mercoledì 30 ottobre 2013

Attacco alla privacy. Il furto di dati ad Adobe violati 38 milioni di account

Attacco alla privacy. Il furto di dati ad Adobe molto più grave dei 3 milioni inizialmente comunicati. Violati 38 milioni di account. Gli hacker avrebbero anche trafugato parti del codice sorgente di Photoshop Il 4 ottobre scorso l’associazione “Sportello dei Diritti”, segnalava per prima in Italia il gravissimo attacco informatico a danno di Adobe Data Systems USA. Nelle due settimane precedenti, infatti, i sistemi della società informatica produttrice tra l’altro dei programmi software come Adobe Reader per i file PDF e Photoshop, erano stati violati e i codici di alcuni dei suoi software più popolari erano stati sottratti. A seguito di tale azione criminosa, il colosso informatico aveva rivelato che erano stati trafugati i dati di tre milioni di clienti. In realtà a distanza di oltre un mese dall’attacco, la stessa società ha confermato non solo il furto ma anche che gli hacker avrebbero violato 38 milioni di account. Una cifra di molto superiore ai 2,9 milioni di utenti che in un primo momento si pensava fossero stati colpiti. Secondo quanto dichiarato da Adobe, gli hacker hanno rubato anche parti dei codice sorgente di Photoshop, il popolare programma utilizzato per ritoccare le immagini. Inoltre, sarebbero stati trafugati nomi, numeri cifrati e date di scadenza di carte di credito e debito. A questo proposito tuttavia, un portavoce dell'azienda ha precisato che tali informazioni sono state rubate 'solo' ai 2,9 milioni di utenti identificati inizialmente. Mentre per quanto riguarda gli altri 35,1 milioni di account, il furto riguarderebbe unicamente ID e password di Adobe. La società ha anche spiegato di aver adottato diverse misure per proteggere i dati dei clienti: per esempio resettando le password, in modo da prevenire accessi non autorizzati. I numeri emersi dopo tale grave colpo alla sicurezza globale, per Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” danno la conferma che dopo quelli a Vodafone e T-Mobile in Germania, e "Playstation Network" di Sony, i dati sensibili di milioni di clienti in possesso di grandi società possono essere costantemente essere messi alla mercè di più o meno abili criminali informatici nonostante le rassicurazioni di queste multinazionali. Siamo costretti, quindi, a ribadire che la questione dei sistemi di sicurezza dei dati informatici diventa un affare non solo di Stato ma globale, per la quale in assenza di adeguate tutele per i cittadini (si veda per esempio lo scandalo delle intercettazioni ad opera della NSA), lo “Sportello dei Diritti” si appella ancora una volta alla platea degli utenti ed ai consumatori affinché prestino la massima attenzione ai propri dati, e di adottare quelle semplici accortezze come quella di utilizzare password diverse per account diversi e di cambiarle regolarmente. Un altro consiglio è quello di tenere d’occhio sempre il proprio conto e di denunciare immediatamente all’autorità e alla propria banca ogni anomalia per ottenere la restituzione dell’eventuale maltolto.

Attenzione ai cerotti a base di fentanile potente analgesico oppioide sintetico

Attenzione ai cerotti a base di fentanile potente analgesico oppioide sintetico. Rischio di esposizioni accidentali nei bambini. Nuove raccomandazioni dell’FDA Con una comunicazione divulgata nella sezione dedicata al pubblico, e che Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” ritiene utile diffondere anche in Italia a tutela dei consumatori, la FDA l’Agenzia federale americana per la vigilanza sui farmaci, ha reso noto di aver approvato alcune variazioni relative ai cerotti a base di fentanile con svariati nomi commerciali tra cui Sublimaze, Actiq, Durogesic, Duragesic, Fentanest, Fentora, Onsolis, Instanyl, Abstral e altri. Queste consistono nella richiesta alle case farmaceutiche produttrici di cerotti di fentanile (sia quelle che detengono il brand name che quelle di generici), di dare migliore visibilità dell’etichettatura su ciascun cerotto, recante il nome del farmaco, allo scopo di ridurre il rischio di esposizione accidentale all’oppioide, soprattutto nei bambini. “Dal 1997, infatti, si sono registrati negli USA 32 casi di esposizione accidentale al fentanile. – secondo Kellie Taylor, PharmD., MPH, nella Divisione di Prevenzione errori terapeutici e di analisi della FDA - La maggior parte dei casi di esposizione accidentale è avvenuta in bambini di età inferiore ai 2 anni. Sono stati registrati 12 decessi e 12 casi per cui si è resa necessaria l’ospedalizzazione”. Il cerotto di fentanile, utilizzato da pazienti con dolore cronico, contiene un potente analgesico oppioide che, una volta applicato sulla pelle, rilascia in modo graduale il principio attivo in 3 giorni. Accade spesso, però, che dopo la sua rimozione, più della metà del contenuto iniziale del principio attivo rimanga attaccata al cerotto, con rischi enormi di esposizione accidentale, soprattutto nei bimbi. Un’esposizione accidentale al fentanile, infatti, causata dal contatto con la cute del bambino o dall’ingestione, può essere letale, rallentando la respirazione e provocando, di conseguenza, un aumento dei livelli di anidride carbonica nel sangue. I sintomi precoci di esposizione accidentale al fentanile – si legge nella comunicazione dell’ente regolatorio statunitense - sono difficili da identificare nei bambini piccoli. Di qui alcune raccomandazioni dell’FDA rivolte agli utilizzatori di cerotti al fentanile, da intendere come misure precauzionali per ridurre il rischio di esposizioni accidentali nei bambini: •conservare i cerotti di fentanile e gli altri farmaci in un posto sicuro, al di fuori della vista e della portata dei bambini. •prendere in considerazione l’opportunità di rivestire il cerotto di fentanile con un film adesivo per essere sicuri di evitare contatti extra-corporei •assicurarsi più volte nel corso della giornata che il cerotto sia ancora correttamente adeso alla cute. L’FDA fornisce anche utili raccomandazioni per il corretto smaltimento. I cerotti non dovrebbero essere gettati nel cestino domestico dei rifiuti ma, innanzitutto, dovrebbero essere piegati a metà, favorendo in tal modo l’adesione delle porzioni adesive, e smaltiti nel WC. Pur riconoscendo l’esistenza di problematiche ambientali relative a tale modalità di smaltimento, la FDA ha comunque incluso i cerotti di fentanile in un’apposita lista di farmaci che dovrebbero essere smaltiti in questo modo.

martedì 29 ottobre 2013

Il figlio può ottenere la dichiarazione giudiziale di paternità anche se la madre frequentava più uomini all'epoca del concepimento

Il figlio può ottenere la dichiarazione giudiziale di paternità anche se la madre frequentava più uomini all'epoca del concepimento. Il rifiuto del presunto padre di sottoporsi all'esame del Dna assume carattere prevalente Chi cerca di sfuggire alla propria responsabilità di genitore non sempre riesce nell’intento specie se non si sottopone alla prova che potrebbe esonerarlo da tanto. Sembra questo, rileva Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, il principio affermato dalla prima sezione civile della Corte di cassazione che, con la sentenza 24361 del 29 ottobre 2013, ha rigettato il ricorso di un presunto padre contro la decisione della Corte d'appello di Ancona che ne aveva confermato la paternità naturale. Peraltro, non è sufficiente sostenere di aver avuto una frequentazione amorosa senza rapporti sessuali per scampare alla dichiarazione di paternità, soprattutto nel caso in cui il presunto padre si era rifiutato di eseguire l'esame ematologico e anche se la madre, all'epoca del concepimento aveva frequentazioni molti uomini. La Suprema Corte allineandosi con la Corte del capoluogo delle Marche, ha precisato che «ai fini dell'accertamento della paternità naturale può essere utilizzato ogni mezzo di prova (art. 269 Cc), circostanza da cui correlativamente discende che il giudice del merito può correttamente basare il proprio giudizio in ordine alla fondatezza della richiesta avente a oggetto l'effettiva esistenza di un rapporto di filiazione, anche su risultanze di valore probatorio soltanto indiziario». Per gli ermellini, infatti, è ingiustificato il rifiuto dell'uomo di sottoporsi all'esame del Dna e, unito all'ammissione di avere avuto solo una “frequentazione amorosa” (anche se, a suo avviso, senza rapporti sessuali) con la madre, avvalora l'erroneità della linea difensiva e conferma la paternità. Ma v’è di più. A nulla rileva la circostanza che il ricorrente affermi che la donna, all'epoca del concepimento, frequentasse anche “altri”.

Dev’essere rimborsata ai consumatori l’Iva corrisposta sulla Tia

Dev’essere rimborsata ai consumatori l’Iva corrisposta sulla Tia La tariffa d’igiene ambientale ha natura tributaria ed il giudice di pace di Roma ha applicato il principio sancito dalla Corte Costituzionale riconoscendo il diritto al rimborso entro il termine prescrizionale di dieci anni L’IVA sulla Tia, la famigerata tariffa d’igiene ambientale, dopo la sentenza della Corte Costituzionale n.238 del 2009, non è dovuta poiché con la decisione in questione era già stata riconosciuta la natura tributaria di questa tassa come già accaduto per la Tarsu ed escluso che quale tributo possa essere gravato da altro tributo, in particolare l’IVA. Ne consegue che i consumatori hanno diritto al rimborso del tributo aggiuntivo corrisposto in aggiunta alla Tia. È questo il principio applicato dal un giudice di pace di Roma che con la sentenza n. 17371/2013, ha riconosciuto il rimborso a carico dell’Ama. Il giudice onorario, ha dapprima rigettato l’eccezione di incompetenza in quanto la municipalizzata capitolina riteneva che la competenza a decidere della questione fosse la Commissione Tributaria Provinciale. Nel motivare la decisione, fatto riferimento alla decisione della Consulta il magistrato ha rilevato come la controversia in questione avesse ad oggetto la legittimità del diritto dei consumatori al rimborso dell'Iva nei confronti del soggetto riscossore, Ama s.p.a., per conto dei Comuni. È noto, infatti, che tale diritto si prescrive in dieci anni (a nulla rilevando che il termine previsto per l'azione di ripetizione da parte del soggetto Iva sia invece biennale, con evidente pregiudizio per quest'ultimo laddove il consumatore agisca per il rimborso oltre il biennio, comunque sulla questione relativa all'allineamento dei termini si attende la decisione della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, che tuttavia non costituisce una pregiudiziale per cui non necessita la sospensione del processo essendo la questione irrilevante dal punto di vista del consumatore nei confronti del quale esula la competenza della Corte). Un’importante decisione, per Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” che sancisce il diritto alla restituzione delle somme indebitamente percepite a tale titolo che potrà costituire un significativo precedente per azioni analoghe che l’associazione avvierà a tutela dei consumatori in ogni comune dove si è proceduto a richiedere anche l’IVA in aggiunta alla TIA.

Salute. Le ricette italiane saranno valide anche in Francia o in Germania

Salute. Le ricette italiane saranno valide anche in Francia o in Germania quando l'assistenza transfrontaliera entrerà in vigore in tutta Europa. Lo “Sportello dei Diritti” l’aveva già annunciato da quando era stata emanata la nuova normativa europea ed ora lo ricorda al pubblico, che dal 25 ottobre è entrata in vigore la direttiva transfrontaliera che è intervenuta sulla validità delle ricette mediche in UE. Nella Crossboarder directive, si sancisce per l’appunto anche, che la ricetta per i farmaci emanata in Italia sarà valida anche in Francia e non sarà quindi più necessario andare da un medico francese. Se una prescrizione medica rilasciata da un medico nel proprio paese era valida in tutti i paesi dell'UE anche se le medicine sono concesse in licenza dalle autorità nazionali. Poteva accadere però che presentando la prescrizione medica del proprio dottore in un altro Paese, il farmaco indicato non fosse disponibile, o lo sia sotto un altro nome. Bisognava, quindi, chiedere al proprio medico di specificare le componenti del medicinale in una nota e le dosi necessarie. Adesso, si potrà richiedere una prescrizione transfrontaliera, concepita per essere utilizzata all'estero: aiuta il farmacista a capire facilmente la prescrizione, gli ingredienti del medicinale e il loro dosaggio. I prezzi delle medicine, peraltro, variano moltissimo da stato membro a stato membro. Quando si acquistano farmaci all’estero sulla base di prescrizioni mediche, in genere si paga il prezzo intero anche se questo non accade nel Paese di origine. Per ottenere il rimborso, ove possibile, dei costi sostenuti per l’acquisto di farmaci ci si può rivolgere alle varie istituzioni per la previdenza nazionale. Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” fa presente, però che in Italia però tale scadenza slitterà al 4 dicembre.

