustrativa del Ministero dell’Economia e delle Finanze, a quei Comuni che hanno mantenuto il regime TARSU o TIA anche per il 2013, non resta che adoperarsi per gli opportuni aggiustamenti entro i tempi utili, considerato l’enorme contenzioso che i contribuenti potrebbero attivare.

L’utilità di Facebook. Presunto ladro aveva insultato la polizia online.

L’utilità di Facebook. Presunto ladro aveva insultato la polizia online. Ed è stato catturato cinque minuti dopo aver postato gli insulti. Un presunto ladro è stato arrestato cinque minuti dopo aver sbeffeggiato la polizia con un "prendimi se ci riesci" postato sulla loro pagina di Facebook. La polizia di Rosenberg in Texas negli Stati Uniti, era a caccia di Rolando Lozano perché lui e suo fratello Damien si credevano di essere responsabili del furto di 17 vetture in una zona della stessa città. Rolando Lozano, un uomo ricercato, aveva deciso di schernire la polizia su Facebook, e beffa delle beffe è stato arrestato cinque minuti! Il dipartimento di polizia aveva chiesto aiuto da parte del pubblico dopo la pubblicazione della foto di Lozano sulla propria pagina di Facebook e aveva sollecitato gli utenti del social network a condividerne l'immagine. Poco dopo il sospetto dalla “faccia bronzo” li schernì con un "prendimi se ci riesci". Una mossa non particolarmente intelligente che nel giro di cinque minuti, ha consentito l’arresto a casa di un parente. La replica della polizia di Rosenberg non si è fatta attendere, quindi, ed è arrivata anche sullo stesso mezzo, ossia Facebook ed il Dipartimento in questione ha deciso di postare l’eloquente frase: "Rolando Lozano ... ti abbiamo preso cinque minuti dopo aver postato questo ... Grazie alla comunità per il vostro aiuto!". Sembra una notizia curiosa, ma per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, evidenzia ancora una volta le enormi potenzialità dei social network, ed in particolare di Facebook, divenuto uno strumento in mano degli investigatori per la lotta contro il crimine e per la scoperta di reati.

Una denuncia presentata contro il vaccino Gardasil.

Una denuncia presentata contro il vaccino Gardasil. Una ragazza francese assicura che il vaccino contro il cancro della cervice dell'utero le avrebbe causato la sclerosi multipla. Un nuovo caso che riguarda la salute potrebbe essere oggetto di un'indagine penale con il deposito di una denuncia di una giovane donna di 18 anni per il Gardasil (Sanofi Pasteur MSD) e l'Agenzia per la farmaco francese, che ha accusato questo vaccino contro il cancro della cervice di gravi effetti collaterali sul sistema nervoso centrale. Marie-Océane è stata vaccinata con il Gardasil a 15 anni, come 2,3 milioni di adolescenti francesi trattati preventivamente contro questo tipo di tumore che colpisce quasi 3.000 persone all'anno. La prima iniezione, secondo quanto ha dichiarato il suo avvocato Jean-Christophe Coubris, era stato ricevuto dalla giovane il 11 ottobre 2010 e poi il secondo il 13 dicembre. A metà febbraio 2011, sono apparsi i primi segni clinici, tra cui vomito e vertigini che portarono alla sua ospedalizzazione in Dax (Landes), poi presso l’ospedale di Bordeaux, dove accusò la perdita temporanea della vista, sofferenza nel camminare e paralisi facciale. Secondo Jean-Christophe Coubris, "la diagnosi di sclerosi multipla o encefalomielite acuta disseminata (infiammazione del sistema nervoso centrale, ndr) è stata rapidamente emessa". Il suo stato si è stabilizzato dall'agosto 2012, ma la ragazza è spesso stanca e vive ora "con la costante paura di uno scoppio di malattia". Venerdì ha presentato una denuncia penale innanzi al procuratore del Tribunale di Bobigny (Seine-Saint-Denis), dove ha sede la Sanofi per "danni involontari all'integrità della persona umana". La denuncia apparsa sui media francesi e belgi, è stata rivolta sia contro la causa farmaceutica, ma anche contro l'agenzia nazionale del farmaco (ANSM). Nella stessa si sostiene, infatti, che ci sia stata una "violazione di un obbligo chiaro di sicurezza e mancanza di conoscenza dei principi di precauzione e prevenzione". La ragazza, secondo quanto pubblicato sulla stampa, può contare su una doppia perizia commissionata dalla Commissione regionale per la riconciliazione e risarcimento incidenti medici (RCCI) dell’Aquitania, che ha concluso per la sussistenza di un "nesso causale" tra l’iniezione di Gardasil e la "reazione infiammatoria acuta del sistema nervoso centrale", che dopo la seconda iniezione era "Decompensated un processo immune". La Commissione ha tuttavia limitato attraverso una compensazione per Marie al 50% del danno, credendo che potrebbe anche giocare una possibile vulnerabilità genetica. Sarà una coincidenza o causalità? Ma la Sanofi Pasteur MSD ha contestato le conclusioni di tali riscontri medico - legali. Secondo il laboratorio, tali valutazioni si basano solo "sulla determinazione della coincidenza temporale tra l'avvenimento e i sintomi della malattia e la vaccinazione", senza provare il nesso di causalità. Per rimettere in discussione il vaccino, "devi guardare se la malattia è più comune tra un gruppo di giovani ragazze vaccinati su un gruppo di ragazze non vaccinati," hanno detto fonti mediche della Sanofi Pasteur MSD, ma nessuno studio non ha mai stabilito la "maggiore incidenza", difendendo la tesi della "coincidenza". L'utilità del vaccino contro il cancro della cervice è dibattuta in Francia, dove pazienti hanno già citato le commissioni regionali al risarcimento a titolo di responsabilità mediche, per gli assunti effetti collaterali correlati tra Gardasil, lanciato nel 2006. Sanofi Pasteur MSD, in data di oggi ha quindi negato ufficialmente qualsiasi legame tra Gardasil, il vaccino contro il cancro della cervice dell'utero, e il verificarsi di casi di sclerosi multipla. In un comunicato, l'azienda farmaceutica ha detto che è statoa informata il 18 settembre delle conclusioni della Regionale Commissione Concialition e il risarcimento per incidenti medici ( RCCI ) di a Bordeaux seguito di un reclamo "sulla presenza di molteplici piastre in una giovane ragazza con il venir meno della vaccinazione con Gardasil". Sanofi Pasteur MSD " sfida " le conclusioni del RCCI che ritiene "incompatibile con i dati della letteratura scientifica e l'opinione delle autorità sanitaria nazionale ed internazionale"." Studi condotti in Francia e in tutto il mondo per valutare la possibile associazione tra vaccinazione contro l'HPV e il verificarsi di casi di sclerosi multipla hanno dimostrato alcun aumento del rischio di sviluppare questa malattia", dice l' azienda farmaceutica . Sanofi Pasteur MSD " si rammarica del fatto che le conclusioni raggiunte dagli esperti del Comitato, che non si basa su prove scientifiche, screditano la vaccinazione HPV Gardasil e in generale", dice la nota. Secondo il laboratorio, le conclusioni del RCCI si basano "esclusivamente sulla constatazione di una coincidenza temporale" tra la vaccinazione e la comparsa dei sintomi . Secondo l'InVS (Istituto nazionale di monitoraggio della salute), meno di un terzo degli adolescenti francesi nel 2011 erano vaccinati contro il cancro della cervice, il 12 ° tumore più comune tra le donne. Tuttavia, dal 2006, ben 5 milioni di francesi sono stati vaccinati con Gardasil. Uno studio statistico è in corso per determinare il numero di casi preoccupanti. Uno studio commissionato dalla Medicines Agency, è stato anche posto alla base della denuncia della giovane donna. Alla luce di tale denunce che seguono altri casi sospetti, Giovanni D'Agata, presidente dello ““Sportello dei Diritti”, associazione da anni impegnata anche nella tutela della salute, lungi da voler lanciare alcun allarme, si chiede se non sia utile un’indagine conoscitiva a livello europeo per sfatare ogni possibile collegamento con gli effetti collaterali denunciati.

