mercoledì 31 luglio 2013

I superpaperoni investono nel calcio. Anche l’Italia rischia di perdere l’italianità dei propri club

I superpaperoni investono nel calcio. Anche l’Italia rischia di perdere l’italianità dei propri club in assenza di investimenti. Ma è meglio un calcio più povero Su tutti emerge Carlos Slim, il magnate degli affari messicano che risulta essere il proprietario di club di calcio più ricco del mondo, secondo un nuovo elenco pubblicato da Wealth – X che include gli investitori delle squadre provenienti da 11 paesi, facendo ritenere che i superpaperoni siano orientati a far diventare dei propri trofei personali le squadre di calcio a caccia a loro volta di prestigio e trofei calcistici. L’anno scorso proprio Slim proprietario di America Movil ha acquistato una quota del 30 % del Grupo Pachuca, le cui aziende comprendono tra l’altro le squadre di prima divisione messicana Pachuca e Leon. Wealth – X, stima il patrimonio di Slim in 70 miliardi di dollari USA, rendendolo l’individuo più ricca del mondo. Il secondo tra i proprietari di squadre di calcio è Amancio Ortega, fondatore della catena “Zara”, che detiene una partecipazione nella squadra il campionato di calcio spagnolo, Deportivo La Coruña. L’elenco in questione rivela anche che 7 dei 20 club presi in esame vengono dall'Inghilterra, ma sono di proprietà di miliardari stranieri come il magnate americano George Soros, l’imprenditore indiano Lakshmi Mittal e il miliardario russo Roman Abramovich. L'Arsenal è l'unico club ad essere presenti due volte nell'elenco a causa dell'importanza dei suoi proprietari: l’uomo d'affari americano Stan Kroenke e il suo omologo russo Alisher Usmanov. Questa tendenza da parte dei multimilionari ad acquistare i club stranieri, alcuni assai blasonati, non ha reso immune l’Italia dal contagio dove di recente anche l’Inter, uno dei club più titolati del Nostro Paese sarebbe entrata nelle mire di Erick Thohir, magnate indonesiano dell'editoria e della televisione che è già anche il proprietario di maggioranza della squadra di calcio dei D.C. United e per il 15% di quella di basket dei Philadelphia 76ers. Certo è che in un mondo globalizzato e in un mondo, quale è quello del calcio dove contano purtroppo le liquidità per la gestione dei club che vogliono ambire a traguardi importanti, spiega Giovanni D’Agata presidente e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, poco si può fare per difendere l’italianità dei propri “colori”, ma è anche vero che in una situazione del genere dovrebbe essere modificato ulteriormente e a livello mondiale il sistema delle regole che governano i costi nel mondo del calcio anche per favorire una più corretta competizione anche tra le squadre meno “ricche”. Agli organi di governo del calcio la dura scelta.

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