venerdì 30 giugno 2017

Malattie degenerative. Nuova scoperta dell'EOC del Ticino per la cura di SLA, Alzheimer e Parkinson

Malattie degenerative. Nuova scoperta dell'EOC del Ticino per la cura di SLA, Alzheimer e Parkinson Dall'Ente Ospedaliero Cantonale (EOC) del Ticino, arriva un'importante scoperta che permetterebbe alla scienza di fare un deciso passo avanti nella comprensione di un meccanismo che ha un ruolo importante nelle malattie degenerative tra cui sclerosi laterale amiotrofica (SLA), Alzheimer e Parkinson. Lo studio condotto da ricercatori di Zurigo e del Ticino, ed in particolare dell’équipe del Laboratorio di neuroscienze biomediche del Neurocentro guidata da Paolo Paganetti avrebbe permesso di comprendere il ruolo di una proteina la cui conversione causa la SLA e certe forme di demenza. La rilevanza della ricerca, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, svolta dal centro dell’EOC è attestata dalla pubblicazione dei risultati su Nature Communications, una delle riviste scientifiche più prestigiose al mondo.

mercoledì 28 giugno 2017

Cantieri spenti a Lecce. Finisce l'era “Perrone” e la città rimane abbandonata

Cantieri spenti a Lecce. Finisce l'era “Perrone” e la città rimane abbandonata. La fotografia: il cantiere di Piazza Italia del “Monumento dei Caduti” spento da giorni e pericoloso per chi vi transita vicino Un'era è finita a Lecce, e com'è facilmente intuibile, la sconfitta brucia e chi lascia non ha sempre quell'interesse manifesto a far trovare tutto in ordine, salvo che non gli stia a cuore la collettività e il Bene Comune. E così, mentre la giunta uscente si accinge a lasciare gli scranni più alti di Palazzo Carafa arrivano allo “Sportello dei Diritti” le segnalazioni delle prime anomalìe sul territorio comunale dopo una campagna elettorale a tratti violenta e che ha fatto riemergere tutte le gravi carenze amministrative che per anni la nostra associazione, spesso quale portavoce dei cittadini, ha inteso denunciare. La prima questione che ci viene posta all'attenzione è il cantiere di Piazza Italia del “Monumento dei Caduti” che da giorni risulterebbe completamente spento e, quindi, pericoloso per chi vi transita vicino come dimostrano alcune fotografie trasmesseci in data odierna. Insomma, per il nuovo sindaco Carlo Salvemini ed il nuovo governo cittadino, cui Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” rivolge il più sentito augurio per il sorprendente ma non inaspettato successo, c'è già molta carne a cuocere anche per l'ordinaria amministrazione. Ciò vuol dire che da occhio critico, seppur vicino alla nota sensibilità del nuovo sindaco, continueremo a segnalare e denunciare, ma anche a fornire i contribuiti utili per il miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini e di chiunque vive o visita la città di Lecce.

Cellulare vicino, mente opaca

Cellulare vicino, mente opaca. Per uno studio americano avere i telefonini nelle vicinanze riduce le energie mentali delle persone È proprio vero che, a volte, è necessario “staccare la spina” e stare lontani da telefonini, smartphone e tablet iperconnessi. A confermare la necessità di stare il più possibile lontani da questi apparati che per la verità sono diventati insostituibili nella vita sociale ed economica della globalità dei cittadini, è uno studio condotto da Adrian Ward della University of Texas di Austin, secondo cui avere il proprio cellulare nelle vicinanze, anche se spento o silenziato, riduce le proprie capacità mentali. La ricerca rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, mostra che la mera presenza del cellulare nelle vicinanze, anche se non lo si usa, riduce la capacità cognitiva di un individuo (come la capacità di trattenere ed elaborare dati) probabilmente perché dobbiamo attivamente trattenerci dal prendere il telefono e usarlo e questo, anche se inconsciamente, ruba energie mentali. Gli esperti hanno coinvolto quasi 800 individui in una serie di esperimenti in cui dovevano portare a termine compiti assegnati. Alcuni con il cellulare, spento o silenziato, nei pressi (sulla scrivania ma a faccia in giù in modo che non si veda lo schermo, o in tasca o in borsa). Altri con il telefonino lasciato in una stanza diversa. Ebbene, i risultati di chi svolgeva i test con il cellulare a portata di mano erano sempre peggiori rispetto a chi lo aveva a distanza.

martedì 27 giugno 2017

Xylella fastidiosa. Per i turisti tedeschi arrivano i “consigli”: evitare souvenir delle vacanze

Xylella fastidiosa. Per i turisti tedeschi arrivano i “consigli”. Il Dipartimento di Stato per l'Agricoltura, la Sicurezza Alimentare e la Pesca: evitare souvenir delle vacanze Non si placa la psicosi internazionale da xylella fastidiosa. E in nome di questa brutta “fama” anche le istituzioni di altri Paesi, in particolare quelli europei che non sarebbero stati colpiti dal “contagio” arrivano i consigli più disparati nei confronti dei propri concittadini per evitare una quantomai presunta propagazione. Il più banale rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, è che i turisti dovrebbero astenersi dal portare incautamente piante provenienti dall'estero come souvenir in particolare dalle isole Baleari e dall'Italia. Il direttore del servizio di protezione dei vegetali del Dipartimento di Stato per l'Agricoltura, sicurezza alimentare e della pesca (LALLF) Mecklenburg Vorpommern Rostock, Joachim Vietinghoff, ha ricordato che la "Xylella fastidiosa - non v'è alcun nome tedesco - può influenzare più di 300 specie di piante ospiti, quali erbe, oleandri, ulivi, aceri". In Vogtland Zausa un vivaio ha dovuto distruggere nel febbraio 2017, l'intera gamma di prodotti, tra cui 45.000 viole, narcisi e primule. L'anno prima gli ispettori avevano identificato un oleandro contagiato.Vietinghoff ha anche comunicato che "Se una sola pianta risulta infettata, tutte quelle nel raggio di 100 metri di deve essere distrutto senza eccezioni. Dev'essere anche disposta a 10 km una zona cuscinetto deve dove devono essere effettuata regolarmente delle misure ufficiali di sorveglianza. Ed in seguito devono essere eseguite numerose misure fitosanitarie per prevenire l'ulteriore diffusione”. I casi di malattia si sono verificati in particolare in Italia e in Francia dal 2013 in pois. Nel 2016 la Xylella fastidiosa ha raggiunto, come detto, anche la Sassonia. E a questo punto arriva Vietinghoff l'avvertimento "Se si vuole portare piante da altri paesi europei dalle vacanze, possiamo chiedere che si acquisti solo in vivai registrati e garantire che un passaporto delle piante è presente". Tutte le specie di piante coltivate e commercializzate devono essere registrate in un archivio UE.

Hacker violano anche centrale nucleare Cernobyl

Hacker violano anche centrale nucleare Cernobyl Petya, il virus informatico si sta diffondendo a macchia d’olio in tutta Europa, passando per la Gran Bretagna e persino la centrale nucleare di Chernobyl, dove sono andati “parzialmente fuori uso” i sistemi che monitorano i livelli di radiazione. Secondo l'Agenzia nazionale per la gestione della zona contaminata, i sistemi interni tecnici della centrale "funzionano regolarmente" e invece sono "parzialmente fuori uso" quelli che monitorano "i livelli di radiazione". Il sito della centrale elettrica è inoltre inaccessibile. Secondo l'agenzia statale per la gestione della zona di esclusione di Cernobyl, "tutti i sistemi tecnologici della centrale funzionano normalmente", ma "a causa della disconnessione temporanea del sistema Windows il monitoraggio delle radiazioni nella zona industriale si svolge in modo manuale". "Il sistema automatico di controllo delle radiazioni nella zona di contaminazione funziona normalmente", sottolinea l'ente pubblico ucraino. Il virus, evidenzia Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, si sta ora diffondendo anche in Gran Bretagna, Francia e in Asia. Numerose primarie aziende mondiali finite nel mirino finora, tra cui Mars, Nivea, il colosso britannico della pubblicità Wpp, il produttore siderurgico russo Evraz, la ditta francese di distribuzione di materiali per l’edilizia Saint Gobain e la compagnia alimentare Mondelez International.

lunedì 26 giugno 2017

UE: nuove norme per edifici "verdi".

UE: nuove norme per edifici "verdi". Importanti novità sulla mobilità elettrica: obbligo di una centralina per la ricarica delle auto elettriche ogni 10 posti auto nei parcheggi degli immobili non residenziali come centri commerciali o uffici. Edifici più “intelligenti” e più controlli contro gli sprechi L'Europa traccia la linea per gli edifici all'interno dell'Eurozona ed il futuro appare più verde. Arriva, ed a segnalare l'importante accordo è Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, l'intesa dei 28 sulle nuove norme Ue per gli edifici 'verdi' per aumentarne l'efficienza energetica. Tra le novità, l'obbligo di una centralina per la ricarica delle auto elettriche ogni 10 posti auto nei parcheggi degli immobili non residenziali come centri commerciali o uffici, e la cablatura obbligatoria per installare le colonnine in tutti i posti auto nei parcheggi degli immobili residenziali, purché siano nel complesso superiori a 10. Sono stati i ministri dell'energia dei 28 paesi membri riuniti a Lussemburgo a trovare un accordo comune sulla base della proposta della Commissione Ue, e che servirà come base per il negoziato con l'Europarlamento. Inoltre, si introducono indicatori per misurare 'l'intelligenza' degli edifici in materia di consumi energetici, più ispezioni dei sistemi di riscaldamento e condizionamento. «Accogliamo con favore questo accordo che è cruciale per raggiungere i nostri obiettivi europei nell'efficienza energetica e che andrà a beneficio di cittadini e imprese riducendo in modo significativo la loro bolletta energetica», ha dichiarato per la presidenza maltese dell'Ue il ministro dell'energia, Joe Mizzi, sottolineandone l'importanza «per l'ulteriore promozione della mobilità elettrica negli edifici, sia residenziali che non».

Farmaci, Aifa ritira lotto farmaco ipertensione.

Farmaci, Aifa ritira lotto farmaco ipertensione. Un lotto di TELMISARTAN sarà ritirato dal mercato, su tutto il territorio nazionale. Ad ordinarlo è stata l’Agenzia italiana del farmaco (AIFA). Il lotto di TELMISARTAN ID è quello prodotto dalla ditta Zentiva Italia Srl. Il provvedimento, evidenzia Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, si è reso necessario a seguito della comunicazione della ditta concernente un fuori specifica del titolo del principio attivo Idroclorotiazide in confezioni del suddetto lotto. In particolare, si tratta della confezione di TELMISARTAN ID ZE*28CPR80+25MG – AIC 042253169 lotto n. 2720616 scad. 5/2018. TELMISARTAN è indicato per il trattamento dell’ipertensione essenziale. La ditta Zentiva SpA ha comunicato l’avvio della procedura di ritiro che il Comando Carabinieri per la Tutela della Salute è invitato a verificare.

Farmaci, Aifa ritira lotti farmaco antidepressivo.

Farmaci, Aifa ritira lotti farmaco antidepressivo. Alcuni lotti di MIRTAZAPINA saranno ritirati dal mercato, su tutto il territorio nazionale. Ad ordinarlo è stata l’Agenzia italiana del farmaco (AIFA). I lotti di MIRTAZAPINA ZENTIVA sono quegli prodotti dalla ditta ditta Zentiva Italia Srl. Il provvedimento, evidenzia Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, si è reso necessario a seguito della comunicazione della ditta concernente un risultato fuori specifica del parametro di resistenza alla rottura in confezioni dei citati lotti. In particolare, si tratta delle confezioni di MIRTAZAPINA ZEN*30CPR RIV 30MG – AIC 037094125 lotti n. 170008 scad. 2/2019 e n. 160700 scad 2/2019. Mirtazapina Zentiva è indicato per il trattamento di episodi di depressione maggiore negli adulti. La ditta Zentiva SpA, ha comunicato l’avvio della procedura di ritiro che il Comando Carabinieri per la Tutela della Salute è invitato a verificare.

domenica 25 giugno 2017

Stop rave party dopo morte 21enne. L'incidente è avvenuto sulla riva del Ticino a Vigevano