domenica 27 ottobre 2013

Alimentazione & Benessere. L'aglio un toccasana per la salute

Alimentazione & Benessere. L'aglio un toccasana per la salute. Ecco una ricetta “Aglio sott'olio” Direttamente dalla natura arrivano alcune risposte alla domanda di salute che spesso vengono confortate anche dagli studi della medicina. Esistono, infatti, piante che utilizzate nelle cucine o nelle tradizioni mediche di alcuni paesi anche da migliaia di anni, possono apportare benefici sufficientemente conclamati anche a livello della ricerca scientifica. Questa volta, Giovanni D’Agata, fondatore e presidente dello “Sportello dei Diritti, vuol parlare dei benefici ed usi dell’aglio, una pianta conosciuta fin dai tempi antichi tanto che era già utilizzata dagli Egizi nel III millennio a.C e, successivamente, dai Greci, dai Romani, dai Cinesi e dagli Indiani. Oggi viene coltivata in tutti i continenti; in Italia la maggiore produzione è localizzata in Emilia-Romagna, Veneto Campania e Sicilia. E’ una pianta perenne rustica coltivata tutto l’anno. Non a tutti piace ma basta mangiarne 1-2 spicchi al giorno per depurare i tessuti da grassi e scorie e contrastare cuscinetti, cellulite e ritenzione. Tra gli altri innumerevoli utilizzi si evidenzia anche l’ottima funzione terapeutiche dell’aglio, utili anche se c’è qualche chilo in più da smaltire: regola la pressione sanguigna, è un antibiotico naturale contro le infezioni gastrointestinali che fanno gonfiare e dilatare il girovita, è in grado di abbassare i livelli di colesterolo e trigliceridi nel sangue e ha un’azione ripulente e detossinante sul fegato e l’apparato digestivo in genere. L’aglio è naturalmente ricco di fibre. Le fibre dell’aglio contengono una grande percentuale di fibre solubili rispetto alle fibre insolubili. Queste fibre solubili hanno un ruolo importante nella regolazione dell’assunzione di alcune sostanze nutritive: permetterebbero di meglio assimilare alcuni minerali come il calcio e il magnesio. L’inulina, che costituisce la maggior parte delle fibre solubili, favorisce la crescita corretta dei bifidobatteri nel colon. Inoltre, l’aglio è una fonte di fosforo e di potassio. E 'anche importante notare la ricchezza di vitamina nell’aglio. È ricco di vitamina C (vitamina con enzimi coinvolti nella attivazione di reazioni biochimiche molteplici, tra cui molte reazioni immunologiche) e di vitamina B6 (vitamina coinvolta in molte reazioni essenziali per la vita di quelle cellule che producono globuli rossi). È anche una fonte di vitamina B1 (vitamina del sistema nervoso, responsabile tra l'altro per il buon funzionamento dei tessuti nervosi, gastrointestinali e cardiache). In sintesi l’aglio contiene una preziosa sinergia di vitamine, aminoacidi, enzimi, proteine, minerali e soprattutto sostanze anti tumorali: da recenti studi di settore sembrerebbe che l’assunzione regolare di aglio sia un ottimo “ravvivante” metabolico e sia preventiva nei confronti dei tumori causati dalle nitrosamine, sostanze che si sviluppano nella flora intestinale quando alta è l’assunzione di cibi ricchi di conservanti (come la carne in scatola e gli insaccati). Le sue proprietà disintossicanti sul tratto digerente e l’intestino, inoltre, aiutano ad attenuare putrefazioni e gonfiori. E se la scienza conferma, non possiamo che elogiarne le proprietà e consigliarne il consumo. Ecco una ricetta: Agli sott’olio? Sono una prelibatezza!!! Spesso si trovano anche agli aperitivi e vi assicuro (per chi non li ha mai provati) che non sono nè forti nè pesanti da digerire!!! Peccato che ci vogliono gli agli novelli (con la buccia rosa) e che sbuccia sbuccia rimane ben poco… 2 vasetti con 1 kg di agli!!!! Ingredienti per circa 2-3 vasetti: - 1 kg di agli novelli (con buccia rosa) - aceto di vino bianco - prezzemolo - alloro - peperoncino - pepe in grani - olio di semi - olio d’oliva - sale - vasetti sterilizzati Preparazione: Prendete le teste di aglio (circa 8 per 1 kg) Tagliate il gambo (che potete utilizzare per altri piatti a base di aglio), eliminate la buccia esterna fino a trovare gli spicchi Eliminate totalmente la buccia esterna Quindi separate i vari spicchi di aglio e privateli della buccia esterna Metteteli a bagno in una ciotola con acqua e sale per circa mezz’ora In un tegame ponete a bollire l’aceto bianco con un po’ di sale Quando bolle aggiungete gli agli Fateli bollire fino a che vengono a galla e comunque massimo 2-3 minuti A questo punto scolateli e fateli asciugare in un panno pulito Quando sono asciutti mettete gli agli nei vasetti sterilizzati e alternate gli strati di aglio con prezzemolo e peperoncino tritato Aggiungete le foglie di alloro, qualche grano di pepe e olio di semi di arachide e di oliva in parti uguali fino a coprire interamente gli agli.

Candele e incenso a rischio tossicità: non fare affidamento alle etichette

Candele e incenso a rischio tossicità: non fare affidamento alle etichette. Bruciare incenso e candele profumate, una pratica dannosa per la salute. Meglio gli oli essenziali, in assenza di una disciplina nazionale ed europea Se prima le candele e gli incensi erano riservati ai luoghi sacri o per creare un’atmosfera contemplativa e a volte addirittura mistica anche per gli effetti parallucinogeni o quasi narcotici che l’accumularsi di fumi profumati generavano in chi vi si esponeva, ormai è divenuta una vera e propria moda consacrata, è proprio il caso di dirlo, in ogni dove: nelle case e nei locali pubblici, candele colorate e dalle forme più variegate, ma anche incensi per profumare gli ambienti di fragranze esotiche. Pochi però, pochissimi, a parte forse i soggetti allergici o infastiditi dai fumi, si sono interrogati se tali pratiche siano dannose per la salute. Solo in Francia, proprio di recente, è addirittura intervenuto il governo che ha annunciato di prevedere di vietare, in pochi mesi, le candele profumate e gli incensi più inquinanti. Nel frattempo, però, è ovvio che risulta quasi impossibile per il consumatore, nel paese transalpino così come in Italia, riconoscere sugli scaffali un prodotto sicuro. Perché è un dato pressoché certo che si tratti di un vero e proprio cocktail di sostanze chimiche che fuoriesce dall'incenso e dalle candele profumate, a volte anche tossico. Alcuni di questi prodotti, o meglio la maggior parte, appaiono a noi consumatori per lo più innocui, per la loro caratteristica intrinseca di trasmettere odori gradevoli nelle nostre case. Il Ministero dell'ecologia ha allora annunciato mercoledì scorso un vero e proprio "piano d'azione sulla qualità dell'aria indoor” che prevede di vietare quelli che tra questi prodotti risultano più dannosi per la salute. E il dicastero in questione avrebbe già approntato una lista nera dei prodotti vietati, mentre gli ordini di divieto dovranno essere previsti nei prossimi mesi. Una delle più potenti associazioni dei consumatori d’Oltralpe, l’UFC Que Choisir che ha condotto uno studio comparativo nel 2009 sulla tossicità di questi prodotti, ha rilevato come incensi e candele profumate possano emettere "particelle di formaldeide e benzene, due sostanze certamente cancerogene, alcuni acetaldeide, un possibile cancerogeno, toluene, un idrocarburo aromatico neurotossico, e ancora alcuni altri composti ritenuti sospetti per la nocività sulla salute. I risultati hanno dimostrato che l'incenso era più dannoso delle candele per la salute. Ma come ha tenuto a precisare Ludivine Ferrer, direttore della Association salute ambientale (ASEF), al momento non esistono informazioni per i consumatori per scegliere prodotti innocui. Quindi come scegliere prodotti innocui? L'etichettatura di candele e incenso è illeggibile o d’impossibile comprensione per il consumatore medio. Le sostanze chimiche tossiche generalmente non sono riportate sulle etichette. La menzione del benzene o della formaldeide non appare come tale. Se non si è esperti in chimica, è molto difficile valutare la tossicità del prodotto. Attualmente, sia In Italia come nel resto dell’UE, non esiste alcun obbligo di etichettatura di candele e incenso sulle loro composizioni e emissioni inquinanti volatili, e quindi, non essendovi obblighi di legge o regolamentari, nessun produttore ha interesse a citare eventuali prodotti nocivi sull'etichetta. Comunque, è pur vero che è complicato stabilire l’effettiva tossicità a priori, poiché subiscono una trasformazione durante il loro utilizzo. In altre parole, la combustione provoca emissioni di sostanze che non sono contenute nei prodotti di origine. È quindi impossibile sapere leggendo l'etichetta, se è probabile che il prodotto emetta composti tossici. Per porre rimedio almeno in parte alla situazione, il governo francese ha comunicato nel documento presentato mercoledì che "l’azione sarà proposta nel contesto della PNSE3 (NDR: il prossimo piano nazionale salute-ambiente), che sarà adottato nell'estate 2014, e che prevede l'etichettatura obbligatoria per tutti i prodotti deodoranti (e tra questi incenso, candele) e prodotti per la cura personale". Alla luce di questa presa di posizione a tutela della salute da parte dell’esecutivo francese in un settore evidentemente non regolamentato né negli stati membri né nel resto dell’UE, Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, prima che l’Italia e le istituzioni europee prendano atto che è necessario intervenire con un regolamento comune in materia di prodotti deodoranti attraverso l’introduzione dell’obbligatorietà generalizzata di un'etichettatura più trasparente ed il divieto immediato di prodotti nocivi, la nostra associazione che si occupa anche della tutela dei consumatori e della salute dei cittadini, rileva ed è d’accordo con le ong francesi che hanno stabilito come non sia generalmente raccomandato l’uso d’incenso o di candele profumate. Gli studi effettuati che abbiamo accennato, infatti, hanno dimostrato che questi prodotti presentano gravi rischi per la salute anche quando vengono utilizzati solo una volta al mese, così come fa il 15% dei francesi, ma anche una gran parte degli italiani. Lo “Sportello dei Diritti”, sulla falsariga di quanto evidenziato da autorevoli istituzioni transalpine, per sopperire all’esigenza di deodorare gli ambienti con profumi simili a quelle dei prodotti su evidenziati, raccomanda gli oli essenziali, che possono essere diffusi nell’aria con un sistema di piccola ventilazione o con degli umidificatori. Sono, infatti, prodotti sicuri e sono sempre più facili da trovare in vendita al dettaglio.

Sostanze chimiche pericolose trovate in costumi da bagno

Sostanze chimiche pericolose trovate in costumi da bagno. Lo ha dimostrato uno studio di Greenpeace Per gli amanti dell'acqua e dei bagni attenzione: Secondo uno studio di Greenpeace in Germania, alcuni costumi da bagno conterrebbero talune sostanze chimiche pericolose. Particolarmente sconvolgente è che le sostanze non sono stati rilevate solo negli articoli di basso livello, ma anche nei prodotti di produttori rinomati. Lo studio presentato ad Amburgo proprio in data di ieri domenica 27 ottobre, l'organizzazione ambientalista ha testato tali accessori da noti produttori di articoli sportivi nei laboratori di chimica ed ha verificato la presenza di per-e polyfluorinated (PFC) e alchilfenoli etossilati. In più della metà dei campioni è stato trovato il PFC, anche quattro dei cinque campioni contenevano alchil-fenoli etossilati. Il PFC secondo quanto rilevato da Greenpeace può compromettere la riproduzione e disturbare il sistema immunitario ed endocrino. Gli etossilati sono particolarmente dannosi per l'ambiente. Questi tensioattivi non ionici sono usati per esempio nel tessile, per la lavorazione del cuoio e del metallo. I loro prodotti di degradazione sono tossici, ironia della sorte, soprattutto per i pesci e altri organismi acquatici. Lungi dal voler creare comprensibili allarmismi, Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, si unisce comunque all’appello di Greenpeace che ha richiesto ai produttori tessili, tramite l’esperto chimico Manfred Santen, di vietare comunque sostanze chimiche nocive dalla produzione. Non si tratta di qualcosa d’impossibile, perché molti di questi prodotti possono essere sostituiti nei processi produttivi da sostanze non pericolose o assai meno dannose per l’ambiente. Basti ricordare che alla fine del 1980, l'industria tedesca ha già deciso di rinunciare agli alchilfenoli etossilati nei detergenti, il che costituisce un possibile modello da seguire nell’immediato per i produttori di articoli sportivi.