sabato 23 novembre 2013

Il padre che non ha riconosciuto i figli deve risarcirli per i danni non patrimoniali da illecito endofamiliare.

Il padre che non ha riconosciuto i figli deve risarcirli per i danni non patrimoniali da illecito endofamiliare. La Cassazione riconosce il diritto al risarcimento per il vuoto emotivo, relazionale e sociale conseguente all’assenza di un genitore Ancora una sentenza che mette di fronte alle proprie responsabilità quei padri che non hanno voluto riconoscere i propri figli. È la prima sezione civile della Cassazione con la sentenza 26205 pubblicata il 21 novembre che statuisce il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale da illecito endofamiliare per quei figli non riconosciuti dal padre ritenuto responsabile per la sola consapevolezza del concepimento e non la certezza assoluta della paternità. La conseguenza è che il vuoto emotivo, relazionale e sociale causato dall’assenza paterna nella vita dei figli può essere liquidato economicamente. A darne notizia, Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, associazione da anni impegnata anche nella tutela dei diritti dei figli e della famiglia. Nel caso di specie i giudici di legittimità hanno rigettato il ricorso di un uomo condannato dalla Corte d’Appello di Trieste, a corrispondere ai figli un risarcimento di ben 150mila euro caduno a titolo di danno non patrimoniale da illecito endofamiliare a seguito del riconoscimento giudiziale della paternità naturale. Nella causa l’uomo aveva sostenuto di non essere stato a conoscenza del suo status prima del giudizio, e che peraltro l’azione intrapresa era tardiva ed il danno non patrimoniale non era dovuto in assenza di prova certa della sofferenza dei ricorrenti. Ed in più, il danno doveva essere escluso, almeno per il secondo figlio, perché al momento del concepimento la madre frequentava anche un altro uomo. Ma i giudici del Palazzaccio hanno ben ritenuto di dover respingere tutte le doglianze formulate da questi rimarcando la circostanza che l’obbligo dei genitori di mantenere i figli sorge dalla nascita e discende dal mero fatto della generazione. Tale preciso obbligo direttamente desumibile dal sistema di protezione della filiazione stabilito nell’articolo 30 della Costituzione non viene meno quando il figlio sia riconosciuto da uno solo dei genitori, per il periodo anteriore alla dichiarazione giudiziale di paternità o maternità, essendo sorto sin dalla nascita nei confronti di entrambi i genitori. «Si determina, pertanto, un automatismo tra procreazione e responsabilità genitoriale che costituisce il fondamento della responsabilità aquiliana da illecito endofamiliare, nell’ipotesi in cui alla procreazione non segua il riconoscimento e l’assolvimento degli obblighi conseguenti alla condizione di genitore». Peraltro - rilevano gli ermellini - che nella fattispecie “il ricorrente ha avuto la piena possibilità di essere del tutto consapevole della probabilità della propria paternità, ma ne ha ignorato tutti i segnali, lasciando i minori privi della figura paterna e delle cure necessarie”. Ed inoltre, sarebbe stato suo preciso onere ricorrere a un’indagine tecnica al fine di verificare l’effettiva paternità. In merito alla determinazione del risarcimento, i giudici di Piazza Cavour hanno concluso che il danno subito a causa della privazione della figura paterna è consistito per i figli nelle ripercussioni personali e sociali derivanti dalla consapevolezza di non essere mai stati desiderati ed accolti come figli. La mancanza del padre, in sostanza, ha segnato un tracciato di disagio e sofferenza nello sviluppo psico-fisico dei minori e ha creato una situazione di privazione affettiva e di ruolo sociale di natura stabile e definitiva, non suscettibile di mutamenti quanto meno fino al raggiungimento della maggiore età. Il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale, con applicazione del criterio equitativo puro, ha concluso la Suprema corte, sorge quindi «dal vuoto emotivo, relazionale e sociale dettato dall’assenza paterna fin dalla nascita nella vita dei resistenti».

