mercoledì 31 agosto 2011

Dalla Germania il microchip che monitora la crescita tumorale


Ed in futuro anche il dispositivo che rilascia i farmaci direttamente sulla massa tumorale

Ricercatori tedeschi hanno sviluppato un sensore microchip che può essere impiantato nelle vicinanze dei tumori per monitorarne costantemente la loro crescita.
Il dispositivo misura i livelli di ossigeno nel tessuto per rilevare se un tumore è in espansione.
I risultati poi vengono trasmessi in modalità wireless al medico del paziente - riducendo la necessità di frequenti esami ospedalieri.
Ma nella mente degli scienziati ci sono già progetti futuri che riguardano analoghi micro dispositivi in grado di fornire farmaci direttamente alla zona interessata.
I ricercatori sperano che questo potrà portare a trattamenti meno aggressivi e più mirati contro il cancro.
Gli studiosi dell'Università di Monaco di Baviera hanno sviluppato il congegno al fine di tenere sotto osservazione e trattare di tumori che sono difficili da raggiungere e quindi da curare, poiché è noto che ci sono alcuni tipi di tumori che sono difficili da rimuovere chirurgicamente, per esempio, quelli vicino alla spina dorsale per i quali si corrono seri rischi di creare gravi danni al sistema nervoso se si tenta di eliminarli con i metodi tradizionali.
Nei casi di pazienti anziani, nei quali la crescita delle cellule tumorali è spesso più lenta è spesso preferibile monitorare il tumore e trattarlo solo se c'è una fase di crescita aggressiva.
Il sensore è impiantato accanto al tumore e misura la concentrazione di ossigeno disciolto nel fluido di tessuto nelle vicinanze. Se questo scende può indicare una maggiore crescita ed i medici possono essere avvisati per tempo.
Il chip microelettronico è costituito da una serie di elettrodi che rilevano i livelli di saturazione di ossigeno e trasmettono questi dati dal sensore ad un'unità ricevente esterna che è come una piccola scatola che si può portare in giro in tasca. Da lì possono essere scaricati nel PC del medico che può esaminare i dati e decidere se l'attività del tumore è in peggioramento.
I ricercatori ritengono che questa nuova possibilità di monitoraggio può ridurre ciò riduce la necessità di frequenti check-up in ospedale.
Come detto, l’equipe di scienziati ha pure previsto la possibilità di aggiungere al chip una sorta di micropompa che può rilasciare farmaci chemioterapici proprio sulla massa tumorale, proprio per ridurre gli effetti collaterali che i trattamenti antitumorali inevitabilmente conseguono.
Se lo sviluppo di questi importanti congegni è ancora alla fase embrionale, Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, si augura che la sperimentazione venga conclusa prima dei dieci anni che hanno indicato i ricercatori come termine per la loro definitiva utilizzazione sugli ammalati.

La privacy a rischio con le webcam. Dal controllo delle strade all’epoca dei cyber-ricatti


Sono sempre più piccole, i loro costi sono bassissimi e sono presenti su ogni pc, tablet, portatile di ultima generazione anche perché la diffusione di programmi di condivisione delle immagini tipo Skype che consentono di videochiamarsi in rete le rende pressoché indispensabili ai giorni d’oggi.
Sono utilissime, quindi, le webcam ossia quelle microscopiche videocamere che ormai rappresentano degli occhi che vigilano nelle nostre case, nei nostri uffici, ma anche nei luoghi più impensabili, tipo parchi, strade ed altri spazi pubblici.
Vi è da dire, però che la loro miniaturizzazione, ha consentito che gli ultimi ritrovati sono diventati degli “occhi” pressoché completamente autonomi, in quanto si collegano direttamente alla rete attraverso un proprio indirizzo IP ed la cui unica finalità è inquadrare costantemente ed anche ventiquattrore su ventiquattro ciò che l'obiettivo sta inquadrando. Molto utili quindi per la videosorveglianza ma anche strumenti assai invasivi della privacy e della riservatezza delle persone se non utilizzate per i fini a cui dovrebbero essere legalmente demandate.
Tant’è che è sufficiente che le impostazioni di sicurezza della rete locale non vengano regolate correttamente, il mini-sito della webcam è infatti visibile da chiunque via Internet e basta digitare su qualsiasi motore di ricerca alcune particolari parole per trovarne di accessibili in ogni parte del mondo. Tra l’altro, molto spesso questo tipo di camere digitali sono anche comandabili a distanza per puntarle in varie direzioni e regolarne lo zoom.
V’è da dire però che l’utilizzo per la vigilanza pubblica in Inghilterra ha consentito una vera e propria caccia ai crimini sul web, attraverso la possibilità da parte di comuni cittadini di mettersi a controllare sul monitor di casa una serie di “occhi” elettronici pubblici puntati in determinate zone del paese. Si è scatenata così una vera e propria “caccia al ladro” in versione hi tech che ogni mese mette in palio premi fino a 1’000 sterline a chi guadagna più punti segnalando il maggior numero di atti criminali.
Per ovvie ragioni alcune associazioni che difendono i diritti civili e sulle quali concordiamo, hanno immediatamente condannato questo che è ormai divenuto un vero e proprio gioco soprannominato “Internet Eyes” poiché da una parte evidentemente troppo invadente per la privacy e dall’altro perché potrebbe generare una pericolosa “caccia alle streghe” che non a nulla a che vedere con la lotta alla criminalità.
Se quindi, le webcam possono essere preziosamente utilizzate dalle forze di polizia cui riteniamo deve essere univocamente affidato il contro della sicurezza dei cittadini, dall’altra possono trasformarsi addirittura in un vile mezzo di ricatto.
Non è raro il caso di cibercriminali o hacker che carpiscono le immagini di ignari cittadini infiltrandosi nei loro pc e procedono alla registrazione o alla visione di quanto c’è dall’altra parte della telecamera.
Sono segnalati, peraltro, in rete i casi di cronaca di spregiudicati soggetti che una volta acquisiti i video o le immagini le utilizzavano come arma di ricatto, minacciando i malcapitati e le malcapitate di renderle pubbliche o di mandarle a parenti e amici.
Secondo Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” non resta che riferire un semplice suggerimento manuale a chi non vuole correre alcun rischio d’invasione della privacy visto che la tecnologia fa passi da gigante e gli hacker sono sempre un passo avanti rispetto ai rimedi tecnologici: basta coprire la webcam con un pezzo di nastro adesivo quando non è in uso e staccare ogni microfono.

martedì 30 agosto 2011

Povera Italia: sfiducia totale da parte dei consumatori


Oramai le famiglie a tavola ricercano il prodotto con il prezzo piu' basso a scapito della qualita'.

Le famiglie italiane, un tempo al primo posto in Europa per quota di risparmio, hanno ormai eroso le risorse accumulate ed ora hanno sempre più paura di mettere mano al loro portafoglio. Un italiano su quattro, insomma, rischia di lasciare l’universo della cittadinanza per entrare nell’inferno dei senza diritti. La prova del nove arriva con la pubblicazione dell'indice della fiducia dei consumatori stilato dal Conference Board, che conclude una tornata di dati, tutti dedicati allo stato di salute della fiducia e dei consumi, resi noti anche in Europa e in Italia.
Come sottolinea Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti “, stando a quanto ha riportato il Conference Board, nel mese di agosto l'indice della fiducia dei consumatori è crollato a 44,5 punti, contro i 52 punti stimati dal consensus, e rispetto ai 59,5 punti di luglio.
In mattinata, è stato reso noto infatti il dato europeo sulla fiducia nei confronti dell'economia, il cosiddetto indice sul "sentimento economico", che viene calcolato dalla Commissione europea: tale dato ha segnato una flessione di 5 punti a 97,3 nell'Unione europea e di 4,7 punti a 98,3 nell'Eurozona.
La fiducia è calata in tutti i comparti: dai servizi al commercio al dettaglio e fra i consumatori. Solo il settore delle costruzioni nell'Eurozona ha registrato un miglioramento.
Anche secondo l'Istat in Italia le vendite al dettaglio a giugno sono diminuite dell'1,2% (dato grezzo) rispetto allo stesso mese del 2010 e dello 0,2% rispetto a maggio (dato destagionalizzato). Si chiudono, cosi', per il commercio al dettaglio sei mesi negativi, con le vendite che rispetto al primo semestre dello scorso anno diminuiscono dello 0,4% (dato grezzo).
Guardando al comparto, a giugno le vendite dei prodotti alimentari registrano una variazione nulla, restando ferme rispetto allo stesso mese del 2010. Ma a fare peggio e' il non food, che registra un caduta dell'1,8%. A trascinare al ribasso le vendite di giugno e', quindi, il settore non alimentare. In particolare, a subire le diminuzioni piu' marcate sono elettrodomestici, radio, tv e registratori (-5,1%) e supporti magnetici, strumenti musicali (-4,3%). Male anche i comparti prodotti farmaceutici (-3,2%) e calzature, articoli in cuoio e da viaggio (-3,0%). Inoltre, a giugno tornano a soffrire le botteghe e i negozi di quartiere. Infatti, l'Istituto di statistica rileva un calo tendenziale dell'1,9% per le vendite delle imprese operanti su piccole superfici.
Oramai le famiglie a tavola ricercano il prodotto con il prezzo piu' basso a scapito della qualita'. Anche a giugno l'unica tipologia commerciale che resta su valori moderatamente positivi e' il discount, con un incremento annuo dell'1,5 per cento. All'opposto, gli ipermercati crollano al meno 1,7 per cento, le botteghe di quartiere al meno 1,5 per cento e i supermercati devono accontentarsi del piu' 0,4 per cento.
Ancora calano drasticamente i consumi di frutta e agrumi (meno 8,7 per cento), pesce (meno 7,5 per cento), pane (meno 7,1 per cento), latte e formaggi (meno 6,3 per cento), carne rossa (meno 5,1 per cento).
L’Italia è diventata la parente povera d’Europa praticamente il paese è in ginocchio E se la riserva storica del nostro paese è sempre stata la relazione di solidarietà interfamiliare, con le generazioni che si venivano reciprocamente in aiuto, a formare una sorta di ammortizzatore sociale permanente, l’analisi dei numeri proposti dall’Istat evidenzia come ormai anche questo filo stia spezzandosi, causa un sovraccarico che non più in grado di sopportare.