sabato 26 ottobre 2013

I 25 paesi più 'intelligenti'. L’Italia si piazza all’11° posto

I 25 paesi più 'intelligenti'. L’Italia si piazza all’11° posto In quale paese sono più 'intelligenti' le persone? Questa è la domanda che si è posta il Business Insider Magazine che si è rivolto al dottor Jonathan Wai, ricercatore presso il dipartimento dedicato all'identificazione di talento della Duke University. Il professor Wai ha pertanto elaborato i dati per definire l'elenco dei 25 paesi per verificare dove le persone sono considerate più 'intelligenti'. Questo studio si basava principalmente sui punteggi di valutazione del PISA 2009 dall'organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo (OCSE) e sui test effettuati dagli studenti di 15 anni d’età in lettura, matematica e alfabetizzazione scientifica. Secondo gli scienziati, questa valutazione è un buon indicatore di intelligenza generale. Nell'elenco di Business Insider, la classificazione è fatta secondo due elementi. In primo luogo, la percentuale media di adolescenti in ogni paese che ha ottenuto le note migliori in questi test. In secondo luogo, il numero rispetto alla popolazione per stimare il numero di persone intelligenti del paese. Dovrebbe essere notato che la Cina non è stato tenuta in conto perché queste prove sono state realizzate solo nelle grandi città e quindi non è stata valutata la stragrande maggioranza degli studenti del paese. Così, l'84% degli studenti secondari di Shanghai continua gli studi all'Università, mentre sono solo il 24% a livello nazionale. Tuttavia, per Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” la classifica è assolutamente parziale e non tiene conto della componente economica, e fa rilevare qualche dubbio nei risultati. La classifica dei paesi non sorprende essendo nazioni che godono di un certo livello di vita, difficilmente paragonabile con i paesi più poveri. La Top 25(classifica basata sul numero di persone che fanno parte dell'elite e non sulla percentuale di successo) è questa: Gli Stati Uniti Una media di 1,7% come parte della "elite", o, in totale, 5.336.300 persone Il Giappone Su media, 4,05% parte delle 'élite', o 5.167.800 persone La Corea del sud Una media di 4,40% come parte delle 'élite', è 2.200.000 persone La Germania Una media di 2,60% parte delle 'élite', o 2.129.140 persone La Francia Una media di 2,20% parte delle 'élite', o 1.445.400 persone Taiwan Una media di 5.85% parte delle 'élite', o 1.365.390 persone Il Canada Una media di 3,10% parte delle 'élite', o 1.081.280 persone La Russia In media, 0,65% parte delle 'élite' o 932,750 persone Il Regno Unito In media, 1,4% come parte delle persone "d'elite", o 885.220 L'Australia In media, 3,3% come parte delle persone "d'elite", o 748.440 L'Italia In media, parte 1% delle 'élite' o 609,200 persone La Polonia Una media di 1,45% parte delle 'élite', o 558,830 persone Singapore In media, 9,10% parte delle 'élite' o 483,392 persone La Turchia Media, 0,65% parte delle 'élite', entrambi 481,000 persone Hong Kong Una media di 6,00% parte delle 'élite', o 429,300 persone I Paesi Bassi Una media di 2,55% parte delle 'élite', o 427,635 persone Il Belgio Una media di 3,45% come parte della "elite", o 384,330 persone La Spagna In media, 0,75% parte delle 'élite' o 354,525 persone La Svizzera Una media di 4,25% come parte della "elite", o 339,873 persone Il Brasile 0,10% Come parte della "elite", o 198,700 persone in media Repubblica Ceca Una media di 1,80% parte delle 'élite', o 189,180 persone La nuova Zelanda In media, 4.1%, come parte delle persone "d'elite", o 181.753 La Svezia In media, 1.90% come parte delle persone "d'elite", o 180.823 La Finlandia Una media di 3,25% parte delle 'élite', o 175,955 persone L'Austria Una media di 1,7% come parte della "elite", o 143,854 persone

L'Italia è la più 'cattiva' in Europa. Per il nono anno consecutivo è il primo stato membro che ha omesso di applicare le norme UE

L'Italia è la più 'cattiva' in Europa. Per il nono anno consecutivo è il primo stato membro che ha omesso di applicare le norme UE e con più procedure d’infrazione aperte Chi si occupa di diritti dei cittadini se ne accorge quotidianamente, ma forse per la gran parte degli italiani il fatto che per il nono anno consecutivo, l’Italia sia in cima alla lista in Europa per aver omesso di applicare le norme contro l'evasione fiscale e una miriade di altri requisiti UE, non viene neanche percepito a meno che quelle direttive, regolamenti e provvedimenti che promano dalle autorità europee e che non vengono attuate nel Nostro Paese non riguardino casi concreti. Ad ogni modo martedì scorso, la Commissione europea ha pubblicato la classifica annuale degli Stati membri che riguarda la loro efficienza nell'applicare il diritto dell'UE e ha potuto confermare che l’Italia ha ben 99 procedure di infrazione aperte contro di essa, a seguire il Belgio al secondo posto con 92 infrazioni e la Spagna con 91. Sorprende invece il fatto che i Paesi dell'Europa orientale in particolare le ex repubbliche sovietiche baltiche, siano i migliori a seguire le linee dell'Unione europea, con la Lettonia, con solo 20 casi contro di essa, seguita dalla Lituania con 22 e l’Estonia con 24. Se la gran parte delle procedure riguarda il sistema del Fisco, l'Italia ha anche un caso di infrazione sulla discriminazione dei prodotti meno costosi del tabacco. Nel 2012, rivela il rapporto, ci sono state anche 438 denunce fatte dai cittadini sull'approccio del paese alla "ambiente, giustizia e mercato interno e servizi",. La UE, è noto, ha il potere di citare in giudizio gli Stati membri per violazioni delle norme presso la Corte di giustizia europea e chiedere sanzioni pecuniarie. Ciò vuol dire, spiega Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, che per colpa dell’incapacità dello Stato di attuare le norme europee, gli italiani sono costretti a pagare fior fior di quattrini all’Europa. Una relazione UE nel settembre ha, inoltre, rilevato che gli italiani sono i “peggiori” evasori fiscali dell'Unione.

Viaggiatori e turisti. Occhio: la top ten degli aeroporti più paurosi del mondo

Viaggiatori e turisti. Occhio: la top ten degli aeroporti più paurosi del mondo Lo “Sportello dei Diritti” da anni attento alla sicurezza dei turisti e dei viaggiatori è riuscito a reperire la lista degli aeroporti considerati i più spaventosi al mondo per le loro caratteristiche. Per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, una lista per i forti di cuore e da evitare per i viaggiatori meno ansiosi di rischi o che vogliono atterrare sul morbido. Queste secondo il sito di viaggi Airfarewatchdog.com, sono le più spaventose piste aeroportuali di tutto il mondo. Dalle curve strette a venti estremi e la vicinanza alle autostrade ed edifici, di seguito riportiamo le 10 piste più emozionanti del mondo, 1. Sea Ice Runway, Antartide Questa pista di ghiaccio è sterrata e potrebbe incrinarsi. Qualche anno fa si scioglieva, così i voli dovevano essere annullati. I piloti sono stati avvertiti di "evitare l’atterraggio troppo pesantemente e cercare di non affondare più di 25 centimetri nel ghiaccio". L'impegnativo Sea Ice Runway. 2. Gibilterra (o Aeroporto Fronte del Nord), Gibilterra Secondo Airfarewatchdog.com, "ci si potrebbe sentire come se fossi a un passaggio a livello quando si viaggia attraverso Gibilterra." La pista è accanto a una strada principale che conduce in Spagna. 3. Aeroporto di Madeira, Portogallo La pista corta costringe gli aerei a prendere una brusca virata dell'ultimo minuto sulle alte montagne. 4. Aeroporto Internazionale di Ketchikan, Ketchikan, Alaska (USA) Pioggia battente, vento e una pista corta vicino alle montagne fanno di questa una corsa sfrenata. 5. Qamdo Bamda Aeroporto, Tibet Gli sbarchi sono fatte più severe in aeroporto a causa del fatto che è situata più di 4200 metri sul livello del mare. Qambo Bamba Airport. 6. Narsarauq Aeroporto, Groenlandia Pessime turbolenza, si trasforma a 90 gradi attraverso un fiordo e il rischio di iceberg nelle vicinanze rendono l’atterraggio difficile. 7. Juancho E. Yrausquin, Saba Island, l’unico aeroporto nell’omonima isola caraibica Di solito, solo i piloti esperti riesco ad atterrare nel Juancho E. Aeroporto Yrausquin a causa dei forti venti e le montagne circostanti. 8. Kai Tak Aeroporto, Hong Kong Questo aeroporto era così terrificante che è stato chiuso nel 1998. Gli aerei sono stati costretti a volare molto basso su Hong Kong, al fine di raggiungere la pista di atterraggio, e dovevano fare una brusca virata per atterrare sulla pista. 9. Eagle County Regional Airport, Vail, Colorado (USA) L’esperto pilota David Cenciotti ha detto che "pista corta, alto approccio, e l’alto terreno circostante fanno di questo aeroporto un po' impegnativo". 10. Matekane Air Strip, Lesotho Secondo Airfarewatchdog.com ", la pista si trova alla fine di un burrone di montagna, così invece di decollare in aria come normali voli, gli aerei cadono lungo il lato di una scogliera fino a quando cominciano a volare".

La FDA autorizza l’uso di un nuovo farmaco contro l'epatite C.

La FDA autorizza l’uso di un nuovo farmaco contro l'epatite C. Il nuovo medicinale si chiamerà "sofosvubir" e promette maggiore efficacia e minori effetti collaterali rispetto alle terapie finora in uso L’Agenzia governativa statunitense per gli Alimenti e i Medicinali, FDA, ha annunciato di avere autorizzato l'applicazione di un preparato contro l’epatite C dalle proprietà medicinali straordinarie. Il principio attivo del prodotto è denominato "sofosvubir" ed agisce più rapidamente e con effetti secondari meno rilevanti, rispetto alle terapie attualmente esistenti contro tale malattia. Nel frattempo è intervenuto il Comitato per i Prodotti Medicinali per Uso Umano (CHMP) dell’Agenzia Europea dei Medicinali che ha espresso delle raccomandazioni sull’uso compassionevole del sofosbuvir per i pazienti che sono in lista di attesa o hanno effettuato un trapianto di fegato. E’ la terza volta che un programma di uso compassionevole viene valutato a livello dell’Unione Europea (UE). I programmi di uso compassionevole, istituiti a livello nazionale, hanno lo scopo di fornire a pazienti in pericolo di vita, affetti da malattia cronica o seriamente invalidante, che non hanno a disposizione altre opzioni di trattamento, l’accesso a cure che sono ancora in via di sviluppo e non ancora autorizzate. Ad aprile 2013, la società biofarmaceutica Gilead ha sottomesso una richiesta di autorizzazione all’immissione in commercio per il medicinale sofosbuvir, attualmente in fase di valutazione da parte del CHMP. Nel frattempo, la Svezia ha richiesto il parere del CHMP sulle condizioni alle quali poter somministrare sofosbuvir in combinazione con altri medicinali, limitatamente ai pazienti sottoposti o da sottoporre a trapianto di fegato, prima della concessione dell’autorizzazione all’immissione in commercio. L’infezione da virus dell’epatite C rappresenta una delle maggiori sfide in campo sanitario per l’Unione Europea. Colpisce tra lo 0,4% e il 3,5% della popolazione degli stati europei e costituisce la causa più frequente di trapianto di fegato nella UE. Attualmente non esiste uno standard terapeutico per pazienti con infezione cronica da virus dell’epatite C in attesa di trapianto né per coloro che hanno già subito un trapianto di fegato. Per la maggior parte di essi, non esistono al momento terapie approvate. Esiste dunque un bisogno urgente di terapie per molti pazienti che sono attualmente in lista per il trapianto di fegato o che sono stati trapiantati al fine di prevenire la reinfezione del trapianto o di curare le infezioni ricorrenti da virus dell’epatite C dopo il trapianto. Raccomandazioni dell’Agenzia Europea dei Medicinali sull’uso compassionevole del sofosbuvir Il parere del CHMP riguarda l’uso di sofosbuvir quando usato in un programma di uso compassionevole, per il trattamento di adulti con infezione cronica da virus dell’epatite C che sono anche: inseriti in una lista d’attesa per trapianto di fegato (documentato) e che richiedono trattamento per prevenire fenomeni di reinfezione del trapianto con virus dell’epatite C; oppure che sono stati sottoposti a trapianto di fegato e manifestano un’infezione aggressiva e ricorrente da virus dell’epatite C, risultante in una progressiva e invalidante epatopatia e che sono ad alto rischio di decesso o di insufficienza epatica per scompenso nei successivi 12 mesi, se non trattati. L’obiettivo della valutazione e del parere del CHMP su un programma di uso compassionevole di un nuovo prodotto medicinale è di assicurare un approccio comune, ogniqualvolta sia possibile, ai criteri e alle condizioni d’uso nel quadro normativo degli Stati membri. Il parere fornisce raccomandazioni agli Stati membri europei che intendano istituire tali programmi e la sua attuazione non è obbligatoria. Oltre a descrivere la tipologia di pazienti che potrebbero beneficiare del medicinale, esso fornisce spiegazioni in merito all’utilizzo del medicinale stesso, nonché informazioni sulla sicurezza. Il documento contenente la valutazione di sofosbuvir e le condizioni di utilizzo all’interno di un programma di uso compassionevole verranno a breve pubblicate sul sito web dell’ Agenzia Europea dei Medicinali. Per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, occorre cautela, anche se i risultati sono molto incoraggianti e anche se, a parere del comitato di esperti dell'ente americano, il medicinale "rappresenta una novità storica che cambierà le regole del gioco nel trattamento della malattia".

venerdì 25 ottobre 2013

Il colera si diffonde dai Caraibi alle Americhe. Alcuni italiani sono stati infettati a Cuba e poi hanno esportato il virus in Italia.