Stop rave party dopo morte 21enne. L'incidente è avvenuto sulla riva del Ticino a Vigevano. La vittima è un ragazzo proveniente dalla provincia di Bergamo. Lo “Sportello dei Diritti chiede l’intervento anche della polizia postale per bloccarli in tempo. Si susseguono sulla stampa le notizie di rave non autorizzati bloccati dalle varie forze di polizia su tutto il territorio nazionale e tutti uniti da un minimo comune denominatore: sono raduni quasi sempre sprovvisti di qualsiasi autorizzazione da parte delle autorità competenti che arrivano ad ospitare migliaia di giovani in luoghi lontani dai centri abitati, tipo boschi e campagne, ricettacolo di droghe e di musica elettronica a frequenze altissime, ma soprattutto sono quasi tutti auto-organizzati attraverso un passaparola che utilizza il web quale principale strumento di comunicazione e d’incontro virtuale. Non più, quindi, solamente attraverso i tradizionali canali di comunicazione, quali il cosiddetto “pierraggio”, ossia attraverso alcuni soggetti che si sobbarcavano l’onere di contattare quanta più gente possibile anche attraverso locandine sparse nei comuni contigui al luogo ov’era previsto l’evento. Oggi, invece, l’utilizzo della rete consente di contattare in maniera rapida ed in forma pressoché anonima migliaia di persone da ogni luogo ed anche dall’estero e per tali ragioni, questi eventi diventano sempre più grandi e sempre più incontrollabili. Tali nuove possibilità, sono purtroppo, troppo spesso, causa di conseguenze sulla salute di chi li frequenta, tant’è che non sono rari i casi di gravi lesioni o morti di giovanissimi, conseguenti alla frequentazioni di questi luoghi, per l’utilizzo di sostanze stupefacenti che riescono a scorrere a fiumi proprio perché non sono sottoposti ad alcun controllo. Proprio venerdì sera è finito in tragedia un rave party che ha visto un migliaio di giovani radunarsi in riva al Ticino a Vigevano, in zona Ronchi, nei pressi della frazione Sforzesca. Intorno alle 19.30 un partecipante è caduto o si è immerso volontariamente nel fiume ed è stato sopraffatto dalla corrente, annegando. Il corpo senza vita è stato recuperato in seguito da un elicottero dei vigili del fuoco. Secondo le prime informazioni sarebbe un 21.enne arrivato dalla provincia di Bergamo. Di fronte alla disgrazia i partecipanti al rave, che avevano iniziato ad affluire fin dalle 3 della notte scorsa, hanno deciso di interrompere il rave e hanno iniziato il deflusso. Per tali ragioni, Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello dei Diritti”, affinché non si verifichino più fatti gravi come quelli già accaduti anche venerdì e trovandoci in un periodo clou in relazione ai rave che d’estate si moltiplicano in ogni regione del Territorio nazionale, chiede l’intervento delle Autorità, a partire dalla polizia postale che con il suo prezioso lavoro può essere in grado in fase preventiva di verificare la sussistenza di requisiti minimi di liceità relativi a questi party individuandone gli autori ed in fase successiva può inviare segnalazioni alle autorità locali affinché provvedano a fermare quelli già in corso se non provvisti delle regolari autorizzazioni.

sabato 24 giugno 2017

Hacker violano le reti del Parlamento inglese

Hacker violano le reti del Parlamento inglese. Rimane poco chiaro quanto e quale sistema dati del Parlamento è interessato all'attacco anche se i parlamentari non sono in grado di accedere ai propri messaggi di posta elettronica in remoto. Attaccato da hacker il sistema dati del Parlamento inglese: i parlamentari non sono in grado di accedere ai propri messaggi di posta elettronica in remoto. In che misura e se i dati memorizzati delle informazioni altamente sensibili sono state interessate resta poco chiaro. Un portavoce del Parlamento, osserva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, ha ammesso l'attacco ai sistemi dei dati interni sostenendo che l'attacco si è verificato ieri sera. "Abbiamo scoperto tentativi non autorizzati di accedere agli account parlamentari", ha spiegato una portavoce. "Stiamo investigando sull'incidente, e prendendo ulteriori misure per garantire la sicurezza del network". Le email di molti parlamentari sono state bloccate temporaneamente nell'ambito delle operazioni per porre fine al tentato hackeraggio.

Stati Uniti: boss mafioso esce dal carcere a 100 anni. Era amico di Frank Sinatra

Stati Uniti: boss mafioso esce dal carcere a 100 anni. Era amico di Frank Sinatra John "Sonny" Franzese, uno dei killer più feroci della storia della mafia negli Usa ed il detenuto più anziano delle carceri federali statunitensi è un uomo libero. Ha appena compiuto la veneranda età di 100 anni. Dopo decenni di detenzione è uscito venerdì dal Federal Medical Center in Massachusetts su di una sedia a rotelle e si è diretto a casa della figlia a Brooklyn, evidenzia Giovanni D'Agata presidente dello “Sportello dei Diritti”. L'ultima condanna risale al 2010, quando a 93 anni gli furono dati otto anni di carcere per aver ricattato alcuni bar e strip club di Manhattan, chiedendo il pagamento di un pizzo.Don Franzese - a lungo alle dipendenze dei boss della famiglia dei Colombo - è stato accusato nella sua vita dell'uccisione di decine di persone, tra le 50 e le 100 vittime. Nel 2010 il giudice federale dell'ultima condanna affermò che per Franzese, nonostante l'età già avanzata, "morire in carcere era una pena più che adeguata considerando il suo stile di vita". Vita fatta anche di sfarzi e di frequentazioni glamour con personalità dello sport e dello spettacolo, come l'ex pugile Jake LaMotta e Frank Sinatra. Mai il magistrato avrebbe immaginato che oggi Franzese fosse ancora vivo. Ora il primato del detenuto più anziano negli Usa passa ad un altro italo-americano: il gangster Salvatore Sparacio, in carcere a Filadelfia e che ha "solo" 95 anni.

Scandalo “Tabacco”. L'Italia non ha ancora integralmente attuato la direttiva UE “tabacchi”.

Scandalo “Tabacco”. L'Italia non ha ancora integralmente attuato la direttiva UE “tabacchi”. Presentate interrogazioni, accessi agli atti e un esposto in Procura. A rischio la salute di milioni di cittadini fumatori e non La direttiva n. 40 del 2014 reca la nuova normativa armonizzata in materia di prodotti derivati del tabacco e sigarette elettroniche. La disciplina dettata da tale normativa non è meramente ricognitiva ma innova rispetto al precedente quadro normativo prevedendo nuove e più stringenti prescrizioni, limiti e divieti posti a tutela della salute pubblica.Tra le altre cose questo provvedimento UE ha imposto alle aziende produttrici le nuove immagini shock sui pacchetti, nuovi e più dissuasivi messaggi rivolti al consumatore, nuovi divieti (ad es. in auto e nelle strutture ospedaliere) per limitare l'esposizione al fumo passivo di soggetti minorenni.A tali norme si aggiungono, poi, specifici obblighi di trasparenza posti a carico dei fabbricanti ed importatori dei prodotti del tabacco. La normativa europea è stata recepita dall'Italia con decreto legislativo n. 6 del 2016 e tali obblighi hanno trovato espressa previsione negli artt. 6 e 7. In particolare in base a tali norme le "aziende del tabacco" avrebbero dovuto presentare entro il 20 novembre 2016 al Ministero della salute e all'Agenzia delle dogane e dei monopoli specifiche informazioni relative sia agli ingredienti che alle emissioni (sia in forma combusta che non) e altre preziose informazioni sulla sicurezza dei prodotti immessi in commercio ed altri importanti studi interni. La questione è stata oggetto di una specifica interrogazione parlamentare che è rivenibile a questo link http://aic.camera.it/aic/scheda.html?numero=4/15290&ramo=CAMERA&leg=17. Scaduti i termini previsti, tali informazioni non sono state pubblicate come ci riferisce in anteprima il dottor Gennaro Esposito che si è interessato e approfondito sin da subito al problema avendo più volte presentato apposita istanza di accesso agli atti al Ministero della salute. In particolare, il Ministero ha risposto alla suddetta istanza di accesso rinviando inizialmente alle informazioni (del tutto insufficienti e non in linea con il nuovo dettato normativo) pubblicate nel 2014 e poi, solo verbalmente si sarebbe addotta come scusa del ritardo l'esigenza di doversi coordinare con la Commissione Europea (con il cd sistema EU-CEG), la necessità di dover rendere i dati informaticamente meno pesanti ed, infine, ponendo come limite e ragione del ritardo l'apposizione da parte delle multinazionali del segreto commerciale su gran parte delle informazioni richieste. Ritenendo che tale inadempimento rappresenti un rischio per la sicurezza del consumatore il dottor Gennaro Esposito, pertanto, ha redatto ed inviato un'istanza formale di ritiro dal mercato dei prodotti non conformi alla nuova normativa (istanza di "recall") e successivamente un esposto in Procura per mancato esercizio di poteri impeditivi. Insomma quello paventato è un vero e proprio scandalo perchè per Giovanni D'Agata presidente dello “Sportello dei Diritti” - associazione che sosterrà ogni iniziativa utile per chiarire definitivamente i motivi della mancata pubblicazione dei dati carenti – non è possibile giocare con la salute dei cittadini, fumatori e non, per non aver messo a disposizione tutte le informazioni richieste dalla normativa ed in particolare da una direttiva UE che è chiara in tal senso. Basti solo ricordare, solo per fare un esempio, che alla fine di maggio 2017 sono stati, pubblicati alcuni studi epidemiologici di rilievo internazionale che hanno messo in relazione l'aumento esponenziale del numero di casi di adenocarcinoma polmonare con l'introduzione da parte delle multinazionali del tabacco, a partire dagli anni 50 in poi, dei cd ventilation holes (fori quasi invisibili posti all'interno dei filtri). Negli USA stanno valutando l'opportunità di avanzare una nuova istanza di recall alla FDA in relazione a tutti i prodotti che presentino tale tipologia di filtro. Sul sito dello “Sportello dei Diritti” sono messi a disposizione della cittadinanza e della stampa tutti i documenti elencati nel suesposto comunicato.

Polizze dormienti. Per l'Ivass, in Italia sono 4 milioni di polizze e valgono almeno 4 miliardi di euro

Polizze dormienti. Per l'Ivass, in Italia sono 4 milioni di polizze e valgono almeno 4 miliardi di euro. Lo “Sportello dei Diritti”: il governo obblighi le compagnie a liquidarle mediante accesso all'Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente. Nel frattempo una campagna per informare i cittadini per il rischio di perdere i propri risparmi Un vero e proprio tesoretto, emerso ieri a seguito della relazione del presidente di IVASS, l'istituto di vigilanza sulle assicurazioni, Salvatore Rossi, quello delle polizze dormienti in Italia, ossia quelle assicurazioni sulla vita scadute e “dimenticate”, ovvero non liquidate nei confronti dei titolari o dei beneficiari. Una cifra incredibile, se si pensa che siano ben 4 milioni per un totale di circa 4 miliardi di euro, che ove non riscattate nel termine prescrizionale di dieci anni dalla scadenza, andranno a finire nel Fondo Rapporti Dormienti gestito dalla Consap attraverso il Tesoro e non potranno più essere in alcun modo pretese. Il fenomeno in questione, sinora praticamente poco considerato, è emerso in occasione dell'assemblea annuale ed è stato lo stesso presidente IVASS a precisare che "Da una nostra indagine emerge che circa 4 milioni di polizze vita sono scadute negli ultimi cinque anni ma non sono state liquidate, perché le compagnie non sanno se l'assicurato è o no deceduto prima della scadenza della polizza: molto spesso i beneficiari non si fanno avanti perché non sanno di esserlo, e nella polizza sono indicati in modo generico, ad esempio gli eredi legittimi". "L'importo complessivo è sconosciuto - ha aggiunto Rossi -, certamente alcuni miliardi, almeno 4", ipotizzando almeno 1000 euro per ciascuna polizza. Quindi, probabilmente il dato è in difetto, rileva Giovanni D'Agata presidente dello “Sportello dei Diritti”. L'indagine dell'autority ha fatto emergere che dei 4 milioni di polizze scadute e non ancora liquidate dopo 5 anni una percentuale rilevante, il 95% riguarda assicurazioni temporanee per il caso di morte. "Per queste polizze - si rileva nella relazione annuale - quelle potenzialmente dormienti rappresentano una percentuale molto alta rispetto ai contratti emessi (il 58%), mentre per le polizze che prevedono anche prestazioni in caso di vita (tipo misto e rendite) e per le capitalizzazioni l’incidenza è contenuta (2,4%)". Un altro dato che ci fa allarmare riguarda le polizze a vita intera, quindi senza scadenza. A fine 2016 risultano in vigore 430 mila polizze di assicurati con età non inferiore a 90 anni, ossia di cittadini che hanno un'aspettativa di vita molto ridotta e per i quali è lecito pensare che sia intervenuto il loro decesso nel frattempo. Oltre 2.500 polizze si riferiscono ad assicurati oltre i 100 anni di età. Un numero elevatissimo se si pensa che secondo i dati Istat riferiti al 2016 sono poco più di 18 mila in totale gli ultracentenari e 730 mila gli ultranovantenni. Se le polizze si riferissero, ipoteticamente, soltanto a cittadini ancora in vita significherebbe che poco più del 60% degli over 90 oggi ne sarebbe titolare. Anche per questo lo “Sportello dei Diritti”, ritiene corretta l'iniziativa dell'Ivass che ha sollecitato il governo ad un intervento normativo per consentire alle imprese di assicurazione l’accesso all'Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente, in via di istituzione, e per obbligare così le stesse a consultarla almeno una volta l’anno per verificare i decessi degli assicurati e attivare il pagamento delle somme dovute. E' ovvio, rileva Giovanni D'Agata, che in assenza di un provvedimento di tal tipo si dovrebbe pensare ad un impegno morale delle compagnie affinchè annualmente verifichino la situazione degli assicurati attraverso i loro database che tuttavia rimarrebbe aleatorio. È, tuttavia, evidente che al momento ed in via d'urgenza è necessario che titolari, beneficiari ed eredi prendano cognizione del rischio di perdere i propri diritti e a vedersi liquidate le somme dovute. Una campagna informativa nazionale anche attraverso la televisione e gli organi di stampa potrebbe intanto far prendere cognizione ai più, mentre nel frattempo lo “Sportello dei Diritti” mette a disposizione i propri esperti che potranno informare i cittadini circa le modalità di riscatto e liquidazione.