Il 50% delle famiglie italiane è collegata ad Internet, al di sotto della media europea del 61 per cento.


Anche se è migliorata la situazione in Italia, si trova ancora di sotto della media europea che ha raddoppiato il numero di connessioni. Lo studio riflette anche una diminuzione dei computers fissi, l'avvento della televisione con ADSL e la scomparsa del video tradizionale.
Secondo uno studio sull'evoluzione delle attrezzature nelle case tra il 2006 e il 2010Il solo il 50% degli italiani ha accesso a Internet nelle loro case, confrontato con il 61 per cento in media in Europa,.
Lo studio, condotto dalla scuola di Business Online Business School (OBS), che Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti “ riporta, sottolinea che l’Italia è inferiore alla media, anche se la situazione è migliorata notevolmente, dal 2006, quando tale percentuale era del 29%.
Tuttavia, l'Unione europea ha raddoppiato il numero di connessioni Internet nelle case, dal 30 al 61% in media tra il 2006 e il 2010.
Così, l’Italia ha conseguito il 12° posto, posizione dopo Irlanda, Polonia e Spagna.
Mentre i paesi del Nord Europa (Norvegia, Finlandia, Svezia e Danimarca) sono quelli che occupano la parte superiore con percentuali che sono circa 80%.
Da parte sua, Irlanda e Germania sono quelli che sono cresciuti, con aumenti di fino a 40 punti percentuali.
Inoltre, negli ultimi cinque anni, l’accesso alla banda larga delle famiglie italiane è anche cresciuta in alcune zone con un altanelante 80 - 97%.
Qualcosa di simile è accaduto con famiglie nelle città di meno di 10.000 abitanti. Se nel 2005 solo il 66% delle famiglie con accesso a Internet di queste popolazioni era collegata alla banda larga, ora è il 94,9%.
Lo Studio inoltre sottolinea come l’acquisto e l’uso del computer fisso è sceso in Italia in favore di quello dei portatili pari al 25,9% Le famiglie in Italia possiedono due o più computer, condividendo un numero percentuale pari al 42,7 per cento per le famiglie di cinque o più membri.
Inoltre, la televisione tramite ADSL inizia ad essere condivisa dagli italiani anche se solo per il 5,6%. Se il nucleo familiare è composto da quattro membri, la percentuale aumenta al 7,5%.
Infine, evidenzia che il video tradizionale è scomparso negli ultimi cinque anni delle famiglie in 18,6 punti percentuali, sostituito da DVD. Per il 60,8%. che aumenta in percentuale fino al 90% in famiglie composte da quattro membri.
Inoltre l'Italia, in uno dei settori dell'economia che segna la piu' forte crescita in Europa, quello del commercio elettronico, e' in netto ritardo.
Secondo la ricerca la recessione, paradossalmente, ha contribuito all'aumento del commercio elettronico in quanto ha spinto i consumatori a cercare i prezzi piu' convenienti proprio nel web.
Le enormi differenze di dimensione e di crescita del commercio elettronico vengono anche spiegate con il tasso di collegamento alla rete: se in media il 64% delle case europee e' collegato al web (52,3% a banda larga), l'Olanda e molti Paesi nordici guidano questa classifica con l'80%, la Germania e la Gran Bretagna rispettivamente con il 75% e il 71%, la Francia con il 62%. L' Italia, la Polonia e la Spagna sono in ritardo con tassi che vanno dal 47 al 51%.

lunedì 29 agosto 2011

Allarme influenza aviaria per ceppo mutante tra Cina e Vietnam.


Funzionari ONU temono che il virus potrebbe diffondersi dal Vietnam in tutta l’Asia
Le Nazioni Unite hanno segnalato preoccupanti segni di recrudescenza della temibile “influenza aviaria” a causa di un ceppo mutante, in grado di eludere i vaccini e che potrebbe diffondersi in Asia così come quando ne furono segnalati i primi casi dal 2003.
La variante del virus è apparsa in Vietnam e il rischio per l'uomo può essere previsto, hanno dichiarato alcuni funzionari dell’ONU.
La circolazione del virus in Vietnam minaccia ovviamente una rapida diffusione in Thailandia, Malaysia e Cambogia, dove già quest'anno è segnalata la morte di otto persone che avevano contratto l’infezione.
L'organizzazione mondiale della sanità (OMS) ritiene che l'influenza aviaria ha provocato la morte di 331 persone dal 2003 ed ha anche ucciso o causato l'abbattimento di più di 400 milioni di capi di pollame domestico in tutto il mondo e generando, secondo stime prudenziali, danni economici per ben 20 miliardi di dollari.
Il virus era stato debellato dalla maggior parte dei 63 paesi in cui risultavano casi di contagio quando raggiunse il suo picco nel 2006, che aveva visto 4.000 focolai in tutto il mondo, ma purtroppo rimane endemica in Bangladesh, Cina, Egitto, India, Indonesia e Vietnam.
E il numero dei casi è aumentato nuovamente a partire dal 2008, apparentemente a causa dei naturali movimenti di uccelli migratori, secondo il capo dell’ufficio veterinario del Food and Agriculture Organization (FAO) dell'ONU, dott. Juan Lubroth. In realtà ha ribadito l’esperto, che gli uccelli selvatici possono introdurre in un determinato paese il virus, ma sono le azioni delle persone nella produzione di pollame e commercializzazione a diffonderlo.
È da ricordare, infatti, che l'influenza aviaria in passato apparve nel pollame o uccelli selvatici in paesi che erano stati esenti dal virus per diversi anni: Israele e i territori palestinesi, Bulgaria, Romania, Nepal e Mongolia sono tra quelle che ha recentemente interessato.
Il dott. Lubroth, ha precisato che il nuovo ceppo che aveva infettato la maggior parte del Vietnam settentrionale e centrale potrebbe rappresentare addirittura un rischio per il Giappone e la penisola coreana.
Per tali ragioni, nel silenzio dell’opinione pubblica generale la Corea del Sud ha già avviato l'abbattimento di centinaia di migliaia di polli e anatre nel dicembre dello scorso anno, dopo aver confermato i suoi primi casi dal 2008.
La FAO ha già provveduto a contattare i suddetti paesi ainvitandoli d adottare "maggiore prontezza e sorveglianza" contro una recrudescenza del virus.
Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, auspica che questo nuovo allarme lanciato dall’Onu non crei l’ondata di panico che si ebbe in conseguenza, per esempio, della famigerata influenza H1N1 che col senno di poi è apparsa più uno strumento per ingrassare alcune multinazionali farmaceutiche che di fatto costrinsero i governi ad aumentare sproporzionatamente le riserve di vaccini che poi, purtroppo, rimasero in gran parte inutilizzate. È necessario, comunque, che i paesi in cui si sono diffusi i contagi adottino, sotto l’egida dell’OMS, tutti gli strumenti di profilassi per evitare che il virus si diffonda tra regioni e regioni ed infine agli uomini, mentre gli stati, a cominciare dall’Unione Europea, in cui non si hanno notizie di casi simili, aumentino i controlli del traffico in entrata del pollame e derivati.

L’Unione europea contro il fumo


Solo sette paesi non hanno inserito l’obbligo di mettere le foto sui pacchetti oltre ai messaggi dissuasivi. Quando toccherà all’Italia?


Ogni anno nell’Unione Europea ben seicentocinquantamila persone muoiono per le conseguenze connesse al fumo. Secondo i più, è la prima causa di morte che può essere combattuta in maniera più efficace.
Da anni l’UE, seguita da gran parte dei Paesi membri, ha avviato una battaglia contro questo terribile vizio introducendo alcune misure che sono state introdotte in quasi tutti gli stati.
In particolare, è noto che su tutti i pacchetti commercializzati in Italia vi siano dei messaggi dal forte contenuto dissuasivo in ottemperanza della direttiva europea che vuole che ci sia almeno il 40% della superficie destinata a questo tipo di testi, anche se v’è da dire che il Belpaese è incluso nella lista degli ultimi sette – che scenderanno a sei visto che la Francia si sta già adeguando - che non hanno aderito all’invito, non obbligatorio, ad apporre immagini shock su tutti i pacchetti.
Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” si chiede, quindi, quando il Nostro Paese si adeguerà a questa proposta, che non pesa per nulla sulle tasche dei contribuenti, che sì risulta non essere vincolante da un punto di vista legislativo, ma che comunque siamo certi potrà contribuire a portare un’ulteriore riduzione su scala globale del consumo di tabacco? O i nostri governi sono complici delle multinazionali del tabacco?

domenica 28 agosto 2011

In aumento le infezioni sessualmente trasmesse in adulti più anziani


Clamidia ed altre infezioni sessualmente trasmesse a 50 ed oltre... Si potrebbe essere?
Alcune ricerche smentiscono che solo i giovani ne sono a rischio mentre è un dato certo che sono in aumento tra gli adulti più anziani.