Il colera si diffonde dai Caraibi alle Americhe. Alcuni italiani sono stati infettati a Cuba e poi hanno esportato il virus in Italia. Messico ha confermato 171 casi dello stesso ceppo che dal 2010 ha ucciso più di 8.800 persone di Haiti, Repubblica Dominicana e Cuba. Dopo i casi in Messico e il messaggio d'attenzione rivolto ai turisti da parte dello "Sportello dei Diritti" nelle scorse settimane, associazione che per prima in Italia aveva segnalato una serie di focolai negli stati del paese centroamericano, arrivano le conferme che l'epidemia di colera scoppiata tre anni fa ad Haiti e diffusasi anche in Repubblica Dominicana e Cuba ha iniziato a diffondersi in America continentale. Durante l'ultimo mese sono stati,infatti, confermati i 171 casi in Messico di un ceppo per il 95% simile a quello che sta circolando attualmente nei Caraibi e, che a sua volta proviene dal Sud dell'Asia. Nel mese di agosto anche una mezza dozzina di casi sono stati rilevati in Venezuela e Cile. La Pan American Health Organization teme che la malattia si possa diffondere in tutto il continente e diventare, in ultima analisi, una minaccia globale. Il batterio del colera si può trovare in alimenti e acqua contaminati. Le persone più povere che vivono in pessime condizioni igienico - sanitarie in genere sono ovviamente più a rischio di infezione. Una volta che i batteri si sono insinuati negli intestini umani si manifesta diarrea, vomito e febbre. La malattia può diventare acuta e portare alla morte se non tempestivamente ed adeguatamente curata. Solo per ricordare quanto già segnalato dall'associazione, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, tra il 9 settembre e il 18 ottobre scorso, le autorità sanitarie del Messico hanno registrato un totale di 171 casi di colera diffusosi in alcuni stati, in particolare Hidalgo, Veracruz e San Luis Potosi. Un paziente è morto e per 39 di loro é stata necessaria l' ospedalizzazione, per quanto confermato dal National Focal Point per il Regolamento sanitario internazionale del Messico. Nello stato di Hidalgo è stato possibile stabilire che l'acqua di un fiume era la principale fonte di contaminazione. Era dall'epidemia scoppiata in Messico nel decennio 1991-2001 che non si erano registrati nuovi focolai di colera. Questa volta, però, il ceppo è diverso: il loro profilo genetico "ha una somiglianza elevata (95%) con il ceppo attualmente in circolazione in tre paesi dei Caraibi (Haiti, Repubblica Dominicana e Cuba)", ha stabilito l'ultimo aggiornamento epidemiologico pubblicato il 19 ottobre dalla Pan American Health Organization. Jon Andrus, vice direttore della Pan American Health Organization per gli Stati Uniti Public Radio (NPR, per il suo acronimo in inglese) ha detto che "É un punto di svolta per noi. (La diffusione del colera) è in realtà una minaccia regionale e ora una minaccia globale per la salute ". Ha inoltre, aggiunto che "Abbiamo condotto una campagna in tutti i paesi della regione affinché restino in guardia". L'epidemia che colpisce da tre anni nelle isole dei Caraibi e da allora ha ucciso 8874 persone ha cominciato a diffondersi in Haiti nel mese di ottobre 2010. Il primo caso è stato segnalato il 16 nella città di San Marco, che si trova nella provincia di Artibonite, un paio d'ore di macchina da Port-au- Prince, la capitale. In pochi giorni, i batteri si erano sparsi sulle rive del Artibonite, dove attingono l'acqua tutti i villaggi vicini.Gli haitiani hanno rivendicato la responsabilità di un gruppo di soldati delle Nazioni Unite di stanza nella regione , che avrebbero contaminato con le loro feci il fiume. Un totale di 8.413 persone sonomorte ad Haiti dall'inizio della malattia fino al 12 Ottobre 2013, secondo l'ultimo rapporto del Ministero della Salute e della popolazione di Haiti. E in tutti i dipartimenti del paese vengono segnalati nuovi casi ogni settimana. Dal 2010, un numero impressionante di haitiani, nel silenzio pressoché generale della comunità internazionale, ben 685 509 è stato infettato e il 55,6% ha richiesto l'ospedalizzazione. In Repubblica Dominicana, che condivide con Haiti l'isola di Ispagnola, l'epidemia é iniziata un mese dopo, nel novembre 2010. Da allora, 31.070 pazienti sono stati diagnosticati e 458 sono morti. Il numero di morti è aumentato considerevolmente nel 2013 rispetto ai due anni precedenti: a fine 2012, il tasso di mortalità era del 0,8%, mentre nel mese di ottobre di questo anno è salito al 2,1%, quasi il doppio del numero medio di decessi registrati finora ad Haiti, che è ancora 1.2%. I batteri si sono diffusi anche a Cuba, ma le autorità locali non hanno ufficialmente informato circa il verificarsi di nuovi casi dallo scorso agosto. Finora, 678 persone erano state diagnosticate nelle province di Camagüey, Granma, Guantanamo, L'Avana e Santiago de Cuba, e tre di loro erano morti. Secondo le informazioni fornite da OPS, almeno cinque stranieri- provenienti da Venezuela, Cile e Italia, sono stati infettati a Cuba e poi hanno esportato il virus nei loro paesi. Alla luce di questi preoccupanti dati, confermati da autorità sanitarie internazionali oltre che da quelle nazionali, Giovanni D'Agata ribadisce l'invito a turisti e viaggiatori che si recano nei paesi evidenziati, ad osservare tutte le misure di prevenzione e profilassi per evitare il contagio. Basti ricordare che l’acqua costituisce uno dei principali vettori della malattia. È quindi, assolutamente raccomandabile bere solo acqua in bottiglia.

Salute e sicurezza. Rapida valutazione del rischio su casi di sospetta poliomielite in Siria e rischio per l'UE/SEE

Salute e sicurezza. Rapida valutazione del rischio su casi di sospetta poliomielite in Siria e rischio per l'UE/SEE Alcuni casi di sospetta paralisi flaccida acuta (AFP) a causa del virus della polio a Deir Al Zour, in Siria rappresenta un'altra possibile fonte di infezione anche per il rischio d'importazione di poliovirus selvaggio nei paesi UE. Gli Stati membri che ricevono i rifugiati e richiedenti asilo dalla Siria dovrebbero valutare la loro condizione di vaccinazione all'arrivo e fornire la vaccinazione contro la polio e altre vaccinazioni se necessario. Il 19 ottobre scorso, l'organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha annunciato che stava indagando su casi di AFP a causa di poliovirus selvaggio in attesa dei risultati dal laboratorio regionale di riferimento dell'istituzione ONU. Tuttavia, visti i risultati di due casi dal laboratorio nazionale di riferimento di Damasco e l'età dei bambini (cinque casi sotto 1 anno di età, 13 casi tra 1-2 anni e quattro casi oltre 2 anni) è probabile che i casi sono determinati da poliovirus selvaggio. É noto che un esodo di grandi proporzioni sta interessando la Siria dove migliaia di persone stanno fuggendo dal conflitto civile e si prevede che il numero che entrano nell'UE continuerà ad aumentare se dovesse esserci un evoluzione in Peluso della situazione. Nei primi tre trimestri del 2012, 11.573 siriani hanno richiesto asilo all'interno dell'UE. Per evitare rischi per la popolazione Ue, per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, gli sforzi regionali e internazionali, per valutare il rischio e fornire la vaccinazione e altri servizi di sanità pubblica in Siria e nei confronti dei rifugiati siriani, ospitati da paesi vicini dovrebbero essere sostenuti dall'UE. La copertura per la vaccinazione antipolio in Siria è scesa dal 95% di tutti i bambini che ricevono tre dosi di vaccino antipolio orale tra il 2002 e il 2010, al 52% nel 2012, secondo l'OMS. Se il virus polio sta circolando in Siria, si dovrebbe supporre che una parte dei rifugiati, richiedenti asilo e migranti privi di documenti potrebbe essere portatore, anche inconsapevole del temibile virus ormai di fatto debellato in tutta l'eurozona. Il rischio sarà più alto tra i bambini nati in Siria dal 2011 a causa della riduzione dei servizi di vaccinazione. Questa situazione sottolinea la necessità per gli Stati membri a implementare le raccomandazioni fatte nella valutazione del rischio ECDC di trasmissione del poliovirus selvaggio-tipo in Israele. Queste includono: • rafforzare la sorveglianza AFP, intensificando la sorveglianza dell'enterovirus e quella ambientale se già avviata. • rivedere i piani di preparazione nazionale, garantendo una maggiore attività e una rendicontazione delle sequenze temporali e della disponibilità dei vaccini per una risposta immediata in casi di focolaio sul luogo.

Sicurezza consumatori UE: elettrodomestici e apparecchiature elettriche con problemi di sicurezza

Sicurezza consumatori UE: elettrodomestici e apparecchiature elettriche con problemi di sicurezza per lo più dalla Cina. Le allerte principali del sistema RAPEX per elettrodomestici e apparecchiature elettriche pericolose Dopo le allerta segnalate dallo “Sportello dei Diritti” sulla scoperta da parte delle autorità di vigilanza europee di giocattoli e bijou con carenze di sicurezza in Italia e Unione europea provenienti principalmente dalla Cina, questa volta l'associazione che si occupa della tutela dei diritti dei cittadini rileva come il sistema di allarme rapido RAPEX europeo abbia registrato e rese pubbliche una serie di elettrodomestici e apparecchiature elettriche con problemi di sicurezza per lo più provenienti dalla Cina. Attraverso il database RAPEX, ricorda Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” gli stati UE avvertono gli stati membri sui prodotti pericolosi. Di seguito uno degli ultimi prodotti segnalati a maggior rischio: Categoria: elettrodomestici e apparecchiature elettriche Prodotto: Unità di alimentazione Marca: Sconosciuto Nome: AC Adapter Tipo / numero di modello: Alimentatore CA Numero del lotto / codice a barre: Sconosciuto OCSE Portal Categoria: 78000000 - Forniture elettriche Descrizione: Unità di alimentazione contenuta in una busta di carta. Paese di origine: Cina Rischio: scossa elettrica Il prodotto presenta un rischio di scossa elettrica, poiché l'isolamento non è sufficiente e la clearance / dispersione distanze nella parte di potenza non sono sufficienti. Inoltre, l'unità di potenza non ha istruzioni per l'uso. Il prodotto non è conforme alla direttiva sulla bassa tensione e lo standard europeo EN 60950.

Esame avvocato.La Commissione lo boccia per un solo punto ed il TAR ordina la ricorrezione degli elaborati

La Commissione lo boccia per un solo punto ed il TAR ordina la ricorrezione degli elaborati, non essendo la valutazione di inidoneità motivata. É accaduto ad un candidato che aveva sostenuto le prove scritte per l'abilitazione alla professione forense nella sessione 2012. La vicenda traeva origine da un ricorso proposto da un ricorrente, che non avendo superato le prove scritte dell'esame di avvocato per un solo punto (era stato valutato, infatti, complessivamente 89 punti su di un minimo di 90, che è la votazione che consente di accedere alle successive prove orali), ha proposto ricorso avverso il provvedimento di inidoneità espresso peraltro col solo voto numerico senza alcuna motivazione.La I Sezione del TAR Lecce con ordinanza pubblicata il 24 ottobre, condividendo le tesi del difensore del ricorrente, rappresentato dallo Studio Legale Matranga, ha ritenuto sussistente il danno grave ed irreparabile subito dal candidato ed in accoglimento dell'istanza di sospensiva dei provvedimenti impugnati connessa al ricorso principale, ha ordinato alla Commissione in diversa composizione, nella specie si trattava di quella di Catania, di ricorreggere gli elaborati. In particolare, il Giudice Amministrativo, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, ha ritenuto fondato il motivo lamentato dal ricorrente secondo cui la Commissione, pur essendosi con apposito verbale vincolata alla espressione di una motivazione specifica oltre che del voto numerico nel caso di valutazioni negative - come avvenuto nel caso del ricorrente, ha decretato la non ammissione del candidato alle prove orali con l'apposizione del solo voto numerico. Il TAR ha fissato per il prossimo 23 gennaio la prosecuzione del merito del giudizio. N. 00521/2013 REG.PROV.CAU. N. 01339/2013 REG.RIC. REPUBBLICA ITALIANA Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima ha pronunciato la presente ORDINANZA sul ricorso numero di registro generale 1339 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da: .......rappresentato e difeso dall'avv. Vincenzo Matranga, con domicilio eletto presso Vincenzo Matranga in Lecce, via Monti, 40; contro Sottocommissione per gli Esami di Avvocato presso la Corte di Appello di Lecce, Sottocommissione per gli Esami di Avvocato presso la Corte di Appello di Catania, Ministero della Giustizia, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale Stato, domiciliata in Lecce, via F.Rubichi 23; Commissione per gli Esami di Avvocato presso il Ministero della Giustizia; per l'annullamento previa sospensione dell'efficacia,dei provvedimenti con cui la Sottocommissione per gli Esami di Avvocato presso la Corte d'Appello di Catania per la sessione 2012, ha valutato insufficiente uno dei tre elaborati del ricorrente, determinando, di conseguenza, la sua inidoneità a sostenere le prove orali; nonché di ogni altro atto connesso, collegato, consequenziale e, in particolare, del verbale del 9/2/2013 della Sottocommissione presso la Corte di Appello di Catania, nel quale sono riportate le operazioni di correzione degli elaborati del ricorrente. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Sottocommissione per gli Esami di Avvocato presso la Corte di Appello di Lecce e di Sottocommissione per gli Esami di Avvocato presso la Corte di Appello di Catania e di Ministero della Giustizia; Vista la domanda di sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente; Visto l'art. 55 cod. proc. amm.; Visti tutti gli atti della causa; Ritenuta la propria giurisdizione e competenza; Relatore nella camera di consiglio del giorno 23 ottobre 2013 la dott.ssa Claudia Lattanzi e uditi per le parti i difensori Marina Elia in sostituzione di Vincenzo Matranga, Antonio Tarentini. - che la Commissione, nel verbale del 12 gennaio 2013, si era autovincolata con la previsione, contenuta nel verbale di correzione del 20 aprile 2013, di esprimere “nell’eventualità di non ammissione, motivazione dei soli voti negativi …”; - che tuttavia nelle copie degli elaborati non risulta espressa alcuna motivazione, ma è presente il solo voto numerico. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima Accoglie la richiesta misura cautelare e per l'effetto sospende il provvedimento impugnato e rinvia a una diversa Sottocommissione, costituita presso la Corte di Appello di Catania, per la correzione degli elaborati.Fissa per la trattazione di merito del ricorso l'udienza pubblica del 23 gennaio 2014. Compensa le spese della presente fase cautelare. La presente ordinanza sarà eseguita dall'Amministrazione ed è depositata presso la segreteria del tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti. Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 23 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati: Antonio Cavallari, Presidente Claudia Lattanzi, Referendario, Estensore Roberto Michele Palmieri, Referendario L'ESTENSORE IL PRESIDENTE DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 24/10/2013 IL SEGRETARIO (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