Assorbenti interni e “Sindrome da choc tossico”. Dopo una ragazza inglese altro caso in Svizzera.

Assorbenti interni e “Sindrome da choc tossico”. Dopo una ragazza inglese altro caso in Svizzera. I sintomi sono molto simili a quelli dell'influenza: mal di testa, forte febbre, vomito e dolori muscolari. Una 14enne inglese è morta lo scorso febbraio a causa di una rara malattia, la “sindrome da choc tossico” (SCT), dopo aver usato per la prima volta un assorbente interno. Ora un altro caso è stato segnalato nella vicina Svizzera dove una giovane è stata ricoverata d'urgenza all'ospedale di Berna, ed è stata salvata. La sindrome da shock tossico o TSS è un quadro clinico di particolare gravità, provocato da una tossina di origine batterica (toxic shock syndrome toxin o TSST), descritta per la prima volta nel 1978 come una gravissima tossiemia, talora rapidamente mortale, in donne durante il periodo mestruale. La SCT resta una malattia estremamente rara, tanto che specialisti di ginecologia e ostetricia svizzeri intervistati a seguito dell’insolito evento, hanno affermato di non averla mai incontrata nel corso della propria carriera ed hanno rassicurato pubblicamente che gli assorbenti interni non sono pericolosi, anche se hanno raccomandato un utilizzo corretto. L'assorbente, infatti, sarebbe da cambiare ogni quattro o massimo otto ore. I modelli superassorbenti, sempre secondo gli esperti, sarebbero da evitare. Molto rara, si può verificare in bambini, donne ed uomini ma le donne mestruate che utilizzano assorbenti interni sono le più colpite; la sua incidenza negli anni si è rapidamente ridotta grazie all'ampia pubblicità e dopo il ritiro di alcune marche di tamponi dal mercato. Stime effettuate recentemente fanno pensare che l'incidenza sia ancora di circa 3 casi su 10000 donne mestruate, e che inoltre ci siano casi in donne che non usano tamponi e in donne nel periodo postoperatorio e post-partum (circa il 15%). La malattia è causata dall'enterotossina del batterio Staphylococcus aureus, che si trova comunemente nel naso e nella vagina. Negli stipiti di S. aureus isolati da casi di TSS è stata dimostrata la produzione di una nuova tossina che inizialmente è stata considerata un nuovo tipo di enterotossina. In effetti la tossina dello Shock Tossico (TSST-1) ha molti caratteri in comune con le enterotossine e, in particolare, il fatto di rappresentare un superantigene in grado di stimolare la produzione di una serie di citochine. Le manifestazioni cliniche della TSS presentano varie somiglianze con gli effetti prodotti nell'animale da esperimento con l'inoculazione delle cosiddette tossine pirogene di Staphylococcus Aureus a loro volta simili alla tossina eritrogenica prodotta da Streptococcus Pyogenes Le cause che provocano la SCT, sono poco chiare, ma si è stabilito che essa è provocata da germi che colonizzano la vagina prima d'entrare nel sangue, durante l'uso dell'assorbente. Le statistiche ufficiali svizzere non registravano alcun caso della sindrome, fino a quello capitato a una 15enne tedesca a Berna anche se alcuni media tra cui la trasmissione 20minuten che si occupa di consumatori ha dato risalto alla notizia per la particolare virulenza della malattia e la tipologia del contagio. Circa un anno fa, infatti, l'adolescente ha rischiato la vita, poche ore dopo aver adoperato l'assorbente interno ed accusato alcuni sintomi come un aumento della temperatura corporea e vomito ininterrotto. Nonostante la rara incidenza della patologia in questione, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, come la stessa non vada sottovalutata e debbano essere seguite le regole per un corretto utilizzo degli assorbenti per evitare casi come quelli recentemente accaduti e resi pubblici in Gran Bretagna e Svizzera.

venerdì 22 novembre 2013

Il padre non può disconoscere il figlio nato dall’inseminazione eterologa dopo la fecondazione dell’ovulo