Più l’aspettativa di vita si allunga, più si allontana la fine dell’attività sessuale, allo stesso tempo molti adulti di età avanzata trovano nuovi partner più tardi nella vita. È questa una tendenza che appare ormai non più frenabile nella nostra società.
Mentre da una parte gli esperti sostengono che una vita sessuale attiva fornisce una miriade di benefici per la salute, dall’altra stanno avvertendo la popolazione di mezz’età ed oltre, di non dimenticare il rischio di poter contrarre infezioni sessualmente trasmesse dai un nuovo partner.
Indagini statistiche riferiscono, infatti, che negli ultimi anni tali tipo di malattie sono in aumento tra le persone anziane negli Stati Uniti e nel Regno Unito e c'è la concreta possibilità che lo stesso potrebbe accadere negli altri Paesi, specie in quelli sviluppati.
La Clamidia, una comune STI batterica, è in crescita per esempio tra tutti i gruppi di età in Australia ed è più che raddoppiato in quelli oltre 50 dal 2005; andando da 620 casi 1446 nel 2010.
La gonorrea, un'altra infezione batterica, ha visto un lieve aumento per gli ultracinquantenni, passando nello stesso paese da 383 infezioni nel 2005 a 562 nel 2010.
Le ragioni del diffondersi di queste infezioni va ricercata soprattutto nei cambiamenti culturali della nostra società per l’aumento dell’attività sessuale nella fascia d’età oltre i cinquant’anni e la possibilità di cambiare più facilmente più partner anche quando si è già anziani.
Con l'avvento di internet e la facilità di viaggi internazionali è, infatti, molto più semplice fare nuovi incontri, inoltre, grazie ai progressi della medicina, i sintomi della menopausa e le disfunzioni erettile hanno molta meno incidenza rispetto a qualche anno or sono.
Ma nonostante questi allarmi sui rischi di contagio anche tra i non più giovani, purtroppo, le campagne di educazione sul sesso sicuro sono generalmente rivolto ai soli teen-ager e non sono di grande aiuto nei confronti degli anziani che sono più propensi a sentirsi imbarazzati nel cercare informazioni sulle malattie sessualmente trasmissibili con la conseguenza che potrebbero non essere pienamente informati sul dovere di usare le “protezioni”.
Per tali ragioni nei paesi anglosassoni sono state avviate alcune ricerche dopo che era stato notato un aumento del numero di donne anziane che chiedevano di essere sottoposte a test che verificavano la presenza di infezioni o malattie sessualmente trasmissibili, in particolare la clamidia.
Alcune organizzazioni che si occupano di pianificazione familiare, hanno così intervistato un campione di donne che hanno utilizzato internet ed in particolare siti di incontri e hanno verificato che rispetto alle donne più giovani, quelle di età compresa tra i 40 e 70 erano più propense a dire di essere d'accordo a fare sesso senza preservativo con un nuovo partner.
Analogamente, un sondaggio telefonico commissionato in Australia ha stabilito che circa il 40 per cento degli uomini oltre i 40 che fanno sesso occasionale non usavano il preservativo.
Le ragioni per le quali gli anziani sono meno propensi al sesso non sicuro non sono certe, ma potrebbero essere state determinate da alcuni fattori, il primo dei quali andrebbe ricercato nel fatto che la comunicazione a livello mondiale sul “sesso sicuro”, ha iniziato a essere fortemente pubblicizzata solo dopo il 1980 con l'avvento dell'HIV/AIDS.
Inoltre, le donne più anziane hanno una preoccupazione in meno: il rischio di gravidanze indesiderate ed hanno quindi un incentivo in meno a far utilizzare il preservativo al partner rispetto alle donne più giovani.
Secondo Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” alla luce delle ricerche che abbiamo riportato, i cui risultati certamente potrebbero essere estesi anche al Nostro Paese nel quale la fascia di popolazione sessualmente attiva si è notevolmente accresciuta, è evidente che le campagne di comunicazione sul “sesso sicuro” e sulle malattie sessualmente trasmissibili, da oggi in poi non dovranno più essere rivolte solo alle giovani generazioni, ma dovranno inevitabilmente estendersi anche ad un mondo, quello degli over 50 la cui tendenza ad essere sempre più attivo nella nostra società è destinata ad incrementarsi anche in futuro.

sabato 27 agosto 2011

Una rotatoria nell'incrocio killer


Le autorità che custodiscono le strade hanno l’obbligo di attivarsi per metterle in sicurezza. Cominciamo con una rotatoria sull’incrocio “killer”

Ci sono delle strade, delle vie, degli incroci, dove le tragedie sono annunciate e dove la pubblica amministrazione che ha in custodia quei luoghi dovrebbe attivare tutte le misure possibili per evitare che accadano o si ripetano drammi della strada. Ma come al solito, la solita ragione o forse meglio la ricorrente scusa dell’aridezza dei bilanci, costringe a ritardare gli interventi di messa in sicurezza ed è spesso concausa di gravi sinistri, unitamente alle imprudenze, alla mancata osservanza delle norme prudenziali del codice della strada, degli stati d’ebbrezza che sono riscontrati troppo frequentemente, specie nei più giovani automobilisti.
Ed allora ben vengano le segnalazioni delle strade della morte da parte dei cittadini, dove qualche aggiustamento o modifica della carreggiata o dello stato dei luoghi a carico dell‘ente responsabile, può ridurre notevolmente l’incidenza della sinistrosità con benefici per tutta la collettività e costi che sono senz’alcun dubbio inferiori ai benefici che se ne ricaverebbero.
Incominciamo da un luogo e diciamo basta a morti e feriti nell'assurdo incrocio sulla SP 364 Lecce- San Cataldo, all'imbocco della provinciale per Frigole con la via di San Ligorio. Oggi, a distanza di poco più di un anno dall’ultima tragedia, dove persero la vita due giovanissimi campeggia il mazzo di fiori che da allora è sistemato sul palo del semaforo.
Lo chiede con forza Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” perché anche in occasione dell'ultimo incidente si sono evidenziate le problematiche di quella che è una delle più pericolose intersezioni poste sulla strade della provincia di Lecce anche in relazione all‘alto volume di traffico che la attraversa. La soluzione che sin da subito indichiamo, sarebbe la realizzazione di una rotatoria in sostituzione dell'attuale incrocio regolamentato da lanterne semaforiche troppo spesso non rispettate.
Insomma, riteniamo che bisogna correre al più presto ai ripari prima che succeda qualche altra tragedia e che, oltre ai feriti, un'altra croce si aggiunga in questo che è stato soprannominato, non a torto, «incrocio della morte».
La speranza è che questo appello non rimanga ancora una volta inascoltato perché le vite umane non hanno prezzo.
Al contempo, continueremo a raccogliere da parte degli automobilisti le segnalazioni delle strade più pericolose ed i suggerimenti per metterle in sicurezza che pubblicheremo sul nostro sito www.sportellodeidiritti.org.

giovedì 25 agosto 2011

Calcio e calcio-scommesse nel mondo. Troppi gli scandali


Calcio e calcio-scommesse nel mondo. Troppi gli scandali attorno ad un mondo in cui girano troppi interessi economici. Urge rifondare il mondo del “pallone” perché le partite truccate hanno rovinato un gioco

Per la Turchia è stata la più imbarazzante e più grave delle sanzioni, calcisticamente parlando, che si potessero immaginare, quella della Federcalcio turca (TFF) che ha deciso di ritirare i campioni del blasonato club del Fenerbahce dalla Champions League di questa stagione, in conseguenza delle accuse di partite truccate e corruzione.
E così al posto della capolista, in Champions giocherà la seconda arrivata, ossia il Trabzonspor a causa dello scandalo che ha colpito il calcio turco ed alcuni tra i più grandi nomi nel mondo degli affari e della politica, e segnato gravemente la reputazione del più importante club della Turchia.
Più di 30 persone, infatti, hanno subito provvedimenti di custodia cautelare in attesa del processo, tra cui proprio il presidente Aziz Yildirim Fenerbahce, a causa della presunta manipolazione di almeno 19 partite dello scorso anno della Super Lig (massima divisione della Turchia). L'inizio della stagione è stato così ritardato per un mese, mentre proseguono le indagini.
Ma ciò che colpisce più di tutto è che durante la scorsa stagione calcistica più di una dozzina di paesi di mezzo mondo, tra cui in prima fila vi è l’Italia, sono stati scossi da accuse di partite truccate per determinare l’esito di scommesse che oggi sono regolamentate in quasi tutti gli stati.
Il filo comune delle inchieste scaturite dalle serie d’incontri truccati nei campionati delle varie nazioni, è dettato dalla sussistenza di vere e proprie associazioni a delinquere che ne tessevano le fila, per non parlare delle tradizionali organizzazioni criminali che hanno trovato nuova linfa dal mondo delle scommesse per alimentare i propri traffici illeciti.
E così a partire dalla Cina sino alla Corea del Sud per parlare solo dei Paesi dell’Asia, per finire sino a Israele, Grecia, Finlandia, Italia e Germania, il problema ha raggiunto tali proporzioni che la FIFA è stata costretta ad istituire un'unità speciale all'interno Interpol per combattere quello che lo vede come la più grande minaccia per il gioco globale.
Secondo Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti, a questo punto al di là di una necessaria rifondazione del mondo del calcio professionistico che passa dalla responsabilità dei singoli club e delle varie federazioni, non resta che avviare una stretta sul mondo delle scommesse, non solo on-line che oltre a rovinare vite umane e padri di famiglia stanno determinando lo svilimento del mondo del calcio e l’inevitabile allontanamento dei tifosi dagli stadi.
Un primo provvedimento che chiediamo al Nostro Governo, è di limitare la possibilità di scommettere alle sole partite dei campionati di serie A ed al massimo quello di B, che sono tradizionalmente più controllabili anche se risultati non immuni da questo fenomeno.