mercoledì 23 ottobre 2013

Alzheimer. Maggiori rischi per chi dorme poco

Una ricerca pubblicata su Jama Neurology da parte dei ricercatori della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health di Baltimora è arrivata ad una conclusione sorprendente: chi dorme poco, specie in età avanzata, ha maggiori possibilità di essere soggetto all’Alzheimer. Gli studiosi hanno scoperto che la carenza di sonno è associata ad una più elevata quantità di placche della proteina Beta amiloide che si formano intorno alle connessioni dei neuroni, segnale tipico della malattia che porta alla demenza. I ricercatori hanno misurato la quantità della proteina su 70 persone, in media di 76 anni di età, sottoponendole a tomografia Pet del cervello e confrontando i risultati con le ore di sonno dichiarate dai volontari, che andavano da un massimo di 7 ore a meno di 5 per notte. "La numerosità delle placche aumentava in modo proporzionale alle ore di sonno perse", ha specificato Adam Spina che ha diretto l'esperimento. Le proteine che si ammassano intorno alle connessioni dei neuroni sono un segnale tipico dell'Alzheimer. Non possiamo sostenere - ha sottolineato l'esperto - che ci sia un legame di causa-effetto fra carenza di sonno e malattia e la nostra scoperta è da approfondire, ma la difficoltà a dormire in età avanzata non va sottovalutata. Seppur limitata nel numero dei casi analizzati, le conclusioni della ricerca in questione, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, associazione che da anni si occupa anche dei problemi connessi alle malattie degenerative ed alla tutela dei malati e dei familiari, ci fa propendere a pensare, come sottolineato dagli scienziati, che il ricorso a terapie che facilitano il riposo potrebbe aiutare a prevenire o ridurre i segnali della demenza.

Può sussistere il reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice per chi evita i contatti telefonici con il coniuge per impedire le visite al figlio

Può sussistere il reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice per chi evita i contatti telefonici con il coniuge per impedire le visite al figlio. Punito penalmente l’affidatario ostruzionista È un atteggiamento comune e che si verifica di frequente tra genitori separati o divorziati, ma il comportamento a dir poco ostruzionistico di evitare anche i contatti telefonici per impedire all’altro coniuge la visita dei propri figli nonostante un apposito provvedimento del giudice civile, oltreché essere un fatto censurabile moralmente può assumere anche rilevanza penale. È sostanzialmente questo, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, il principio stabilito dalla Corte di cassazione che, con la sentenza 43293 del 23 ottobre 2013, ha confermato la condanna per il reato di mancata esecuzione dolosa del provvedimento del giudice per la madre affidataria che aveva impedito al coniuge separato di tenere con sé i figli nei giorni stabiliti all'atto della separazione consensuale omologata, comportamento che per l’appunto configura un atteggiamento ostruzionistico punibile penalmente. Nel caso in questione la sesta sezione penale della Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di una donna avverso la condanna della Corte d'appello di Reggio Calabria che l’aveva punita per il reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice, perché, affidataria dei minori, impediva al coniuge separato di tenere con sé i figli nei giorni e nelle ore stabilite all'atto della separazione consensuale omologata evitando i contatti telefonici. Uniformandosi alla decisione del giudice dell’appello, che aveva giudicato la madre colpevole in quanto la sua condotta integrerebbe il delitto di cui all'art. 388, comma 2, del codice penale poiché (anche in pendenza del giudizio di separazione personale), aveva rifiutato, senza giustificato e plausibile motivo, di affidare il figlio all'altro coniuge per il periodo stabilito col provvedimento del giudice . Ma v’è di più: «Quando la natura personale delle prestazioni imposte dal provvedimento esclude che l'esecuzione possa prescindere dal contributo dell'obbligato affidatario (consentire all'altro genitore di prelevare e tenere con sé i figli minori in certi periodi) l'inadempimento contraddice di per sé la decisione giudiziale, senza la necessità di speciali condotte fraudolente». Nella fattispecie, si è configurato un atteggiamento ostruzionistico della ricorrente, caratterizzato dall'impedire i contatti telefonici con il coniuge, finalizzati alla determinazione e all'accordo sui tempi di consegna dei figli. Confermata, quindi, la condanna a mille euro in favore della Cassa delle ammende.

Una nuova idea per combattere il crimine. Piantagioni di cannabis scoperte in Canada dalle forze di polizia Usa tramite Google Earth

Una nuova idea per combattere il crimine. Piantagioni di cannabis scoperte in Canada dalle forze di polizia Usa tramite Google Earth Una nuova frontiera per combattere la criminalità organizzata può arrivare da una tecnologia satellitare fruibile dalla generalità del pubblico. È di ieri, infatti, la notizia che la polizia americana è ricorsa al software di mappatura satellitare Google Earth per individuare una piantagione di cannabis in Oregon ed è riuscita a perseguire l'agricoltore interessato. Gli agenti statunitensi sono riusciti a raccogliere una serie di prove contro un residente dello stato dell’Oregon (ad ovest degli Stati Uniti) riferendosi solo alla directory delle immagini satellitari disponibili per gli utenti di Google. L’azienda agricola in questione aveva il permesso per coltivare cannabis ad uso terapeutico solo in virtù di una legge in vigore nello stato canadese, mentre in realtà ne produceva più di tre volte rispetto alla quota definita dalle autorità competenti stabilita in un massimo di 30 piante. V’è da specificare che non si tratta del primo caso giacché nel 2009, la Svizzera era già in grado di identificare la stesso tipo di attività illecita con il medesimo sistema. Per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” tale ausilio potrebbe essere considerato un importante precedente per la lotta alle mafie anche nel Nostro Paese.

Curiosità. I reggiseni sarebbero pericolosi per la salute? Uno studio francese non ha dubbi

Uno studio scientifico francese condotto a Besançon rivela che i reggiseni sarebbero inutile o addirittura pericolosi. Queste rivelazioni sono state svelate in occasione del Simposio sul tema del seno settimana organizzato dall’Università della Franca Contea. Secondo il dottor Jean-Denis Rouillon, i reggiseni non sarebbero efficaci come pensiamo ed addirittura farebbero anche male alla salute. Dal 1997, ha visitato più di 300 donne per effettuare un particolare tipo di test che misura la distanza tra le punte dei capezzoli e l'ombelico, con e senza reggiseno. E i risultati sono senza appello. Il reggiseno produce o peggiora la ptosi, cioè la caduta del seno. Nelle donne che avevano smesso di mettere il reggiseno era possibile constatare un miglioramento. Le pazienti si sentono nuovamente liberi. Contrariamente alla credenza popolare, le donne si trovano di fronte ad una possibilità di scelta. Non è pericoloso mettere un reggiseno, al contrario, anche per i seni pesanti, ha sottolineato il Professor Rouillon. In attesa di dati scientifici conclamati per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” è ovvio che questo studio appare senz’altro curioso almeno per quella che è l’opinione di gran parte delle donne, perché da quando esiste questo accessorio femminile per molte è divenuto un oggetto inseparabile anche a livello psicologico proprio per paura di veder cascare le mammelle a causa della forza di gravità. Ci auguriamo dunque che ricerche più puntuali possano sfatare il mito e liberare definitivamente le donne da quello che per tante appare un’odiosa costrizione.

Alzheimer: uno studio britannico guidato da una scienziata di origini italiane ha scoperto un composto che blocca danni nei topi

Ricercatori britannici dell'unità di Tossicologia del Medical Research Council, che ha sede presso l'Università di Leicester hanno scoperto una sostanza chimica in grado di prevenire la morte del tessuto cerebrale tipica di malattie neurodegenerative come l'Alzheimer, ma anche il Parkinson e la corea di Huntington. Per ora si tratta di test effettuati su modello animale: nei topi, la molecola si è dimostrata in grado di prevenire la distruzione delle cellule cerebrali. Il gruppo di ricerca, si è focalizzato sui meccanismi di difesa naturali delle cellule cerebrali, come riporta “Science Translational Medicine”. Il team è riuscito a dimostrare che i topi affetti da patologie neurodegenerative che avevano causato gravi problemi di memoria e di movimento e destinati a morire entro 12 settimane, se ricevevano il composto, non mostravano alcun segno di deperimento del tessuto cerebrale. La sostanza ha completamente impedito la neurodegenerazione ed è la prima sino ad ora a dimostrarsi in grado di farlo. Secondo gli scienziati non può essere ancora utilizzato sulle persone, ma si può iniziare a studiarlo per arrivare a mettere a punto farmaci che proteggano dai danni delle malattie neurodegenerative. Per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, associazione che da anni si occupa anche di diffondere le più importanti notizie in campo scientifico per l’informazione e la tutela degli ammalati, si tratta di una nuova speranza per migliaia di persone affette da patologie che sconvolgono l’esistenza propria consumandola lentamente e dei propri familiari.

Salviette e latte detergente per i neonati sono pericolosi?

L’UFC-Que Choisir, l’Unione Federale dei Consumatori, una delle più importanti associazioni dei consumatori francesi ha lanciato in data di ieri un preoccupante avvertimento pubblico che riguarda le salviette igieniche e il latte detergente utilizzati per i neonati. Ben 26 tipi di salviette e 6 di latte su un totale di 34 prodotti testati, conterrebbero molecole allergeniche, antibatterici e antiossidanti "tossici o perturbatori endocrini." La stragrande maggioranza delle salviette e latte detergente per i bambini sarebbero, quindi, potenzialmente dannose, sulla base di prove di laboratorio. L'UFC-Que Choisir ha quindi evidenziato in un comunicato che il 94% dei prodotti testati sarebbero "potenzialmente dannoso". "I panni usati per pulire i neonati conterrebbero fattori di rischio cumulativo", ha scritto l'associazione. "Sono applicati più volte al giorno sulla pelle di un bambino spesso irritato. E a peggiorare il tutto ci si metterebbe l’assenza di un risciacquo dopo l'applicazione che prolungherebbe il tempo di penetrazione delle sostanze contenute potenzialmente pericolose. Alcune di queste sostanze sarebbero state sospettate di essere degli interferenti endocrini, ma nascosto sotto una etichettatura falsamente rassicurante potrebbero essere pericolose nelle prime fasi dello sviluppo del bambino. L'UFC-Que Choisir ha addirittura invitato i genitori a diffidare di questi prodotti piuttosto che utilizzare acqua e sapone. In ogni caso, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, alla luce di tali preoccupanti dati, senza destare particolari allarmismi, è corretto l’invito rivolto alla Commissione europea a rafforzare le normative su tali prodotti.

lunedì 21 ottobre 2013

Il latte materno venduto su Internet può essere pericoloso

Il latte artificiale materno venduto online può essere contaminato da batteri pericolosi, secondo un recente studio in cui sono stati testati 101 campioni di latte venduto sulla rete. Lo dice uno studio condotto dall’equipe della dottoressa Sarah Keim, autore dello studio e ricercatrice presso l'ospedale pediatrico di Nationwide in Ohio. Tre quarti dei campioni ha posto dei problemi. La ricercatrice ha ricordato, inoltre, che le conseguenze possono essere gravi e che è meglio non acquistare latte dalla rete. La ricerca che è stata pubblicata su una rivista pediatrica americana, è importante perché è la prima sull'argomento. Lo studio non dice dove è stato acquistato il latte analizzato, ma cita diversi casi di bambini che si sono ammalati dopo il consumo di latte comprato in rete. Al di là della parzialità dello studio, per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, associazione che da anni ripete ai consumatori di prestare la massima attenzione agli acquisti online, tanto più nelle vendite in questione poiché si tratta del primo alimento per ogni bambino ed è ovvio che è necessario non farsi attirare da prezzi al ribasso e dal risparmio di pochi euro quando poi si possono trovare spiacevoli sorprese per un prodotto non all’altezza o addirittura dannoso per la salute del proprio piccolo. Va da sé che lo “Sportello dei Diritti”, promuove anche campagne per l’incentivazione al consumo di latte materno per tutte quelle mamme in grado di produrlo. Ricordiamo, infatti, che l’OMS raccomanda l'allattamento materno esclusivo per almeno i primi sei mesi di vita del bambino, mantenendo il latte materno come alimento principale fino al primo anno di vita pur introducendo gradualmente cibi complementari. Lo stesso organismo dell’ONU, suggerisce, inoltre, di proseguire l'allattamento fino ai due anni e oltre, se il bambino si dimostra interessato e la mamma lo desidera. L’Unicef, peraltro, da anni raccomanda ai governi nazionali il dovere di informare le donne sui benefici dell'allattamento al seno.