Il padre non può disconoscere il figlio nato dall’inseminazione eterologa dopo la fecondazione dell’ovulo. La revoca del consenso all’impianto dell’embrione è tardiva, né vale il fatto che gli embrioni fossero congelati e preesistenti Una retromarcia sulle proprie responsabilità di genitore non è possibile né moralmente, ma neanche giuridicamente. Specie se il marito aveva deciso di comune accordo con la moglie aveva accettato di avviare la procedura all’estero per la procreazione assistita a mezzo d’inseminazione eterologa e dopo aver “fornito” il seme per la fecondazione dell’ovulo, mentre solo poco prima dell’impianto dell’embrione revoca il consenso all’operazione. Non può chiedere, infatti, il disconoscimento di paternità una volta che l’ovulo è stato fecondato. Lo stabilisce una significativa sentenza, la numero 18435/13 del Tribunale di Roma che Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” ritiene utile portare a conoscenza per le implicazioni giuridiche, ma anche morali per le responsabilità connesse alla legittima scelta di ricorrere alle pratiche di fecondazione assistita. Nel caso di specie, il collegio della prima sezione civile ha deciso che il bambino potrà continuare a portare il nome del padre naturale con cui la signora era stata sposata per circa dieci anni. Peraltro, è probabilmente l’avvicinarsi del giorno dell’impianto degli embrioni che comporta l’incrinarsi del rapporto coniugale. Risulta, infatti, che a novembre la coppia aveva stipulato il contratto con una clinica spagnola mentre circa un mese dopo il marito aveva deciso di fare diefront e proporre domanda di separazione giudiziale. Nonostante ciò la moglie si sottoponeva comunque al trapianto dell’embrione nell’utero. Infatti, in base alla legge 40/2004 la revoca del consenso all’impianto da parte dell’uomo solo prima dell’impianto è intempestiva: in effetti – sottolineano i giudicanti - anche nella procreazione naturale il padre non potrebbe certo accampare la pretesa di non essere padre perché dopo il rapporto sessuale rompe ogni legame con la madre; né potrebbe costringerla ad abortire. A nulla rileva il fatto che gli embrioni fossero congelati e preesistenti in ragione dell’applicabilità della norma che consente la revoca del consenso soltanto fino al momento della fecondazione dell’ovulo. Peraltro, la domanda di decadenza della potestà, in base al nuovo testo dell’articolo 38 delle disposizioni d’attuazione del Codice di procedura civile, deve essere proposta nel giudizio di separazione pendente.

Lavoro nel Regno Unito. In vista delle vacanze natalizie Harrods assume personale che parla italiano

Lavoro nel Regno Unito. In vista delle vacanze natalizie Harrods assume personale che parla italiano. Il grande magazzino offre lavoro a chi volesse provare un'esperienza lavorativa curiosa nella metropoli inglese. I grandi magazzini Harrods corrono ai ripari, assumendo più personale poiché sono previsti milioni di turisti che affolleranno la capitale britannica. Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, segnala che la famosa catena, gestita fino al 2010 dal magnate Mohamed Al-Fayed, per il periodo natalizio cerca camerieri e cameriere per i propri punti di ristoro, con una buona conoscenza della lingua inglese, ovviamente, ma anche dell’italiano. Oltre all'italiano, si cercano persone che sappiano parlare l'arabo e il mandarino. Harrods, che offre vari tipi di offerta gastronomica, cerca camerieri ed inservienti che sappiano accogliere la clientela natalizia per questo il requisito della lingua. Infatti Londra diventa, nel periodo delle feste natalizie, l'ombelico nel mondo con milioni di visitatori provenienti da tutte le parti del pianeta.

Addio alle batterie tradizionali? In arrivo la batteria che va ad acqua

Addio alle batterie tradizionali? In arrivo la batteria che va ad acqua: verrà presentata nei prossimi giorni a Ginevra Nei prossimi giorni la società Aquacell, lancerà sul mercato, a Ginevra, la prima batteria ecologica, fabbricata con plastica riciclata esente da sostanze tossiche, stagna e senza data di scadenza. Ma la vera invenzione è il fatto che basta immergerla nell’acqua per qualche minuto per metterla in funzione. Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, spiega che questa scoperta costituisce un’alternativa alle pile tradizionali per gli apparecchi a basso e medio consumo, quali sveglie, telecomando, walkie-talkie e gli apparecchi LED.

giovedì 21 novembre 2013

Libertà di cura. Sì alle staminali nonostante il decreto Balduzzi. Il giudice del lavoro del Tribunale di Roma autorizza il trattamento a seguito di un ricorso d’urgenza. Ancora una volta è il diritto alla salute e sulla libertà di cura a prevalere, stavolta per il malato di sclerosi multipla

Libertà di cura. Sì alle staminali nonostante il decreto Balduzzi. Il giudice del lavoro del Tribunale di Roma autorizza il trattamento a seguito di un ricorso d’urgenza. Ancora una volta è il diritto alla salute e sulla libertà di cura a prevalere, stavolta per il malato di sclerosi multipla Con un’ordinanza di oggi il tribunale di Roma in funzione del Giudice del Lavoro ha autorizzato la somministrazione gratuita a carico dell’ASL di Brescia del rattamento a base di cellule staminali concordato con la fondazione Stamina. Il giudice ordina di somministrare il trattamento: «Non può essere irragionevolmente limitato o soppresso il diritto alla speranza» di chi è affetto da gravi patologie. Il giudice del lavoro nel caso di specie, ritenuto preminente il richiamo all’articolo 32 della Costituzione in materia di diritto alla salute e riconosciuta la sua efficacia immediatamente precettiva, ha ritenuto possibile consentire di porre a carico del SSN “il «Diritto alla speranza per i malati». Il tribunale di Roma ordina agli Spedali civili di Brescia di somministrare al malato di sclerosi multipla la cura a base di cellule staminali concordato con la fondazione Stamina, nonostante i rigorosi paletti introdotti dal decreto Balduzzi, su cui si pronuncerà la Consulta. Prima di procedere, scrive il giudice, bisognerà acquisire in via d’urgenza del parere del comitato etico dell’azienda ex articolo 6 del Dlgs 211/03 sul rapporto favorevole tra benefici ipotizzabili e rischi prevedibili del trattamento nelle particolari condizioni del paziente. Bella vittoria per la signora difesa dagli avvocati Riccardo Bolognesi ed Emanuele Ruggeri. La donna, che ha quarantasei anni, è affetta da sclerosi multipla dal lontano 1982 e si è già sottoposta a tutte le terapie convenzionali: il ricorso nasce proprio dalla prescrizione del medico specialista che indicava con urgenza il trattamento con cellule staminali in mancanza di alternative valide. «Il diritto alla speranza dei malati - si legge nel provvedimento - non può essere irragionevolmente limitato o soppresso». Non resta che attendere. Ancora una volta, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, il tema della libertà di cura ed il diritto all’assistenza da parte dello Stato in virtù del richiamato principio costituzionale torna prepotentemente ad interessare le aule di giustizia, peraltro, proprio in un momento nel quale si dibatte sull’utilità del “Metodo Stamina” per la cura di gravi patologie. È un nuovo importante provvedimento che si inserisce nel filone del diritto alla salute (cfr. “Sì al “700” per le cure con le staminali al malato di Sla: decreto Balduzzi a rischio incostituzionalità”, pubblicato il 25 settembre scorso).