mercoledì 24 agosto 2011

Elogio della “Curcuma“. L’antitumorale della natura. Proprietà e Benefici


Direttamente dalla natura arrivano alcune risposte alla domanda di salute che spesso vengono confortate anche dagli studi della medicina. Esistono, infatti, piante che utilizzate nelle cucine o nelle tradizioni mediche di alcuni paesi anche da migliaia di anni, possono apportare benefici sufficientemente conclamati anche a livello della ricerca scientifica.
Questa volta, Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti, vuol parlare dei benefici ed usi di una pianta, utilizzata come medicina, spezia e colorante da oltre 5.000 anni in India denominata “Curcuma“ o nota anche come “Zafferano d‘India“, perché i suoi rizomi, che sono la parte della pianta che contiene i principi attivi, vengono bolliti per diverse ore, poi essiccati in appositi forni, ed infine pestati fino ad ottenere una polvere di color giallo-arancione che viene comunemente utilizzata come spezia nella cucina del Sud Asia.
La polvere di curcuma è l'ingrediente che dà il colore caratteristico al curry; il sapore è molto volatile mentre, al contrario, il colore si mantiene inalterato nel tempo. Per questo motivo è una sostanza che viene largamente impiegata nel ramo alimentare come colorante alimentare (la sigla internazionale è: E 100), come sostanza colorante per lana e seta e come indicatore acido-base visto che in ambiente basico il colore si trasforma in rosso.
Tale spezia, contiene centinaia di componenti tra cui potassio, vitamina C, amido pari al 26 %, oltre ad oli eterici ed oli amari che sono in grado rispettivamente di stimolare l'appetito e la formazione di enzimi digestivi, ma quello che ha più destato l’attenzione degli studiosi è la “curcumina” ed in particolare la sua particolare natura antitumorale ed antiossidante, disintossicante ed antiinfiammatoria.
Secondo recenti indagini scientifiche, confermate dalla scienza medica ufficiale, infatti, la curcumina potrebbe avere la funzione di contrasto all’insorgenza di almeno otto diversi tipi tumori al colon, bocca, polmoni, fegato, pelle, reni, seno e leucemia per le sue proprietà antiossidanti capaci di trasformare i radicali liberi in sostanze inoffensive per l’organismo oltre ad essere utilizzata, sotto la forma già indicata di spezia, nella medicina tradizionale indiana e in quella cinese come disintossicante dell'organismo, in particolare del fegato e come antinfiammatorio.
Gli studi nascono dall’osservazione empirica sulla bassissima incidenza di tumori nei paesi asiatici ed in particolare nel subcontinente indiano e dove il consumo di curcuma è elevatissimo.
Tra gli altri innumerevoli utilizzi si evidenzia anche l’ottima funzione cicatrizzante della curcumina; tanto che gli indiani sono soliti applicare il rizoma di curcuma per curare ferite, scottature, punture d'insetti e malattie della pelle.
Non da ultimo, una ricerca pubblicata sulla rivista medica "Cancer Research", ha sottolineato il ruolo della curcuma nella prevenzione e finanche nel trattamento del tumore alla prostata. Si è inoltre constatato che l'effetto della curcumina è ancora più evidente quando associato ad un isotiocianato presente in verdure come il cavolo, i broccoli o il cavolo rapa.
E se la scienza conferma, non possiamo che elogiarne le proprietà e consigliare di aggiungere la curcuma anche nella dieta degli italiani.

Facebook accresce l’uso di droghe in età adolescenziale e l’abuso di alcol.


Gli adolescenti che utilizzano regolarmente Facebook, Myspace e altri siti di social networking sono molto più propensi a bere, fumare e fare uso di marijuana, lo puntualizza uno studio su 1.000 bambini.

Chi ha usato questi siti ogni giorno ha cinque volte in più di probabilità di fumare tabacco rispetto a quelli che non lo hanno adoperato, tre volte in più di bere alcolici e doppiamente delle probabilità di uso di marijuana.
Il sondaggio condotto dalla Columbia University su adolescenti americani da 12 a 17-anni, ha scoperto che il 70 per cento degli intervistati ha dichiarato di utilizzare siti di social network durante il giorno, mentre il 30 per cento no.
Una delle ragioni principali per andare su tali siti, oltre che in realtà comunicare con gli amici, è quello di tenere sotto controllo coetanei, cercando le loro fotografie.
Ma lo studio ha rilevato che le immagini di adolescenti "ubriachi, svenuti, o che fanno uso di droghe su Facebook e altri siti" erano "dilaganti".
Tuttavia, i genitori sembravano inconsapevoli che i loro figli stanno navigando su tali siti e per questa ragione potrebbe aumentare la probabilità del loro bambino di aver abusato di bevande o farmaci, con il risultato che quasi nove su 10 credono che queste sostanze non hanno avuto un effetto su di loro.
Joseph Califano, fondatore del Centro Nazionale sulle Dipendenze e Substance Abuse della Columbia University, ha invitato gli operatori di Facebook e gli altri ad avviare controlli più severi per bloccare tali fotografie.
Ha sottolineato: "È giunto il momento per coloro che operano e traggono profitto da siti di social networking come Facebook di implementare le loro competenze tecnologiche per frenare queste immagini e di negare l'uso dei loro siti per bambini e ragazzi che postano immagini di se stessi e dei loro amici ubriachi, svenuti o che fanno uso di droghe.
"Continuare a fornire lo strumento elettronico per la trasmissione di tali immagini costituisce un abuso ".
L'indagine ha anche scoperto che uno su cinque adolescenti ha affermato di essere stato vittima di bullismo online.
Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, rivolge un appello ai genitori dei figli non solo minorenni affinchè vigilino e monitorino l’attività dei propri figli sui social network perché anche in questo campo l’educazione risulta essere un fattore fondamentale per lo sviluppo psico sociale della generazione dei giovani.

martedì 23 agosto 2011

Facebook replica al Garante della privacy tedesco ed apporta importanti cambiamenti per la tutela della privacy degli utenti


Dopo che il garante della privacy dello Stato dello Schleswig-Holstein, Thilo Weichert, aveva intimato ad aziende e istituzioni di rimuovere il pulsante "like" (mi piace) dai loro siti e di chiudere le loro pagine sul social network poiché violerebbe la privacy tempestiva è stata la risposta di Facebook con il Vice presidente del social network, Chris Cox.
Tra le novità, gli articoli pubblicati online hanno ciascuna la loro impostazioni di condivisione proprio determinata da chi può vederli.
E 'l'ultimo di una lunga serie di tentativi da parte dei membri di Facebook di permettere di snellire gestendo le proprie informazioni personali.
In passato, il social network è stato criticato per aver dato l’impressione di nascondere le impostazioni di privacy nei menu oscurati.
I commenti avranno le proprie impostazioni sulla privacy. Ora, quando gli utenti sono taggati in un post - come una fotografia o un video - avranno la possibilità di confermare o rimuovere la loro identità prima che venga visualizzato il proprio profilo.
Altre modifiche riguardano:
Nei controlli di linea - ogni voce sulla pagine di un utente ha opzioni di privacy individuale, come pubblico, amici e personalizzati
Tag takedown - la capacità di rimuovere i tag da sé, chiedere alla persona che ti tagga per rimuoverlo, o bloccare il tagger
Tagging universale - gli utenti possono taggare chiunque, non solo gli amici di Facebook. Altra persona può scegliere di non accettare la pubblicazione su loro profilo
Tagging posizione - località geografiche può essere aggiunto in tutte le versioni di Facebook.
Vedi profilo - la possibilità di vedere come gli altri vedono il tuo profilo è aggiunto sopra il news feed
Il Vice presidente di Facebook, Chris Cox ha aggiunto che l’aggiunta di un ulteriore aggiornamento della privacy non significa necessariamente che il vecchio sistema era poco chiaro.
Gli utenti ora possono chiedere di essere rimossi dai tag o eliminare completamente il contenuto.
Ha aggiunto che Facebook si prepara ad estendere l'accesso ai minori di 13 anni.
Si spera sottolinea Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, che la salvaguardia eliminerà il problema del tagging malizioso, che viene spesso usato dai cyber-bulli aggiungendo i nomi di altre persone con immagini moleste.

L’alto costo di come diventare una donna


Si iniettano silicone in quantità in centri estetici improvvisati pur di realizzare il proprio desiderio. Ma gli effetti sono devastanti.
Sono decine, ormai, purtroppo i casi segnalati negli States di uomini che cercano di realizzare il proprio desiderio di diventare donna, ma non avendo i soldi per farlo si prestano a pratiche improvvisate di pseudochirurgia estetica facendosi iniettare silicone in quantità industriali, sino a rischiare le conseguenze peggiori, tra cui la morte.
Il fenomeno riguarda ormai sempre più soggetti che non avendo un'assicurazione sanitaria o il denaro per pagare gli interventi chirurgici che possono costare fino a 70.000 dollari e che richiederebbero altrimenti processi lunghi e innumerevoli sedute, si rivolgono ai cosiddetti “pumper“ che sono soggetti che iniettano illegalmente il silicone per modificare il corpo. Si stendono su lettini da massaggio improvvisati, in piccole stanze dei sobborghi specie di New York, dopo aver pagato 1.200 dollari per quattro tazze di silicone iniettato nei fianchi e nei glutei - senza anestesia.
E così, dopo poco tempo le conseguenze sono quasi sempre disastrose per la salute ed il prezzo pagato per una gioia temporanea è troppo spesso troppo pesante.
Col tempo, il silicone all’interno del corpo in molti casi ha cominciato a spostarsi e calcificarsi, causando una serie infinita di ricoveri anche in conseguenza delle pressochè ovvie infezioni scaturenti. Infine, se non sono deceduti, il loro corpo è rimasto segnato e deforme. La pelle delle natiche e delle gambe è scolorita, e pezzi di silicone indurito delle dimensioni anche di una pallina da golf rimangono appesi all‘interno del corpo.
Per venire poi alle cifre, di quanti transgender abbiano adottato tali pratiche nella sola New York, si è arrivati a parlare di ben il 22% su una popolazione stimata in 12.500, secondo il dipartimento di salute dello stato americano.
Chiaramente per queste donne il desiderio di apparire più femminile è più forte dei rischi connessi anche perché come detto nella gran parte dei casi, non sono in grado di permettersi le costosissime operazioni per cambiare sesso, e il sistema di “pompaggio” del silicone può apparire una scorciatoia relativamente economica e facile.
Tale sistema viene comunicato attraverso un “passaparola” e i “pumpers” operano in team, essendo soliti affittare camere d'albergo per iniettare il silicone a 10 o 20 donne alla volta.
Come detto, si tratta di pericolose e talvolta fatali, pratiche che utilizzano silicone sfuso che può spostarsi all’interno del corpo e causare deturpazione o significative cicatrici. Alcuni pumpers, senza il minimo scrupolo, iniettano al posto del silicone l'olio da cucina o quello industriale per auto e aerei, poiché quello per uso medico può essere difficile da reperire.
Sebbene un certo numero di pumpers dicono di essere stati formati come infermieri, la maggior parte non hanno una formazione medica e non sono autorizzati a svolgere procedure chirurgiche, ha sostenuto il Dr. Paul R. Weiss, un chirurgo plastico e docente presso l'Albert Einstein College of Medicine della Yeshiva University - e spesso operano in ambienti che non sono sterili, aumentando il rischio di infezioni.
Se il silicone viene iniettato nel flusso sanguigno per errore, può causare una lunga lista di gravi problemi medici, tra cui insufficienza respiratoria acuta, gravi disturbi autoimmuni o del tessuto connettivo, embolia polmonare e quindi morte.
Vi è da dire, inoltre, che poiché si tratta di un vero e proprio mondo sotterraneo ed illegale quello di questi “laboratori clandestini di femminilità”, è impossibile sapere esattamente quante persone siano morte a causa di queste “operazioni“, anche se decessi sono stati segnalati in tutti gli Stati Uniti.
In Italia ed in Europa, sostiene Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, non si hanno notizie di casi del genere, ma probabilmente questo è dovuto al fatto che ancor più che negli USA, il mondo dei transgender è ancora troppo nascosto e celato da troppi pregiudizi anche perché i diritti fondamentali di persone umane non sono quasi mai rispettati dagli altri cittadini né la legislazione italiana ha fatto alcun passo in avanti per la loro tutela che è sempre più necessaria anche in forma di assistenza sanitaria per chi sceglie volontariamente di realizzare il desiderio di modificare il proprio corpo, per evitare che ricorra a pratiche illegali e pericolose come quelle appena descritte.