venerdì 23 giugno 2017

Acqua ossigenata per sbiancare i denti, è allarme per la salute

Acqua ossigenata per sbiancare i denti, è allarme per la salute. Presenza di perossido di idrogeno oltre i limiti riportata dal sistema di allerta rapida europeo RAPEX in prodotto per lo sbiancamento dentale Alcune striscette adesive con agente sbiancante contengono perossido di idrogeno, sostanza potenzialmente tossica anche a basse concentrazioni. Dai trattamenti professionali ai kit che si comprano nei supermercati e ricette fai da te, ci sono molti modi per cercare di togliere le macchie scure che si formano sui denti e rendere il sorriso più bianco e brillante. Purtroppo molte persone sperimentano dei metodi di sbiancamento dentale che a lungo termine possono danneggiare i denti permanentemente, oltre a rischiare tantissimo in termini di ferite della cavità orale. E a richiamare l'attenzione sul pericolo è l'allerta di "rischio grave" per la salute che è stata lanciata oggi, 23 giugno, dal Rapex - il sistema comunitario di allerta rapido per i prodotti pericolosi della Commissione Europea cui lo “Sportello dei Diritti” fa spesso riferimento per segnalare i rischi per i consumatori - con tanto di pubblicazione di una black list di cosmetici contaminati, su segnalazione del Ministero della Salute della Svezia. Il RAPEX sul suo sito, ha in tale ottica disposto il ritiro delle striscette adesive con agente sbiancante di un set del "3D Bianco Whitestrips - Supreme Flexfit " e precisamente l'articolo nr. 2546776; numero di lotto / codice a barre: 8971400046; (L) 6225V44, della "Crest" prodotto negli Stati Uniti per la presenza di perossido di idrogeno come sostanza sbiancante (concentrazione misurata fino al 10% in peso). Tuttavia, “la preoccupazione non deriva tanto dal rilevare il composto inorganico con formula chimica H2O2 nel prodotto, meglio noto come acqua ossigenata, quanto nei livelli analizzati: questo elemento infatti è stato registrato in quantità che potrebbe avere ripercussioni sulla salute anche a breve termine. Le autorità sanitarie europee hanno così allertato gli altri Paesi e il consiglio è di non utilizzare lo sbiancante per i denti poichè "Il Perossido di idrogeno ad alte concentrazioni provoca irritazione della pelle ed è nocivo per ingestione.”. Il prodotto è stato ritirato dalle vendite a scopo preventivo, poichè non è conforme al regolamento per i prodotti cosmetici. Lo sbiancamento dentale è una delle pratiche odontoiatriche più antiche nella storia, ricorda Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”. Ma affidarsi al “fai da te” può essere sempre dannoso. Ecco perchè conviene sempre rivolgersi ad un odontoiatra per trattamenti adeguati alle peculiarità di ogni singola persona.

Anche ai non dev'essere liquidato il danno non patrimoniale per la morte del nipote

Anche ai non dev'essere liquidato il danno non patrimoniale per la morte del nipote. Il danno si presume fino a prova contraria perchè gli ascendenti ripongono particolari aspettative nella nascita del nipote. Va liquidato con le tabelle di Milano La scomparsa di un congiunto è sempre un evento devastante e che non può non comportare sofferenze anche in capo ai nonni che possono essere risarcite economicamente dal responsabile. A prendere atto di questa imprescindibile conseguenza del dolore rileva Giovanni D'Agata presidente dello “Sportello dei Diritti”, è anche la Corte di appello di Firenze (giudice relatore Carla Santese) che con la sentenza 779/17, che ha evidenziato come anche i nonni abbiano diritto al risarcimento del danno non patrimoniale per la morte della neonata in assenza di elementi contrari ed anche in presenza di una domanda che viene eccepita da controparte quale “generica”. Per i giudici della seconda sezione civile della corte toscana, può infatti ritenersi provata per presunzioni la sofferenza degli ascendenti per la scomparsa della bambina di due mesi dovuta alla responsabilità dei medici e della struttura sanitaria: la comune esperienza ci dice che i nonni vivono con particolare desiderio la nascita di un erede, riponendo l’aspettativa di instaurarvi una relazione affettiva privilegiata. Nella fattispecie, è stato accolto uno dei motivi di appello proposto avverso la sentenza del Tribunale di Livorno che non aveva riconosciuto il diritto al danno non patrimoniale dei nonni sul rilievo che la domanda fosse generica e mancasse la prova sulla concreta incidenza della perdita nella loro vita, dopo che alcuni sanitari erano stati condannati per omicidio colposo dopo la morte della neonata in seguito a un intervento chirurgico. Per i giudici di secondo grado, al contrario, il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale conseguente al decesso di cui al combinato disposto degli articoli 185 comma 2 c.p. e 2059 c.c. ben può ritenersi provato secondo le presunzioni di cui all'articolo 2727 Cc: «può ritenersi comunemente noto». Rileva la corte, che «sono proprio i nonni» oltre che i genitori ad attendere «con apprensione» la nascita di un nipote con cui instaurare un rapporto affettivo «estremamente gratificante per entrambi». E nel considerare la sofferenza dei nonni materni, ad esempio, non si può ignorare che la mamma della bimba è ormai avanti con l’età e non potrà più affrontare una gravidanza. Il risarcimento accordato è però stabilito nell’importo minimo della forbice offerta dalle tabelle del tribunale di Milano rispetto al pregiudizio non patrimoniale patito dal nonno per la morte del nipote: la sofferenza è tanto maggiore quanto più lungo risulta il rapporto affettivo, mentre nel caso in questione la bimba è morta solo due mesi dopo la nascita, rimanendo ricoverata fino al decesso.

giovedì 22 giugno 2017

Listeria in formaggio italiano al tartufo ritirato dal mercato europeo. RASFF lancia l'allerta alimentare

Listeria in formaggio italiano al tartufo ritirato dal mercato europeo. RASFF lancia l'allerta alimentare Questa settimana tra le esportazioni italiane in altri Paesi che sono state ritirate dal mercato, l'Austria, Australia, Germania e Svezia hanno attivato il Sistema rapido di allerta europeo (Rasff n° 2017.0877) avvisando le autorità sanitarie dei diversi Paesi europei circa la presenza di Listeria monocytogenes in formaggio al tartufo prodotto in Italia e commercializzato anche all'estero. Attualmente le informazioni sulla distribuzione non sono ancora disponibili. Il motivo del ritiro è una contaminazione da Listeria monocytogenes, un batterio che può dare origine a disturbi gastrointestinali e in alcuni soggetti a rischio può sfociare in malattie sistemiche più gravi come la meningite. Si ricorda che la listeriosi fa parte del gruppo di malattie definibili come tossinfezioni alimentari e prende il nome dall’agente patogeno che la causa, il batterio Listeria monocytogenes. La listeriosi è particolarmente pericolosa per le persone immunodepresse, malati di cancro, diabete, Aids, persone anziane, neonati e donne in gravidanza. La listeriosi può assumere due forme: diarroica, più tipica delle tossinfezioni alimentari, che si manifesta nel giro di poche ore dall’ingestione; invasiva o sistemica, che attraverso i tessuti intestinali e il flusso sanguigno si diffonde sviluppando forme più acute di sepsi, encefaliti e meningiti. In questo caso, tra l’ingestione del cibo a rischio e la manifestazione dei sintomi possono passare anche periodi di tempo piuttosto consistenti, talvolta fino a 90 giorni. Alla luce dell'allerta rapida dell'Agenzia europea, Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, raccomanda massima allerta, in attesa che il Ministero della salute comunichi sul suo sito web i lotti, il produttore ed il nome del formaggio al tartufo interessato dal richiamo dal mercato europeo e non solo.

Nulla l'ordinanza - ingiunzione del Prefetto avverso il ricorso al verbale al Codice della Strada se se non è motivata ad hoc.

Nulla l'ordinanza - ingiunzione del Prefetto avverso il ricorso al verbale al Codice della Strada se se non è motivata ad hoc. Non valgono le formule «stereotipe» adottate serialmente per tutte le infrazioni. Nel giudizio di opposizione spetta all'amministrazione provare gli elementi della contestazione Purtroppo nel Nostro Paese, il ricorso alle multe seriali per “far cassa”, molte illegittime, è un fenomeno generalizzato che da anni lo “Sportello dei Diritti”, attraverso il suo presidente Giovanni D'Agata, continua a denunciare anche perchè troppo spesso, le prefetture che dovrebbero essere i verificatori della legittimità dell'agire dei comuni e degli altri enti accertatori, respingono in maniera del tutto ingiustificata, con formule sovente ciclostilate, i ricorsi dei cittadini che si vedono ingiustamente multati. Fortunatamente è possibile ricorrere innanzi ai giudici anche alle ordinanze-ingiunzioni dei prefetti, che spesso sono macchiate, come detto, da una ripetitività del tutto ingiustificata e non adeguata alle doglianze di coloro che si sentono ingiustamente sanzionati. In tali casi, dev'essere annullata l'ordinanza-ingiunzione della prefettura di rigetto del ricorso avverso la multa al Codice della Strada perchè l’amministrazione non può utilizzare un modello prestampato valido per tutte le infrazioni, con ciò respingendo in blocco le doglianze del presunto trasgressore contro il verbale contestato. Inoltre, nel giudizio di opposizione, spetta all’autorità la prova che sussistono gli elementi posti alla base della violazione addebitata: in caso contrario l’opposizione è accolta perché non vi sono prove sufficienti della responsabilità dell’opponente. A stabilire questi principi, l'interessante sentenza 5267/16, pubblicata dalla dodicesima sezione civile del tribunale di Roma nella persona del giudice Silvia Larocca. Nella fattispecie, è stato accolto l’appello proposto avverso la sentenza del giudice di pace dall’automobilista sanzionato per la sosta nella zona a traffico limitato: in particolare, l’opponente aveva dedotto di essere titolare di un regolare permesso per circolare e parcheggiare nella ztl. In tal senso, dall'ordinanza impugnata emerge che la prefettura non produce alcun documento richiamato e posto a supporto del rigetto del ricorso proposto dal trasgressore. In sintesi: è violato il diritto di difesa dell’automobilista nel momento in cui il provvedimento decisorio risulta adottato con una formula seriale che non risponde alle doglianze prospettare e alle eccezioni sollevate. Erra, quindi, il giudice di pace a non rilevare che manca il minimo di motivazione «ordinariamente esigibile». Peraltro, ricorda il tribunale, che nel giudizio di opposizione l’amministrazione è convenuta in senso formale, ma attrice in quelle sostanziale: all’opponente basta quindi provare fatti impeditivi o estintivi, mentre sta alla prefettura, nella specie contumace nel giudizio al tribunale, dimostrare che il titolo esecutivo vantato dall’amministrazione è stato formato in modo valido. Non vi è dubbio, quindi, che l’opposizione debba trovare accoglimento in virtù dell’articolo 7 n. 10 de decreto legislativo 150/11, con conseguente condanna alle spese di lite per la prefettura.

Vaccini e malattie. Corte di Giustizia UE: sono sufficienti indizi gravi, precisi e concordanti per dimostrare che la patologia è stata causata dal vaccino

Vaccini e malattie. Corte di Giustizia UE: sono sufficienti indizi gravi, precisi e concordanti per dimostrare che la patologia è stata causata dal vaccino. In assenza di consenso scientifico, il nesso di causalità si può stabilire in base a prossimità temporale tra somministrazione e insorgenza, assenza di precedenti familiari e numero di casi repertoriati Nel momento in cui in Italia si vive un acceso dibattito sulla vaccinazione obbligatoria, arriva dalla Corte di Giustizia Europea una significativa sentenza sul rapporto tra vaccini e patologie collaterali che per Giovanni D'Agata, presidente dello“Sportello dei Diritti”, senz'altro contribuirà ad infuocare la discussione. Il presupposto della sentenza in questione, la 621/15, pubblicata il 21 giugno è una domanda che sovente si ritrova nelle aule giudiziarie anche italiane: la malattia che ha colpito un cittadino è stata causata dal vaccino? La risposta dei giudici europei è racchiusa nel principio, secondo cui, in mancanza di consenso scientifico, la prova può essere fornita con un complesso di indizi gravi, precisi e concordanti. E tra questi: la prossimità temporale tra la somministrazione del vaccino e l’insorgenza della patologia, l’assenza di precedenti medici personali e familiari dell’interessato e l’esistenza di un numero significativo di casi repertoriati in vicende analoghe. La vicenda è arrivata fino alla Corte di Giustizia Europea, dopo che un cittadino francese ammalato di sclerosi multipla, aveva fatto causa contro un gruppo farmaceutico produttore del vaccino contro l’epatite B. Purtroppo il paziente era deceduto nelle more del giudizio, ma i giudici europei, hanno rilevato che non ammettere alcuna prova se non quella tratta dalla ricerca medica, avrebbe l’effetto di rendere troppo difficile, se non impossibile, dimostrare la responsabilità del produttore: il che equivarrebbe a vanificare gli obiettivi della direttiva Ue, che punta a tutelare la sicurezza e la salute dei consumatori e garantire una giusta ripartizione dei rischi inerenti alla produzione tecnica moderna tra danneggiato e produttore. Ciò non significa, tuttavia, che si possa istituire un metodo di prova per presunzioni che permetta di stabilire automaticamente l’esistenza di un nesso di causalità in presenza di alcuni indizi concreti predeterminati. Non può non tenersi in considerazione gli elementi e gli argomenti presentati a propria difesa dal produttore per giungere alla spiegazione più plausibile dell’insorgenza del danno. Il giudice nazionale deve, inoltre, preservare il suo libero apprezzamento quanto al fatto che una simile prova sia stata o meno fornita in modo giuridicamente sufficiente, fino al momento in cui si ritiene in grado di formare il proprio convincimento definitivo.