Facebook. Arriva il primo divieto di contatto tra insegnanti e studenti

Quanti studenti e insegnanti sono “amici” fra di loro sui social network ed in particolare Facebook? Migliaia, milioni anche perché sino ad oggi pochi ci avevano visto qualcosa di male. Evidentemente in Germania, in particolare nel land della Renania-Palatinato, non la pensano così, tant’è che è arrivato il primo divieto di contatto tra docenti e alunni sui social network. E si tratta di un divieto drastico. Il Ministero della Pubblica Istruzione ha comunicato alle scuole regole ferree sul punto, come evidenziato da un portavoce del ministero proprio ieri a Magonza. Il provvedimento è stato ritenuto necessario anche per separare la missione educativa della scuola rispetto al modello di business di Facebook – anche perché una valutazione di dati personali per scopi commerciali non è compatibile con la funzione scolastica. Per scambiare informazioni e dati ci sono alternative, come evidenziato dal ministero. Altri land vogliono regolamentare il contatto tra insegnanti e studenti. Il Baden-Württemberg vuole limitare l'uso dei social network per le scuole. La Sassonia ha dichiarato in estate che sta lavorando anche su normative pertinenti. Per Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” si tratta di una decisione dura ma forse determinata dalla scarsa regolamentazione in materia che ha portato ad un’anarchia nei rapporti docenti-studenti ed al rischio per quest’ultimi di perdere la cognizione del ruolo dei propri insegnanti. Come associazione, abbiamo sempre difeso la libera circolazione di idee e il diritto di utilizzare la rete per meglio veicolarle, ma è ovvio che nel caso dell’insegnamento e dell’educazione dei più giovani è necessario quantomeno un codice etico per gli insegnanti che impedisca ogni tipo di abuso che possa discendere da un uso distorto e non appropriato dei social network.

Traffici umani di bambini per organi. Un rapporto del governo britannico parla di livelli record

Traffici umani di bambini per organi. Un rapporto del governo britannico parla di livelli record. Bisogna fermare la tratta di queste vittime innocenti. Lo “Sportello dei Diritti” si è interessato più volte di uno dei fenomeni criminali più odiosi: la tratta di esseri umani per ricavarne organi per i trapianti. Mentre in Italia se ne discute poco o nulla, nonostante la recente segnalazione della nostra associazione che aveva rivelato come un’inchiesta francese, partita dalla Procura di Marsiglia avesse rivelato come il Nostro Paese sarebbe un crocevia di questo terribile ed odioso “commercio”, proprio oggi in Gran Bretagna sul Telegraph è apparsa la notizia di una bambina somala che sarebbe stata venduta nel paese d’Oltremanica a questo scopo. Ovviamente dopo la notizia è stato evidenziato come un rapporto del governo britannico abbia rivelato che il traffico di esseri umani ha raggiunto livelli record, con un aumento addirittura del 50 % nell'ultimo anno. Sarebbero 371 i casi accertati, infatti, di bambini sfruttati, la maggior parte di essi sono stati utilizzati come schiavi o sono stati abusati sessualmente. Tra di essi 95 bambini provenienti dal Vietnam, 67 dalla Nigeria e 25 dalla Cina, con altre vittime provenienti da Romania e Bangladesh. Il rapporto ha anche stabilito che 20 ragazze inglesi erano stati vittime del traffico di esseri umani, nei casi in cui sono state violentate e sfruttate da bande di uomini asiatici. Nel 2012, una donna adulta è stata segnalata come il primo caso di una persona portata nel Regno Unito da una banda organizzata con l'intento di rimuovere i suoi organi e di rivenderli. Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, ricorda che secondo l'Organizzazione mondiale della sanità la carenza internazionale di organi per trapianti ha portato ad un mercato nero per il commercio di organi, così come la nascita di un particolare tipo di turismo, quello "dei trapianti d'organo". I reni sarebbero l'organo più trafficato, perché può essere rimosso ed il donatore in grado di condurre una vita sana. Un numero impressionante di reni, circa 7.000 sarebbero illegalmente convogliati annualmente. Ed il commercio illegale di organi fornirebbe più di 1 miliardo di dollari ogni anno. Il problema è che probabilmente ancora oggi la lotta contro questa forma di criminalità non è ancora affrontata a livello globale perché forse sottovaluta dalle autorità. Sul punto l’Unione Europea e gli stati membri a partire dall’Italia particolarmente interessata da esodi di massa di migliaia di uomini, donne e bambini che provengono anche dai paesi che stanno diventando i centri di questa nuova tratta, dovrebbero adottare una strategia comune per combattere questa piaga boicottando e vietando ogni forma di pagamento degli organi che, come ha affermato l'OMS, "rischia di trarre indebitamente vantaggio dei gruppi più poveri e vulnerabili, mina le donazioni altruistiche e porta allo sciacallaggio delle vite umane".

domenica 20 ottobre 2013

Il Comune di Lecce non risponde ai cittadini. Intervenga il Prefetto

Il Comune di Lecce non risponde ai cittadini. Intervenga il Prefetto Alcuni cittadini hanno segnalato allo “Sportello dei Diritti” che il Comune di Lecce nonostante il grande apparato di dipendenti, funzionari e dirigenti non risponderebbe alle istanze in autotutela dei cittadini, legittime o illegittime che siano. Alcuni casi riguarderebbero l’Ufficio Tributi, certamente uno tra i settori cui i cittadini rivolgono maggiormente le proprie richieste, ma dove purtroppo si assisterebbe ad una scarsa sensibilità nei confronti della cittadinanza dove forse sarebbe maggiormente richiesta, in un momento nel quale tasse e imposte sono uno dei motivi di principale scontro tra cittadino, Stato ed enti. Equitalia docet. Per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” è un comportamento che la dice lunga sull’attuale situazione dell’amministrazione del capoluogo salentino ed una tendenza che affonda le radici dietro la difficile e onerosa possibilità di proporre ricorsi giurisdizionali ai silenzi o ai rifiuti delle pubbliche amministrazioni che si fanno forti, coi deboli, e si arroccano dietro queste difficoltà e alle farraginosità della macchina burocratica. Pertanto, stante i sottolineati ostacoli a proporre azioni giurisdizionali a tutela delle ragioni dei cittadini, è stato chiesto un intervento del Prefetto nella funzione di massimo rappresentante del Governo nella provincia di Lecce per alcuni casi sottoposti all’attenzione dell’associazione.

Equitalia.Annullata la cartella esattoriale per “difetto di motivazione”.

Annullata la cartella esattoriale per “difetto di motivazione”. La Commissione Regionale Tributaria di Lecce ribadisce l’orientamento della recente Cassazione Il Fisco e gli esattori quando pretendono un credito tributario devono adeguatamente motivare le ragioni e consentire agevolmente d’individuare la causale delle somme richieste, mentre sovente le cartelle esattoriali riportano sinteticamente il solo importo dei tributi e degli accessori, senza specificare altri elementi utili in tal senso. Ad evidenziarlo Giovanni D'Agata, presidente e fondatore dello “Sportello dei Diritti” ancora più convinto che tale comportamento debba essere censurato dopo aver letto l’interessante sentenza n. 258/24/13, depositata l’1 ottobre scorso, dalla Commissione Tributaria Regionale di Bari – Sez. 24 – Sezione Staccata di Lecce (Presidente Giovanni Romano, relatore Paola Bracciale, giudice Vincenzo Schilardi) che, in sede di appello, ha confermato la sentenza di primo grado della CTP di Lecce accogliendo le eccezioni formulate da un contribuente difeso dall’avvocato Maurizio Villani ed ha totalmente annullato la cartella esattoriale notificata da Equitalia S.p.a. per “carenza di motivazione”. I giudici tributari leccesi, hanno rigettato il ricorso della P.A. Sulla scia della più recente corte di Cassazione in particolare delle sentenze della sezione IV n. 20039 del 30.08.2013 e n. 20211 del 03.09.2013 ed in particolare, su tutte la n. 15188 del 18.06.2013 per cui in ipotesi di liquidazione di imposta ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973 art. 36 bis o D.P.R. n. 633 del 1972 art. 54 bis, “la cartella di pagamento costituisce l’atto con il quale il contribuente viene a conoscenza per la prima volta della pretesa fiscale e come tale deve essere adeguatamente motivata…”. “Nella fattispecie” si legge in motivazione, “la cartella riproduce semplicemente le voci relative ai tributi ed accessori senza nessuna ulteriore analitica ancorchè succinta motivazione”.

Vivere vicino aeroporti può essere letale, ma i rischi per la salute diminuiscono con l’avanzare dell’età

Vivere vicino aeroporti può essere letale, ma i rischi per la salute diminuiscono con l’avanzare dell’età. Un decesso ogni 7000 residenti nei pressi di stazioni aeree. Lo Stato dovrebbe pensare a una defiscalizzazione e ad indennizzi per i residenti Parlare di quiete, pace e serenità vicino ad un aeroporto è impossibile, ma che anche potesse essere oggettivamente pericoloso per la salute lo si pensava. Ora tale assunto trova conferma in una recente ricerca tedesca che sottolinea come il roboante rumore degli aeromobili possa essere una fonte di reale preoccupazione per le persone che vivono sotto la traiettoria dei voli. Secondo lo studio condotto per conto dell’organizzazione nazionale tedesca contro il rumore degli aerei, dall’equipe guidata dal dottor Eberhard Greiser, professore di epidimiologia e statistica medica presso l'Istituto per la Prevenzione Ricerca e Medicina Sociale di Brema, ogni anno una persona ogni 7.000 che vive vicino agli aeroporti muore a causa del rumore degli aerei. Ciò che lo studio ha dimostrato è che il rischio di infarto miocardico o di ictus è aumentato quando le persone sono esposte al rumore degli aerei, soprattutto a quello degli aerei di notte. Il rumore, è noto, è un fattore di stress. E questo fattore di stress induce un maggiore livello di ormoni nel corpo. Questi ormoni dello stress, specialmente cortisole, aumentano la pressione sanguigna. Se siete esposti a tali sollecitazioni per lungo tempo, l'aumento acuto della pressione arteriosa diventa ipertensione - e con esso, tutte le possibili conseguenze: infarto del miocardico, ictus, insufficienza cardiaca e demenza. Queste patologie acute, normalmente, possono iniziare a colpire dai 40 anni. Ed i rischi, naturalmente, aumentano con l'età. Ma nel caso del rumore degli aerei, gli studi dimostrerebbero che il rischio indotto dal rumore degli aerei diminuisce con l'aumentare dell'età. Questo ha lasciato perplessa all'inizio l’equipe, ma poi è stato giustamente rilevato il motivo per cui accade ciò: con l'aumentare dell'età, cresce anche la percentuale di persone che diventano sorde o che hanno problemi con l’udito. E se non si sente il rumore durante la notte o durante il giorno, non si hanno tali preoccupazioni. Quindi, paradossalmente è un vantaggio essere sordi se vivete vicino a un aeroporto. Ovviamente lo studio è stato condotto verificando tutte le alte possibili variabili, per esempio, che un aeroporto potrebbe trovarsi in una zona industriale con alti livelli di inquinamento. È stato incluso, quindi, il rumore della strada, della ferrovia, e sono state considerati altri fattori, per esempio, per quanto riguarda le fasce sociali. Sono stati raccolti i dati non solo degli ospedali, ma anche le prescrizioni di farmaci praticate dai medici. Sono state incluse le prescrizioni di farmaci anti-ipertensivi, di lipidi, insulina e di tutti gli agenti anti-diabetici, per esempio. Così sono state verificate una moltitudine di variabili nell’analisi in questione. Ma in tal senso, ci sono svariati altri studi da tutto il mondo, principalmente dalla Gran Bretagna, Europa, paesi scandinavi, che sono giunti a risultati simili. Il problema non riguarda solo i livelli di decibel, ma vi è qualcosa di specifico per quanto riguarda gli aerei. È quello che gli investigatori acustici chiamano "emersione". Cioè, quando un aereo si avvicina a una casa, si riscontra un improvviso incremento nei livelli di rumore - che ovviamente provoca una forte reazione. Un altro studio ha dimostrato che l'impatto del rumore della strada rispetto al rumore degli aerei corrispondeva a meno di un terzo. Così il rumore della strada contribuisce ad eventi cardiovascolari meno del rumore degli aeromobili. Alla luce di tale significativa indagine, per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” è ora che le istituzioni, il governo in primis, attuino la normativa a tutela di tutti i residenti nei pressi di tutti gli aeroporti a partire da piani di risanamento acustico ove possibili e misure d’indennizzo e defiscalizzazioni, esenzioni dei ticket ed ogni iniziativa utile per garantire un adeguato ristoro a tutti coloro che hanno la sola colpa di vivere vicino agli aereoporti ma che non hanno la possibilità di trasferirsi altrove come consigliato, al contrario, dallo studio tedesco. Nel frattempo, sulla falsariga di quanto già avvenuto con precedenti azioni giudiziarie da parte di residenti anche in Italia, lo “Sportello dei Diritti” è pronto a promuovere “class action” per il risarcimento dei danni subiti dai cittadini in tutti quei casi in cui non siano stati adottati piani di controllo del rumore e non vengano rispettati i parametri di legge e delle convenzioni internazionali.