lunedì 22 agosto 2011

Dopo mesi di blackout, torna l'accesso Web in Libia


Prima di parlare di una bella notizia che riguarda la libertà del popolo libico è d’obbligo sottolineare per Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti, l’augurio che ad un dittatore non si sostituisca un nuovo regime o ancor peggio un governo fantoccio in mano a potenze occidentali straniere bramose di petrolio, gas naturale ed appalti.
La buona è invece quella che scorre nelle ultime ore nella rete e che si riferisce al bel risveglio di libertà, generato dall’apertura a partire dalle prime ore del mattino di lunedì 22 agosto, degli accessi web sul territorio libico dopo mesi di blackout imposto.
Uno dei modi per combattere i ribelli, dall’Egitto, alla Tunisia, sino alla Siria, è stato infatti, quello di tarpare le ali della rete per impedire il diffondersi delle informazioni relative alle rivoluzioni all’interno di questi paesi.
La forza del libero flusso d’informazioni che garantisce internet ha avuto, infatti, - è noto - un ruolo fondamentale nei recenti sconvolgimenti delle nazioni coinvolte in queste rivoluzioni.
Allora la notizia che la rete è di nuovo accessibile anche in Libia riempie di significato la frase apparsa nelle prime ore del mattino sui Twitter dei libici: “Benvenuti a tutti i nostri fratelli e sorelle dal centro di Tripoli, torna Internet a loro per la prima volta da tanto tempo!”, che sarebbe stata scritta da alcuni membri del Fronte Nazionale per la Salvezza della Libia.
Per tali ragioni, ci viene da confermare quanto affermiamo da tempo: “Nessuno tocchi la rete!”
Non c’è, infatti, dittatore o stato che tenga alla forza dirompente della libertà che internet può garantire.

Facebook: in Germania il tasto “mi piace” è illegale. Viola la privacy.


Il garante della privacy dello Stato dello Schleswig-Holstein, Thilo Weichert, ha intimato ad aziende e istituzioni di rimuovere il pulsante "like" (mi piace) dai loro siti e di chiudere le loro pagine sul social network poiché violerebbe la privacy.
Analisi dal suo ufficio hanno dimostrato che utilizzando i pulsanti di trasferimento dei dati al server di Facebook negli Stati Uniti. violano le leggi tedesche e dell'Unione europea sulla protezione dei dati.
Weichert ha dichiarato: "Facebook può tracciare ogni click effettuato su un sito Web, sapere quanto tempo io trascorro su una determinata pagina o portale, e cosa mi interessa leggere". I siti tedeschi saranno dunque tenuti a rimuovere il tasto "mi piace" o a pagarne le conseguenze con multe salate.
"Chiunque visiti facebook.com o utilizza un plug-in deve aspettarsi che lui o lei saranno monitorati dalla società per due anni".
Facebook ha fortemente negato le affermazioni di Weichert.
La Germania, con le sue politiche rigorose sulla privacy online, si è trovata negli ultimi anni ripetutamente in contrasto con Facebook e altri giganti del Web.
Il Garante della Privacy tedesco ha chiesto che gli utenti di Facebook ottengano un maggiore controllo sulla loro e-mail come anche per Google per permettere alle persone che vogliono scegliere lo strumento per offuscare le immagini delle loro case.
Secondo Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, la misura adottata dal garante della privacy tedesco è eccessiva perché un utilizzo consapevole del social network non riteniamo possa essere invasivo della privacy più di tanti altri strumenti che magari occultamente ci sottraggono informazioni e dati sensibili.

domenica 21 agosto 2011

Bere fino a stordirsi o binge drinking favorito dai miscugli con gli energy drink


È ora che si introduca l’obbligo sulle lattine di “Red Bull” e simili, di indicare adeguati avvertimenti.
Sono tra le bevande alcoliche più consumate delle ultime estati. Sono un miscuglio a base di energy drink, in particolare la famigerata “Red Bull”, alcol, soprattutto vodka e ghiaccio.
Non c’è pub, discoteca o luogo di ritrovo di giovani dove non si assista a vere e proprie maratone di bevute di queste bevande.
Per carità, sono tutte legali, ma il mix prolungato e qualche bicchiere di troppo sono causa di sbornie indimenticabili e purtroppo anche di incidenti per chi si mette alla guida sotto il loro effetto.
Infatti, non è più solo un’ipotesi, quella secondo cui l’alto tasso di caffeina contenuto negli energy drink provochi all’individuo già sotto effetto di alcol, un’apparente sensazione di sobrietà che può condurlo a compiere azioni impegnative, senza rendersi conto che le proprie capacità di reazione e valutazione sono inevitabilmente alterate. Quanti, infatti, si mettono alla guida convinti di stare “a posto”!
Perché effettivamente, secondo quanto sostengono numerosi giovani intervistati che le bevono abitualmente, ingurgitando questi miscugli si ha una maggiore facilità di bere più bicchieri anche perché la sensazione di stordimento è apparentemente offuscata dalle altre sostanze contenute nelle “bevande energetiche”.
Secondo Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” poiché è pressoché impossibile vietare la vendita di tali prodotti e quindi proibire i mix tra alcol e energy drink, è assolutamente necessario e improrogabile che sia introdotto per legge l’obbligo d’indicare sulle lattine ed etichette di questi prodotti alcune indicazioni ed avvertimenti tipo quello di non miscelarli con l’alcol sulla falsariga di quanto già avviene in altri Paesi europei, come la Francia dove è da tempo inserito l’obbligo di mettere delle avvertenze speciali quali ad esempio il divieto di somministrazione alle donne incinte e a persone che hanno avuto attacchi cardiaci.

Allarme antibatterici chimici


Allarme antibatterici chimici. Il triclosan nel mirino della F.D.A., l’ente federale statunitense per la sicurezza alimentare, ma non è stato mai bandito dal mercato nonostante alcune società produttrici di saponi per precauzione lo abbiano già eliminato come componente dei propri prodotti

Il Triclosan è in gran parte dei saponi commercializzati nel mondo, il principio attivo contenuto in tali prodotti ma anche in dentifrici, che vengono commercializzati come antibatterici o antimicrobiologici e che spicca ancora in bella vista sull’etichette di moltissimi di questi, nonostante numerose associazioni dei consumatori, ma anche qualche produttore, abbiano avviato da tempo alcune battaglie per bandirlo poiché sarebbe causa di possibili danni alla salute.
In particolare, diversi studi avrebbero dimostrato che il triclosan potrebbe alterare la regolazione ormonale negli animali da laboratorio o causare resistenza agli antibiotici, tant’è che al di là delle cause intentate da alcuni gruppi di consumatori anche membri del Congresso statunitense si starebbero battendo per vietare la messa in commercio di prodotti a base di tale tipo di antisettico.
Così il triclosan è finito anche nel mirino della F.D.A., la Food and Drug Administration, ossia l’ente americano che vigila sulla sicurezza alimentare che ha avviato una propria indagine conoscitiva che però non si concluderà prima della fine dell’anno prossimo, anche perché tale inchiesta federale potrebbe determinare non pochi “grattacapo” per i produttori di saponi a base di antimicrobici e antibatterici, che rappresentano circa la metà del mercato americano pari a 750 milioni di dollari, secondo la società di ricerche di mercato Kline & Company.
Chiaramente le industrie produttrici di saponi e prodotti a base di triclosan si sono sbrigate immediatamente a smentire ogni possibile rischio per la salute da parte dei propri prodotti, anche perché gli stessi sarebbero sul mercato ormai da decenni.
L’altra faccia della medaglia da parte dei produttori è rappresentata dal fatto che non appena le associazioni consumistiche statunitensi hanno avviato campagne contro il triclosan, alcuni grandi gruppi industriali hanno rimosso e sostituito gli ingredienti meno controversi.
Per esempio, la Colgate-Palmolive ha sostituito il triclosan con acido lattico nel sapone liquido antibatterico Dish Palmolive , ed il Softsoap, sapone liquido per le mani, è stata riformulato nella sua composizione chimica.
Colgate, tuttavia, continua ad utilizzare triclosan nel suo dentifricio Colgate Total, perché è stato dimostrato assai efficace per combattere gengivite, come approvato proprio dall’FDA e “supportato da oltre 70 studi clinici su oltre 10.000 pazienti" ha annunciato la società in un comunicato.
Ma nell’ambito della polemica innescata negli States vi è da riferire quali sono le cause che hanno scatenato tale bagarre tra associazioni dei consumatori da una parte ed industrie produttrici dall’altra.
Gli studi che accennavamo prima, avrebbero dimostrato che il triclosan sconvolgerebbe a lungo termine l'ormone tiroideo in rane e topi, mentre altri avrebbero stabilito che triclosan altererebbe gli ormoni sessuali degli animali da laboratorio. Altri studi avrebbero dimostrato che il triclosan può causare un’ultra resistenza di alcuni batteri agli antibiotici.
A loro volta gli industriali del settore hanno replicato che le prove contro il triclosan erano poco convincenti e che la sostanza chimica è stata utilizzata in modo sicuro nei prodotti di consumo e negli ospedali per decenni ed inoltre, che non ci sarebbe alcuna prova che il triclosan avrebbe causato resistenza agli antibiotici.
Per quanto riguarda gli studi che avrebbero dimostrato che il triclosan sia un interferente endocrino, hanno spiegato, che gli animali utilizzati negli studi sono stati sottoposti a livelli tali che non sarebbero mai paragonabili a quelli ai quali siamo sottoposti a nell’uso quotidiano.
Ma veniamo all’Europa e alla Nostra Italia.
Ad oggi, secondo Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, non risulterebbe avviata nel Vecchio Continente da parte degli enti di controllo deputati, alcuna indagine, anche di natura conoscitiva sui possibili pericoli connessi all’utilizzo frequente di antibatterici contenuti in saponi e dentifrici.
Stante la natura degli interessi coinvolti, la salute dei cittadini da una parte e gli interessi finanziari di multinazionali dall’altra, al di là delle polemiche e delle voci, sarebbe comunque utile ed opportuno un intervento da parte degli organi di controllo a partire dal Ministero della Sanità per avviare un inchiesta sugli effetti del triclosan e degli antibatteri contenuti nei saponi e dentifrici anche in Italia.

sabato 20 agosto 2011

Sicurezza: in forte aumento i furti con scasso in Italia. Le residenze principali sempre più a rischio.