mercoledì 21 giugno 2017

“Drone mania” ed effetti sulla natura. Uccelli stressati da droni, secondo uno studio della stazione ornitologica svizzera di Sempach

“Drone mania” ed effetti sulla natura. Uccelli stressati da droni, secondo uno studio della stazione ornitologica svizzera di Sempach. Alcuni consigli per ridurre al minimo i disturbi nei confronti dei volatili Una vera e propria mania è esplosa a livello globale, quella dell'utilizzo di droni. Per lavoro, ricerche scientifiche o semplice nuovo hobby del terzo millennio, sono sempre più gli apparecchi che si vedono librare in volo e aggirarsi un po' dappertutto col caratteristico lampeggiare delle luci led rosse e verdi e l'inconfondibile ronzio udibile a decine di metri di distanza. A causa dell'aumento del crescente aumento dell'utilizzo di questi dispositivi alcuni studiosi si sono chiesti che tipo di influenza possono avere sugli uccelli e gli altri animali selvatici. Una ricerca della Stazione ornitologica svizzera di Sempach (LU) ha tentato di rispondere a questa domanda e ha fornito alcune raccomandazioni che Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, ritiene utile diffondere per sensibilizzare gli utilizzatori al fine di ridurre al minimo i disturbi agli animali. Per i ricercatori svizzeri, che hanno diramato una nota in data odierna, lo studio dimostrerebbe che, in generale, gli uccelli reagiscono maggiormente nei confronti dei droni rispetto ad altri animali selvatici. Tuttavia, anche tra gli uccelli esistono differenze e alcuni sembra non abbiano nessuna reazione. Ciò non significa tuttavia che questi ultimi non risentano effetti. Gli "uccelli in cova, ad esempio, non abbandonano il nido neanche se disturbati. Malgrado ciò sono comunque sotto stress", si legge nel comunicato. Nei prossimi mesi gli esperti della Stazione ornitologica di Sempach hanno fatto sapere che si incontreranno con le autorità, gli utilizzatori di droni e gli operatori che a vario titolo si occupano della protezione della natura per sviluppare, assieme a loro, "regole che possano godere di un ampio consenso per un utilizzo dei droni rispettoso degli animali selvatici". "I disturbi sono un problema in crescita, da prendere in considerazione seriamente, per gli animali selvatici" avverte la Stazione ornitologica. "È particolarmente drammatico quando gli uccelli smettono di covare, oppure non iniziano nemmeno. Inoltre, se un uccello o un altro animale selvatico viene periodicamente costretto a fuggire, in casi estremi può morire per sfinimento", spiega. Tra le raccomandazioni messe a punto dalla Stazione ornitologica svizzera vi sono ad esempio: non far volare mai direttamente i droni verso gli uccelli, preferire piccoli apparecchi silenziosi o anche rinunciare a voli lungo pareti rocciose, in particolare tra febbraio e luglio, periodo di nidificazione di specie sensibili come il Falco pellegrino o il Gufo reale.

Alla ricerca di notorietà su Facebook, sospende un bambino nel vuoto e viene condannato a due anni di carcere

Alla ricerca di notorietà su Facebook, sospende un bambino nel vuoto e viene condannato a due anni di carcere Non c'è limite al peggio sulla rete che è uno strumento utile ma è anche, sempre più, un mezzo per esibire la propria follia o per attirare l'attenzione su di sé da parte di squilibrati di ogni dove. L'ultima l'ha fatta un cittadino algerino che, proprio per la classica ricerca della notorietà virtuale che, probabilmente, altrimenti difficilmente potrebbe avere nel mondo reale, ha “ben” pensato di postare sul proprio profilo Facebook due foto che mostrano un bambino, che secondo la locale polizia avrebbe meno di 18 mesi, tenuto sospeso per la maglietta nel vuoto, da un balcone o dalla parte superiore di un edificio a più piani. E non contento ha rilasciato un post col quale avrebbe minacciato di lasciare cadere il bambino se non avesse ricevuto 1000 "Mi piace". Ma il gesto non è passato invano: pare sia stato condannato a due anni di reclusione. La scena ha suscitato comunque l'indignazione da parte degli internauti che avrebbero avvisato le autorità di pubblica sicurezza. Secondo il giornale L'Express, la polizia algerina ha, infatti, rapidamente identificato l'uomo. "Data la gravità dei fatti, i servizi di sicurezza hanno ordinato un'indagine per identificare il sospetto", ha riportato una nota della polizia di Algeri, senza specificare la parentela del “folle” con il bambino. Accusato di "mettere in pericolo un infante" e per la "pubblicazione dell'immagine dei minori su internet", alla fine sarebbe stato condannato a due anni in prigione. Ormai sono all'ordine del giorno vicende del genere come, per esempio, l'arcinoto “Blue Whale”, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, il quale ritiene che l'unico modo per prevenire questi comportamenti è dato dall'immediata segnalazione alle forze di polizia che hanno la possibilità d'identificare tempestivamente gli autori ed eventualmente perseguirli se le condotte sono passibili di sanzione penale.

martedì 20 giugno 2017

Rumore del traffico deleterio per il rischio infarto.

Rumore del traffico deleterio per il rischio infarto. Per uno studio svizzero: relazione diretta tra il livello del frastuono e le malattie cardiovascolari e il diabete Il rumore del traffico aumenterebbe il rischio di malattie cardiovascolari e di diabete, stando ai risultati di uno studio presentato martedì a Zurigo in occasione di un congresso sul tema. Emerge, tra l’altro, che la probabilità di morire d’infarto aumenta del 4% ogni 10 decibel in più. Particolarmente critico è il frastuono notturno, che altera la qualità del riposo, ma anche emissioni inferiori ai livelli attualmente considerati accettabili possono avere ripercussioni negative sulla salute. Due sono i meccanismi che determinano la correlazione: da un lato la secrezione cronica degli ormoni dello stress, che influenzano il metabolismo dell’insulina, e, dall’altro, gli effetti provocati dai disturbi del sonno. Ai fini della ricerca, una delle poche finora condotte sulla questione, sono state tenute sotto osservazione 2'600 persone esposte a tenori diversi di baccano. Un motivo in più per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, per combattere il rumore a livello istituzionale per gli effetti sulla nostra salute e quindi sul nostro Welfare che ormai appaiono provati scientificamente.

Scienza e eccellenze italiane. Una nuova microsonda ottica per l'analisi ed il controllo di regioni cerebrali profonde.

Scienza e eccellenze italiane. Una nuova microsonda ottica per l'analisi ed il controllo di regioni cerebrali profonde. Una collaborazione tra l'Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Lecce e la Harvard Medical School, pubblicato su Nature Neuroscience, apre nuovi scenari per la comprensione e il trattamento di disturbi neurologici I ricercatori dell'IIT-Istituto Italiano di Tecnologia di Lecce e la Harvard Medical School di Boston, Stati Uniti d'America, hanno sviluppato una nuova microsonda ottica in grado di controllare l'attività elettrica cerebrale proiettando luce sui volumi larghi o parti del sistema nervoso centrale selezionati in un modo molto controllato. Lo studio è stato pubblicato su Nature Neuroscience e rappresenta un primo passo verso dispositivi a bassi invasività per la diagnosi e il trattamento di disturbi neurologici e psichiatrici e le malattie neurodegenerative. L'equipe di ricerca è stata coordinata dai ricercatori dell'IIT con sede a Lecce (Italia), Ferruccio Pisanello e Massimo De Vittorio, e di Bernardo Sabatini presso la Harvard Medical School (HMS) di Boston. Ferruccio Pisanello è il responsabile del Multifunctional Neural Interfaces with deep-brain regions” (Laboratorio multifunzionale delle regioni neurali profonde) presso l'IIT di Lecce ed è stato finanziato dal Consiglio europeo della ricerca (CER); Massimo De Vittorio è coordinatore del Centro IIT di Lecce ed è stato coinvolto, insieme a Bernardo Sabatini, in un progetto finanziato dal National Institute of Health (NIH). La tecnologia è stata sviluppata per sfruttare appieno l'optogenetica, una combinazione di ottica e genetica per attivare o inibire l'attività neuroni utilizzando fasci di luce. Una limitazione importante dell'optogenetica si basa nella difficoltà di distribuire la luce nel cervello in modo controllato, poiché l'opacità del tessuto non permette la propagazione della luce. Gli scienziati italiani hanno voluto superare questo limite. La microsonda, costruita alla IIT e convalidata dall'HMS, è costituita da una fibra ottica a forma di cono la cui punta è di circa 500 nanometri, 20 volte più piccola di una cellula neuronale, e il suo design è concepito al fine di adattare il fascio di luce alla regione cerebrale interessata senza spostare il dispositivo. La grande versatilità del dispositivo consente di irradiare aree cerebrali sintonizzandone l'intensità luminosa, colore, posizione, direzione e frequenza. La microsonda ha permesso d'indagare le regioni sub-corticali con un dispositivo minimamente invasivo, gettando luce in merito al legame tra l'attività elettrochimica di gruppi spazialmente separati di neuroni e i relativi effetti sul controllo della locomozione in modelli animali. La sonda, infatti, permette di attivare o inibire uno o più microcircuiti neurali, allo stesso tempo, rappresentando un nuovo paradigma per la stimolazione cerebrale profonda ottica. I risultati sono parte del progetto MODEM, coordinato da Ferruccio Pisanello e finanziato dal Consiglio europeo della ricerca (CER) con una borsa di studio a partire dal 2016. L'obiettivo finale del suo progetto di ricerca è lo sviluppo di un dispositivo ad invasività molto bassa, che permette un intervento diretto sul cervello per monitorare la propria attività e per ripristinare il corretto funzionamento. In futuro, la microsonda potrà essere la base per una nuova generazione di dispositivi terapeutici e protesi per il controllo dei disturbi neurologici e malattie neurodegenerative. Insomma, una bella pagina per la scienza italiana ed in particolare per i ricercatori leccesi, che per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, dimostra come nel Nostro Paese ci siano quelle eccellenze anche nella ricerca, che devono essere sostenute per giungere a questi preziosi risultati che in fin dei conti riguardano la collettività tutta.

Olio di cocco, falso "dimagrante" nelle diete. Per uno studio americano è più nocivo del burro per l'alta presenza di grassi saturi

Olio di cocco, falso "dimagrante" nelle diete. Per uno studio americano è più nocivo del burro per l'alta presenza di grassi saturi Da qualche tempo, l'olio di cocco viene venduto come l'alleato perfetto per chi dimagrisce, quale sana alternativa che sostituirebbe perfettamente burro e olio d'oliva. Eppure, a quanto pare non sarebbe così. Secondo un recente studio pubblicato dalla “The American Heart Association”, l'olio di cocco sarebbe certamente non "migliore" per la nostra salute; al contrario, sarebbe peggio del burro o addirittura del lardo. Questa ricerca, condotta da non meno di 12 ricercatori che hanno testato diversi tipi di olio, avrebbe dimostrato che l'olio di cocco è stato estremamente ricco di acidi grassi saturi, mentre il burro ne conterrebbe 63%, il grasso di manzo il 50% ed il lardo il 39%. L'olio di cocco sarebbe al vertice della classifica con non meno dell'82%. Così quando sappiamo che quasi il 72% degli americani pensano che l'olio di cocco è molto buono per la salute, immaginiamo che non abbiano la reale consapevolezza della loro alimentazione; ricco di grassi saturi, l'olio di cocco potrebbe aumentare a un ritmo allarmante il nostro colesterolo LDL (il cosiddetto “colesterolo cattivo”). In ogni caso, un alto tasso di colesterolo LDL aumenta il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari. E così l'American Heart Association ha concluso lapidariamente: "Perché l'olio di cocco aumenta il nostro tasso di colesterolo, una delle cause delle malattie cardiovascolari e non ha nessun effetto positivo che potrebbe compensare i benefici, si consiglia di non l'utilizzarlo". È meglio concentrarsi su oli monoinsaturi, come olio d'oliva, mandorla, pistacchio, arachidi, ecc.. Per noi italiani, che dovremmo prediligere la “dieta mediterranea” per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, è un chiaro avvertimento a non farsi attrarre da false promesse alimentari e a prediligere il nostro oro giallo: l'olio extravergine d'oliva.