Sicurezza stradale. Attenzione alle gomme auto d’importazione dai mercati paralleli ed in particolare dalla Cina

Sicurezza stradale. Attenzione alle gomme auto d’importazione dai mercati paralleli ed in particolare dalla Cina L'inverno è alle porte e i gommisti hanno un gran da fare per il cambio gomme. L'invito degli esperti: attenzione agli pneumatici a buon mercato su internet Arriva il cambio di stagione anche per le gomme. Un italiano su tre si avvia a adottare gli pneumatici invernali e complice la crisi, si muove nei mercati paralleli, anche attraverso internet, per l’acquisto di gomme al prezzo più basso possibile. Sulla rete le offerte di copertoni a buon mercato crescono ogni giorno e stanno causando non pochi problemi tra i professionisti del settore, ma anche per la sicurezza stradale a livello globale. Anche perché il risparmio può arrivare anche a più del doppio rispetto alla vendita tradizionale al dettaglio presso il gommista di fiducia, ma i rischi di acquistare prodotti scadenti aumentano proporzionalmente alla riduzione del prezzo e della qualità del pneumatico. Sono ormai tantissimi i siti online che offrono copertoni a primo prezzo da tutto il mondo, Cina e altri paesi asiatici compresi. E un fenomeno, questo, che è stato segnalato proprio dai gommisti che si vedono arrivare i clienti nelle proprie officine solo per il montaggio, spesso carichi di un treno di gomme nuove di zecca bell’e completo. Ed è ovvio che ciò sta creando non pochi affanni nel settore ma anche preoccupazioni, dovute non solo per i minori guadagni, ma anche perché gli pneumatici a prezzo di discount non offrono quelle prestazioni ottimali sufficienti per viaggiare nella sicurezza normalmente garantita dalle gomme vendute attraverso i canali ufficiali. Tra i problemi segnalati: spazi di frenata più lunghi e pericolo di scoppio più alto, ma anche minore tenuta di strada e consumi meno contenuti. E non sono rari i casi in cui presso i gommisti giunge clientela con gomme senza marca di qualità infima e addirittura ovalizzati. Ovviamente in tali casi, gli addetti ai lavori dichiarano quasi sempre di non assumersi alcuna responsabilità su eventuali incidenti causati dai difetti di queste gomme. In tal senso, nella vicina Svizzera, alcune catene di gommisti come la società "Pneuhuus", per esempio, ha deciso di montare soltanto gli pneumatici in vendita nella sua officina, mentre c’è chi fa sottoscrivere un modulo, attraverso il quale il cliente conferma che il servizio prestato si limita unicamente al montaggio E non tardano, quindi, ad arrivare i consigli per evitare incidenti e danni connessi a prodotti di dubbia provenienza e spesso senza alcuna garanzia, tantomeno di sicurezza. Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” invita a rivolgersi direttamente al gommista di fiducia sia per l'acquisto che per il montaggio affinché si possa avere un unico punto di riferimento nel caso si presentassero dei problemi. E nel caso l'automobilista volesse comunque acquistare pneumatici su internet, è quello di affidarsi a una piattaforma online che abbia sede principale nel Nostro Paese e di diffidare delle offerte a prezzi stracciati che si trovano in rete. Montare pneumatici di qualità conviene. Chi è consapevole di montare gomme di scarsa fattura e causa un incidente rischia di dover pagare i danni e rischia di vedersi decurtato il risarcimento di quelli a sua volta subiti.

Sicurezza consumatori UE: giocattoli e bijou con problemi di sicurezza per lo più dalla Cina

Sicurezza consumatori UE: giocattoli e bijou con problemi di sicurezza per lo più dalla Cina. Le allerte principali del sistema RAPEX per oggetti al nichel e bolle di sapone infette Le autorità di vigilanza hanno scoperto giocattoli e bijou con carenze di sicurezza in Italia e l'Unione europea provenienti principalmente dalla Cina. L'anno scorso il sistema di allarme rapido RAPEX europeo ha registrato un totale di 365 prodotti, di cui 320 provenienti dalla Cina. Quest'anno, sono più di 299 i prodotti segnalati mentre quello passato erano 240. Attraverso il database RAPEX, ricorda Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” gli stati UE avvertono gli stati membri sui prodotti pericolosi. Di seguito alcuni i prodotti segnalati: Categoria: Gioielli Prodotto: Orecchini Marca : gioielli di moda Descrizione: Coppia di orecchini a forma di teschi . I prodotti sono confezionati in buste trasparenti . Paese di origine: Cina Rischio: chimico Il prodotto presenta un rischio chimico perché rilascia fino a 10,5 mg / cm ² / settimana di nichel , il superamento del valore limite di 0,5 mg / cm ² / settimana . Il prodotto non è conforme al regolamento REACH. Categoria: Gioielli Prodotto: Orecchini Marca : Hin Dong Fang Nome : Sconosciuto Tipo / numero di modello : EH0031 Numero di lotto / Barcode: Unknown OCSE Portal Categoria : 64000000 - Accessori personali Descrizione: Coppia di orecchini a forma di gufi. I prodotti sono confezionati in buste trasparenti . Paese di origine: Cina Rischio: chimico Il prodotto presenta un rischio chimico perché rilascia fino a 1,12 g / cm ² / settimana di nichel , il superamento del valore limite di 0,5 mg / cm ² / settimana . Il prodotto non è conforme al regolamento REACH . Categoria: Giocattoli Prodotto: Bolle di sapone Marca: Teorema Nome: Giocattoli Estativi - Bolle Giganti Tipo / numero di modello: rif. 72213, Lotto. 2606960 Numero di lotto / Barcode: 017967722137 OCSE Portal Categoria: 86000000 - Giocattoli / Giochi Descrizione: La soluzione per le bolla di sapone giocattolo formata da quattro spade colorate, è confezionata in un blister multicolore. Paese di origine: Cina Rischio: microbiologico Il prodotto presenta un rischio microbiologico perché è contaminato da microrganismi patogeni come Pseudomonas aeruginosa e Staphylococcus haemolyticus Il prodotto non è conforme alla direttiva sulla sicurezza dei giocattoli.

Febbre del Nilo occidentale. Primo caso di contagio in Puglia in provincia di Foggia

Febbre del Nilo occidentale. Primo caso di contagio in Puglia in provincia di Foggia Nelle regioni del Nord-est dell’Italia ed in Puglia, il virus West Nile è diventato endemico. Infatti sono 68 finora i casi confermati di malattia neuroinvasiva da West Nile virus, la febbre del Nilo, registrati in Italia tra giugno e ottobre, concentrati in tre regioni. Complessivamente alla data del 17 ottobre 2013, sono stati segnalati nell'UE 221 casi di contagio di febbre West Nile nell'uomo e 511 casi nei paesi vicini fin dall'inizio della stagione 2013. Non é tardato ad arrivare anche il primo caso umano in Puglia che è stato confermato nella provincia di Foggia. Occorre precisare, in tal senso, che questa provincia non ha fatto registrare casi di contagio del virus nel 2012. Inoltre durante la scorsa settimana, due nuovi casi sono stati rilevati nell'UE. In Italia sono stati segnalati due nuovi casi dalle province con precedenti contagi (Treviso, Verona). Il totale dei 68 casi segnalati comprende 39 casi neuroinvasivi e 29 casi di non-neuroinvasivi. E' quanto emerge dagli ultimi dati dal servizio di sorveglianza del Centro nazionale di epidemiologia e dell'Istituto superiore di sanità. Il 55% dei casi riguarda uomini con un'età media di 64 anni. In Italia sono complessivamente 68 e per quanto riguarda la distribuzione territoriale è così di seguito suddivisa: Provincia di Bologna due casi Provincia di Brescia un caso Provincia di Cremona un caso Provincia di Ferrara sei casi Provincia di Foggia un caso Provincia di Lodi un caso Provincia di Mantova sette casi Provincia di Modena 16 casi Provincia di Padova un caso Provincia di Parma tre casi Provincia di Reggio nell'Emilia cinque casi Provincia di Rovigo dieci casi Provincia di Treviso cinque casi Provincia di Venezia due casi Provincia di Verona sette casi Nei paesi confinanti, sono stati segnalati due nuovi contagi. Il Montenegro ha segnalato due nuovi casi a Podgorica, una regione con precedenti contagi. Inoltre, il Ministero dell'agricoltura di Andalusia in Spagna ha rilevato questa settimana quattro altri cavalli ammalatisi di encefalite del Nilo occidentale nei tre comuni recentemente colpiti della provincia di Siviglia (Cantillana, Constantina, infantes di La puebla de los) e in un comune recentemente colpito della provincia di Huelva (Nerva). In Italia il primo caso umano risale al 2008, nel delta del Po. In Veneto, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia, nel 2008-9 ci sono stati vari focolai tra i cavalli, e il virus è circolato grazie a uccelli e zanzare. Nel 2010 sono stati segnalati casi solo in Veneto in aree più settentrionali, mentre nel 2011 e nel 2012 sono state coinvolte sia le regioni del nord-est, che Sardegna e Marche. Il ceppo virale identificato nel donatore veneto quest’anno è lo stesso di quello rilevato l’anno scorso in un altro donatore di sangue, che risiede nella stessa area, vicino il fiume Livenza. Il che dimostra che il virus è riuscito a svernare nelle aree umide vicino ai fiumi, dove probabilmente ha stabilito il suo ciclo endemico. Per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, poiché per gli esperti vi sarà un aumento dell’attività del virus, sarà necessaria una sorveglianza più stretta. E’ utile inoltre, per tali ragioni, tenere informati in modo chiaro i cittadini, senza creare allarmismi ingiustificati. Ricorda inoltre che il più efficace mezzo di prevenzione è l’utilizzo di rimedi repellenti contro gli insetti, in modo da prevenire un eventuale puntura da parte della zanzara portatrice del virus. Si raccomanda inoltre di evitare in zone a rischio il contatto con animali deceduti e di prevenire la proliferazione delle zanzare limitando le superfici umide come il classico esempio del sottovaso rende bene l’idea. Non esistono al momento vaccini o trattamenti specifici, vengono di norma usati farmaci per alleviare la sintomatologia tipica della malattia. Inoltre si ricorda che la segnalazione degli eventuali primi sintomi presso i pronto soccorsi può aiutare a prevenire le gravi conseguenze che il contagio può provocare specie nei soggetti più deboli ed esposti.In particolare, il virus in questione appare con febbre moderata dopo pochi giorni di incubazione, che dura da tre a sei giorni, accompagnata da malessere generalizzato, anoressia, nausea, mal di testa, dolore oculare, mal di schiena, mialgie (dolori muscolari), tosse, eruzioni cutanee, diarrea, linfadenopatia e difficoltà a respirare. In meno del 15% dei casi, negli anziani e nei soggetti più deboli, possono aggiungersi gravi complicazioni neurologiche quali meningite o encefalite. I sintomi più comunemente riportati da pazienti ospedalizzati con la forma più severa dell'infezione erano: febbre elevata, forte mal di testa, debolezza e paralisi flaccida, sintomi gastrointestinali, modificazione dello stato mentale con disorientamento, tremori, convulsioni e coma. Più rari casi di eruzione maculopapulare o morbilliforme sul tronco, collo, braccia o gambe; atassia, segni extrapiramidali come anormalità dei nervi cranici, mielite, neurite ottica, poliraciculite, attacchi epilettiformi. Generalmente il malato si rimette spontaneamente in 3-5 giorni, ma la malattia può essere anche mortale in individui anziani e immunodepressi.

venerdì 18 ottobre 2013

Rischio Airbag Toyota richiama 900.000 auto.

Rischio Airbag Toyota richiama 900.000 auto. I modelli interessati dal richiamo sono Camry e Avalon e Venza La Toyota ha richiamato centinaia di migliaia di auto in officina. Ciò, secondo quanto comunicato giovedì dalla casa automobilistica nipponica, è dipeso da problemi connessi al sistema dell'aria condizionata, che potrebbe innescare gli airbag, in alcuni casi. Interessati dal richiamo sono stati un totale di 885.000 veicoli - la maggior parte dei quali negli Stati Uniti. Nei soli USA sono state oggetto del ritiro 803.000 vetture dei modelli di serie Camry e Avalon e Venza immatricolati negli anni 2012 e 2013 sarebbero obbligati a tornare. In Europa sarebbero 1600 le vetture interessate. Nelle autovetture, come specificato ci sono stati problemi con l'aria condizionata. La condensa dei condizionatori d'aria potrebbe fuoriuscire e causare un corto circuito nell'elettronica degli airbag. Come risultato, gli airbag potrebbero essere disabilitati o involontariamente innescati in singoli casi. Inoltre, il servosterzo potrebbe essere disabilitato se certe linee di dati venissero danneggiate. Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” seppur rilevando che i modelli in questione non risultano essere commercializzati in Italia, invita coloro che comunque ne possiedo una anche nel Nostro Paese a prestare la massima attenzione e a rivolgersi alle autofficine autorizzate o ai concessionari del colosso giapponese dell’auto.

Sicurezza e salute. Sequestrati in Svizzera farmaci contraffatti provenienti dalla Cina

Sicurezza e salute. Sequestrati in Svizzera farmaci contraffatti provenienti dalla Cina. Allarme per milioni di pastiglie false per curare gli stati d'ansia. Un milione di pastiglie false sono state sequestrate in Svizzera all’interno dell’aeroporto di Zurigo. Si tratta del preparato "Xanax" adatto per gli stati di ansia. Swissmedic, l'Istituto svizzero per gli agenti terapeutici ha, infatti, comunicato che un grosso carico di medicinali contraffatti - oltre un milione di pastiglie - proveniente dalla Cina e diretto in Egitto è stato sequestrato all'aeroporto di Zurigo. Le compresse sequestrate erano falsificazioni del preparato "Xanax" della ditta Pfizer, ben quattro pallets del peso complessivo di 400 chilogrammi. Le autorità doganali hanno informato Swissmedic, che ha provveduto a bloccare la merce e a chiederne una campionatura. Dalle analisi di laboratorio è emerso che le compresse, di un tipo usualmente prescritto per le grandi ansie, non contengono alcuna traccia di principio attivo. La stessa Swissmedic, dopo aver informato le autorità sanitarie di Egitto e Cina, ha ordinato la distruzione della merce. Tale sequestro di una quantità assai significativa di farmaci contraffatti provenienti dall’estremo oriente, per Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, conferma ancora una volta, come denunciato dalla nostra associazione, che esiste un mercato parallelo che ha base specialmente in Cina, ma che riesce a commercializzare medicinali “non originali” in tutto il globo con conseguenti gravissimi rischi per la salute dei consumatori. Per tali ragioni, è necessario incentivare la vigilanza sia doganale che da parte della autorità sanitarie nazionali, per bloccare non solo i canali di rifornimento ma anche coloro che riescono a vendere al dettaglio, quasi sempre a basso costo ed anche utilizzando la rete, prodotti che possono essere oggettivamente dannosi per la salute.