mercoledì 20 novembre 2013

ECDC. Monitoraggio delle minacce correnti di malattie trasmissibili. Report (CDTR), settimana 46 - 18 Novembre 2013

ECDC. Monitoraggio delle minacce correnti di malattie trasmissibili. Report (CDTR), settimana 46 - 18 Novembre 2013 Lo “Sportello dei Diritti” che si occupa anche di tutela della salute dei cittadini, porta all’attenzione del pubblico il consueto report dell’ECDC (“Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie”), utile anche per chi viaggia anche per evitare il contagio da malattie o virus trasmissibili. Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, anche questa settimana evidenzia, quindi, i risultati della relazione sulle minacce delle malattie trasmissibili inseriti nel suddetto report che non è altro che un bollettino settimanalmente destinato agli epidemiologi ed ai professionisti del settore sanitario. Degni di nota nel report di questa settimana sono: Medio Oriente sindrome respiratoria coronavirus (MERS-CoV) Tra 7 e 14 novembre 2013 cinque ulteriori casi sono stati segnalati dalle autorità sanitarie locali dall'Arabia Saudita (2), Qatar (1) e Kuwait (2). Questi sono i primi casi segnalati in Kuwait. Test di conferma continua per il probabile caso segnalato in Spagna il 6 novembre. Scoppio di poliomelite, Siria L’11 Novembre, che ha confermato tre casi supplementari di poliovirus selvaggio tipo 1 (WPV1) in Siria portando a 13 il numero di casi di poliomielite confermato. L'ECDC ha inviato anche una lettera pubblicata da The Lancet che ha chiarito le sue raccomandazioni agli Stati membri.

Sicurezza farmaci. Aumentato rischio di glaucoma per la donna che prende la pillola

Sicurezza farmaci. Aumentato rischio di glaucoma per la donna che prende la pillola Le donne che assumono contraccettivi orali per più di tre anni hanno un rischio di glaucoma due volte superiore a quelli non prendendo la pillola, secondo una ricerca dell'Università della California a San Francisco, rivelata lunedì scorso. L'aumento del rischio sarebbe simile indipendente dal contraccettivo orale utilizzato, secondo il dottor Shan Lin, autore principale dello studio incentrato su 3.406 donne oltre 40 anni tra il 2005 e il 2009. Il professore di oftalmologia che ha presentato il suo lavoro alla conferenza annuale dell'American Academy of ophthalmology " ha evidenziato come questo studio dovrebbe incoraggiare la ricerca futura per stabilire la relazione di causa ed effetto tra uso di contraccettivi orali ed il glaucoma". Ed ha consigliato: "Al momento le donne che assumono contraccettivi orali per tre anni o più dovrebbero sottoporsi ad una visita oculistica ed essere seguiti regolarmente, soprattutto se hanno altri rischi esistenti di glaucoma,". Il glaucoma, una delle principali cause di cecità, che colpisce circa l'1% della popolazione di più di 40 anni, è una malattia cronica derivante dalla distruzione progressiva delle fibre del nervo ottico a causa di vari fattori, di cui il più comune è l'aumento anormale della pressione intraoculare (IOP). Lungi da lanciare alcun allarme, Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, ovviamente invita a seguire il consiglio del professore americano rivolgendosi a tutte le donne che fanno uso di tale tipo di contraccettivi, a farsi monitorare anche da un oculista.

Una ricerca dimostra l’efficacia di Topiramato per il trattamento della dipendenza da cocaina