Scandalo “estimi catastali” a Lecce. L'Agenzia delle Entrate avvia i pagamenti delle spese di lite e continua imperterrita a ricorrere in Cassazione

Scandalo “estimi catastali” a Lecce. L'Agenzia delle Entrate avvia i pagamenti delle spese di lite e continua imperterrita a ricorrere in Cassazione. Lo “Sportello dei Diritti”: si valutino eventuali profili di danno erariale Nella giornata odierna abbiamo appreso dal noto tributarista avvocato Maurizio Villani che per la nota vicenda degli estimi catastali, l’Agenzia del Territorio di Lecce (oggi Agenzia delle Entrate di Lecce) ha avviato le procedure di liquidazione delle spese di giudizio a seguito delle condanne ricevute dalla Commissione Tributaria Provinciale di Lecce e dalla Commissione Tributaria Regionale – Sezione Staccata di Lecce. Nonostante, quindi, la condanna ed il pagamento delle competenze professionali nelle cause per le quali vi è stata anche condanna alle spese di lite, l’Agenzia delle Entrate, come già segnalato nei precedenti interventi dello “Sportello dei Diritti”, sta continuando imperterrita a proporre ricorsi per Cassazione. È evidente, quindi, che trattandosi di migliaia di ricorsi per i primi due gradi di giudizio e con possibilità di soccombere alle spese anche innanzi alla Suprema Corte, rileva Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello dei Diritti”, che come ampiamente previsto, alla fine di questa travagliata querelle tributaria, la Corte dei Conti dovrà intervenire per accertare eventuali danni erariali, che si ripercuotono su tutti i cittadini - contribuenti leccesi.

lunedì 19 giugno 2017

Amoreeee, dove sei? "Aiutatemi a ritrovarla", la richiesta di un 59enne che ha dimenticato la moglie alla sosta ad Asti. Si ricorda di lei dopo 40 km

Amoreeee, dove sei? "Aiutatemi a ritrovarla", la richiesta di un 59enne che ha dimenticato la moglie alla sosta ad Asti. Si ricorda di lei dopo 40 km Un uomo ha dimenticato la moglie durante una sosta del viaggio proprio come nel film "Pane e tulipani". Ha telefonato ai carabinieri perché, durante un giro in moto, si è accorto di avere perso la moglie. "Aiutatemi a ritrovarla", la richiesta di un 59enne, disperato per le sorti della donna, evidenzia Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, che aveva lasciato il cellulare nel bauletto della due ruote e quindi non poteva essere contattata. A rassicurare il marito in lacrime è stata la stessa donna, 58 anni, che si è fatta prestare il cellulare da un passante: "Sei ripartito senza di me". Il marito l'aveva lasciata a terra durante una sosta a Moncalvo d'Asti, a circa 40 km da Chieri, dove l'uomo si è accorto di essere solo.

Famoso sciroppo per la tosse ritirato dalle farmacie. Lotti specifici di LISOMUCIL ritirati da Sanofi a titolo cautelativo volontario

Famoso sciroppo per la tosse ritirato dalle farmacie. Lotti specifici di LISOMUCIL ritirati da Sanofi a titolo cautelativo volontario La Società Sanofi comunica il ritiro cautelativo volontario dal mercato dei lotti della specialità medicinale LISOMUCIL. Lo rende noto Federfarma Roma segnalando una con nota dell'azienda pervenuta in data 19.06.2017. I farmaci interessati evidenzia Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, sono LISOMUCIL*AD SCIR200ML S/Z 750 – AIC 023185097: Lotto Scadenza 332 Dicembre 2018; 333 Dicembre 2018; 334 Aprile 2018; 335 Aprile 2019; 336 Giugno 2019; 337 Giugno 2019; 5K0402 Luglio 2018 e 5K0421 Agosto 2018. LIMOSUCIL è utilizzato nella terapia sintomatica delle affezioni dell'apparato respiratorio accompagnate da tosse e catarro. Il richiamo precauzionale è dovuto alla possibile presenza di precipitato confermato dall’analisi effettuata presso un sito di produzione su campioni dei suddetti lotti. Le confezioni dei succitati lotti presenti in farmacia dovranno essere immagazzinate in apposita area sicura e quindi predisposte per essere inviate ad Assinde con la prima tranche utile.

domenica 18 giugno 2017

Sigarette elettroniche: bocca a rischio. Afte ed ulcere a causa del vapore inalato. Lo conferma un nuovo studio

Sigarette elettroniche: bocca a rischio. Afte ed ulcere a causa del vapore inalato. Lo conferma un nuovo studio Quando furono lanciate sul mercato le sigarette elettroniche, molti pensavano che si era trovata la soluzione alla lotta al tabagismo e ai danni connessi, ma contestualmente sono state avviate numerose ricerche che ne hanno dimostrato alcune criticità che per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, dovranno essere oggetto di ulteriori accertamenti scientifici. Tra le ultime, quella della University of Rochester di New York pubblicata sulla rivista Scientific Reports, che ha rilevato la sussistenza di correlazioni tra l'uso di questi dispositivi e il rallentamento nella guarigione e cicatrizzazione delle ferite all’interno del cavo orale. Ciò spiegherebbe anche la frequente formazione di afte, ulcere ed altre irritazioni nella bocca dei fumatori. I tossicologi dell’università hanno osservato in laboratorio l’azione del fumo di queste sigarette su un campione di tessuto umano, danneggiato prima dell’esposizione. I graffi sul tessuto hanno causato a delle cellule note come fibroblasti l'alterazione della loro struttura che è finalizzata a riparare il danno. Normalmente questo processo provoca la formazione di nuovo tessuto, mentre le cellule del vecchio si restringono e chiudono la ferita. Il contatto con le sostanze chimiche aromatizzate del vapore, tuttavia, priva i fibroblasti dell’energia necessaria per svolgere il loro compito, conseguentemente impedendo alla ferita di rimarginarsi correttamente. «Le sigarette elettroniche sono considerate meno dannose di quelle convenzionali, ma la nostra ricerca dimostra che possono causare una varietà di altri problemi, non solo ai polmoni», ha spiegato il dottor Irfan Rahman. «La frequenza con la quale si fuma, sia che siano sigarette normali o vapore, determina la gravità del danno alle gengive e alla cavità orale».

sabato 17 giugno 2017

Piombo nei rossetti, è allarme per la salute. Presenza di piombo sopra i limiti riportata dal sistema di allerta rapida europeo Rasff

Piombo nei rossetti, è allarme per la salute. Presenza di piombo sopra i limiti riportata dal sistema di allerta rapida europeo Rasff Alcuni rossetti contengono piombo, sostanza potenzialmente tossica anche a basse concentrazioni. Uno tra i cosmetici più amati dalle donne ha dunque tra i suoi componenti un vero e proprio veleno (dal 1978 è proibito usare il piombo come additivo nelle vernici). E a richiamare l'attenzione sul pericolo è l'allerta per contaminazione di "rischio grave" che è stata lanciata ieri, 16 giugno, dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) della Commissione Europea, con tanto di pubblicazione di una black list di cosmetici contaminati, su segnalazione del Ministero della Salute della Germania. Il servizio di allerta europeo Rasff sul suo sito, ha pertanto disposto il ritiro di un set del Rossetto della "Max & More" e precisamente il Rossetto "Lipliner" ed il "Red Lips" articolo nr. 2546776; Rosso, rosso vivace, Classic Red, rosso scuro numero di lotto / codice a barre: 8733131209890; Batch: 08/2016, per la presenza di piombo (valore misurato fino a 604 mg / kg) prodotto in Cina. Tuttavia, “la preoccupazione non deriva tanto dal rilevare il metallo nel prodotto, quanto nei livelli analizzati: questo elemento infatti è stato registrato in quantità che potrebbe avere ripercussioni sulla salute a lungo termine”. Le autorità sanitarie europee hanno così allertato gli altri Paesi e il consiglio è di non utilizzare il cosmetico poichè potrebbe causare terribili reazioni allergiche e aumentare il rischio di cancro. Il prodotto è stato ritirato dalle vendite a scopo preventivo, poichè non è conforme al regolamento per i prodotti cosmetici. Il problema, osserva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, con la presenza di metalli pesanti nei prodotti per labbra è che questi vengono di solito ingeriti o assorbiti in una certa quantità, quando vengono indossati: in particolare, gli esperti ritengono che un utilizzo definito nella media di rossetto porti all’ingestione di 24 milligrammi di prodotto al giorno, mentre per le persone che lo riapplicano più volte al giorno potrebbero arrivare ad ingerirne quotidianamente anche 87 milligrammi.

Il radon aumenta il rischio di cancro alla pelle.

Il radon aumenta il rischio di cancro alla pelle. 10% il numero di tumori della cute causati dal gas per ricercatori svizzeri. La soluzione è sempre la prevenzione negli edifici Da anni vi è un aperto dibattito collettivo e scientifico sulle problematiche connesse al radon, gas naturale inodore e incolore presente nel sottosuolo e soprattutto radioattivo quale conseguenza del decadimento del radio, che sarebbe causa di problematiche alla salute. Secondo precedenti ricerche, infatti, sarebbe al secondo posto delle scaturigini del cancro ai polmoni dopo il fumo, ed ora secondo una ricerca condotta a Basilea in Svizzera, aumenterebbe anche il rischio di tumore alla pelle. Per lo studio realizzato dall'Istituto tropicale e della sanità pubblica svizzero - Swiss TPH - pubblicato nella rivista Environmental Health Perspectives, le particelle alfa provenienti dal decadimento del radon, che dal terreno fluisce nelle case, danneggiano i tessuti polmonari, ma anche la pelle. Si tratterebbe di un fenomeno poco studiato sino ad oggi per il coautore dello studio Martin Röösli. I ricercatori hanno stimato in 1900 i decessi per melanomi maligni in Svizzera tra il 2000 e il 2008 (persone dai 20 anni in su). Per ogni caso hanno calcolato la concentrazione di Radon in casa prendendo in considerazione diversi parametri. Stando ai risultati, la concentrazione di questo gas è più pericolosa per i giovani che non per gli adulti. Le persone sulla trentina vedono aumentare il rischio relativo ad un cancro della pelle del 50% per ogni 100 becquerel/m3 di irradiazione supplementare. Per le persone di oltre 60 anni, tale incremento è del 16%. Gli scienziati svizzeri hanno concluso che è possibile stimare in un 10% il numero di tumori della cute causati dal radon. È tuttavia arduo dire quale ruolo svolga questo gas nel fatto che la Svizzera presenti il terzo più alto tasso di tumori della pelle al mondo, ha spiegato Röösli. I raggi ultravioletti - con insufficiente protezione dal sole - svolgono a suo dire un ruolo maggiore. Alla luce di questa nuova indagine scientifica, tuttavia rileva Giovanni D'Agata presidente dello “Sportello dei Diritti”, è bene ricordare che al di là delle diverse posizioni scientifiche tra coloro che - a torto - ritengono innocua l'esposizione normale cui siamo sottoposti e chi invece è maggiormente propenso a ritenerla pericolosa e dannosa, è sempre meglio adottare un'ottica di prevenzione che riguarda soprattutto gli edifici in cui viviamo e quelli aperti al pubblico. Nelle situazioni in cui dopo aver effettuato una misurazione si dovesse rivelare una concentrazione di radon superiore ai livelli di riferimento è opportuno effettuare degli interventi di bonifica. Ci sono interventi di facile realizzazione e poco invasivi per gli edifici ed altri via via sempre più pesanti. Alcuni interventi sono volti a limitare o eliminare i punti di infiltrazione, ma di solito si consiglia sempre di accompagnare questi rimedi con metodi di depressurizzazione del suolo per impedire la risalita del gas, in quanto i primi da soli risultano generalmente insufficienti. Un rimedio immediato, anche se non sempre efficace, consiste nel continuo ricambio d'aria degli ambienti. Una corretta quanto continua ventilazione può contrastare gli accumuli del gas che tendono a far aumentare la concentrazione di radon negli ambienti. Oggi è possibile effettuare uno screening autonomo dei propri locali attraverso dei dosimetri economici. Per prevenire l'accumulo del radon, in fase di progettazione del basamento dell'edificio si può adottare la tecnica del vespaio, oppure si possono realizzare dei pozzetti di raccolta, o stendere degli strati di ghiaia coperti da un foglio di materiale impermeabile al radon, sempre in abbinamento a opportuni sistemi di aerazione. In Italia non c'è ancora una normativa per quanto riguarda il limite massimo di concentrazione di radon all'interno delle abitazioni private. Si può fare riferimento ai valori raccomandati dalla Comunità europea di 200 Bq/m³ per le nuove abitazioni e 400 Bq/m³ per quelle già esistenti. Una normativa invece esiste per gli ambienti di lavoro che fissa un livello di riferimento di 500 Bq/m³. Per le scuole non vi sono indicazioni ma si ritiene per il momento di poter assimilare una scuola ad un ambiente di lavoro. Molti paesi hanno adottato valori di riferimento più bassi: Stati Uniti: 150 Bq/m³, Regno Unito: 200 Bq/m³, Germania: 250 Bq/m³. La Svizzera ha invece optato per un valore limite prescrittivo di 1000 Bq/m³ e un valore operativo (raccomandato) di 400 Bq/m³, mentre ha considerato le scuole, per la presenza di bambini e giovani, alla stregua di locali abitativi. In ogni caso i valori medi misurati nelle regioni italiane variano da 20 a 120 Bq/m³. [Fonte Wikipedia]

Anniversario dell'arresto di Enzo Tortora. Lo “Sportello dei Diritti” lancia la proposta di istituzionalizzare la Giornata Nazionale delle Vittime di Malagiustizia il 17 giugno di ogni anno