Secondo l'Osservatorio nazionale del crimine, il numero di furti sta vivendo un forte aumento in Italia. Tra agosto 2010 e luglio 2011 sono stati segnalati furti con scasso in percentuale maggiore rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Un incremento del 7%. E che includono residenze principali che risultano sempre più a rischio in più derubate durante quel periodo.
Trend in aumento anche il fenomeno della violenza giovanile che è diventato argomento di estrema importanza. Sono, infatti, aumentati i comportamenti aggressivi tra i minori : il bullismo a scuola , i furti o i ricatti ai coetanei per impadronirsi di status symbol (il telefono cellulare,il giubbotto di marca,il motorino).
Anche per i ragazzi punibili penalmente, quelli cioè che hanno un’età compresa tra i 14 e i 18 anni, il numero dei denunciati è in aumento. Oltre al sensibile aumento delle denunce, si assiste anche a un cambiamento della “qualità” della criminalità minorile, nel senso di una crescente gravità dei reati loro attribuiti. Infatti, nell’arco temporale considerato, l’aumento più consistente riguarda i cosiddetti delitti contro la persona e la famiglia, rispettivamente del 74,25% e dell’82,82%. I reati contro il patrimonio segnano un minore anche se consistente aumento percentuale: “solo” del 46,57%.
I risultati del contrasto alla criminalità organizzata nell’ultimo anno hanno fatto registrare, «l’arresto di più di 9000 mafiosi, con un aumento del 31%, la cattura di 32 latitanti di massima pericolosità, con un incremento del 78% e sono stati tratti in arresto 470 latitanti totali, con un aumento del 19%. Le operazioni di polizia giudiziaria, infine, sono arrivate a 818 complessivamente».
Nell’aggressione ai patrimoni si è sviluppata un’azione molto intensa che ha portato risultati significativi, «sono stati sequestrati 42.832 beni, di cui 2.486 aziende per un controvalore di circa 19mila miliardi di euro, che rappresenta un incremento di più di tre volte rispetto ai risultati dello stesso periodo precedente». Le confische sono anch’esse rilevanti «con 7.747 beni per un controvalore di più 4miliardi e 209 miloni di euro, che rappresenta quasi sei volte il risultato rispetto al triennio precedente. La distribuzione geografica vede le prime sei regioni che hanno la quasi totalità dei beni. Sono principalmente del sud: la Sicilia, seguita dalla Campania, il Lazio, la Calabria, la Puglia e, buon sesto posto per la Lombardia, che è tra le prime come presenza di beni sequestrati e confiscati alla criminalità. Queste sei regioni fanno registrare 22.5 miliardi di euro pari al 97% del valore complessivo».
Sul fronte della sicurezza stradale sono diminuiti - nel 2010 rispetto al 2009 - sia gli incidenti che il numero delle persone decedute e ferite, grazie all’attività di prevenzione ed ai sistemi di tutoraggio sulle autostrade. Il ministro Maroni ed il titolare della Giustizia hanno annunciato, a tale proposito, l'intenzione di proporre l'introduzione nel nostro ordinamento penale del reato specifico di ‘omicidio stradale’. Questo nuovo reato va distinto dall' ‘omicidio colposo’, e consentirebbe di sanzionare severamente coloro che si rendono colpevoli di omicidi mettendosi al volante ubriachi o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti.
Risultati confortanti sono stati raggiunti anche nell’ambito dell’ordine pubblico, ovvero le manifestazioni di piazza di ogni tipo e nella sicurezza negli stadi. Quest’ultima soprattutto grazie all’introduzione della Tessera del tifoso.
Infine l’immigrazione, tema di grande attualità: fino al 31 luglio sono sbarcati in Italia 24.769 migranti provenienti dalla Tunisia e 23.267 dalla Libia con oltre 13mila rimpatri fino al 31 luglio.
Secondo Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”,tra questo altanelante numero di dati un elemento che indubbiamente suscita preoccupazione è l’aumento del 67,40% dei minori di anni 14 denunciati. Tale aumento ha avuto il suo picco più evidente nel 1990, attestandosi poi negli anni successivi.
Sembra in sostanza che si sia verificata una sorta si preconizzazione dell’ingresso nel circuito penale da parte di minorenni. Tale dato desta un certo allarme, in primo luogo, in quanto sono ragazzi, anzi bambini, in certi casi, che hanno meno di 14 anni; in secondo luogo, perché si tratta di quella fascia di età che nella nostra legislazione non è perseguibile penalmente ma può incorrere nelle cosiddette misure di sicurezza (il riformatorio giudiziario e la libertà vigilata).

venerdì 19 agosto 2011

Donne e Alcol in Italia: secondo uno studio europeo il trend di consumo di alcolici tra le donne sarebbe in aumento


Donne e Alcol in Italia: secondo uno studio europeo il trend di consumo di alcolici tra le donne sarebbe in aumento e ora sono quasi alla pari con gli uomini. L'ultima moda è astenersi dal cibo per abbuffarsi di alcol.

Il consumo femminile di bevande alcoliche in Italia ha seguito un andamento parallelo a quello del mutamento del ruolo sociale della donna.
La donna italiana ha conquistato spazio sia nel mondo del lavoro che in ambito sociale e ciò ha determinato una sua maggiore disponibilità economica, maggiori contatti sociali e più tempo passato fuori casa impegnate in attività ricreative o lavorative. Questi cambiamenti sociali trovano riscontro anche nelle variazioni nel consumo di bevande alcoliche, sia per quanto riguarda gli stili e le occasioni, che per quanto attiene alle quantità.
Infatti se fino a qualche anno fa i maggiori consumatori di alcol erano gli uomini, ultimamente anche le donne hanno aumentato il consumo di bevande alcoliche. Ad oggi circa il 56,9% delle donne italiane consuma alcol rispetto al 43% degli anni Ottanta. Il maggiore consumo di alcol si registra trasversalmente per le varie fasce di età: a consumare più bevande alcoliche non sono solo le più giovani, ma anche donne di oltre quarant’anni e quelle anziane. Ogni anno circa 25.000-35.000 persone muoiono per problematiche connesse all’alcol e di esse circa 7.000 sono donne.
Nel complesso, il 4,5 per cento sono stati considerati bevitori festivi, nel senso che bevono sei o più drink in una sola seduta, almeno una volta al mese. In media, fra tutte le fasce di eta’, la piu’ consumata e’ la birra e di seguito il vino, per quantita’ in litri, per avventori invece vino, birra e altro.
In Europa l’Olanda è il paese dove le donne consumano maggior alcol, seguita dalla Gran Bretagna. mentre si conferma un consumo abbastanza omogeneo per entrambi i sessi nelle diverse zone italiane, con una leggera prevalenza delle regioni del Nord Est rispetto al Nord Ovest e al Centro, mentre al Sud le percentuali sono leggermente più basse.
A questo si aggiunge un fenomeno che ha cominciato a preoccupare gli specialisti dei disturbi alimentari negli Stati Uniti ma che ha già preso piede anche in Europa. Si chiama drunkoressia e si tratta di una forma di anoressia «preventiva» praticata dai giovanissimi, ma soprattutto dalle ragazze, che smettono di mangiare nel fine settimana per poi poter bere alcolici (che sono molto calorici) in tutta libertà e senza prendere chili. Nata negli Stati Uniti, è una moda che sta dilagando anche in Italia soprattutto tra le adolescenti che vogliono restare magrissime.
Le persone, conclude Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, non si rendono conto dei pericoli associati al consumo di alcol che causa conseguenze gravi per la salute. Secondo gli scienziati il corpo della donna è più vulnerabili e sono meno in grado di far fronte al pesante consumo.

giovedì 18 agosto 2011

Tempi duri per i centri estetici. Dal 30 luglio in vigore il decreto che li regolamenta


Dopo oltre un ventennio di attesa arriva il decreto interministeriale (ministero dello Sviluppo economico e ministero della Salute) che regolamenta i centri estetici disciplinandone ogni aspetto ed obbligando i gestori ad adeguarsi alle nuove direttive contenute nel regolamento pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale lo scorso 15 luglio e quindi vigore già dal 30 luglio.
Il decreto ha infatti colmato un vuoto normativo che durava da più di vent’anni relativamente a questo settore, non a torto considerato borderline tra la medicina e la pratica estetica ed in particolare dalla legge n. 1 del 1990, che aveva avviato la prima disciplina della professione di estetista ma lasciava una serie di lacune che dovevano essere colmate da specifiche norme d’attuazione che sono tardate ad arrivare.
Va specificato che l’atto regolamentare non ha innovato nulla circa i requisiti necessari per svolgere la professione di estetista ma ha stabilito le direttive da seguire - dai macchinari alle procedure - per chi vuole fare impresa in questo settore e tutelando in maniera decisiva la sicurezza di operatori e utenti.
In particolare relativamente due aspetti sono stati messi sotto la lente dei ministeri: abbronzatura artificiale e trattamenti con utilizzo di apparati laser. Per tali ragioni è stato aggiornato il vetusto elenco delle apparecchiature "estetiche" riportato nella legge 1 dell’ormai lontano 1990 e, soprattutto, ha fornito per ognuna di esse, una scheda tecnico-informativa con finalità di utilizzo in campo estetico, modalità di esercizio, cautele d'uso e conoscenze specifiche per l'utilizzatore di ciascuna tipologia di apparecchio
È noto, infatti, che i macchinari utilizzati nei centri di bellezza, a seconda del tipo di energia irradiata, possono esporre il cliente e, in alcuni casi, l'operatore che le utilizza, a varie tipi di pericoli (elettrico, meccanico, termico, da radiazioni, da vibrazioni), con potenziali rischi relativamente allo stato di salute di chi si espone, in termini di danni immediati o, in alcuni casi, a lungo termine.
Ora i gestori - conclude Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” - si dovranno adeguare e dovranno adottare numerose misure che riguarderanno obblighi di sicurezza ed informativi che non erano previsti prima dell’emanazione della norma.