Una ricerca dimostra l’efficacia di Topiramato per il trattamento della dipendenza da cocaina La piaga dell’uso della cocaina è un fenomeno che va combattuto a monte attraverso una capillare ed efficacie lotta alla criminalità ed ai canali di approviggionamento ma anche una guerra che può essere vinta attraverso la cura dalla tossicodipendenza. Ad evidenziarlo è Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” dopo aver letto lo studio coordinato da Bankole A. Johnson, psicofarmacologo dell’Università del Maryland a capo della nuova Brain Science Research Consortium Unit dell’ateneo americano che ha studiato gli effetti del topiramato anche per combattere la dipendenza da cocaina. Secondo gli esiti della ricerca, in fase III, pubblicata su JAMA Psychiatry, il topiramato, già approvato per il trattamento dell’epilessia e la profilassi dell'emicrania, potrebbe rivelarsi anche il primo farmaco affidabile per trattare tale tipo di dipendenza. Lo studio, è uno dei primi a identificare un trattamento farmacologico per la dipendenza da cocaina, per la quale attualmente non ci sono farmaci approvati. La dipendenza da cocaina è una piaga sociale che, secondo le stime, riguarda da 13,2 a 19,7 milioni di persone in tutto il mondo e negli Stati Uniti questa droga - che danneggia il cervello, il cuore, i vasi sanguigni e i polmoni, e può anche causare una morte improvvisa - è responsabile di più accessi al pronto soccorso rispetto a qualunque altra sostanza illegale. I ricercatori hanno quindi ipotizzato che la modulazione duplice del sistema dopaminergico mesocorticolimbico esercitata dal farmaco (che è un antagonista sia del recettore del glutammato sia del recettore del GABA) possa tradursi in un trattamento efficace anche della dipendenza da cocaina. Per testare la loro ipotesi, gli autori hanno condotto uno studio randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo, della durata di 12 settimane, al quale hanno preso parte 142 soggetti adulti intenzionati a liberarsi dalla dipendenza da cocaina. Dopo l’arruolamento, i partecipanti sono stati assegnati al trattamento con topiramato in dosi crescenti, partendo da 50 mg/die fino ad arrivare al target di mantenimento di 300 mg/die nelle settimane dalla 6 alla 12, oppure con un placebo, in entrambi i casi associando il tutto a sedute settimanali di terapia cognitivo-comportamentale. In base all’analisi intent-to-treat, il topiramato si è dimostrato più efficace del placebo nell’aumentare la percentuale di giorni della settimana in cui i partecipanti non facevano uso di cocaina e nell’aumentare la probabilità di astenersi dalla droga per settimane. È stato anche osservato che l’assunzione di topiramato è associata, in maniera maggiormente significativa rispetto al placebo, alla diminuzione di tracce di cocaina nelle urine. Inoltre, rispetto al placebo, topiramato è associato in modo significativo a una diminuzione del desiderio di cocaina e a un miglioramento delle funzioni globali dei partecipanti. Sul fronte della sicurezza, il trattamento farmacologico ha provocato pochi effetti avversi. In generale, i soggetti del gruppo trattato con topiramato hanno avvertito lievi effetti collaterali, tra cui sensazioni anomale di formicolio della pelle, distorsioni del gusto, anoressia e difficoltà di concentrazione.

Diritti Umani. Condannato a cinque anni in prigione un uomo per aver insultato Maometto su Twitter. Dilaga la censura anche in Kuwait

Diritti Umani. Condannato a cinque anni in prigione un uomo per aver insultato Maometto su Twitter. Dilaga la censura anche in Kuwait Le autorità del Kuwait hanno ribadito che avvieranno azioni legali contro tutti i blogger e gli utenti dei social network che violano « i valori sociali e tradizioni stabiliti». Mentre rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” che dilaga la censura nel Paese del Golfo stando quanto apparso su alcuni media internazionali. Un giudice kuwaitiano ha condannato lunedì a cinque anni in prigione un uomo per aver insultato il Profeta Maometto tramite il suo account ufficiale del social network Twitter, come riportato dalla rivista "Il Kuwait Times". La decisione della Corte non è definitiva ed è possibile ancora un ricorso per cassazione. Le autorità kuwaitiane hanno sottolineato più volte che avrebbero avviato azioni legali contro tutti i blogger e gli utenti delle reti sociali per "proteggere i valori sociali e tradizioni stabilite". In maggio, un altro blogger fu condannato a 20 mesi di prigione per aver criticato l'emiro, Saba Al-Ahmad Al-Jaber Al Saba, attraverso il suo profilo su Twitter, ma la frase è stata sospesa dietro pagamento di un’ammenda di 200 dinari kuwaitiani (circa 540 euro). Per il Driss fu giudicato colpevole di "minare lo stato dell'emiro" per la pubblicazione di quattro 'tweets' critici contro l'emiro, ma è stato dichiarato innocente per la pubblicazione di altri 43 di contenuto simile. Nel mese di aprile, l’ex parlamentare nonchè il principale avversario per Barrak Musallam fu condannato a cinque anni di carcere per "aver abusato verbalmente" contro l’emiro durante un discorso tenuto lo scorso ottobre in mezzo a scontri tra il governo e l'opposizione di un decreto che ha modificato la legge elettorale del 2006 che ha ridotto il numero di candidati che gli elettori potrebbero scegliere passando da quattro a uno. Manifestazioni a livello nazionale sono successe dopo le elezioni di dicembre, anche se i gruppi per i diritti umani non dimenticano che almeno 25 persone sono state imputate per presunte offese all'emiro, principalmente attraverso Internet. Le autorità hanno già emesso condanne nei confronti di alcune di queste persone, fino a cinque anni in prigione.