Anniversario dell'arresto di Enzo Tortora. Lo “Sportello dei Diritti” lancia la proposta di istituzionalizzare la Giornata Nazionale delle Vittime di Malagiustizia il 17 giugno di ogni anno In data odierna ricorre l'anniversario di quel triste giorno, il 17 giugno 1983, nel quale Enzo Tortora, il giornalista simbolo della lotta alla malagiustizia fu arrestato e tradotto in carcere dopo essere stato accusato ingiustamente di associazione mafiosa e traffico di droga, reati dai quali risultò totalmente estraneo dopo un processo approdato sino alla Corte di Cassazione, sulla base di accuse formulate da soggetti provenienti da contesti criminali. Dopo ben 7 mesi di reclusione ed una battaglia di civilità portata avanti in prima linea, anche per il suo contestuale impegno politico in parlamento nelle fila dei radicali, la sua innocenza fu dimostrata e riconosciuta e venne infine definitivamente assolto. Tortora morì solo un anno dopo dall'assoluzione in via definitiva a causa di un male che senz'altro fu determinato dalle sofferenze subìte per l'ingiusta detenzione e per l'essere stato messo alla gogna in un Paese che si spaccò fra colpevolisti e innocentisti, come sempre accade nel mondo dell'informazione globale. A tal proposito disse il grande scrittore siciliano Leonardo Sciascia: «Quando l'opinione pubblica appare divisa su un qualche clamoroso caso giudiziario - divisa in "innocentisti" e "colpevolisti" - in effetti la divisione non avviene sulla conoscenza degli elementi processuali a carico dell'imputato o a suo favore, ma per impressioni di simpatia o antipatia. Come uno scommettere su una partita di calcio o su una corsa di cavalli. Il caso Tortora è in questo senso esemplare: coloro che detestavano i programmi televisivi condotti da lui, desideravano fosse condannato; coloro che invece a quei programmi erano affezionati, lo volevano assolto.» Nonostante tutto ciò, Enzo Tortora non si arrese, come fanno tanti sopraffatti da un sistema giudiziario che può soffocare e uccidere al pari di una rivoltella e questa sua lotta per la difesa dei diritti dei cittadini contro una giustizia con la g minuscola che troppo spesso si rivela forte con i deboli e debole con i forti, se ha portato dei miglioramenti quantomeno nell'attenzione dei cittadini verso i problemi connessi all'amministrazione della giustizia e dell'ordinamento penitenziario con provvedimenti che hanno significato nuove garanzie per indagati e detenuti, tuttavia non può rimanere nel dimenticatoio anche in onore e per mantenere costante l'attenzione verso le migliaia di cittadini che quotidianamente sono accusati o condannati ingiustamente, e subiscono trattamenti umilianti e indicibili sofferenze, acuite al giorno d'oggi, ancor più che in passato, dalla potenza dei media e della rete che sono pronti a sacrificare il nome e la dignità delle persone in ragione della “notizia”. Ecco perchè per un ulteriore miglioramento dei diritti dei cittadini e per una Giustizia sempre più Equa ed adeguata ad una civilità che riconosce nelle Libertà dei suoi cittadini la massima essenza dello Stato di Diritto, Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, proprio in questa data propone l'istituzionalizzazione di una “Giornata Nazionale delle Vittime di Malagiustizia”, perchè anch'esse sono vittime e sono un po' tutti Enzo Tortora.

Astici e crostacei vivi e al freddo del frigo e con le chele legate? È reato

Astici e crostacei vivi e al freddo del frigo e con le chele legate? È reato. Punito con un'ammenda di 5 mila euro il ristoratore che detiene gli animali nella cella frigorifera. Per la Cassazione, l’interesse a non provocare sofferenze ai crostacei prevale sui costi di conservazione. Vanno adottate tutte le misure per ridurre il dolore e va risarcita anche la LAV che si è costituita parte civile Una sentenza che farà discutere e che creerà tantissime polemiche, soprattutto fra ristoratori, pescivendoli e tra quanti non hanno alcuna sensibilità verso il mondo animale, la 30177/17 della Cassazione penale, pubblicata ieri 16 giugno. I giudici della terza sezione penale, partendo dal presupposto che astici, aragoste e granchi soffrono se vengono detenuti vivi in una cella frigorifera a basse temperature e con le chele legate in attesa di essere cotti e mangiati, confermano che si è passibili del reato di abbandono di animali di cui all'articolo 727 comma 2 del codice penale, punibile con un’ammenda. Tale modalità di conservare i crostacei, dettata dalla necessità del contenimento dei costi - che per Giovanni D'Agata presidente dello “Sportello dei Diritti” è una prassi generalizzata ed odiosa ed è giusto che sia punita - è causa di una grave sofferenza in questi animali ed è, pertanto, perseguibile penalmente. Dev'essere, quindi, ritenuto prevalente l’interesse a non provocare sofferenza nell’animale rispetto a quello economico in ragione della tipica tutela prevista dalla norma incriminatrice, in analogia a quella prevista per gli animali d'affezione quali cani e gatti. Nella fattispecie, un ristoratore era stato ritenuto colpevole dal Tribunale di Firenze del reato citato e condannato al pagamento di un’ammenda di 5 mila euro, per aver detenuto alcuni crostacei vivi nella cella frigorifera e con le chele legate e, dunque, in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di sofferenza. L'imprenditore ricorreva, quindi, per Cassazione evidenziando fra l'altro che i crostacei, provenienti dall’estero, venivano consegnati già in quelle condizioni, non sanzionabili e proibite da alcuna norma nazionale; specificava, fra l'altro che non vi fosse prova che togliere l’animale dal ghiaccio per poi immergerlo in acqua calda non lo facesse soffrire o attenuasse le sue sofferenze. Per la difesa dell'imputato, inoltre, sarebbe fatto notorio che il crostaceo tenuto a basse temperature e, in ogni caso, destinato a essere cucinato, vive le sue ultime ore in uno «stato di torpore e anestesia che annulla la sensazione di dolore». La Suprema Corte con la decisione in commento ha ritenuto inammissibile il ricorso è ha ritenuto valide le argomentazioni del giudice di primo grado che aveva rilevato che i crostacei prima di finire in una cella frigorifera, vivevano in acque o acquari a temperature alte; la forte escursione termica cui sono sottoposti provoca gravi sofferenze. Ed è quindi necessario far risparmiare all’animale tale inutile dolore adottando accorgimenti economicamente più gravosi che tuttavia consentono di detenere i crostacei in modo «più consono alle loro caratteristiche naturali». E a nulla vale la deduzione secondo cui tenere i crostacei vivi sul ghiaccio e con le chele legate provoca sofferenza nell’animale, tanto quanto la modalità di cottura che in astratto potrebbe costituire un maltrattamento. Per i giudici di legittimità vi è una chiara differenza nel «riconoscimento dell’uso comune». Le sofferenze causate dalla detenzione degli animali in attesa di essere cucinati «non possono essere parimenti giustificate, in quanto, solo nel primo caso l’interesse (umano) alla non-sofferenza dell’animale soccombe nel bilanciamento con altri interessi umani della più varia natura e legittimati dalla presenza di leggi. Al contrario, non può essere considerata una consuetudine socialmente apprezzata quella di detenere gli animali a temperature così rigide, tali da provocare sicure sofferenze». Precisano i giudici di Piazza Cavour che «al pari della tutela apprestata nei confronti degli animali di affezione, integra il reato ritenuto in sentenza la detenzione dei crostacei secondo modalità per loro produttive di gravi sofferenze e, per altro, adottate per ragioni di contenimento di spesa, con la conseguenza che, nel bilanciamento tra interesse economico e interesse (umano) alla non sofferenza dell’animale, è quest’ultimo che, in tal caso, deve ritenersi prevalente e quindi penalmente tutelato, in assenza di norme o di usi riconosciuti in senso diverso». Infine, viene riconosciuto il diritto alla Lav (lega antivivisezione onlus) quale parte civile costituita, il risarcimento del danno liquidato in via equitativa e le spese processuali.

venerdì 16 giugno 2017

Compleanno record a Ugento. Nonna Luce compie 102 anni

Compleanno record a Ugento. Nonna Luce compie 102 anni Lo “Sportello dei Diritti” difende la salute e la vita, e non può farlo se non in un'occasione importante per una famiglia e per tutta una comunità: perché domani nonna Luce compie 102 anni. L’ultracentenaria si chiama Luce Daniele, nasce in un paesino chiamato Gemini il 17.06.1915, proprio a cavallo della Grande Guerra.Vive per tutta la vita a Gemini, si sposa il 14.11.1937 con Vincenzo Coppola a ventidue anni, ma solo dopo tre anni venne lasciata sola, il marito era stato chiamato dall’esercito italiano a combattere la seconda guerra mondiale. Con numerose peripezie riesce a portare avanti il suo nido famigliare, composto successivamente dai suoi tre figli, Salvatore, Francesco e Antonietta e da dieci nipoti e quindici pronipoti. Difficile sintetizzare oltre un secolo di vita, difficile la sua, fatta di tanti sacrifici come tante donne del Sud. Ha dovuto imparare presto a vedersela da sola insieme alla sua sorella maggiore, padre e madre contadini lavoravano dalla mattina fino a sera tardi. La sua vita, commenta Giovanni D'Agata presidente dello “Sportello dei Diritti”, è una lezione di storia da tramandare alle nostre nuove generazioni. Anche l’amministrazione comunale di Ugento, della quale fa parte anche uno dei suoi nipoti, Gianfranco Coppola, che per l'occasione la rappresenta, ricorda che "Una comunità cresce solo nella misura in cui gli anziani hanno qualcosa da tramandare ai giovani, anche perchè, come diceva Cicerone, un popolo senza memoria del passato è un popolo che rimarrà sempre bambino”. Tanti auguri, Luce.

giovedì 15 giugno 2017

Sostanze tossiche nel Tè alla menta piperita Kings Crown: scatta il ritiro. L’allerta è stata lanciata dalla Germania

Sostanze tossiche nel Tè alla menta piperita Kings Crown: scatta il ritiro. L’allerta è stata lanciata dalla Germania Alcune confezioni di Tè alla menta peperita della Kings Crown (prodotto della società tedesca Dirk Rossmann GmbH, parzialmente controllata da AS Watson, la seconda catena di farmacie generiche in Germania e tra i primi 10 rivenditori tedeschi di generi alimentari in tutto il mondo con 3200 negozi in Germania, Polonia, Ungheria, Albania, Republlica Ceca e Turchia), sono state ritirate dal mercato tedesco a causa del ritrovamento in alcuni campioni di eccesso di alcaloidi. Gli alcaloidi sono sostanze naturalmente presenti nella piante, che vengono prodotte per difendersi dall’attacco degli insetti. Alcuni di questi alcaloidi sono considerati tossici per l’uomo. La comunicazione è stata diramata dalle autorità sanitarie tedesche che hanno deciso il ritiro immediato dagli scaffali delle farmacie e supermercati. Le operazioni sono in corso in Germania. In Italia le confezioni sono vendute nei negozi di prodotti biologici e biodinamici e particolarmente su internet tra i vari negozi online, tanto italiani quanto stranieri. Non abbiamo notizie al momento su altri punti vendita. L’allerta è stata lanciata il 15 giugno dalla Germania attraverso il Sistema rapido di allerta europeo alimenti (RASFF) riportata dal portale del governo tedesco su Lebensmittelwarnung.de. In Italia il provvedimento di ritiro del prodotto non è stato ancora pubblicato sul nuovo portale dedicato alle allerta alimentari del Ministero della salute mentre in Germania il provvedimento di ritiro del prodotto riguarda solo tre lotti di Tè e precisamente: L-Nr. 4516-02578 (MHD 07.12.2018); L-Nr. 5016-02578 (MHD 16.01.2019) e L-Nr. 0317-03675 (MHD 27.01.2019). Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” rilanciando l'allerta riportata dal portale del governo tedesco su lebensmittelwarnung.de, invita chi avesse acquistato i lotti del prodotto presso negozi di prodotti biologici e biodinamici a non consumare il Tè. La Rossmann ha diffuso un comunicato sul suo sito internet dove invita gli acquirenti a non consumare il prodotto.

Patatine ancora più dannose di quanto si pensi per la nostra salute. Una ricerca americana: non eccedere nel consumo

Patatine ancora più dannose di quanto si pensi per la nostra salute. Una ricerca americana: non eccedere nel consumo Le patatine sono per molti una tentazione cui difficilmente riusciamo a resistere. Purtroppo, molti hanno cognizione del loro contenuto di grassi ed in particolare di colesterolo e nonostante ciò sono pronti ad accettare anche i chili indesiderati che derivano da un consumo in eccesso. Ma i problemi non si fermano ad un po' di ciccia in più, perchè secondo uno studio americano potrebbero addirittura ridurre l'aspettativa di vita. Infatti, secondo la recente ricerca pubblicata sulla rivista scientifica specializzata “The American Journal of Clinical Nutrition” e condotta per quasi otto anni, chi mangia due volte - o più - patatine fritte in una settimana sarebbe sottoposto al doppio del rischio di morire prematuramente. E questo sarebbe dovuto, naturalmente, dal modo in cui le patate sono cotte. I ricercatori hanno così controllato, per otto anni, le abitudini alimentari di ben 4440 persone, dai 45 ai 79 anni di età, e il modo in cui queste persone consumano le patate. Tuttavia, durante questo periodo, 236 partecipanti sono morti, e la maggior parte di queste persone consumavano patatine fritte in abbondanza. Certamente, i risultati di questo studio non tengono conto dello stile di vita dei partecipanti che, forse, si alimentavano male a qualsiasi livello. Al di là di ciò, questi risultati per i ricercatori sono una prova che il consumo eccessivo di patatine fritte non è la cosa migliore da fare. Ancora una volta, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, ci è parso opportuno portare all'attenzione del pubblico la necessità di adottare un'alimentazione equilibrata e senza eccessi, anche quando questi ci sembrano non portare alcuna conseguenza negativa per la nostra salute.