Nigerian Connection: dalla tratta alla prostituzione


Una massiccia presenza di nigeriane sulle strade italiane coinvolte nella rete della criminalità organizzata, dalla prostituzione al traffico di esseri umani. In provincia di Lecce aumentano di numero con l’arrivo dei lavoratori africani giunti a frotte da varie parti d' Italia per la raccolta dei cocomeri e dei pomodori.

Ogni anno decine di migliaia di africani occidentali emigrano in Europa alla ricerca di una vita migliore. Ma per alcuni di loro la ricerca si concluderà in tragedia, in quanto vittime di gang mafiose che predano le speranze dei disperati. Nel sud Italia, sono le donne nigeriane le più sfruttate, fino a finire intrappolate nel mondo da incubo del commercio del sesso.
Secondo lo United Nations Interregional Crime Research Institute, l'Italia ora è la destinazione principale per più di 10.000 prostitute nigeriane, vittime del traffico da Benin City a città europee.
Il gioco è facile per loro in Italia per l'elevato numero di clienti italiani che cercano giorno e notte le prostitute
Ma il traffico nigeriano di esseri umani è spesso associato con il contrabbando di droga.
Le donne e le ragazze sono spesso costrette a sottoporsi ad un giuramento con un rituale voodoo detto “Juju” che le impegna a rimborsare i soldi che devono ai loro contrabbandieri, pena la morte.
Quando arrivano in Europa, scoprono che l'unico modo per farlo è accettando di lavorare nel commercio del sesso. Le ragazze spesso pensano che, una volta giunte in Italia, avranno l’occasione di studiare o lavorare per migliorare le condizioni economiche proprie e della famiglia rimasta in Nigeria ma, attualmente circa il 70% di loro sanno già dal Paese di origine che si dovranno prostituire anche se non sono consapevoli del modo in cui eserciteranno la prostituzione né delle condizioni cui saranno soggette.
Una volta arrivate in Italia, le ragazze vengono consegnate alla maman che le priva dei documenti e degli effetti personali. Offre loro un posto in cui vivere (posto che dovranno pagare), una sorta di preparazione al lavoro che dovranno svolgere oltre ad adoperarsi a subordinare le ragazze anche attraverso rituali magici affinché il loro grado di soggezione sia sufficiente ad assicurarsi la loro obbedienza.
Sulle strade della provincia di Lecce si nota una massiccia presenza di prostitute nigeriane che aumentano di numero con l’arrivo dei lavoratori africani giunti a frotte da varie parti d' Italia per la raccolta dei cocomeri e dei pomodori. Le donne arrivano da Bari con il treno alla stazione di Lecce la mattina alle 7,30, avviandosi poi per via Lequile passando per il sottopassaggio dove si fermano. Lì ad aspettarle ci sono gli italiani che in cambio di una prestazione sessuale gratuita le accompagnano sino alla SS 16 tra Lequile e Nardò dove le lasciano. La sera ritornano in provincia di Bari da dove sono arrivate. Alla fine della stagione della raccolta alcuni dei clienti avranno contratto malattie veneree.
Secondo Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, questa organizzazione è più forte che mai. Dobbiamo fermarli prima che prendano il pieno controllo della nostra regione
evitando di contribuire ad alimentare il mercato della prostituzione da tratta.

mercoledì 17 agosto 2011

Eutanasia: riesplode il dibattito in Francia dopo il caso del medico di pronto soccorso sospettato di averla compiuta su almeno quattro dei suoi pazie


Eutanasia: riesplode il dibattito in Francia dopo il caso del medico di pronto soccorso sospettato di averla compiuta su almeno quattro dei suoi pazienti. Che si sia d’accordo o meno, l’Italia è sempre in ritardo anche sui temi etici e non c’è ancora una legge che regola la fine della vita


Nella vicina Francia, proprio in questi giorni è riesploso il dibattito dopo che, a Bayonne nel sudovest del paese transalpino un medico del locale pronto soccorso è stato indagato per aver compiuto l’eutanasia attiva su almeno quattro dei suoi pazienti anziani in condizioni molto gravi.
Sin da subito, come sovente accade quando si tratta di temi “forti”, il web si è mobilitato in suo favore: sul sito mesopinions.com, è stata avviata immediatamente una petizione a sostegno dell’accusato che ha raccolto centinaia di firme in meno di 24 ore.
Vi è da specificare, però che la Francia ha avuto il coraggio di regolamentare l’eutanasia già dal 2005 con la celeberrima legge Leonetti che legalizza, di fatto, la cosiddetta eutanasia passiva, consentendo in alcuni casi la possibilità d’interrompere i trattamenti medici e la somministrazione di farmaci per il dolore, in dosi potenzialmente fatali.
L’Eutanasia "attiva" invece è legale solo in due paesi europei, Paesi Bassi e Belgio.
Al di là del pensiero di ciascuno di noi, su di un tema così delicato, ciò che però emerge nel nostro Paese, secondo Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” e che l’Italia è sempre in ritardo anche sui temi etici e non c’è ancora una legge che regola la fine della vita.
È evidente, quindi, da parte di larghe fasce della politica nazionale il volersi sottrarre dalla discussione su temi etici fondamentali che riguardano l’esistenza e la sofferenza di centinaia di migliaia di cittadini.

Tutela della salute: importante scoperta per individuare precocemente il cancro dell'ovaio


Una sostanza chimica nel sangue potrebbe un giorno aiutare i medici ad individuare precocemente il cancro ovarico che come è noto è di difficile individuazione nella sua fase iniziale.
A sostenerlo è un equipe del Rush University Medical Center di Chicago in una ricerca pubblicata sull’autorevole rivista “Cancer Epidemiology, Biomarkers & Prevention” edita dalla Società Americana per la Ricerca sul Cancro.
Il team statunitense ha scoperto un marcatore del sangue delle donne che hanno il tumore ovarico, ma non in quelli sani.
Il cancro ovarico, come ribadito, è difficile da individuare precocemente, il che significa che può rimanere nascosto fino a quando è in fase avanzata e perciò molto più difficile da trattare. I primi sintomi sono costituiti da un dolore nel basso ventre e una sensazione di pienezza nell'addome.
I ricercatori hanno testato alcune donne cercando l’anticorpo “mesotelina”, una sostanza presente sulla superficie delle cellule del cancro alle ovaie.
Gli anticorpi sono stati trovati nel sangue della maggior parte delle donne con tumore ovarico, così come le donne con infertilità dovuta a problemi con l'ovaio, mentre non erano presenti in donne sane, hanno sostenuto gli scienziati.
Secondo altri istituti di ricerca questi primi risultati sono interessanti, ma ulteriori studi dovranno essere sperimentati su più donne al fine di confermare se questa molecola potrebbe essere utile nella diagnosi precoce del cancro.
Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, che ritiene opportuno riportare tale scoperta, ricorda che la diagnosi precoce del cancro ovarico è una delle vie più incoraggianti per prevenire le morti per questa malattia che colpisce migliaia di donne all’anno in tutto il globo.

martedì 16 agosto 2011

Fermiamo i rave. Lo “Sportello dei Diritti chiede l’intervento anche della polizia postale per bloccarli in tempo.


Si susseguono sulla stampa le notizie di rave non autorizzati bloccati dalle varie forze di polizia su tutto il territorio nazionale e tutti uniti da un minimo comune denominatore: sono raduni quasi sempre sprovvisti di qualsiasi autorizzazione da parte delle autorità competenti che arrivano ad ospitare migliaia di giovani in luoghi lontani dai centri abitati, tipo boschi e campagne, ricettacolo di droghe e di musica elettronica a frequenze altissime, ma soprattutto sono quasi tutti auto-organizzati attraverso un passaparola che utilizza il web quale principale strumento di comunicazione e d’incontro virtuale.
Non più, quindi, solamente attraverso i tradizionali canali di comunicazione, quali il cosiddetto “pierraggio”, ossia attraverso alcuni soggetti che si sobbarcavano l’onere di contattare quanta più gente possibile anche attraverso locandine sparse nei comuni contigui al luogo ov’era previsto l’evento.
Oggi, invece, l’utilizzo della rete consente di contattare in maniera rapida ed in forma pressoché anonima migliaia di persone da ogni luogo ed anche dall’estero e per tali ragioni, questi eventi diventano sempre più grandi e sempre più incontrollabili.
Tali nuove possibilità, sono purtroppo, troppo spesso, causa di conseguenze sulla salute di chi li frequenta, tant’è che non sono rari i casi di gravi lesioni o morti di giovanissimi, conseguenti alla frequentazioni di questi luoghi, per l’utilizzo di sostanze stupefacenti che riescono a scorrere a fiumi proprio perché non sono sottoposti ad alcun controllo.
Per tali ragioni, Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, affinché non si verifichino più fatti gravi come quelli già accaduti anche nel recente passato e trovandoci in un periodo clou in relazione ai rave che d’estate si moltiplicano in ogni regione del Territorio nazionale, chiede l’intervento delle Autorità, a partire dalla polizia postale che con il suo prezioso lavoro può essere in grado in fase preventiva di verificare la sussistenza di requisiti minimi di liceità relativi a questi party individuandone gli autori ed in fase successiva può inviare segnalazioni alle autorità locali affinché provvedano a fermare quelli già in corso se non provvisti delle regolari autorizzazioni.