Stop alle bollette elettriche recapitate a conguaglio dopo il cambio di gestore

Stop alle bollette elettriche recapitate a conguaglio dopo il cambio di gestore Quante volte è capitato che dopo il cambio di gestore elettrico siano arrivate salatissime bollette a conguaglio da parte del precedente fornitore? Forse non si contano i casi in cui le aziende dell’energia, ma anche quelle telefoniche, del gas o di altri beni facciano pervenire fatture er consumi che molto spesso sono di difficile comprensione anche se ciò spesso accade quando abbiamo optato per un'altra società Se ne accorto un giudice di pace, in particolare un magistrato onorario, Michela Casiraghi, della sesta sezione civile del giudice di pace di Milano, che con la sentenza 112149/13 ha annullato le bollette elettriche a conguaglio dopo che un intero condominio aveva cambiato da tempo il fornitore per aver risolto da oltre tre anni il contratto con il gestore per l’illuminazione, fra l’altro, dei servizi comuni. Nel caso di specie, la società del servizio elettrico non aveva prodotto in corso di causa le fatture di dell’energia dell’effettivo distributore e non solo non aveva neanche giustificato il ritardo con cui tornava a chiedere le somme ivi riportate con il vecchio cliente, ma era stata anche carente nel dimostrare l’effettivo maggior consumo. Accolta in toto dal giudice, quindi, la domanda del condominio milanese con il conseguente annullamento delle due bollette, rispettivamente di oltre 3.600 e 660 euro, i cui importi erano stati richiesti per ulteriori consumi (asseritamente) non fatturati in precedenza. Come accade sovente, anche nel caso di specie il fornitore si era “ricordato” dell’assunto credito solo dopo che erano passati ben tre anni dalla risoluzione del contratto di fornitura, con il condominio che evidentemente è passato a un’altra compagnia elettrica. Solo allora era stato richiesto tale credito che ovviamente aveva messo in difficoltà l’amministratore poiché nel frattempo alcuni dei condomini si erano trasferiti altrove e la riscossione delle quote di spettanza sarebbe risultata piuttosto complicata. Il gestore, però aveva provato a discolparsi del ritardo scaricando a sua volta la colpa del conguaglio sull’effettivo distributore dell’energia al condominio, che ha la facoltà i relativi dati entro cinque anni. Peraltro, il precedente gestore non è riuscito a produrre le fatture di trasporto in giudizio e, dunque, non è stato in grado di fornire la prova del diritto di credito né si difende in maniera convincente dalla lamentata eccezione di abuso del diritto laddove la facoltà di fatturare a distanza di tanto tempo pone comunque il condominio in una posizione di inferiorità. In ultimo, la causa in questione è da evidenziare, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” perché stabilisce che anche il condominio può essere ritenuto quale “consumatore” ai fini della determinazione del foro competente che nel caso di specie è quello di Milano, dove si il complesso residenziale trova, nonostante l’azienda elettrica abbia eccepito il difetto di competenza territoriale tentando di spostare la causa a Roma.

martedì 19 novembre 2013

Un hacker potrebbe ucciderti durante la guida.

Un hacker potrebbe ucciderti durante la guida. Una ricerca americana svela la possibilità che pirati informatici prendano “possesso” delle nostre auto sempre più tecnologiche La tecnologia fa passi da gigante nell’industria automobilista ed ormai sta diventando un fatto comune per gran parte delle vetture essere dotate di sistemi elettronici per migliorare le prestazioni del motore, comportamento, comodità... e, in teoria, il livello di sicurezza. Pochi si sono posti però i problemi connessi alla possibilità che qualcuno possa accedervi e manipolarli per modificare la loro programmazione? PWN. Nel gergo degli hacker quelle tre lettere - che sono una contrazione della parola “pedone”, utilizzato nel campo degli scacchi; Sono usate quando con un pedone si fa “scacco matto” – ossia per indicare il fatto di prendere il controllo di un computer dopo aver aggirato le barriere di sicurezza. Finora, quel ´sistema´ era stato usato per accedere e prendere possesso di un Server Internet, o di un personal computer ma tuttavia, la crescente sofisticazione dei dispositivi multimediali auto sta mettendo a portata di mano degli hacker una vittima nuova e ´succulenta´: l'auto. e non si tratta di una mera ipotesi. Recentemente, gli scienziati delle Università di California e di Washington, negli Stati Uniti hanno cercato di prendere il controllo di un veicolo di media gamma tramite l’'hacking' di ognuno dei modi attraverso i quali un criminale informatico teoricamente potrebbe comunicare con l'auto: si trattava di una Buick Lucerne, anche se tale cifra è aneddotica, poiché i risultati del loro studio sono estrapolati per la stragrande maggioranza dei modelli che vengono venduti oggi. Di conseguenza, essi erano in grado di controllare l'auto in diversi modi. Il più complesso dei sistemi per accedere era per il tramite della connessione a Internet, ma anche con altri metodi più semplici, come la riproduzione di alcune canzoni registrate su un CD, mentre la musica suona durante una telefonata, o installando un virus sul cellulare del proprietario dell'auto - che era collegato tramite Bluetooth al veicolo. Ma la ricerca non si è fermata lì: hanno scoperto esattamente ciò che è possibile fare una volta “violata” l’auto - e l’hacker ha preso il 'controllo'-. E hanno scoperto che si potrebbero, ad esempio, eseguire azioni semplici come l’abbassamento di un finestrino... fino anche a stabilire la direzione di rotazione una singola ruota, la durata della frenata o addirittura fino disabilitare i freni della vettura. Per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, le nuove tecnologie introdotte nelle vetture pongono non pochi interrogativi su come cercare di prevenire, nel prossimo futuro, un attacco hacker sulla propria macchina. Dovranno essere le case automobilistiche a creare tutti i meccanismi di sicurezza e protezione per evitare che sprovveduti riescano a forzare i sistemi informatici ed elettronici ed evitare quindi danni ai veicoli ma soprattutto problemi di sicurezza e circolazione stradale.

Va dichiarata la separazione con addebito alla moglie affetta da “shopping compulsivo”. Il disturbo non può essere utilizzato al fine di escludere l’intollerabilità della convivenza