Farmaco per ipertensione ritirato dalle farmacie: «Un lotto specifico non è conforme, allerta rapida»

Farmaco per ipertensione ritirato dalle farmacie: «Un lotto specifico non è conforme, allerta rapida» Ritirato dalle farmacie un medicinale per l'ipertensione essenziale. L'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), ha disposto il ritiro di un lotto specifico della specialità medicinale TELMISARTAN ID ZE*28CPR80+25MG – AIC 042253169 lotto n. 2660316 scad. 2/2018 della ditta Zentiva Italia. Ad ordinarlo è stata l’Agenzia italiana del farmaco. Il provvedimento, evidenzia Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, si è reso necessario a seguito della comunicazione della ditta concernente un fuori specifica del titolo del principio attivo Idroclorotiazide in confezioni del suddetto lotto. TELMISARTAN è utilizzato per il trattamento dell’ipertensione essenziale. La ditta Zentiva SpA ha comunicato l’avvio della procedura di ritiro che il Comando Carabinieri per la Tutela della Salute è invitato a verificare.

Peppino Basile: 9 anni senza alcuna Giustizia né Verità. Sempre nel ricordo degli amici.

Peppino Basile: 9 anni senza alcuna Giustizia né Verità. Sempre nel ricordo degli amici. Il Comitato ProBasile: "Per non dimenticare". Gli eventi del 15 giugno 2017 Anche il 15 giugno del 2017 è arrivato senza che sia stata data risposta alle domande di Giustizia e Verità di quanti s'interrogano ancora, a distanza di 9 anni da quella notte, delle ragioni di un così tragico destino per il compianto Peppino Basile, il consigliere provinciale e comunale di Italia dei Valori barbaramente trucidato il 15 giugno del 2008. Proprio per tali motivi, come promesso dagli amici riuniti nel “Comitato ProBasile”, anche quest'anno non passerà senza iniziative per non consentire che si dimentichi la storia, la vita e la tragica fine di uno dei politici salentini più passionari, più focosi, più sinceri che la Terra del Salento possa ricordare.Anche se si è tentato di tutto per mettere nel dimenticatoio, per sminuire il tragico accadimento, ma pure la sua storia, gli amici non dimenticano e non permetteranno che si dimentichi “il Figlio del Popolo”, come lui amava farsi chiamare. Perché al di là dei processi finiti nel nulla, delle voci, dei silenzi che forse hanno fatto altrettanto male di quelle coltellate inferte sul corpo dell’uomo, ad oggi ancora una verità, la Verità non è pervenuta. Noi tutti ancora riuniti nel “Comitato proBasile”, che rimane un baluardo della legalità nel territorio del Basso Salento, ed anche nelle persone del consigliere comunale Gianfranco Coppola e di Giovanni D'Agata dello “Sportello dei Diritti”, unitamente ai tanti amici e ai componenti di minoranza dell'attuale consiglio comunale, che hanno continuato in questi anni a perpetuarne la memoria, vogliamo testimoniare ancora una volta, come ogni anno in occasione della ricorrenza, quella necessità di Verità e Giustizia attraverso la commemorazione dell’Uomo e del Politico. E anche quest'anno giovedì 15 giugno ci recheremo presso il cimitero di Ugento alle ore 17 per deporre una corona di fiori presso la tomba dell'amico Peppino e per continuare a ripetere le due parole che da quel giorno ribadiamo: "Verità" e "Giustizia". La cittadinanza tutta è invitata a partecipare.

mercoledì 14 giugno 2017

Studio da Oxford: l'aspirina sarebbe responsabile di 3000 morti all'anno tra gli anziani nel solo Regno Unito. L'invito dei ricercatori a non abusarne

Studio da Oxford: l'aspirina sarebbe responsabile di 3000 morti all'anno tra gli anziani nel solo Regno Unito. L'invito dei ricercatori a non abusarne Gli scienziati dell'Università di Oxford mandano un avvertimento: l'aspirina sarebbe responsabile di 3.000 morti nel Regno Unito ogni anno. L'assunzione quotidiana del farmaco, soprattutto per le persone anziane che sono stati colpite in precedenza da un ictus o hanno subìto un attacco di cuore, sarebbe, quindi, pericolosa. Il motivo? Non è un segreto: può causare sanguinamento gastrointestinale – com'è ricordato anche nel foglietto illustrativo. Nel solo Regno Unito ogni anno ci sarebbero circa 20.000 casi di sanguinamento gastrico aspirin-indotto tra tutte le fasce d'età. Ma la ricerca rappresenta una novità: per le persone anziane con determinate condizioni pre-esistenti tale sanguinamento potrebbe essere fatale. Perché i pazienti che hanno avuto un attacco cardiaco o ictus prendono l'aspirina? Le compresse fluidificano il sangue e possono prevenire così, per esempio, una ricaduta. Pertanto, è necessario che anche l'assunzione di aspirina a tale scopo sia prescritta dal medico. Tuttavia, inoltre, è importante assume inibitori della pompa protonica secondo gli scienziati di Oxford - se si vogliono prevenire le emorragie nel 90% dei casi. L'aspirina è pericolosa? L'aspirina è pericolosa solo se si è predisposti ai suoi effetti collaterali e se ne abusa. Solo perché, per esempio, in Regno Unito è gratis la vendita, molte persone esagerano. L'importante, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, è essere consapevoli che si tratta sempre di un farmaco e che è bene consultare sempre un medico.

Telefonia mobile: addio roaming a pagamento. Da domani scatta rivoluzione Ue

Telefonia mobile: addio roaming a pagamento. Da domani scatta rivoluzione Ue Utilizzando un telefono cellulare per essere più conveniente. Da domani chiamate, sms e dati costeranno all'estero come a casa per chi viaggia nell'Ue. La novità avrà validità anche per l'invio di SMS o per l'utilizzo di Internet. È l'avvio della "rivoluzione digitale" spinta dalla Commissione europea e sostenuta dall'Europarlamento che ora, dopo anni di battaglie, è arrivata a compimento. "È un vero successo europeo" e "tra i più tangibili", hanno dichiarato il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker, il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani e il premier di Malta Joseph Muscat per il Consiglio Ue, ricordando che "negli ultimi dieci anni le nostre istituzioni hanno collaborato assiduamente" per arrivare a questo risultato.Allo stesso tempo, hanno evidenziato i tre, "l'Ue è riuscita a trovare il giusto equilibrio tra abolizione delle tariffe di roaming e necessità di preservare la competitività e l'attrattiva delle formule tariffarie". Sono infatti pochissime le "eccezioni" previste, con alcuni accorgimenti per evitare di danneggiare i piccoli operatori virtuali e prevenire gli abusi come il roaming permanente. Dal 15 giugno telefonare, inviare sms e navigare su internet da uno qualsiasi dei 28 Paesi Ue (più, a seguire, Norvegia, Liechtenstein e Islanda) avverrà allo stesso prezzo che nel proprio, in base al piano tariffario o al costo previsto dalla scheda prepagata. E, come tale, l'intero traffico verrà contabilizzato come nazionale, quindi scalato dal proprio forfait o credito. Non ci sono limiti temporali, ma per evitare abusi come l'utilizzo di una sim straniera economica in modo permanente in un Paese dove i prezzi sono superiori, possono scattare controlli a partire almeno dal quarto mese in cui i consumi avvengono solo all'estero.Esclusi dal provvedimento, spiega Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” sono gli operatori svizzeri, che comunque, da tempo, hanno a loro volta adottato una politica dei prezzi che tiene conto delle nuove condizioni di mercato.

Scandalo “estimi catastali” a Lecce. L'Agenzia del Territorio ricorre in Cassazione anche per il ricorso collettivo vinto dai cittadini anche in appello

Scandalo “estimi catastali” a Lecce. L'Agenzia del Territorio ricorre in Cassazione anche per il ricorso collettivo vinto dai cittadini anche in appello. I contribuenti vittoriosi devono comunque applicare le vecchie rendite. La responsabilità dell'amministrazione uscente rimane Nonostante i continui rigetti degli appelli da parte della Commissione Tributaria Regionale che ha confermato le sentenze della Commissione Tributaria Provinciale di Lecce anche per i ricorsi collettivi proposti dallo “Sportello dei Diritti” in favore di una pluralità di cittadini, l’Agenzia delle Entrate ha deciso di insistere con il ricorso alla Corte Suprema di Cassazione che costringerà i contribuenti della prima “class action tributaria” italiana a difendersi nonostante le ripetute vittorie innanzi alle corti territoriali.Vi è da ricordare, peraltro, che sulla medesima questione, si è in attesa della pronuncia del Consiglio di Stato, mentre la Commissione Tributaria Regionale del Lazio con l’ordinanza n. 1471 del 16 dicembre 2016 ha rimesso gli atti alla Corte Costituzionale.In buona sintesi, per la vicenda degli estimi catastali, oggi sono stati interessati i massimi organi giudiziari nazionali, Corte di Cassazione, Consiglio di Stato e Corte Costituzionale.In ogni caso, ricorda Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello dei Diritti”, in attesa delle pronunce definitive, i contribuenti vittoriosi nei giudizi tributari devono continuare ad applicare le vecchie rendite catastali e non le nuove, tenuto conto che le sentenze tributarie sono immediatamente esecutive, ai sensi dell’art. 67-bis D.lgs. n. 546/92, introdotto dal D.Lgs. n. 156 del 24 settembre 2015, che ha ripreso le mie proposte modificative. Infatti, è da sottolineare che è stato abrogato il vecchio articolo 69 -bis D.Lgs. n. 546/92 che prevedeva il passaggio in giudicato della sentenza per gli aggiornamenti catastali. Il problema è sempre però lo stesso: non si può sottacere delle evidenti responsabilità politiche dell'amministrazione comunale uscente del capoluogo che diede l'input per attivare la procedura di riclassamento generalizzato per ottenere più lauti incassi tributari rivenienti dalle nuove rendite a discapito dei proprietari degli immobili, così come dovranno essere appurate anche eventuali responsabilità contabili perchè il continuo ricorso alla Giustizia e le condanne alle spese per l'Agenzia del Territorio non possono passare senza far finta di nulla, perchè in ogni caso a pagare sono i contribuenti sui quali, in ultima analisi, ricadono sempre i costi di procedure sciagurate come quella ormai tristemente famosa degli estimi catastali leccesi. Proprio per le ragioni esposte, la nostra associazione provvederà a fornire ausilio anche a tutti quei contribuenti che vorranno difendersi nel giudizio di Cassazione così come fatto nei precedenti gradi di causa.

Unione europea: per la soia e per i prodotti puramente vegetali non si usi la parola latte". Il formaggio vegetale non esiste.

Unione europea: per la soia e per i prodotti puramente vegetali non si usi la parola latte". Il formaggio vegetale non esiste. Addio burro di tofu. Addio formaggio vegetale. Addio panna "veggie". I prodotti puramente vegetali, ha stabilito la Corte di giustizia dell'Ue nella sentenza relativa ad una causa tra la società tedesca TofuTown e l'associazione "Verband Sozialer Wettbewerb", non possono, in linea di principio, essere commercializzati con denominazioni come "latte", "crema di latte o panna", "burro", "formaggio" e "yogurt", che il diritto comunitario riserva ai prodotti di origine animale. Il divieto, per la Corte, vale anche nel caso in cui queste denominazioni siano completate da indicazioni esplicative o descrittive, che indicano l'origine vegetale del prodotto in questione. TofuTown produce e distribuisce alimenti vegetariani e vegani: in particolare, commercializza prodotti puramente vegetali con le denominazioni "Soyatoo burro di tofu", "formaggio vegetale", "Veggie-Cheese", "Cream" e altre denominazioni simili. Il Verband Sozialer Wettbewerb, un'associazione tedesca che mira a contrastare la concorrenza sleale, ritiene che tale promozione violi la normativa dell'Unione sulle denominazioni per il latte ed i prodotti lattiero-caseari e ha quindi avviato un'azione inibitoria nei confronti della TofuTown al Tribunale regionale di Treviri. La TofuTown ritiene, invece, che la sua pubblicità non violi la normativa in questione. Per l'azienda, infatti, il modo in cui i consumatori percepiscono tali denominazioni avrebbe subito un grande cambiamento negli ultimi anni. Inoltre, non utilizza diciture come "burro" o "cream" (panna) in modo isolato, ma sempre associate a termini che rimandano all'origine vegetale dei prodotti in questione, come ad esempio "burro di Tofu" o "rice spray cream", cioè panna di riso spray. Il Tribunale ha chiesto alla Corte di giustizia di interpretare la normativa dell'Unione in questione. Nella sentenza la Corte rileva che, ai fini della commercializzazione e della pubblicità, la normativa in questione riserva, in linea di principio, la denominazione "latte" unicamente al latte di origine animale. Inoltre, salvo le eccezioni espressamente previste, la normativa riserva le denominazioni come crema di latte o panna, chantilly, burro, formaggio e yogurt unicamente ai prodotti lattiero-caseari, cioè derivati dal latte. Esistono delle eccezioni, comunque, espressamente previste dalla normativa, come per il prodotto tradizionalmente denominato "crème de riz" in francese. Allo stesso modo, tra le eccezioni, è ammessa esplicitamente, a certe condizioni, anche l'utilizzazione, nella denominazione inglese di un prodotto, del termine inglese "cream" con un termine complementare, in particolare per designare bevande alcoliche o zuppe. La Corte conclude, evidenzia Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, che le denominazioni "crema di latte o panna" e le altre non possono essere legittimamente impiegate per designare un prodotto puramente vegetale, a meno che tale prodotto non figuri nell'elenco delle eccezioni, circostanza che non ricorre né nel caso della soia né del tofu. I giudici di Lussemburgo precisano che l'aggiunta di indicazioni descrittive o esplicative che indicano l'origine vegetale del prodotto in questione, come quelle utilizzate dalla TofuTown, non influisce sul divieto. La Corte aggiunge, inoltre, che questa interpretazione della normativa non è in conflitto né con il principio di proporzionalità né con il principio di parità di trattamento. Per quanto riguarda il principio di proporzionalità, la Corte osserva che l'aggiunta di indicazioni descrittive o esplicative non può escludere con certezza qualsiasi rischio di confusione nella mente del consumatore. Quanto al principio di parità di trattamento, la Corte constata che la TofuTown non può invocare una disparità di trattamento affermando che i produttori di alimenti vegetariani o vegani sostitutivi della carne o del pesce non sarebbero soggetti a restrizioni analoghe. Si tratta, rilevano i giudici, di prodotti dissimili, soggetti a norme diverse.