Boom di radiazioni. Un rischio per la salute pubblica


Proprio in questi giorni il Ministro della Salute Ferruccio Fazio, nel rispondere ad un’interrogazione parlamentare, ha portato alla ribalta un problema che è stato troppo spesso sottovalutato: quello dei rischi connessi all’esposizione troppo frequente alle TAC, specie per i più piccoli.
La questione, però, non riguarda solo le TAC e i bambini che comunque sono i soggetti più a rischio essendo gli stessi maggiormente radiosensibili ed avendo una più lunga aspettativa di vita, ma negli ultimi anni, a causa dell’evoluzione degli strumenti diagnostici, sempre più affidabili ma anche sempre più invasivi, la quantità media di radiazioni assorbite tramite il cosiddetto imaging diagnostico (Raggi “X”, TAC, risonanze magnetiche e così via) è arrivata a livelli inimmaginabili solo qualche anno or sono.
Tra le novità sul mercato della diagnostica, vi è da segnalare quanto fanno alcuni studi dentistici ed altri specialisti, come rivela il New York Times in una sua inchiesta, che stanno adottando in maniera indiscriminata un nuovo dispositivo di scansione che emette radiazioni significativamente più forti rispetto ai metodi tradizionali, noto come cone-beam CT scanner, che da una parte fornisce chiarissime immagini 3-D di denti, radici, mascella e persino cranio, ma dall’altra viene spacciato in riviste o conferenze ad hoc, come completamente innocuo da dentisti prezzolati o sponsorizzati dai produttori, mentre è pur sempre uno strumento invasivo.
Come dicevamo, un utilizzo eccessivo e prolungato di queste nuove tecnologie può rappresentare un pericolo per la salute dei cittadini che continuiamo a sottovalutare, denuncia un Rapporto del National Council on Radiaction Protection and Measurement che secondo Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” dovrebbe essere diffuso anche nel Nostro Paese per captare maggiore attenzione da parte di chi dovrebbe vigilare sulla salute pubblica.
Il Rapporto stima che negli Stati Uniti - ma in Europa i dati dovrebbero essere del tutto simili - dal 1980 a oggi la quantità di radiazioni pro capite assorbite in questo modo dai cittadini è aumentata di ben sette volte. Tutto ciò sarebbe l’ovvia conseguenza del ricorso troppo facile all'imaging diagnostico, che costituisce anche una voce di bilancio importante dei vari sistemi sanitari.
Come è noto, infatti, l’utilizzo della diagnostica ad immagini è ormai uno dei fulcri della medicina generale e di gran parte delle varie branche, tanto che possiamo concordare sulla circostanza che costituisca uno strumento pressoché indispensabile per certi aspetti, ma per altri, dovrebbe essere utilizzato con maggior prudenza specie tra i giovani perché aumenta, seppur non di molto, l’incidenza del rischio del cancro.
Per tali ragioni chiediamo al Ministero della Sanità di avviare immediatamente la campagna promessa di prevenzione ed informazione, al fine di far comprendere che l’utilizzo frequente e non a fini indispensabili della diagnostica ad immagini può essere causa di gravi problemi della salute specie dei più piccoli, con effetti che si verificano a lungo termine.

Manovra economica: antichi privilegi continuano a permanere. La Chiesa Cattolica anche questa volta non viene toccata dai tagli


Quest’interminabile crisi economica e la necessaria riduzione della spesa pubblica, portano delle conseguenze inevitabili in termini di sacrifici per il popolo italiano, da sempre vessato da livelli di tassazione tra i più alti nel mondo sviluppato ed al quale si chiedono ulteriori sacrifici che comporteranno tagli al welfare, mentre circola più di una voce che verranno toccati anche alcuni diritti dei lavoratori conquistati col sudore nel corso di decenni di lotte.
Al di là del merito, della criticabilità e dell’incertezza delle singole misure da adottarsi al fine di evitare la terribile sciagura di un default dello Stato, una certezza appare quantomai evidente all’orizzonte degli italiani: ancora una volta non tutti i privilegi verranno minimamente sfiorati, ancora una volta a pagare, direttamente o indirettamente saranno i singoli cittadini, ancora una volta qualche casta presente in maniera più o meno strisciante sul Nostro Territorio nazionale verrà lasciata tranquilla a godere dei suoi vantaggi, esenzioni, benefici, concessioni.
Ma questa volta non parliamo della casta della politica e dei politicanti, già giustamente sotto attacco e nella mente dei cittadini quale la principale artefice di un possibile collasso di tutto il sistema economico – finanziario.
Nessuno ne parla, infatti, né tantomeno una delle dirette interessate proferisce parola, quando è solita entrare, a volte a gamba tesa, nel dibattito politico per esporre la sua autorevole opinione e la sua forza persuasiva anche su temi che non la riguardano direttamente. Non ne parla perché è una delle privilegiate, esentate, beneficiate e come tale un commento di qualsiasi suo esponente potrebbe spostare il malcontento anche su se stessa, anche se il commento potrebbe, anzi dovrebbe riguardare l’ingiustizia di alcune delle misure prese nei confronti dei cittadini e dello stato sociale.
Si, stiamo parlando della Chiesa Cattolica italiana, che stando alle determinazioni adottate dal Governo, anche questa volta rimane esentata dai tagli e dalla scure del Ministro Tremonti e potrà continuare a godere permanentemente dei suoi privilegi, ora più che mai difficili da giustificare.
Con quanto affermato, Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, non vuole apparire come anticlericale, perché riconosce l’importante ruolo della Chiesa cattolica all’interno della società italiana, ma si riferisce all’indubbia circostanza che se tutti devono fare sacrifici, siano veramente tutti a farli; se il Capo dello Stato richiama tutti al senso di responsabilità, che questo appello abbia anche delle conseguenze sui benefici concessi al Vaticano in una sorta di meccanismo perequativo, affinché finalmente in Italia si avvii un processo di civiltà volto ad abolire, anche gradualmente i privilegi di qualsiasi natura, le concessioni verso qualsiasi casta.

lunedì 15 agosto 2011

Cancro: importante scoperta che apre le porte alla cura per circoscrivere il moltiplicarsi delle cellule tumorali nel corpo


Gli scienziati del britannico Institute of Cancer Research hanno scoperto come le cellule cancerose siano in grado di "muoversi" trasformandosi in tumori, offrendo importanti spunti per la messa a punto di nuovi farmaci per prevenirne la diffusione.
Una notizia che secondo Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, non deve rimanere circoscritta al ristretto mondo della scienza, ma dev’essere conosciuta anche dai profani, affinché la ricerca stessa sia spronata nell’incessante studio per debellare questa grande piaga che incombe sull’umanità.
I ricercatori sono convinti di aver identificato una proteina denominata “JAK” che aiuta le cellule tumorali generando la forza necessaria a muoversi.
Come è noto, infatti, quando il cancro si sviluppa, con il noto processo chiamato metastasi, diventa molto più difficile da trattare, tanto che si pensa che il 90% delle morti conseguenti a tumori si verifichi dopo il sorgere delle metastasi.
Gli scienziati dell'istituto di ricerca britannico, che hanno indagato sulle sostanze chimiche coinvolte nella migrazione cellulare nel melanoma – il famigerato cancro della pelle - sostengono che i processi venivano controllate dalla stessa sostanza chimica ossia la stessa molecola, chiamata “JAK”.
La molecola “JAK” non è un nome nuovo tra le molecole studiate come “colpevoli” nei processi legati allo svilupparsi tumori. La stessa proteina è stata già presa di mira dagli scienziati nella lotta alla leucemia, tant’è che sono già allo studio alcuni farmaci che sono già in fase di sviluppo.
Lo studio in questione ha rivelato che tali farmaci potrebbero anche arrestare la diffusione del cancro ed hanno pensato di effettuare già nei prossimi anni studi clinici per verificare se questi agenti potranno fermare la diffusione delle cellule tumorali nel corpo umano.
Secondo il dottor Lesley Walker, direttore del Cancer Research UK, quella in corso sarà una sfida gigantesca nel trattamento del cancro che servirà ad impedirne la diffusione in tutto il corpo e a mantenerlo a bada una volta già diffuso.

Eolico selvaggio. A Lecce, le pale eoliche sulla tangenziale. Ma sono a norma?


Ma i casi riguardano tutto il Territorio nazionale

Al dibattito infuocato sull’utilizzo di energie alternative, in particolare fotovoltaico ed eolico, che se da una parte costituiscono una possibile soluzione ai problemi di approvvigionamento energetico, dall’altra sono ormai giustamente sott’accusa non solo da parte delle associazioni ambientaliste per un uso spropositato delle stesse a danno del territorio, si aggiunge un nuovo capitolo riservato alle distanze minime da strade e centri abitati.
A Lecce, alcune mini pale, che poi mini non sono in quanto hanno un’altezza di 30 metri per una potenza dichiarata di 250 kilowatt, le hanno installate addirittura sulla tangenziale, proprio a ridosso dell’anello cittadino, senza che nessuno battesse un ciglio, mentre le stesse a distanza di mesi fanno bella mostra a chiunque percorra l’importante bretella gestita dall’ANAS.
Va bene la scelta dei governi cittadini di guardare all’alternativo per ridurre la bolletta a carico dell’amministrazione, ma ci pare che nel caso di specie la distanza dalla strada sia così ridotta che al di là dei dispositivi di sicurezza installati e della “tenuta” dell’impianto, vi siano dei rischi oggettivi per quanti passano da quel luogo perennemente soggetto al traffico extraurbano.
Non vogliamo apparire, infatti, come menogrami ma solo alcuni mesi fa, in particolare l’08 gennaio 2010 e non molto lontano dal luogo ove sono situate le due turbine, abbiamo l’obbligo di ricordare l’episodio di una mini-pala che a causa di un vento impetuoso di scirocco iniziò a perdere pezzi con grave pericolo per tutta la zona circostante: ma di questi fatti, nel territorio nazionale ormai se ne contano a decine.
Secondo Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, che proprio nei giorni scorsi si trovava per caso ad osservare il vorticoso girare delle due turbine al fortissimo vento di tramontana che soffiava sul Salento, è lecito chiedersi se le due pale eoliche siano state installate nel rispetto delle distanze minime dal ciglio della strada che secondo le linee guida della regione Puglia dovrebbero essere per quelle provinciali o nazionali superiori a 4 volte il diametro dell’elica e comunque non inferiore a 300 m.
Ma questo vale per tutti gli impianti dislocati nel Belpaese per i quali non smetteremo di chiedere la verifica del rispetto di tutti i parametri di legge, ma prima di tutto del Territorio e dell’ambiente circostante.