Va dichiarata la separazione con addebito alla moglie affetta da “shopping compulsivo”. Il disturbo non può essere utilizzato al fine di escludere l’intollerabilità della convivenza I furti di denaro ai familiari per comprare vestiti, borse e gioielli costituiscono violazione dei doveri matrimoniali Non è un fenomeno raro quello dello “shopping compulsivo” che afflige donne ma non di rado anche uomini. Il problema che questa vera e propria patologia può essere considerata sì un disturbo della personalità, ma non ai fini di una vera e propria incapacità d’interere e volere no. Almeno è questo il risultato di una causa matrimoniale arrivata sino alla Cassazione che ha confermato l’addebito della separazione nei confronti della moglie affetta dalla sindrome da “shopping compulsivo” facendole perdere il diritto al mantenimento. A riferire dell’interessante sentenza è Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”. La Ctu ordinata dal giudice di merito aveva evidenziato che la donna pur essendo ben presente a sé stessa e curata nell’aspetto risultava perfettamente consapevole della propria patologia, che l’aveva indotta sino a farle carpire somme di denaro a familiari (e anche a terzi), pur di comprare vestiti, borse e gioielli. In tale fattispecie, il giudice di primo grado aveva evidenziato che anche se il disturbo della personalità che è acclarato, tuttavia non esclude l’addebito della colpa alla donna in termini dell’intollerabilità della convivenza. E la prima sezione civile della Cassazione con la sentenza 25843/13, pubblicata il 18 novembre, ha confermato la decisione della Corte di Appello che le aveva addebitato la colpa della separazione e revocato l’assegno di 2 mila euro al mese che le era stato riconosciuto dal giudice di primo grado. È stata quindi, la consulenza tecnica d’ufficio un elemento fondamentale al fine della decisione, che aveva evidenziato l’istinto irrefrenabile della signora a comprare mobilio, capi di abbigliamento e accessori, oltre che monili, con una tensione crescente alleviata soltanto dall’acquisto di beni mobili. Anche perché è pacificamente accertata la circostanza che la stessa rubasse ai familiari e a terzi pur di soddisfare questa bramosia. Peraltro, la donna risulta essere in possesso di tutte le facoltà mentali e non ha nessun problema a relazionarsi con il prossimo e a orientarsi nel tempo e nello spazio. Ed anzi si era presentata al colloquio innanzi al CTU lucida ed orientata nei parametri spazio temporali, curata nell’aspetto e nell’abbigliamento, adeguata nel comportamento. Essendo stata quindi, affermata la piena imputabilità della donna, gli ermellini hanno ritenuto che i comportamenti tenuti dalla stessa si configurano senz’altro come violazione dei doveri matrimoniali secondo quanto stabilito dall’articolo 143 del codice civile.

La cittadina non comunitaria che fugge dal paese d’origine per evitare il matrimonio combinato gode della protezione sussidiaria in Italia

La cittadina non comunitaria che fugge dal paese d’origine per evitare il matrimonio combinato gode della protezione sussidiaria in Italia Non riconosciuto lo status di rifugiato politico Importante provvedimento della Cassazione che concede la protezione sussidiaria alla cittadina extraUE che è scappata via dal proprio Paese per sottrarsi al matrimonio impostole dalla famiglia con un uomo di più di 70 anni. L’ordinanza n. 25873 della sesta sezione civile della Suprema Corte, pubblicata in data di ieri 18 novembre ha, infatti, accolto uno dei motivi di ricorso di una giovane nigeriana, che era fuggita dal paese d’origine a causa delle violenze subite dai familiari che le volevano imporre un matrimonio combinato con un uomo anziano. Seppur dimostrato che a causa del rifiuto, la ragazza era stata rapita e portata a casa del pretendente che aveva tentato di abusarla, la commissione territoriale aveva negato la protezione internazionale. Ragion per cui la donna si era rivolta al tribunale di Trieste chiedendo che le venisse riconosciuto lo status di rifugiato politico o, in alternativa, la protezione sussidiaria o quella umanitaria. Ma sia il tribunale che la corte d’appello avevano rigettato la sua domanda ma la Cassazione le ha reso giustizia con una decisione che per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” vale la pena diffondere per la notevole valenza persuasiva in termini di tutela dei diritti umani anche all’interno del Nostro Paese. Sebbene, infatti, i giudici del Palazzaccio hanno ritenuto dover rigettare le doglianze del ricorso in merito al riconoscimento dello status di rifugiato, con lo stesso provvedimento hanno accolto la richiesta di protezione sussidiaria. Quanto lamentato dalla ricorrente non configurano i motivi di «persecuzione in base ai quali tale forma di protezione viene contemplata ai sensi dell’articolo 8 del d.lgs. n. 251/2007, il quale prevede esclusivamente i motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un particolare gruppo sociale, opinione politica». I giudici di legittimità al contrario ritengono fondata la richiesta alternativa di protezione sussidiaria, bocciando i giudici dell’appello, che, pur ammettendo la veridicità del racconto della giovane, hanno escluso il diritto della stessa alla protezione sussidiaria non ritenendone sussistenti i presupposti. Sottolinea la Suprema Corte che «E' certo tuttavia, in diritto, che la costrizione di una donna a un matrimonio forzato costituisce grave violazione della sua dignità, e dunque trattamento degradante ai sensi dell'articolo 14, del d.lgs. n. 251/2007, che configura a sua volta danno grave ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria. La minaccia di grave danno giustificante tale protezione, inoltre, non è necessario che provenga dallo Stato, ben potendo provenire anche da "soggetti non statuali" se le autorità statali o le organizzazioni che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio non possono o non vogliono fornire protezione adeguata ai sensi dell'articolo 6 del d.lgs. citato». In questo caso, la corte d'appello ha ritenuto «illegittimamente di poter omettere tale verifica, o ha ritenuto di poter senz'altro escludere l'eventualità del difetto di protezione da parte delle autorità nigeriane sulla scorta dell'apodittica affermazione che la polizia, se richiesta, avrebbe certamente perseguito i responsabili». «Sarebbe stato invece suo dovere», continuano gli ermellini, «assumere anzitutto, anche d'ufficio, informazioni sulla situazione generale della Nigeria, con riferimento al tipo di problema posto dalla ricorrente, attraverso i canali indicati all'art. 8, comma 3, del d.lgs. n. 251/2008 o mediante altre fonti che fossero in concreto disponibili, e solo all'esito di ciò formulare una pertinente valutazione».