martedì 13 giugno 2017

Farmaci antitumorali: indagine contro Roche, Pfizer e Aspen in Sudafrica.

Farmaci antitumorali: indagine contro Roche, Pfizer e Aspen in Sudafrica. Il sospetto è che abbiano deliberatamente gonfiato i prezzi farmaci salvavita oncologici. Si specula e ci si arricchisce anche con il dolore degli ammalati oncologici. È cosa buona e giusta: le autorità sudafricane hanno annunciato oggi di aver aperto un'inchiesta contro tre colossi mondiali dell'industria farmaceutica: Roche, Pfizer e Aspen. Il sospetto è che abbiano deliberatamente gonfiato i prezzi di medicinali contro il cancro. La commissione sudafricana della concorrenza ha detto di aver avviato indagini sulla multinazionale basilese Roche e l'americana Pfizer per prezzi considerati abusivi di preparati contro il cancro al seno e ai polmoni. «Ci sono motivi per credere che Roche e la sua impresa di biotecnologia con sede negli Stati Uniti, Genentech, abbiano praticato e continuino a praticare prezzi eccessivi», afferma un comunicato odierno. Roche è pure sospettata di operazioni per «prolungare la propria influenza sul mercato dei medicinali contro i tumori al seno» e di violare la legge fissando tariffe differenti per i pazienti del settore pubblico e di quello privato. Interpellato dall'agenzia AWP, l'azienda renana ha detto di non aver ancora ricevuto alcuna notifica ufficiale da parte delle autorità antitrust sudafricane. Ma in ogni caso è disposta a cooperare mettendo a disposizione le informazioni necessarie. L'americana Pfizer è invece nel mirino delle autorità per «presunta sovrafatturazione dei suoi prodotti contro il cancro ai polmoni». Mentre il laboratorio sudafricano Aspen, grande produttore di generici, è accusato di «abuso di posizione dominante tramite sovrafatturazione di medicinali antitumorali». Dal mese scorso, anche la Commissione Europea ha messo sotto indagine Aspen per i «prezzi eccessivi» di cinque preparati contro il cancro. Anche l'Antitrust italiana ad ottobre 2016 ha multato la Aspen, azienda farmaceutica di Verona, parte di una multinazionale con sede nelle Mauritius. Ha effettuato un rincaro del 1500% sulle vendite di #Farmaci oncologici; la #multa ammonta a 5 milioni di euro. Nello specifico, evidenzia Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, la Aspen avrebbe praticato un rincaro sulle vendite dei farmaci salvavita per gli ammalati oncologici immotivato ed esagerato, rincarando salvavita oncologico del 1500%". I destinatari del farmaco in questione erano le persone più indifese, se così si può dire, ossia i bambini e gli anziani. Non che il tumore sia meno aggressivo in questi casi piuttosto che in altri, ma la considerazione sta a denotare che cosa si è riusciti a fare a discapito della guarigione o di una vita migliore, per chi è colpito dalla dura patologia. I prezzi gonfiati in modo così eccessivo riguardano medicinali per la cura dei tumori del sangue, che maggiormente colpiscono queste fasce di età.

Eccezionale avvistamento di una foca monaca nelle acque del Salento, Adriatico, marina di Tricase

Eccezionale avvistamento di una foca monaca nelle acque del Salento, Adriatico, marina di Tricase Un evento inaspettato, ma che in un certo senso avevamo previsto già circa cinque anni fa quando fummo i primi a segnalare la presenza della foca monaca nelle acque territoriali albanesi proprio a sole 35 miglia nautiche da quelle salentine. Ieri invece abbiamo avuto la conferma, perchè un gruppo di diportisti ha avuto la fortuna di vedere e filmare (questo è uno dei link https://youtu.be/EqDR8gJHZTA) qualcosa di veramente eccezionale, naturalisticamente parlando: la foca monaca ritorna nelle acque territoriali italiane dell'Adriatico, a poche decine di metri dalla costa frastagliata del Basso Salento, nei pressi di Tricase Porto. Per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, una grande emozione poter rivedere il mammifero marino a distanza di oltre quarant'anni dagli ultimi avvistamenti documentati e che dimostra come la natura, ove rispettata possa riprendere i suoi spazi originari se e solo se decidiamo collettivamente di salvaguardarla. Sembra quasi un segno del destino ed un monito per quanti, come il consorzio TAP del megagasdotto che vorrebbe sorgere solo un po' più a nord dell'avvistamento, ritengono di potersi fare beffe di territori che meritano soltanto cura parsimoniosa e silenziosa delle bellezze che la rendono unica. Basti ricordare che del pinnipede, secondo una stima dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura sopravvive una popolazione di appena 600-700 esemplari: circa 200 concentrati nell'Egeo e nel Mediterraneo sudorientale, 20-30 nel Mar Ionio, 10-20 nel Mare Adriatico, una decina nel Mediterraneo centrale, dai 10 ai 20 nel Mediterraneo occidentale e meno di 300 in Atlantico. La specie è pertanto da considerarsi a serio rischio di estinzione. La Società Zoologica di Londra, in base a criteri di unicità evolutiva e di esiguità della popolazione, considera la Monachus monachus (questo il nome scientifico) una delle 100 specie di mammiferi a maggiore rischio di estinzione. Non ci resta che sperare, quindi, in un intervento immediato delle autorità nazionali, in particolare del Ministero dell'Ambiente per avviare tutte le azioni necessarie per la salvaguardia dell'habitat della foca monaca anche nell'amena terra del Salento.

lunedì 12 giugno 2017

Farmaci, Aifa ritira compresse per l'influenza e raffreddore

Farmaci, Aifa ritira compresse per l'influenza e raffreddore. Alcuni lotti di ACETILSALICILICO VIT. C saranno ritirati dal mercato, su tutto il territorio nazionale. Ad ordinarlo è stata l’Agenzia italiana del farmaco. I lotti di ACETILSALICILICO VIT. C sono quelli prodotti dalla ditta Angelini. Spa. Il provvedimento, evidenzia Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, si è reso necessario a seguito delle analisi condotte nell’ambito del programma annuale di controllo della composizione dei medicinali per l’anno 2015 e visto il parere non favorevole espresso dall’Istituto Superiore di Sanità che ha richiesto anche un ulteriore campionamento con il prelievo della seconda aliquota di un lotto diverso. Le analisi eseguite su questi successivi campioni hanno confermato il parere non favorevole precedentemente riscontrato. In particolare, si tratta delle confezioni di ACIDO AC.E VIT C ANG*20CPR EFF – AIC 034586026 della ditta Angelini Spa lotto n. 150372 scad. 2/2018 e lotto n. 161043 scad. 4/2019. L'acido acetilsalicilico è un farmaco con doti antinfiammatorie, antipiretiche e analgesiche si usa per combattere febbre, mal di testa, dolori diffusi, gola infiammata, malessere generale. Utilizzato da più di cent’anni, l’acido acetilsalicilico è oggi uno dei farmaci più venduti al mondo. La ditta Angelini ha comunicato l’avvio della procedura di ritiro che il Comando Carabinieri per la Tutela della Salute è invitato a verificare.

Napoli, shock per donna ricoverata a Napoli in letto pieno di formiche. Ministro Lorenzin invia Task force e Nas

Napoli, shock per donna ricoverata a Napoli in letto pieno di formiche. Ministro Lorenzin invia Task force e Nas. L’allarme era già stato lanciato in passato anche se mai gli insetti avevano violato una corsia dell’ospedale Il Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin ha disposto l’invio della task force ministeriale e dei carabinieri del Nas per accertare quanto avvenuto all’ospedale San Paolo di Napoli dove una donna ricoverata giaceva in un letto ricoperto di formiche. Nello scatto che sta facendo il giro del web si vede una donna, probabilmente sedata, che dorme nel suo letto, ricoperta di formiche. La foto della vergogna va oltre ogni allarme scattato sino ad oggi. Non è chiaro al momento se ad accorgersi della situazione siano stati i familiari della donna o il personale dell’ospedale, l’unica cosa certa è che quell’immagine, come ovvio, sta provocando una valanga di polemiche. Una mancanza di igiene, per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, che non si può accettare in un luogo che dovrebbe essere addirittura asettico. E' un fatto che non doveva assolutamente accadere. Auspicabile è la rimozione immediata di tutti i responsabili e i membri del reparto che hanno permesso una vicenda simile.

Infermiere aggredito da un paziente mentre lavora? L’azienda ospedaliera paga il danno biologico per le lesioni subite dall'operatore sanitario

Infermiere aggredito da un paziente mentre lavora? L’azienda ospedaliera paga il danno biologico per le lesioni subite dall'operatore sanitario. Non può essere negato il ristoro solo perché le mansioni prevedono il contatto fisico con l'utenza. Il datore ha l’obbligo di prevenzione di ridurre i rischi connessi all’ambiente lavorativo Sono tanti i casi di operatori sanitari aggrediti da pazienti negli ospedali con conseguenze anche drammatiche anche in termini di danni subìti che sono troppo spesso sopportate dai soli lavoratori. Questo però non vale per la Cassazione che con la sentenza 14566/17 - pubblicata oggi 12 giugno e che Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, ritiene meritevole di diffusione - ha espresso il principio secondo cui è l'azienda ospedaliera a risarcire il danno biologico al proprio dipendente che durante lo svolgimento delle sue mansioni viene aggredito da un paziente. Per la sezione lavoro della Suprema Corte, l'azienda ha lo specifico obbligo di prevenire situazioni del genere, adottando non solo le misure previste dalla legge, ma anche le misure richieste dalla specificità dei rischi connessi tanto all’uso di macchinari quanto all’ambiente di lavoro.Nella fattispecie, un infermiere aveva proposto ricorso avverso una sentenza della Corte di Appello di Palermo che gli aveva negato il risarcimento a seguito delle lesioni subite in conseguenza di un'aggressione in ospedale da parte di un paziente. Secondo i giudici di secondo grado, per il datore era pressochè inattuabile la predisposizione di mezzi di tutela per ridurre il rischio di aggressioni al personale, in ragione del fatto che lo stesso lavoro di infermiere, specie di Pronto Soccorso, implica necessariamente il contatto fisico col paziente e non consente di frapporre fra il lavoratore e l'utenza delle barriere; né il primo aveva dedotto misure concretamente idonee ad impedire l'evento tenuto conto che lo stesso si verificava, peraltro, nel tragitto di trasporto in barella dalla sala visite dopo dieci minuti dalla registrazione. Quindi, sull'episodio, non avrebbe inciso l'assenza di un carabiniere preso il posto fisso o della vigilanza privata. I giudici di legittimità, tuttavia, decidono di ribaltare la decisione della Corte Territoriale, ritenendo la richiesta di risarcimento fondata in quanto non spetta al lavoratore l’onere di provare l’inadempimento del datore. I giudici di piazza Cavour ricordano, infatti, che «l’obbligo di prevenzione di cui all’articolo 2087 Cc impone all’imprenditore di adottare non soltanto le misure tassativamente prescritte dalla legge in relazione al tipo di attività esercitata, che rappresentano lo standard minimale fissato dal legislatore per la tutela della sicurezza del lavoratore, ma anche le altre misure richieste in concreto dalla specificità dei rischi connessi tanto all’impiego di attrezzi e macchinari, quanto all’ambiente di lavoro». La parola, dunque, passa nuovamente alla Corte d'Appello di Palermo in diversa composizione.