Calamari? No, intestini di maiale! Un nuovo scandalo alimentare starebbe per scoppiare?

Dopo lo scandalo della carne di cavallo rilevato nelle lasagne industriali o che, più di recente, ha riguardato le pepite di pollo che a malapena ne contengono, il consumatore è più attento a ciò che accade nel suo piatto e il Parlamento europeo ha aperto maggiormente gli occhi sulle pratiche dell'industria alimentare. In quest’ottica, l’eurodeputata olandese Esther de Lange, incaricata della questione, ha annunciato un fatto a dir poco sbalorditivo in seguito ad una sua scoperta dopo le verifiche che ha iniziato a svolgere l’europarlamento in campo alimentare. Alcuni calamari sarebbero infatti in realtà intestini di suini, come ha rivelato in un’intervista alla stampa olandese il membro del parlamento europeo. È vero che è tutto buono del maiale e che non si butta nulla. Ma che servisse anche per “sostituire” i calamari, no. Questi cosiddetti calamari che si trovano nella base di alcuni prodotti e non hanno in realtà mai visto il mare, sarebbero infatti interiora di maiale la cui consistenza gelatinosa ricorderebbe i calamari. Secondo l’eurodeputata, numerosi supermercati in Europa venderebbero tale prodotto, ma prima di parlare di uno scandalo, spiega Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, bisognerebbe comprendere l’entità e la misura di quella che è stata preannunciata come l’ennesima frode alimentare su grande scala. Quindi, niente allarmismi, ma solo la necessità di verifiche da parte dell’autorità di vigilanza alimentare europee e nazionali cui è rivolto anche il presente comunicato.

giovedì 17 ottobre 2013

Appello alla politica salentina affinché Lecce diventi zona franca urbana o a “burocrazia zero”.

Appello alla politica salentina affinché Lecce diventi zona franca urbana o a “burocrazia zero”. Dopo i primi appelli caduti nel vuoto e la trasmissione Report che ha messo al pubblico ludibrio la situazione leccese, lanciata l’idea della costituzione di un Comitato professionale per sollecitarne l’istituzione e una petizione dei cittadini leccesi Lecce non può più attendere. I leccesi dicono basta alle false promesse, ai continui rinvii ed ai rimpalli di competenze tra amministrazione comunale e regione e viceversa. A Lecce deve essere urgentemente costituita la “zona franca urbana” e la “zona a burocrazia zero”, come ha precisato l’avvocato Maurizio Villani nell’intervista a Report andata in onda lunedì 07 ottobre 2013 su Raitre nella quale la troupe dei giornalisti della trasmissione televisiva, accompagnati in tour dall’avvocato Francesco D’Agata nella sua qualità di portavoce dello “Sportello dei Diritti”, ha potuto constatare visivamente la situazione della periferia leccese nella quale da anni viene promessa l’attuazione della normativa nazionale rilanciata dal recente “Decreto del Fare”. L’associazione “Sportello dei Diritti” che con l’avvocato Villani ha riportato a livello nazionale questa scandalosa situazione, ribadisce ancora una volta che è un’occasione da non perdere, soprattutto in questo difficile momento di crisi economica e finanziaria. E rilancia la proposta di costituire un Comitato professionale per sollecitare l’istituzione a Lecce delle due zone, anche in collaborazione con il Prefetto, entro e non oltre il 31 dicembre di quest’anno. Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” rivolge pertanto un appello alla politica salentina perché si attivi, indipendentemente dalle appartenenze e dai colori politici nel più breve tempo possibile. Ed in tal senso, è pronta una lettera aperta da far sottoscrivere anche tramite email a tutti i cittadini leccesi. Di seguito, peraltro, riportiamo anche un articolo a firma degli avvocati tributaristi Maurizio Villani e Iolanda Pansardi e pubblichiamo sul sito istituzionale dello “Sportello dei Diritti” la documentazione utile per comprendere l’importanza dell’accelerazione dell’iter burocratico. Zona a burocrazia zero Al fine di snellire l’iter burocratico delle imprese l'articolo 37 del decreto legge n. 69 del 21 giugno 2013, convertito in legge, con modifiche dall’art. 1, L. 09.08.2013, n. 98 propone un rilancio delle forme di semplificazione che, peraltro, non sono nuove nel nostro ordinamento. Si tratta, in particolare, degli accordi sperimentali tra amministrazioni e associazioni di categoria, introdotti dal Governo Monti con l'articolo 12 del decreto legge n. 5 del 2012, convertito in legge n. 35 del 2012 (e poi ulteriormente disciplinate con successiva decretazione d'urgenza), ossia di convenzioni che possono essere stipulate tra le amministrazioni competenti e le varie associazioni di categoria «per attivare percorsi sperimentali di semplificazione amministrativa per gli impianti produttivi e le iniziative e attività delle imprese sul territorio, in ambiti delimitati e a partecipazione volontaria, anche mediante deroghe alle procedure e ai termini per l'esercizio delle competenze facenti esclusivamente capo ai soggetti partecipanti, dandone preventiva e adeguata informazione pubblica» (così la definizione offerta dall'art. 12, comma 1, del decreto legge n. 5 del 2012). Ed infatti, grazie al Governo Letta le zone a burocrazia zero, già adottate nell’ambito di queste attività di sperimentazione dal Governo Monti, sono estese a tutto il territorio nazionale. Sebbene vi sia confusione interpretativa su cosa in realtà consistano, si può evincere dall'articolo 37-bis, comma 1, del decreto legge n. 179 del 2012 (Governo Monti), convertito dalla legge n. 221 del 2012, che“ le zone a burocrazia zero” sono delle zone franche del territorio nazionale le quali sono state espressamente sottratte (addirittura) a ogni «vincolo paesaggistico-territoriale o del patrimonio storico-artistico» e dove il rilascio delle autorizzazioni sono sostituite da una comunicazione che l'interessato deposita presso lo sportello unico delle attività produttive. In ogni caso l’obiettivo rimane quello di semplificare, snellire e accelerare le procedure burocratiche per lo start-up d’impresa, al fine di incoraggiare le imprese nel dare impulso allo sviluppo socio- economico del paese. Peraltro, a complicare le cose, sempre dallo stesso articolo 37 bis, emerge la nozione affine di “zona franca urbana” che nello specifico, al comma 3, così recita: << Per le aree ubicate nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, ove la zona a burocrazia zero coincida con una delle zone franche urbane di cui all'articolo 37, le risorse previste per tali zone franche urbane, ai sensi dell'articolo 1, comma 340, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono utilizzate dal sindaco territorialmente competente per la concessione di contributi diretti alle nuove iniziative produttive avviate nelle zone a burocrazia zero>>. Va ricordato che la storia delle zone franche urbane è molto complessa. La loro istituzione era stata prevista originariamente con la legge 296/2006 (Finanziaria 2007), pensata dal governo guidato da Romano Prodi come agevolazione per le nuove iniziative produttive in alcune zone del paese, attraverso l'esenzione fiscale e contributiva. La realizzazione del progetto si era arenata sul fatto che le agevolazioni previste erano eccessivamente ampie e la copertura prevista sarebbe stata probabilmente insufficiente per tutti i benefici: esenzione da imposte sui redditi, Irap, Ici ed esonero dal versamento dei contributi previdenziali. Perciò successivamente la Finanziaria 2007 aveva circoscritto i benefici (anche dal punto di vista territoriale), lasciando a un successivo decreto dell'Economia il compito di circoscrivere ulteriormente l'agevolazione. La norma, di poi, viene ancora modificata dal comma 4 dell’articolo 9 Dl 194/2009, convertito dall’articolo 1, comma 1, legge 25/2010. E’ l'articolo 43 del Dl 78/2010 (Manovra estiva) a introdurre come misura tesa a rivitalizzare l’economia “la zona a burocrazia zero”. Ebbene, se pur entrambe le nozioni mirino agli stessi obiettivi, si passa da una misura, le Zone franche urbane, che – con costi per l’erario – si caratterizzava per la previsione di misure di fiscalità agevolata, a una misura, le Zone a burocrazia zero, che – sostanzialmente senza costi per l’erario – si caratterizza invece per una enunciata semplificazione delle procedure autorizzatorie. Ciò detto, vediamo pur sommariamente di cosa si tratta. Intanto l'istituzione di tali Zbz spetta al presidente del Consiglio che procede con decreto su proposta del ministro dell'Economia e delle finanze, di concerto con il ministro dell'Interno. Nelle zone così individuate, le nuove iniziative produttive godono di una serie di vantaggi il più rilevante dei quali è dato dalla possibilità che i provvedimenti conclusivi dei procedimenti amministrativi di qualsiasi natura e oggetto avviati su istanza di parte sono adottati in via esclusiva da un Commissario di Governo che vi provvede, ove occorrente, previe apposite conferenze di servizi ai sensi della legge 241/1990. A ciò si aggiunge la previsione del silenzio-assenso ove un provvedimento espresso non intervenga entro 30 giorni dall'avvio del procedimento. A riprova dell'implicita sostituzione delle Zfu con le Zbz, c'è la previsione che le Zbz individuate in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, ove coincidenti con una delle Zfu individuate dalla delibera Cipe 14/2009, nonché in quella dell'Aquila individuata con deliberazione Cipe del 13 maggio 2010, le risorse previste per tali Zfu, sono utilizzate dal sindaco territorialmente competente per la concessione di contributi diretti alle nuove iniziative produttive avviate nelle zone a burocrazia zero. Sul punto, peraltro, la Corte costituzionale con sentenza n. 232/2011 ha statuito l'illegittimità costituzionale laddove queste semplificazioni coinvolgano procedimenti amministrativi afferenti a materie di competenza regionale concorrente e/o residuale giacchè le zone a burocrazia zero prevedendo l'adozione di tutti gli atti amministrativi, in modo indifferenziato, da parte di un commissario del Governo, realizzavano così una chiamata in sussidiarietà allo Stato delle varie funzioni amministrative di competenza regionale. Le zone a burocrazia zero reintrodotte invece dal Governo Monti nel 2012, non prevedono più l'accentramento di tutte le competenze in capo al commissario di Governo, limitandosi a una semplificazione più blanda. Ora le recentissime disposizioni inserite dal decreto legge "del fare" mirano all'estensione a tutto il territorio nazionale di queste sperimentazioni, anche al fine di creare un sistema integrato di dati telematici tra le varie amministrazioni coinvolte e di permetterne un monitoraggio complessivo che è affidato al ministero dello sviluppo economico. Ebbene, a complicare ancor di più il quadro normativo delineato dall’art. 37 del D.l. 69/2013, è il nuovo comma 3 bis introdotto dalla legge di conversione secondo cui: << Si intendono non sottoposte a controllo tutte le attività delle imprese per le quali le competenti pubbliche amministrazioni non ritengano necessarie l'autorizzazione, la segnalazione certificata di inizio attività, con o senza asseverazioni, ovvero la mera comunicazione». Si precisa, poi, che spetterà alle pubbliche amministrazioni indicare, sul proprio sito Internet istituzionale, quali attività imprenditoriali continueranno a essere sottoposte ai controlli. Ed è tale potere discrezionale affidato alle amministrazioni ovvero individuare quali attività saranno soggette al controllo impedendo così un intervento ex lege del controllo, e, vieppiù, l’assenza di un criterio in base a cui formare “l’elenco apposito” a destare le maggiori perplessità. Oltretutto non si comprende in base alla disposizione, di quali controlli si stia parlando laddove si può pensare unicamente ai controlli che la legge stabilisce per l'intrapresa dell'attività, ovvero a quelli che dovrebbero attivarsi in vista del rilascio dell'autorizzazione o a seguito della ricezione della Scia o della comunicazione; e non anche ai controlli successivi all'inizio dell'attività, concernenti i più svariati aspetti della vita dell'impresa, da quelli tributari a quelli sanitari, da quelli edilizi a quelli concernenti la tutela dei lavoratori, ecc. Infine a completamento dell’intreccio di norme di cui sopra previste dal citato art. 37, il comma 5, stabilisce che le uniche limitazioni alle attività economiche così liberalizzate, consistano nella tutela dei «principi fondamentali della Costituzione, la sicurezza, la libertà e la dignità dell'uomo e l'utilità sociale, il rispetto della salute, dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio artistico e culturale>>. Ci si chiede se con tale ultimo paletto si sia riusciti davvero a dare impulso alla semplificazione e se venga concretamente rispettato il concetto di “burocrazia zero” giacchè sarà davvero arduo non ricondurre ogni scelta imprenditoriale tra i limiti posti a tutela della carta costituzionale. Di seguito pubblichiamo sul sito istituzionale dello “Sportello dei Diritti” anche la documentazione utile per comprendere l’importanza dell’accelerazione dell’iter burocratico. Avv. Maurizio Villani Avv. Iolanda Pansardi